Fine-vita volontario: intervista a Johannes Agterberg

Socio da più di quarant’anni dell’Associazione Olandese di Fine-vita Volontario (NVVE), Johannes Agterberg è diventato italiano di adozione. Nelle scorse settimane ha creato il sito www.finevitavolontario.it. Gli abbiamo rivolto alcune domande. 

Perché il tema è storicamente sentito nel vostro paese?

«Come può accadere che un popolo, tramite la sua rappresentanza democraticamente eletta, decida di legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito?» è la domanda che mi sono fatto prima di iniziare lo studio sul tema dell’eutanasia in Olanda, alla base del mio libro Libertà di decidere – fine-vita volontario in Olanda. L’Olanda è un paese con una popolazione, divisa in parti uguali, di cattolici, protestanti, agnostici e atei e con una minoranza di islamici. Insomma, un popolo abituato a dialogare con persone di religioni e opinioni diverse. La mentalità aperta, frutta di secoli di contatti commerciali con altri popoli, ha consentito poi una discussione sul tema delicato della morte e dell’autodeterminazione dei cittadini, sul come finire la loro eventuale vita di sofferenze senza la minima speranza di prospettive di guarigione.

Studiando la documentazione, che copre decenni, mi sono reso conto di un cambiamento nel pensiero e nella maturità di un popolo. Affrontare la questione della morte senza ipocrisia e senza pregiudizi ha provocato una svolta, pur graduale, da una morale assoluta a una democratizzazione della morale mettendo al centro dell’attenzione l’uomo e la donna.

La discussione nella società civile ha accelerato dopo la pubblicazione nel 1969 di due libri, pionieristici, che trattavano le sofferenze degli individui: Lektione fuer Lebende (Lezioni per vivi) scritto dalla psichiatra svizzera Elisabeth Kubler-Ross, e Medische macht en medische etica (Potere medico ed etica medica) dello psichiatra Prof. Dr. Hendrik van den Berg.

I due medici contestavano il tabù dominante nel parlare della morte e la mancanza di dialogo tra malato e medico. Van den Berg metteva in discussione la morale assoluta, quella cioè promossa in nome della sacralità della vita donata da Dio.

Mentre la politica era ferma, la giustizia ha fatto il suo corso, interpretando nelle sue sentenze l’opinione corrente della società civile. Infatti, l’eutanasia era già consentita dal 1989 rispettando criteri molto rigidi. Ha fatto seguito (con ritardo) il parlamento, che nel 2002 ha legalizzato l’eutanasia e l’assistenza al suicidio.

Quale impatto ha avuto sul resto del mondo la legalizzazione dell’eutanasia nei Paesi Bassi, che risale ormai a vent’anni fa?

Io credo che la legislazione dell’eutanasia in Olanda e in Belgio abbia avuto un grosso impatto sulla legislazione dell’eutanasia nel mondo. Ha dato al movimento mondiale del fine-vita volontario uno strumento da proporre ai rispettivi legislatori, dimostrando che l’eutanasia e l’assistenza al suicidio, rispettano requisiti di accuratezza rigidi e un insieme di verifiche prima e dopo l’applicazione dell’eutanasia, evitano qualsiasi abuso e derive di tipo “piano inclinato”, un argomento usato dagli avversari del fine-vita volontario. A mio avviso confondono il progresso della medicina, in particolare la conoscenza più approfondita della sofferenza: mi riferisco soprattutto ai malati psichiatrici e con la demenza in fase iniziale.

In questo contesto è interessante che sia il Canada, sia lo stato australiano Victoria hanno parzialmente copiato la legge olandese e hanno studiato a fondo l’applicazione pratica dell’eutanasia, intervistando medici, membri delle commissioni di controllo e politici. Gli australiani hanno sintetizzato il risultato dello studio in una pubblicazione, Ministerial Advisory Panel on Voluntary Assisted Dying, un must per i politici italiani coinvolti nella stesura del disegno di legge.

È incomprensibile che durante le audizioni non è mai intervenuto un esperto olandese, per esempio il Presidente delle Commissioni Regionali di Controllo Eutanasia, per spiegare in quanto autorità indipendente il funzionamento della legge olandese. Per non parlare della visita di alcuni parlamentari in Olanda, Belgio e Svizzera per studiare l’applicazione dell’eutanasia.

Quale ruolo può giocare, in questo processo, l’Unione Europea?

Il Parlamento europeo dovrebbe raccomandare di introdurre nella legislazione dei singoli paesi le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo per quanto riguardo l’articolo 8. La Corte ha stabilito nel caso Pretty/Regno Unito che la vita privata non riguarda solo l’integrità fisica e mentale della persona, ma che l’articolo protegge anche l’autonomia individuale.

Nel caso Gross/Svizzera la Corte conferma nuovamente che il diritto all’autodeterminazione rientra nell’ambito della legge. In questa sentenza la Corte ha dichiarato che l’articolo 8 non è solo “teorico e illusorio” ma anche “pratico ed effettivo”. In altre parole, autodeterminazione non è solo un diritto sulla carta: un individuo deve essere messo in grado di poter espletarlo effettivamente.

In questo contesto vorrei osservare che l’Associazione Eumans (www.eumans.eu) è molto attiva. Grazie al loro impegno alcuni parlamentari europei vogliono inviare una lettera al Presidente dell’Unione Europea sollecitando tra altro una ricerca sui trattamenti di fine-vita, la portabilità delle disposizioni anticipate di trattamento o biotestamento e la libertà di circolazione di cittadini europei per i trattamenti di fine-vita a carico del sistema sanitario del paese di provenienza.

Il ritardo rispetto ai Paesi Bassi è più o meno ampio rispetto ad altre tematiche laiche e civile?

Sintetizzo la differenza principale tra i due paesi: i Paesi Bassi con una lunga tradizione laica e l’Italia con una forte influenza dei conservatori cattolici. Ho visto che nei quasi 60 anni vissuti in Italia la secolarizzazione ha fatto importanti passi in avanti e ha diminuito notevolmente il divario tra i due paesi. Cito l’introduzione dell’aborto, la fecondazione artificiale, il divorzio ed altro. Sono ottimista che questo sviluppo continui. Altre leggi che regolano per esempio le cure palliative e i diritti del disabile sono persino migliori di quelle olandesi. C’è il fatto però che in Olanda sono pienamente applicate e funzionano.

Pensa che anche l’Italia riuscirà presto a legalizzare il fine-vita volontario?

Credo che la legge ci sarà, nonostante il boicottaggio di tanti parlamentari, e dietro di loro i partiti e le spinte dall’estero. Manca il coraggio di portare in Parlamento un disegno di legge e discuterlo per poi approvarlo o meno: questa è democrazia. La paura di perdere voti è assurda, considerando che almeno il 75% dei cittadini italiani è a favore della legislazione dell’eutanasia.

Non voglio fare previsioni, ma si nota che la società civile sta spingendo sempre di più per risolvere la questione. È crudele che pazienti che soffrono insopportabilmente debbano pretendere a colpi di sentenze l’applicazione di quanto deciso dalla Corte costituzionale, oppure andare all’estero, pagando di tasca propria il costo dell’eutanasia. Significa che la persona povera dovrà soffrire inutilmente perché non ha la capacità (non solo economica) di affrontare un processo in tribunale oppure di andare in Svizzera. Poi si parla di eguaglianza…

Perché ha sentito la necessità di dar vita a questo sito?

Il mio primo libro (Fine-vita volontario in Olanda. Per chi ne vuole sapere di più) racconta la storia e gli sviluppi fino alla fine del 2017. Invece gli sviluppi continuano e i dati del libro diventano meno attuali. Per questa ragione ho preferito utilizzare un sito per aggiornare la situazione olandese.

Una seconda ragione è far conoscere l’avanzamento senza sosta dell’assistenza al suicidio nel mondo in modo obiettivo e indipendente, contrastando le informazioni spesso manipolate e false di certi giornali italiani. Non intendo correre dietro lo scoop: preferisco non solo informare sulla notizia ma integrarla con commenti, e possibilmente dati numerici. Rappresento l’Associazione Luca Coscioni presso la Federazione mondiale delle associazioni fine-vita: sarebbe un peccato non condividere le mie conoscenze con altri. Spero che la mia iniziativa sarà apprezzata.

Quale contributo possono dare i semplici cittadini?

Firmare per il referendum per l’eutanasia. Ogni firma conta. Poi visitare il sito, e leggere gli articoli che a loro interessano per informarsi con l’aiuto di una fonte autorevole e indipendente. Sono disponibile a rispondere a qualsiasi domanda che riguarda il fine-vita volontario. Apprezzo contributi, per esempio un’opinione, o segnalazioni di informazioni interessanti. Il mio indirizzo mail è johagterberg@gmail.com.

Cosa vorrebbe che sia realizzato nel più breve tempo possibile?

A parte una legge che formalizza l’eutanasia e l’assistenza al suicidio, ritengo assolutamente necessario l’emissione di linee guida dalla Federazione degli Ordini dei Medici in cooperazione con il Ministero della Salute che consentano alle Asl, ai medici e alle istituzioni sanitarie l’applicazione della sentenza della Corte costituzionale. Ho già notato che alcune Asl si adoperano in tal senso. C’è il rischio di difformità delle linee guide introdotte nel loro territorio, che non fa altro che aumentare la confusione. Se invece ciò non avviene io lo considero sabotaggio.

Un esempio è l’Olanda dove l’Ordine dei Medici e il Ministero della Salute, dopo le sentenze della Corte Suprema, hanno operato tempestivamente per emettere le linee guida per l’applicazione dell’eutanasia e l’assistenza al suicidio, creando la chiarezza necessaria su un tema così delicato come l’eutanasia.

La redazione

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