Nel pantano afghano rimonta la marea dei talebani

L’imminente ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, dopo vent’anni di occupazione, diventa il proscenio della sanguinosa rivalsa dei talebani. Migliaia di soldati morti tra forze locali e occidentali, decine di migliaia tra gli insorti che hanno continuano in ritirata la loro pervicace guerriglia, vittime civili che si contano a centinaia di migliaia. Questa è l’eredità di una guerra civile mai conclusa che ha prostrato il paese: una triste riedizione in grande dello sport nazionale afghano, il buzkashi, in cui i cavalieri lottano per impossessarsi della carcassa di una capra.

Dopo la tragedia dell’11 settembre, con l’attentato delle Torri Gemelle a New York, il presidente George W. Bush, cristiano integralista e convinto di essere in missione per conto di dio, scatenò la guerra contro il regime islamista, colpevole di connivenza con il terrorista Osama bin Laden, mente della strage. Ironia della sorte, i talebani si erano imposti dopo una guerra civile tra le fazioni di mujaheddin che avevano combattuto, foraggiate proprio dagli americani, contro gli invasori sovietici. Quello rinfocolato dagli Usa si palesa come un conflitto a lungo andare insostenibile, nell’illusione di “esportare” la democrazia in un contesto caratterizzato da endemico tribalismo, profonda arretratezza sociale e radicato integralismo religioso.

Ormai quasi un anno fa sono quindi partiti a Doha i negoziati tra il governo di Kabul, i talebani e gli Stati Uniti, con i buoni uffici del governo del Qatar. Anche questo la dice lunga sull’ambiguità dei potentati arabi nei confronti dei miliziani islamisti. Come promesso da Donald Trump durante la sua presidenza, le truppe Usa si sarebbero ritirate. E sia le potenze occidentali sia il debole esecutivo afghano hanno assecondato le pretese dei talebani, sacrificando pochi avanzamenti sull’altare di una “pace” solo di facciata. D’altronde il capo politico e spirituale dei talebani, il mullah Abdul Ghani Baradar, era stato chiaro, pretendendo un “sistema islamico”.

Adesso che i marines fanno i bagagli, i nodi vengono al pettine. I talebani, mai sopiti anzi con forze rinnovate, negli ultimi mesi hanno riconquistato parte del paese. Continuano ad avanzare mentre i soldati regolari addestrati e armati dagli occidentali sono in rotta, e c’è da credere che la loro vendetta sarà feroce. Per quanto romantica, l’idea di donne miliziane che prendono le armi contro gli oppressori ha poche speranze. Intanto il paese guidato dal presidente Ashraf Ghani è al collasso, secondo gli analisti potrebbe reggere da solo al massimo un paio d’anni.

La comunità internazionale difficilmente si invischierà di nuovo in una guerra. Il nuovo presidente Joe Biden ha già detto che non manderà “un’altra generazione di americani” a morire in Afghanistan. Gli Usa si preparano già ad accogliere i rifugiati, facilitando l’esodo di categorie a rischio di rappresaglia. Se per noi occidentali democratici e moderni la morte di un individuo fa scalpore, come le migliaia di soldati tornati in bare avvolte da bandiere che diventano un peso politico insostenibile, la vita ha tutt’altro valore per miliziani che nulla hanno da perdere e che sono per di più motivati da una fanatica ideologia religiosa.

Non è nostro compito avventurarci in complesse analisi geopolitiche, o schierarci ideologicamente pro o contro gli Usa e i loro alleati. Di sicuro, in tutti questi anni non si è fatto molto per far uscire l’Afghanistan dalla condizione di “stato fallito”. A ben vedere, anche l’Afghanistan “liberato” è tutt’altro che un paese dove sono promossi diritti, libertà e laicità. Nonostante la propaganda, le pie speranze e qualche occasionale esperienza di emancipazione, la realtà dei fatti è sconfortante: oltre a una democrazia più formale che sostanziale e la concessione di libertà minime, rimane il punto dolente della libertà religiosa. Tuttora è uno degli otto paesi al mondo che prevede la pena di morte per l’apostasia dall’islam. La legislazione è fortemente confessionalista e vengono punite con severità le offese alla religione e la blasfemia. Semplicemente, quel minimo di apparato statale moderno rende l’Afghanistan odierno meno peggiore di quello dominato dai talebani.

Ma presto rischia – di nuovo – di cadere dalla padella alla brace. Il nostro rammarico va a quelle che saranno le principali vittime di questa riconquista in stile sanfedista dell’Afghanistan: donne e bambini, per non parlare degli sparuti laici e intellettuali. Di nuovo, rischia di stendersi sul paese la cappa della teocrazia islamista che soffocherà i timidi germogli di evoluzione sociale. Fino a quando ci ricorderemo, di nuovo, dell’Afghanistan. Magari quando un altro attentato farà tremare l’Occidente.

Valentino Salvatore

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12 commenti

G. B.

Il mio potrà sembrare, e magari lo sarà davvero, un discorso ingenuo, ma se americani, europei, russi e cinesi, invece di litigare tra loro per divergenze su interessi economici e geopolitici tutto sommato componibili, si unissero in un fronte unico contro il fondamentalismo religioso, invece di flirtarci nell’illusione di trarne vantaggio, l’umanità intera ne avrebbe tutto da guadagnare. I mezzi potrebbero essere ovviamente differenziati, non necessariamente militari, ma anche economici e diplomatici. Ma, naturalmente, ognuno bada al suo “particolare”, non comprendendo che così rischiamo di perire tutti. Per adesso a farne le spese sono soprattutto le donne e gli spiriti liberi dei paesi dominati dai fondamentalisti.

laverdure

@G.B.
Caro gb,e’ uscito da poco un saggio : “L’accordo” dello storico Tim Bouverie,che puoi facilmente scaricare su internet dai siti che non posso nominare qui.
Descrive come nell’arco di tempo dal 1933 al 1940,un’infinita di personaggi della Gran Bretagna,la principale potenza in gioco in Europa,si arrampicarono sugli specchi in maniera inverosimile in nome dell'”appeasement”,cioe’ politica di “pace ad ogni costo”di fronte alla minaccia hitleriana.
Uomini politici,diplomatici,come pure giornalisti di alto livello e importanti magnati
arrivarono spesso a incontrarsi con Hitler riportando impressioni “estremamente
favorevoli”,convinti di avere di fronte un interlocutore valido e affidabile.
Letteralmente accecati dal desiderio di pace.
Lasciando che in pochi anni si impadronisse della Renania,della Cecoslovacchia e
della Polonia senza inerventi se non sbrodolate di proposte e accordi cartacei.
Alla fine la sconfitta del nazismo comporto un prezzo salato.
La storia si ripete ora : il prezzo per portare democrazia in Afghanistan semplicemente era troppo salato,e ora naturalmente l'”intellighenzia progressista”occidentale non fara che sostenere che sarebbe stato necessario “aprire il dialogo”( ma pensate un po’,che idea originale!),come se i Talebani fossero un interlocutore piu’ affidabile di Hitler.
E si rischia che in futuro la situazione degeneri comportando un prezzo finale ancora piu’ salato per l’Occidente.
Beninteso tanto la Croce Rossa che l’ONU si esibiranno nuovamente nella loro “discrezione” sulle malefatte del nuovo regime,come fecero con la Cambogia di Pol Pot.
Come pure i nostri media praticheranno l'”autocensura” di “Boccana” memoria.

laverdure

Dimenticavo : nel saggio si descrive come la leadership anglo francese prese in considerazione un accordo di coalizione antinazista con l’URSS di Stalin,che fini’ con l’essere scartato per le forti prevenzioni anticomuniste.
Prevenzioni non del tutto campate in aria,se si pensa che a quell’epoca Stalin aveva ammazzato molta piu’ gente di Hitler.
(I conti si pareggiarono in seguito)

mafalda

“Fino a quando ci ricorderemo, di nuovo, dell’Afghanistan”: dipende da quanto può essere utile questo paese alle potenze ricche. “Magari quando un altro attentato farà tremare l’Occidente”: l’importante è che l’attentato sia così devastante da poter scatenare la paura dell’opinione pubblica e ovviamente l’intervento degli Stati Uniti.

iguanarosa

La civilizzazione si può imporre e accelerare fino a un certo punto. Occorre prima un processo civile e materiale che può occupare il tempo di alcune generazioni.
Per fare un esempio, nel condominio di una mia amice, zona centrale e piuttosto “bene” vivono numerose famiglie di immigrati asiatici, prevalentemente bengalesi e pakistani. A volte molte famiglie nello stesso appartamento. Anche molti’italiani, un secolo fa, in patria e all’estero, è probabile che vivessero nelle stesse condizioni.
Il progresso culturale, civile e materiale, come la diffusione dell’ateismo ha bisogno di tempo per avanzare e affermarsi. Bombardare e occupare un paese, evidentemente non è sufficiente.

laverdure

“Bombardare e occupare un paese, evidentemente non è sufficiente.”
Diciamo che e’ “condizione necessaria ma non sufficente”,come direbbe un matematico.
La sconfitta del nazismo richiese un prezzo salato,ed “educare il nemico senza violenza ma col nostro esempio di civilta”,come pretendeva Simon Weil,oggi appare un esempio di incredibile ingenuita.
E dopo la sconfitta ebbe un ruolo fondamentale il piano Marshall,che risollevo’ le economie dell’Europa occidentale,Germania e Italia compresa, con una rapidita che all’epoca sembro miracolosa,e scongiuro’ sia un revival del nazismo sia il “pericolo rosso”.
L’Afghanistan e’ troppo lontano ed estraneo a noi perche’l’opinione pubblica occidentale possa essere disposta a certi sacrifici,ma ovviamente in futuro,dato che
il mondo diventa sempre piu’ piccolo e interconnesso,le conseguenze negli equilibri mondiali potrebbero provocare rimpianti.

Maurizio

Paragonare la Germania nazista a certe realtà odierne come l’Afghanistan può essere fuorviante. Io tendo a considerare il periodo nazista come un decennio (abbondante) di parentesi oscura delle coscienze. Però parliamo comunque di una nazione assolutamente occidentale che era stata protagonista del pensiero moderno, e che tuttavia covava un risentimento post-conflitto (il primo) che fu facile cavalcare per ricompattare un paese allo sbando e desideroso di rivalsa. La fine del nazismo fu come un risveglio delle coscienze sepolte.
E l’Afghanistan? Culla dell’estremismo religioso del peggior tipo, protagonista nella guerriglia, noto per l’oppio dei popoli (nel vero senso). Cosa c’è da recuperare? Passeranno secoli prima che diventi un luogo appena simile al modello occidentale. Eppure negli anni ’70 Kabul appariva come una città aperta e moderna. Ma il resto del paese? Molto cinicamente potrei affermare che se ne esce solo sterminando i talebani fino all’ultimo uomo. Ma diventerei nazista. Allora aspettiamo che la Coca-Cola e i MacDonald facciano il loro effetto.

laverdure

Concordo.
Dobbiamo ammettere semplicemente che ,allo stato attuale delle cose,per
l’Occidente e’ impossibile intervenire in maniera efficace.
E’ meglio ammetterlo esplicitamente invece che trincerarsi dietro le solite
ipocritamente trite “ammuine” del “dialogo” ecc.

laverdure

Viene da chiedersi se e’ caso di augurarsi che la Cina metta gli occhi su quel paese e decida per un intervento applicando i “suoi” metodi,che sono un tantino piu’ liberi da handicap di quelli occidentali.
Probabilmente per la popolazione il risultato finale sarebbe positivo.
Ma perche’ avvenga questo bisognerebbe che i cinesi non ritengano conveniente un accordo “commerciale” coi Talebani,anch’esso facilitato dalla mancanza di handicap umanitari imposti invece in occidente dall’opinione pubblica.
Oppure che i Talebani siano abbastanza fanatici e ottusi da rifiutarlo,ma e’ poco probabile,allo stesso modo in cui e’ improbabile che non sfruttino
l’enorme fonte di introiti offerta dal commercio dell’oppio FUORI dalle loro frontiere.

RobertoV

La Germania fini in mano ai nazisti perchè ci fu la crisi del ’29. Senza quella che si aggiungeva alla drammatica situazione precedente dovuta alla sconfitta da cui si stavano faticosamente riprendendo, i nazisti sarebbero rimasti un piccolo partito di estremisti.
La Germania era comunque un paese culturalmente evoluto e che aveva già vissuto epoche democratiche e governi costituzionali, niente di paragonabile con l’Afghanistan che da decenni vede fallimentari interventi armati stranieri. Non mi pare che russi e americani ci siano andati per il sottile, perchè la Cina dovrebbe avere più successo? Per risolvere il problema Afghanistan dovremmo risolvere contemporaneamente anche quello del Pakistan.

Gérard

Laverdure
” Viene da chiedersi se e’ caso di augurarsi che la Cina metta gli occhi su quel paese….” Per il momento la Cina, come tutti i paesi occidentali, sta rimpatriando tutti cittadini cinesi con voli speciali e ho notato con piacere su giornali francesi che la Francia sta portando via anche tutti gli afghani che hanno lavorato direttamente o indirettamente per le autorità francesi : interpreti, cuochi, personale negli uffici etc etc …

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