Dallo zigote al feto, quando inizia la vita umana?

Ciascuno di noi è iniziato come uno zigote: ma a pensarci bene, nel percorso accidentato che va dallo zigote all’individuo, forse quell’inizio non era molto di più che una possibilità, ne parla Elisa Corteggiani sul n. 3/2021 della rivista Nessun Dogma.
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Chi ha avuto da poco esperienza di una nascita in famiglia o fra i propri amici ha ben presente i volti stupefatti e innamorati che circondano le immagini del nascituro ottenute con l’ecografia. La tecnologia ecografica ha fatto passi da gigante nella medicina contemporanea: come provetti pipistrelli, gli esperti radiologi distribuiscono ultrasuoni a stretto contatto con la pelle e con le superfici esterne del nostro corpo, e raccolgono l’eco che ha attraversato i nostri tessuti molli.

A elaborare quel segnale ci pensano sistemi computerizzati che restituiscono a schermo forme in movimento, per l’attenta analisi da parte degli osservatori più esperti e per l’inevitabile suggestione visiva ed emotiva di tutti gli altri, che si vedono parare di fronte quello che hanno dentro, che fino a qualche tempo fa poteva essere solo immaginato. Se l’utilizzo dell’ecografia nella diagnostica per immagini è ampio, è innegabile la fortuna che questa tecnica ha avuto nel campo dell’ostetricia; oggi alle immagini bidimensionali, sempre più definite, si aggiungono le immagini tridimensionali e le informazioni dinamiche sui flussi sanguigni nella regione uterina prodotti dalla tecnologia ecografica color Doppler ostetrica, che hanno consentito alla comunità medica e ai pazienti di osservare in dettaglio alcuni aspetti dell’ovulazione e dello sviluppo precoce in ambiente intrauterino.

Le immagini ottenute con queste tecnologie hanno avuto grande diffusione e hanno indotto molte persone, anche fra i non addetti ai lavori, a riflettere sullo sviluppo dell’individuo umano in formazione. A ben guardare non si può che rimanere meravigliati nello scorgere e nel riconoscere, in alcune fasi embrionali relativamente precoci, fattezze riconducibili alla forma umana matura nei suoi tratti essenziali. Alcune organizzazioni, che esprimevano da tempo l’idea che la vita umana avesse inizio con la fecondazione, hanno tratto da queste immagini nuove conferme e nuova linfa; e hanno contribuito alla loro diffusione per stimolare la risposta empatica del pubblico e difendere lo status morale dell’embrione in tutte le fasi di sviluppo.

Ma vediamo insieme quali conoscenze ha prodotto la comunità scientifica portando avanti uno studio attento e sistematico dei processi precoci dello sviluppo, alimentato anche dalle straordinarie informazioni raccolte con le tecniche ecografiche.

Dopo l’unione della cellula uovo e dello spermatozoo a formare lo zigote, la cellula con il suo corredo cromosomico completo inizia a dividersi e il gruppo di cellule in divisione si muove lungo le tube di Falloppio fino a raggiungere l’utero. In questo stadio, alcuni giorni dopo la fecondazione, c’è un aggregato di cellule distinte, ciascuna in grado di dare origine a qualsiasi tessuto, ma soprattutto ciascuna ancora in grado da sola di svilupparsi in un embrione completo. In questa fase in effetti possono svilupparsi più gemelli omozigoti a partire da una stessa iniziale cellula fecondata.

Dopo la fase di “morula”, nella quale troviamo un gruppo di piccole cellule adiacenti le une alle altre, la divisione cellulare procede intorno a una cavità centrale e abbiamo la formazione della blastocisti. Sarà la blastocisti a iniziare, intorno alla seconda settimana dalla fecondazione, l’adesione all’utero materno. Nel processo di adesione le cellule dell’utero proliferano intorno alla blastocisti fino a inglobarla e contemporaneamente le cellule più esterne della blastocisti vanno a formare le strutture accessorie necessarie per l’impianto e per la formazione della placenta e del cordone ombelicale. Solo le cellule più interne della blastocisti si sviluppano a formare l’embrione vero e proprio.

Fino al 14°-16° giorno dalla fecondazione, quindi, ciascuna cellula prodotta per divisione cellulare dello zigote potrebbe andare a far parte di un individuo o di un altro, o di un tessuto di nutrimento o di connessione. Inoltre, in condizioni ordinarie lo zigote incontra varie circostanze ambientali e la formazione di un embrione dopo l’adesione è solo una possibilità. Questo primo lasso di tempo viene chiamato oggi comunemente fase pre-embrionale ed è chiaro che a nessuna di queste cellule con destino incerto, compreso lo zigote, si possa attribuire lo status di individuo.

Quelli che fanno iniziare la vita dell’individuo con la fecondazione si riferiscono chiaramente alla potenzialità che ha una cellula con un corredo genomico completo di dare origine a un individuo, e al fatto che quella è la prima cellula a contenere la particolare combinazione genetica di cui ciascuno di noi è portatore, non certo alle prime fasi dell’esistenza di un individuo. Infatti, come abbiamo visto, lo zigote e le cellule che produce finiscono col fare normalmente varie cose, non hanno un destino stabilito né una via sicura, e non sono di per sé niente di più che un gruppetto di cellule, neanche tanto coese. È utile riflettere sul fatto che qualsiasi cellula o gruppo di cellule del mio corpo in grado di dividersi e differenziarsi adeguatamente è potenzialmente un individuo, compresa una mia cellula staminale embrionale, o una mia cellula adulta e differenziata qualsiasi, indotta in opportune condizioni a tornare staminale (iPS o cellula pluripotente staminale indotta) e poi a formare un nuovo embrione.

Quello che sembra fare la differenza fra una cellula iPS e lo zigote non è quindi tanto la biologia, quanto il percorso che ha portato alla formazione di queste cellule, la loro storia. Può essere una buona idea stabilire se un individuo è un essere umano e quindi degno di essere trattato come tale, in base alla storia che lo ha originato? Io ritengo che sia una via molto rischiosa; un essere umano, quando è tale, è degno, non importa come abbia iniziato a esistere, se da una cellula iPS o da una fecondazione in vitro o dall’incontro di due innamorati. Allo stesso modo, fra una cellula totipotente di varia provenienza messa in opportune condizioni e uno zigote, non sembra esserci molta differenza in quanto a potenzialità di dare origine a un futuro individuo; quindi forse sarebbe utile pensare che non è ancora un essere umano quello di cui stiamo parlando. È anche utile sottolineare che ciò che è potenzialmente un individuo, cioè che può diventare un individuo, di fatto, per definizione, un individuo non è. Un gruppo di cellule indifferenziate e disorganizzate di per sé non è un essere umano. La riflessione e il confronto sul valore morale che vogliamo attribuire a queste cellule è pertanto certamente possibile, ma sarebbe sbagliato attribuire loro, automaticamente, il valore morale etico e giuridico di individuo o essere umano.

Stabilito che il primo gruppo di cellule non è certo un essere umano, se lo sviluppo dell’individuo si rivelasse un percorso accidentato ma continuo, e in buona misura è proprio così, come potremmo allora stabilire quando inizia l’individuo?

Non c’è dubbio che dal momento della nascita ci troviamo di fronte a un essere umano con un corredo di potenzialità genetiche, in grado di fare esperienza del mondo, di sentire, soffrire e imparare. Sarebbe però un errore far iniziare l’esistenza della persona al termine della gravidanza: le nascite premature dimostrano che c’è un individuo in formazione, con tutte le carte in regola per essere chiamato essere umano, ben prima dei consueti nove mesi. L’osservazione attenta delle immagini dinamiche che registriamo con le ecografie dell’utero materno durante la gestazione evidenzia la capacità del feto di percepire, integrare e rispondere a vari stimoli sensoriali ben prima della nascita; evidenzia, in realtà, capacità progressive di movimento e reazione, alle quali attribuiamo una certa misura di umanità.

Di fatto già l’embrione e poi anche il feto possono essere dei “pazienti”, possono cioè beneficiare di interventi che derivano dalle conoscenze esperte di un medico prima ancora di essere nati, configurandosi quindi come soggetti di un beneficio o di un diritto che esiste in funzione del fatto che poi nasceranno e diventeranno degli esseri umani. Sta alla nostra riflessione collettiva e dialogante stabilire il valore morale di questi esseri umani potenziali e l’insieme dei diritti di cui sono portatori, soprattutto quando siamo chiamati a pesare i loro diritti rispetto a quelli di esseri umani che esistono già e che hanno una storia. In modo particolare le società si sono confrontate sul valore dei diritti della madre rispetto a quelli del feto o dell’embrione che porta in grembo, quando questi entrano in contrasto. Le componenti più maschiliste e più tradizionali nelle varie società tendono a dare un grande valore alla vita futura e a dargliene addirittura uno maggiore rispetto a quello che riconoscono alla madre, ridotta al ruolo di fattrice di nuova vita. Le componenti più avanzate e più umaniste tendono a difendere i diritti degli esseri umani già completamente e certamente tali, rispetto a quelli degli esseri umani in formazione e a difendere in modo particolare il diritto delle donne alla propria salute, alla propria autodeterminazione e all’emancipazione dal mero ruolo di procreatrice.

Sulla scorta delle osservazioni e delle esperienze che ho appena descritto alcuni hanno tentativamente proposto di far iniziare la vita dal momento in cui è possibile supportare il completamento dello sviluppo dell’individuo al di fuori dell’utero materno. Tale motivazione appare debole per varie ragioni. In primo luogo, il momento di inizio della vita umana verrebbe fatto dipendere dalle capacità tecniche in continuo cambiamento e miglioramento nella società umana. Un feto partorito prematuramente a un determinato stadio di sviluppo sarebbe quindi un essere umano in alcuni stati mentre non lo sarebbe in altri o non lo sarebbe stato un paio di anni prima. In secondo luogo, il migliorare delle nostre capacità tecniche, che potrebbe un giorno raggiungere la totale indipendenza dall’utero materno, non cambierebbe le caratteristiche che in ciascun momento durante lo sviluppo quell’organismo ha e che potrebbero qualificarlo o meno come titolare di diritti e di considerazione etica.

Un organismo effettivamente funziona come un’unica unità ereditaria, le sue parti cooperano e dipendono le une dalle altre. Questo è vero per una cellula che costituisce da sola un vivente unicellulare ed è vero per il nostro organismo, fatto da molte cellule che lavorano insieme per la sopravvivenza e la riproduzione dell’individuo. Quand’è quindi che l’insieme poco adeso e assolutamente non organizzato di cellule con diversi destini che hanno avuto origine dallo zigote per divisione cellulare diventa un organismo, e quand’è che la sua vita si può considerare vita di tipo umano?

Se l’adesione della blastocisti all’utero ha avuto successo, l’accrescimento e il differenziamento nell’embrione iniziano in modo abbastanza precoce. Le cellule si dividono e si specializzano in accordo con il proprio programma genetico e con i segnali che ricevono dall’ambiente circostante, costituito dalle proprie stesse cellule e da quelle materne. L’embrione diventa quindi organizzato, il piano corporeo inizia a prendere le sembianze umane e gli organi si vanno formando. Fra la quarta e la nona settimana ha luogo l’organogenesi, si forma il tubo neurale, il piccolo cuore embrionale inizia a battere e la circolazione sanguigna dell’embrione, in continuità con quella della placenta, distribuisce i nutrienti a tutte le cellule che si stanno accrescendo e differenziando. Le immagini ad alta risoluzione dell’embrione in questa fase rivelano forme sorprendentemente umane, il battito cardiaco mostrato dalle ecografie color Doppler ha sicuramente un impatto emotivo importante nell’osservatore. Ci troviamo di fronte a un organismo, a una vita di tipo umano che ha sviluppato o sta per sviluppare le caratteristiche peculiari degli individui della nostra specie?

Quello che osserviamo è che gli organi a questo punto sono stati fondamentalmente definiti, anche se non sono ancora propriamente sviluppati, ma affinché le varie parti inizino a funzionare insieme in modo coordinato, come appunto avviene in un organismo, è necessario un livello organizzativo più complesso, che consenta di coordinare le varie attività. È a questo punto che, a partire dalle strutture esistenti, inizia un’attività nuova: la ricezione e la sintesi, da parte del cervello, degli impulsi nervosi che trasmettono le informazioni dalle varie parti dell’embrione e dell’ambiente uterino circostante al cervello stesso, dove vengono integrate e danno luogo alle risposte che verranno trasmesse all’intero corpo per coordinare le sue attività. È a questo punto che si è formato un organismo ed è questo punto che esistono le basi per lo sviluppo delle caratteristiche e attività propriamente umane, che non esistono ancora ma che ora potranno iniziare a formarsi. È a questo livello di organizzazione che smettiamo di parlare di embrione e introduciamo il termine feto, termine che usiamo solo per lo sviluppo umano e che vuole indicare quello che con largo consenso viene oggi definito il momento in cui iniziamo a vedere un organismo che ha le premesse per sviluppare una vita che possiamo cominciare a definire in ogni momento un pochino più umana.

Le legislazioni di molti Stati, compresa quella italiana, oggi individuano questo momento come il termine per effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). L’Ivg è inoltre consentita anche oltre questo termine, nei casi in cui si verifichi un conflitto fra i diritti della madre e quelli del nascituro, o nei casi in cui il feto presenti gravi patologie.

La storia della legislazione che in Italia regola l’Ivg ha messo in evidenza, sia nella fase parlamentare sia in quella di consultazione popolare, che l’idea di far iniziare la tutela della vita umana dal momento dello sviluppo dell’attività nervosa trova ampio consenso nella popolazione ed è condivisa da molti cattolici, in contrasto con la dottrina ufficiale della Chiesa, alla quale continuano ad aderire i più conservatori e i meno rispettosi delle donne e dei loro diritti.

La diffusione di nuove suggestive immagini delle fasi precoci dello sviluppo embrionale costituisce un elemento valido per riconsiderare la bontà delle teorie che individuano nel momento della formazione dell’organismo l’inizio di un individuo via via più umano?

Io ritengo che l’empatia abbia un valore innegabile nella costruzione di un sistema morale, ma ritengo anche che questo tipo di dati vada osservato con un livello di analisi e di attenzione maggiore della semplice suggestione e che questo tipo di interrogativi vada affrontato con una buona dose di razionalità oltre che di empatia. Le basi per attribuire lo status di vita umana a un embrione non ci sono, nemmeno se le foto che guardiamo ci suggeriscono diversamente.

Non si può infine parlare dei diritti dei futuri viventi senza affrontare il tema del conflitto fra i diritti dei viventi che verranno e di quelli che ci sono già, e senza mettere al centro il valore della vita delle donne, il diritto alla sopravvivenza, alla salute e all’autodeterminazione delle donne, che le società maschiliste hanno finora misconosciuto e negato e che le principali religioni monoteiste continuano a perseguitare.

Elisa Corteggiani

 

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17 commenti

laverdure

Come sapete,le analisi prenatali ormai sono in grado di rilevare la presenza di gravi
difetti genetici come il Down in tempo utile per una interruzione di gravidanza.
Gia’ ora in diversi paesi,come Islanda e Danimarca,questo ha provocato un drastico calo di nascite “viziate” da tali sindromi.
Cosa che credo molti qui,come me del resto,trovino positiva.
Non e’ assurdo ipotizzare che in futuro tecniche piu’ sofisticate permettano di
accertare la predisposizione del nascituro a “problemi”sui quali le opinioni sono discordi,come il transessualismo o addirittura la semplice omosessualita.
Se cio’ avvenisse,senza dubbio molti genitori non esiterebbero a interrompere la gravidanza,tanto piu’ che un successivo tentativo avrebbe buone probabilita di
generare prole priva di tali inconvenienti.
Una cosa e’ certa : una simile eventualita scatenerebbe dispute estremamente violente,che sfocerebbero sicuramente in violenze vere e proprie che farebbero impallidire quelle provocate talvolta gia ora da certi “movimenti per la vita”.
Anche se la domanda e’ un po’ provocatoria,mi piacerebbe conoscere le opinioni dei presenti sulla questione.

Diocleziano

«… la predisposizione del nascituro a “problemi” sui quali le opinioni sono discordi, come il transessualismo o addirittura la semplice omosessualità…»

Non ho le conoscenze specifiche, ma penso che quelle che hai indicato
non siano tendenze genetiche – quindi non rilevabili – ma ambientali.

Certo sarebbe singolare vedere i cattolici favorevoli all’interruzione di gravidanza
per omosessualità e assolutamente contrari per difetti genetici gravissimi.

Però si potrebbe, da subito, impedire la deformazione psichica dei bambini causata
dall’indottrinamento religioso.

laverdure

@Diocleziano
Io invece ,a differenza di alcuni qui,penso che la sessualita di un individuo possa essere notevolmente influenzata si dai fattori ambientali,basti pensare alla notevole percentuale di pedofili che furono loro stessi vittime di pedofili nell’adolescenza,ma come per ogni altro elemento della personalita concorrono anche i fattori di nascita,che possono essere o no di natura genetica.
Basti pensare ai trans che fin dall’adolescenza mostrano un evidente aspetto “effeminato”,(o “mascolino”per le donne).

laverdure

Del resto,anche ammettendo che “anomalie” nella sessualita non derivino da fattori genetici,non vedo perche’ si possa escludere a priori che possano essere rivelate da opportune tecniche di analisi (ancora da sviluppare)condotte sull’embrione durante il suo sviluppo.

pendesini alessandro

Test genetici: Cosa può predire il DNA: Sesso del bambino – Malattie legate ad un’anomalia cromosomica (trisomie, sindrome di Turner, ecc.) – Malattie legate alla mutazione di un singolo gene (fibrosi cistica, miopatia di Duchenne) – Forme familiari della mammella e cancro del colon (legato alla mutazione di un gene) – Disabilità intellettiva – Colore degli occhi, capelli e stima della taglia.
Cosa non può prevedere: Cancro (comprese le forme non familiari di cancro al seno e al colon) – Malattie legate all’espressione di un numero molto elevato di geni (diabete, malattie coronariche, ipertensione, ecc.) – Intelligenza(e) (coefficiente intellettuale) – Caratteristiche fisiche complicate legate all’espressione di un gran numero di geni (forma del viso, forma del naso, ecc.) Predisposizioni o tendenze all’omosessualità.

laverdure

Caro Pendesini,non credi che nella tua affermazione :
“Cosa non puo’ prevedere ….”
non starebbe bene una piccola ma fondamentale aggiunta :
“Cosa non puo’ prevedere ADESSO….”
vale a dire allo stato attuale delle conoscenze ?
Quante cose un tempo impossibili non lo sono piu ora ?
Come diceva Nils Bohr :
“E’ difficile fare previsioni.Specialmente riguardo al futuro.”

Diocleziano

Laverdure,
se ipotechiamo il futuro potremmo arrivare a pensare che forse dio c’è…
Hic et nunc, si diceva una volta.

RobertoV

laverdure
Ma questo non vale solo per le capacità scientifiche, ma anche per l’etica, anche quella si evolve.
Quindi ciò che era o è ancora oggi inaccettabile o male accetto, può diventare normale nel futuro. Nei paesi civili a nessuno verrebbe in mente di abortire una figlia perchè femmina, mentre nei paesi arretrati si.
Per esempio nel caso dell’accettazione della transessualità o omosessualità. Tu l’hai indicata tra i motivi per cui abortire se riconosciuta, ma questo perchè ragioni con l’etica di oggi, ma se accettata scomparirebbe la motivazione. Anzi nelle paranoie delle destre mondiali potrebbe diventare motivo di aborto il non esserlo ……….

laverdure

@RobertoV
Effettivamente Anthony Burgess,l’autore di “Arancia meccanica”,in un altro suo distopico romanzo immagina che le autorita future,per contenere l’incremento demografico incoraggino l’omosessualita,e perfino l’infanticidio.
Ma in tal caso avrebbe poca importanza il motivo di un aborto,ti pare ?
Nelle realta io credo che il desiderio della perpetuazione della propria discendenza sia un istinto fondamentale negli esseri umani.
E come tale,oltre a spingere la maggioranza degli individui a desiderare dei figli,allo stesso modo li spingera a desiderare che anche i figli facciano altrettanto,per assicurare tale discendenza.
E tanto l’omosessualita che il transessualismo direi proprio non trovino posto in questo meccanismo,per cui rifiutarli nella propria prole ha motivazioni piu’ profonde di semplici convenzioni culturali.

Mixtec

Le analisi prenatali possono essere utili per evitale la nascita, e la scomoda e sofferta esistenza, di individui affetti da anomalie genetiche tuttora incurabili, come mi sembra sia la fibrosi cistica, o il morbo di Tay-Sachs (se si scrive così), o la sindrome di Duchenne. Si possono eliminare anche la Sindrome di Klinefelter, quella di Turner, individui con doppio cromosoma Y, ed altre anomalie a piacere.
Potrebbero essere utili per il controllo demografico: come è noto l’andamento demografico di una popolazione dipende dal numero di figli per donna. Basta quindi controllare il numero di nascite femminili per avere un buon controllo demografico. Penso che ci si arriverà, prima o poi.
Ovviamente si potrebbe avere un eccesso di maschi (riproduttivamente inutili) in un dato momento o anche stabilmente, ma la soluzione anche per tale problema sarebbe facile da trovarsi, perché consisterebbe nella semplice pratica della poliandria.
(Ieri sera la trasmissione Ulisse si poneva il problema della sovrappopolazione mondiale: in qualche prossima edizione potrebbe essere proposta la soluzione sopra descritta).

laverdure

@Mixtec
Guarda che il controllo delle nascite femminili e’ gia diffuso da tempo in diverse zone del terzo mondo,perlomeno quelle piu’ evolute dove sono disponibili le analisi prenatali e l’interruzione.
In altre si usano da sempre sistemi piu’ sbrigativi DOPO la nascita.
Tutto questo ovviamente non nel quadro di controllo demografico ma solo per il maggior valore attribuito a prole maschile.
Ma temo che cio’ mostri notevoli inconvenienti.

pendesini alessandro

@ Laverdure : avrai peobabilmente notato che « cosa non puo’ prevedere » che si riferisce al presente, non ha lo stesso significato che di « cosa non si potrà prevedere » ? Sinceramente, ti pare che sia ingenuo al punto di non immaginare che in un futuro prossimo (per non dire odierno) avverranno cambiamenti radicali nella conoscenza antropologica, ma non solamente, con ricadute positive attualmente impensabili ?

Mixtec

Caro laverdure,
le eliminazioni differenziate degli embrioni femmine sono state finora affidate alla libera iniziativa individuale, e anche contro la legislazione vigente, in diversi Stati. Quel che mi aspetto è che verranno rese necessarie quando, ad esempio la Nigeria, si troverà con un miliardo di individui da nutrire e non potrà risolvere il problema mandando qualche decina di milioni di individui in Gran Bretagna, e qualche altra decina in Italia.
Quanto al maggior valore attribuito ai figli maschi rispetto alle femmine, è una questione che si può discutere dai punti di vista “emic” ed “etic”, per riferirci al materialismo antropologico della buon’anima di Marvin Harris.

laverdure

@Pendesini
Caro Pendesini,mi dispiace ma temo che per un sacco di gente la precisazione da me sollevata sia necessaria per eliminare malintesi,e dato che ovviamente non conosco le persone che leggeranno questi interventi mi sembra corretto curare i dettagli per la massima comprensione.

pendesini alessandro

Nel movimento pro-vita, alcuni considerano l’aborto come un omicidio. Medicalmente (e biologicamente) parlando, è inetto. Prima di circa 22 settimane, un feto non ha alcuna forma di coscienza. Non esiste come essere umano e non può (in nessuna circostanza) soffrire dell’aborto.
La scelta della parola embrione-zigote, nonostante la sua pesantezza e la sua ineleganza, è giustificata in virtù di altri criteri. È là per ricordarci che sono gruppi di cellule e non bambini in miniatura che si utilizzano ! Nonostante, nell’immaginario comune, nel simbolismo di tutti i giorni, l’embrione è ipostatizzato, antropomorfizzato.

Una grande maggioranza dei gameti, cioé cellule viventi, moriranno senza partecipare nella riproduzione, sia per le emissioni notturne, « peccato dei chierici » negli uomini, o ciclo mestruale delle donne nell’assenza di rapporti sessuali. Non possiamo quindi seguire il legislatore o il teologo quando definiscono la fecondazione come “inizio della vita”. Anche se sono aploidi, gli spermatozoi e ovuli hanno –senza nessuna ambiguità- lo status di “vivente” ancora più fondamentale che l’uovo diploide che formano fusionandosi.

Quando si parla o focalizza troppo sull’embrione, gridando a squarciagola per definire un suo statuto, dimentichiamo l’uomo. Ci concentriamo su un essere virtuale, potenzialmente “perfetto”, dicono…. Trascurando cosi chi vive, e pienamente cosciente di esserlo….
Non è di certo un progresso morale, o più precisamente Etico, essere interessati ad un “uomo” ideale…idealizzato.
Le ideologie più devastanti sono proprio quelle che hanno talmente glorificato l’uomo, così tanto, che l’hanno avvilito ! L’embrione, archetipo dell’uomo senza macchia, senza difetti, ci fa dimenticare che l’uomo è ricco delle sue dissonanze o irrazionalità……

laverdure

Ripetiamolo : caratteristico delle ideologie e’ la convinzione di poter forgiare
l’ “uomo nuovo”,privo di difetti (ai loro occhi),senza che nessuno in tutta la storia ci sia mai riuscito.
“Mondo nuovo” e’ il titolo di un famoso romanzo genere fantascienza distopica
scritto da Aldous Huxley nel 1932,dove grazie a manipolazioni genetiche (patetiche
viste con le conoscenze di oggi !)il traguardo e’ finalmente raggiunto.
https://it.wikipedia.org/wiki/Il_mondo_nuovo
Una societa stabile,soddisfatta,dove a differenza di 1984 di Orwell (purtroppo invece molto realistico)le autorita non usano nemmeno la violenza,i dissidenti vengono semplicemente esiliati nelle isole,dove godono degli stessi confort di prima.

laverdure

Torno a ripeterlo : una volta subii senza danni un incidente stradale che avrebbe potuto avere gravi conseguenze, e ancor oggi mi vengono i brividi ricordandolo.
Viceversa non mi crea nessun problema il ricordare i due aborti spontanei che mia madre mi racconto di aver subito prima del mio concepimento.
Anche se avessi fatto la stessa fine dei miei “mai nati” fratellini o sorelline ovviamente la cosa non mi avrebbe creato nessun inconveniente.
Ernest Hemingway addirittura si rammaricava che i “non nati” non potessero gioire di aver evitato tanti problemi esistenziali.

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