Unia è musulmana, indossa il velo e cerca lavoro. Presenta domanda alla società dei trasporti pubblici di Bruxelles (Stib). La richiesta viene respinta: la politica di neutralità della compagnia vieta di indossare «simboli condannevoli, politici, filosofici o religiosi», anche se non è chiaro quanto ciò abbia realmente influito sulla decisione. Unia si rivolge, con l’aiuto della Ligue des Droits Humains, al tribunale del lavoro, che il 3 maggio le dà ragione. La Stib viene condannata per discriminazione basata sulle convinzioni religiose e sul genere (perché impiega musulmani autorizzati a portare la barba).
Qualche giorno fa è stato reso noto che, in seguito a una scelta politica dell’amministrazione della capitale (guidata da un’alleanza tra socialisti e verdi), la Stib non presenterà appello. Contro tale decisione si è già schierato il Centre d’Action Laïque, chiedendo una legislazione che imponga finalmente la neutralità dei dipendenti pubblici ma, soprattutto, annunciando che chiederà di rivedere il pronunciamento del tribunale, ritenendo di essere stato leso da una sentenza nella quale non era parte in causa. A giudizio dal Cal, infatti, essa «entra direttamente in contrapposizione con i suoi scopi sociali, che includono la difesa e la promozione della laicità; principio umanista che fonda il regime delle libertà e dei diritti umani sull’imparzialità del potere civile democratico, libero da ogni interferenza religiosa».
La vicenda mostra una volta ancora la contrapposizione, ormai evidente in ogni paese occidentale, tra i sostenitori della laicità storicamente universalista e coloro che, soprattutto nel mondo delle ong e dei partiti di sinistra, per un malinteso senso di giustizia si schierano oggi a favore delle rivendicazioni identitarie delle confessioni religiose di minoranza. Lasciando però in sospeso una domanda: come si comporterebbero, di fronte a un conducente che guidasse un autobus indossando la divisa di un partito di estrema destra?
La redazione
Per sentito dire da amici e conoscenti, pare che a taluni, sia donne che uomini, intabarrati nelle loro più rigorose coperte religiose diano fastidio non in quanto indice della loro appartenenza religiosa (cristianesimo, ebraismo, islam), quanto piuttosto una sensazione di sporcizia.
Commento istintivo : “ma tu ke kaz di gente frequenti …. ?”
Per reminescenze dai tempi di scuola,da “I promessi sposi”,di tale A.Manzoni :
“Quando hai convinto la gente che qualcuno non merita di essere linciato,non devi spendere piu’ una sola parola per convincerla che merita di essere portato in trionfo!”
Per adattarla ai giorni nostri :”….che meriti privilegi negati alla gente normale”
Quanto alla sporcizia, a volte c’e’ pure quella.
E per rispondere all’immancabile commento “acuto” :
qualunque paese possiede abbastanza sporcizia “autoctona” da non aver nessun bisogno di importarne dell’altra,per giunta a spese proprie.
In effetti certe acconciature e certi abbigliamenti non favoriscono la pulizia. Una barba ben curata in un uomo può stare bene, certi barboni lunghi e incolti sono molto più difficili da tenere puliti. Stare estremamente coperti con 40 gradi all’ombra fa sudare enormemente, per cui difficilmente si profuma di rose o di violette. Ricordo in certi anni preti e frati con tonache pesanti in piena estate, mamma mia che effluvi …
E io ricordo che d’estate quando in autobus ho come vicino un nero ,l’odore e’ inconfondibile.
E,sia ben chiaro che non devo giustificare niente a nessuno ma lo dico solo per puntualizzazione,penso che l’odore del MIO sudore o di quello di qualunque bianco sia altrettanto specifico per lui.
Perche,cari miei,qui si tratta di una questione puramente biologica di enzimi,ferormoni,recettori olfattivi,ed e’ risaputo che l’odore di ogni individuo e’ peculiare : un cane non riconosce le facce,ma riconosce il padrone dal suo odore.
A distanza ravvicinata anche un umano riesce a distinguere la differenza.
Per cui non vedo niente di strano che etnie differenti,oltre al colore della pelle,
differenti equilibri enzimatici che influenzano le loro capacita digestive ecc,non abbiano anche marcate differenze nell’odore del sudore,tali da risultare maggiormente rilevabili a distanza.
@ laverdure
Se volevi fare dell’ironia era fuori luogo. Io non ho certo parlato di neri o di bianchi, ma di persone pulite e curate e di sciattoni, e fra questi non mancano certo i bianchi, cristiani, islamici o atei che siano. E che coprirsi eccessivamente favorisca la sudorazione con i cattivi odori che ne conseguono è un fatto oggettivo e non ha niente a che vedere con il razzismo.
@G.B.
Caro G.B.,nessuna ironia,solo la constatazione di un dettaglio assolutamente oggettivo su cui penso quasi tutti siano d’accordo,te compreso.
Analogamente alla tua osservazione sulla pulizia.
Con una puntina di gusto provocatorio,lo confesso.
Il “quasi” e’ dovuto alla convinzione che sicuramente qualcuno troverebbe entrambi i discorsi “politicamente scorretti ” per pura malafede e abitudine a piantar grane .
Se è vero che una donna che indossa il velo, puo’ –o potrebbe creare certe tensioni sociali, ritengo sia altrettanto vero che sarebbe insensato impedire il velo per motivi politici !….
Sono cittadino belga residente a Bruxelles in un quartiere a maggioranza musulmana. Posso affermare che la stragrande maggioranza delle donne musulmane indossano il velo, sia in luoghi pubblici che in certi negozi dove svolgono, sovente, l’attività di commesse ; negozi che mia moglie ed io frequentiamo. Oltre che ad essere particolarmente oneste(i) sugli alimenti –o altro che vendono, ben educate, pulite e piuttosto simpatiche, sono anche aperte al dialogo e a volte accettano certe critiche rivolte all’ideologia islamica : la Shari’a (o legge islamica) che ritengo, in determinati casi, disumana ! Nessuna finora si è arrabbiata o mi abbia preso per i fondelli, anche perché –educatamente non impongo loro il mio « credo », mi limito a suscitare una certa riflessione tipo « è lecito che una donna islamica adultera rischi la pena di morte, quando un uomo islamico adultero non rischia assolutamente niente ?»….
Per contro quello che mi da particolarmente fastidio sino alla nausea, è il fatto che, in Belgio, le mafie di stampo italiano tipo Cosa Nostra siciliana, ‘Ndrangheta calabrese e Camorra, si sono infiltrate in diverse strutture sociali (riciclaggio di danaro sporco, criminalità finanziaria, droga, commercio ecc..) quindi considerate come socialmente e finanziariamente particolarmente pericolose ! Causano danni all’economia belga di circa 90 miliardi di € annui !
Ma continuiamo pure a disquisire se portare, o non portare il velo è lecito….
@Pendesini
Non ti preoccupare caro Pendesini,avrai la tua vendetta .
Quando l’integralismo islamico dominera in Belgio come altrove in occidente ,mafia,camorra ecc la prenderanno dove sai tu (licenza poetica).
Ti pare che avrebbero la minima possibilita contro la determinazione di una simile concorrenza ?
Cosa credi che otterrebbe un boss mafioso se cominciasse a pretendere dai suoi accoliti “missioni suicide” come e’ pratica abituale nella controparte ?Credi che il suo carisma glielo permetterebbe ?
Abbiamo un amica della madre delle mie nipotine ( di origine marocchina ) che viene ogni tanto a casa a trovarci . Questa donna porta lo hijab islamico. Stamattina a colazione ho chiesto se Kawter ( cosi si chiama la donna con lo hijab ) se le chiedessimo di togliersi il velo al lavoro, pensi che lo farebbe? ” ” Di certo ” mi venne risposto e senza esitazione .. ” Sul mio posto di lavoro, ci sono tante donne musulmane… tutte se lo tolgono prima di iniziare il lavoro !! ” . Questa facenda di Bruxelles è l’ ennesimo attacco dell’ Islam politico onde imporre i suoi valori a tutta la società .
Anch’io trovo l’attenzione al velo eccessiva se si parla del velo semplice, ed in certi contesti, non certo se si parla di niqab o burka. Ed inoltre rischia di essere controproducente nell’aiutare le donne stesse perchè le limiterebbe nei contatti con la cultura occidentale e la possibilità di sviluppare posizioni critiche in una logica di contrapposizione del tipo o bianco o nero.
Riguardo alle varie mafie, ecc., penso sempre che gli italiani non siano nella migliore posizione quando parlano dei crimini degli altri, in particolare degli immigrati.
Comunque vedrai che spettacolo con i soldi del Recovery Fund, gli italiani disonesti e ladri daranno il meglio di se, sono già tutti lì a discutere, come per i terremoti e le alluvioni, ma su una scala ben maggiore. E poi sentirai i politici ed i media lamentarsi del fatto che gli altri ci considerano inaffidabili e dei ladri: come al solito anzichè preoccuparci del vero problema dei tanti criminali organizzati noi discuteremo del fatto che gli altri avrebbero dei pregiudizi su di noi e che la mafia non esisterebbe se non se ne parlasse.
Quando vado per le strade, incontro molte donne con il velo e questo è una cosa banale . A casa mia, una signora amica col hijab viene ogni tanto portare il suo bambino giocare con le mie nipotine di domenica . Nello spazio pubblico ognuno si veste come gli pare e questo è fuori discussione . Però ritengo giusto ( e anche la maggioranza della gente ) ritiene che in certi posti di amministrazione, scuole, trasporti pubblici, ospedali pubblici, il dipendente deve essere neutro sia sul piano religioso che politico ( ovviamente non parlo dell’ Italia visto che siete ancora ben lontani di poter ragiungere questo traguardo ) . Ma qui si parla del Belgio e della medesima concessione fatta ad una religione ben particolare ….E ovvio che come lo scrive Boualem Sansal, l’ occidente ha paura dell’ Islam ed è pronto a concedere tutto quello che chiedera .
( In Belgio, colpa anche da uomini politici che per clientalismo ha lasciato le cose marcire a Molenstan..pardon Molenbeek e penso in particolare a Philippe Moureaux ..) .
Rimane comunque un conflitto tra la libertà di pensiero (e di abbigliamento) e la contrapposizione politica o religiosa.
Secondo me è una questione di immagine e simbolica.
E’ difficile il superamento di questo conflitto, rischia di rimanere insoluto qualsiasi soluzione venga presa, dipende dall’importanza che viene attribuita all’immagine.
In alcuni casi la legge sanziona determinati comportamenti, ritenendo che talune “scelte” in realtà non siano effettivamente libere. Ad esempio cedere per denaro i propri organi è vietato, perchè si ritiene che il donatore in questo caso non agisca liberamente, ma spinto da gravissime difficoltà economiche e che il beneficiario abbia speculato indegnamente sull’altrui povertà. Lo stesso principio vale per l’usura. Anche il rapporto sessuale tra maggiorenni e minori di anni 14 (16 se il maggiorenne è un familiare, o il tutore o l’insegnante) è reato, anche se non materialmente imposto con la violenza.
Per la stessa ragione si potrebbe vietare, se non ogni forma di velo, almeno quelli che più vistosamente umiliano le donne, presupponendo “oltre ogni ragionevole dubbio” che una donna li indossi in seguito a forme, se non proprio di esplicita violenza, di pesanti pressioni e intimidazioni. Si può ragionevolmente pensare che una donna scelga liberamente di stare, con 35 gradi all’ombra, vestita e velata come purtroppo quotidianamente vediamo nelle nostre città, mentre il marito e il padre e i fratelli indossano comodi pantaloni corti e maglietta? O, come una volta ho visto con i miei occhi (e leggendo l’orrore sul volto di mia moglie) che accetti liberamente di andare in pizzeria con la faccia completamente coperta, facendo passare ogni boccone sotto il velo, mentre il marito si gustava in libertà la sua pizza? Al massimo una donna potrà accettare di indossare un leggero foulard, visto come simbolo identitario alla pari del rosario di Salvini. E in questo caso, FORSE, potrebbe anche non essere più di tanto sottomessa, come Salvini, nonostante l’ ostentazione del rosario, non ha rinunciato a divorziare e ad avere relazioni con altre donne.
Insomma certi abbigliamenti andrebbero vietati non tanto come simboli religiosi o identitari (se ne vedono purtroppo in continuazione senza che la maggior parte delle persone ci faccia caso più di tanto) quanto come una forma manifesta di oppressione della donna e negazione del principio costituzionale di uguaglianza tra i sessi.