Falso a chi?

In punta di diritto come si fa a distinguere una credenza religiosa “vera” da una “inventata”? Ne parla Adele Orioli sul n. 5/2021 della rivista Nessun Dogma.
Per leggere tutti i numeri della rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Che cosa sia o possa essere considerata una religione dal punto di vista giuridico non è una domanda che riesca a ricevere risposta univoca.

Di sicuro nel complesso e globalizzato mondo contemporaneo, dove le religioni riconosciute superano le molte migliaia (sic!) persino secondo le stime più prudenti, dove nuovi culti, sette, piccoli scismi e diaspore sono quotidiani, dove l’organizzazione ecclesiale cristiana viene messa sempre più a confronto con un islam diffuso senza apici o vertici univoci, dove anche l’occidente subisce la seduzione di discipline e dottrine spirituali non basate su esseri trascendenti, tracciare un fil rouge che davvero accomuni quanto l’uomo è disposto a chiamare religione (e cioè un complesso di credenze, sentimenti, riti che legano un individuo o un gruppo umano con ciò che esso ritiene sacro) non è facile.

Forse come elemento comune, ben prima che il riconoscimento statuale dell’autorità, va osservata l’auto-percezione come culto da parte degli adepti che ne perseguono le finalità e ne osservano i precetti. Ed è proprio sulla base dell’auto-percezione che nuovi movimenti si propongono al legislatore nazionale e sovranazionale pur con finalità di rottura, di scardinamento quando non direttamente di mero dileggio dello stesso fenomeno religioso. Le fake religions, insomma, per quanto, a essere razionali e razionalisti, i concetti di vero e di falso mal si applicano a una visione dogmatica del reale.

Famoso è il pastafarianesimo, o culto del Prodigioso spaghetto volante, sorto nel 2005 per protesta contro l’insegnamento del creazionismo nelle scuole e i cui adepti aspirano al riconoscimento anche giuridico formale come religione. E in qualche caso riuscendoci pure, in altri comunque sottolineando le illogicità che la tutela del sacro porta inevitabilmente con sé. Se in Nuova Zelanda e nei Paesi Bassi il pastafarianesimo è riconosciuto ufficialmente al pari di altre chiese tradizionali, in Austria come a New York così in Repubblica Ceca è stato quantomeno concesso il diritto di ottenere la foto con il sacro copricapo, lo scolapasta, sui documenti di identità. D’altronde è qui che il dito di simili esperimenti liturgici affonda nella piaga dell’irrazionalità giuridica della tutela del fenomeno religioso nei suoi aspetti fideistici. Proprio perché non dimostrabile, non discutibile, non razionalizzabile, la cosiddetta verità di fede, con i suoi conseguenti precetti, nel momento nel quale costituisce il presupposto di eccezioni della normativa generale si presta a proteggere il velo della suora, il chador e lo scolapasta.

Se si protegge l’onorabilità di un essere dalla incerta esistenza con le leggi anti-blasfemia diventa arduo distinguere, peraltro su supposte basi razionali, tra un Geova e uno spaghetto prodigioso. Se è poi in fondo l’auto-percezione come religione organizzata a essere la prima molla del riconoscimento istituzionale dei culti, come valutare la serietà o meno della credenza e della adesione a essa, qualunque cosa essa propugni? Se si protegge un figlio di dio che si incarna in prodotti da forno, su quali basi giuridiche considerare anche offensivo (cfr. in Russia) un culto del divino al sugo? Può sicuramente essere argomento di dibattito filosofico, storico, persino antropologico. Ben più arduo sostenerne invece la corretta discernibilità e discriminabilità in ambito giuridico.

Le conseguenze si vedono, ben oltre gli scolapasta. Anche perché il riconoscimento di una religione, oltre agli elevati principi del diritto umano di libertà di coscienza sia come singolo sia nelle formazioni sociali, porta normalmente con sé i ben più triviali ma alquanto graditi soldi pubblici. Come hanno ben compreso i seguaci dello zuismo, neopaganesimo islandese a ispirazione sumera che nel 2015, per protesta contro i finanziamenti statali alle religioni, promette di devolvere ai suoi adepti quanto ricevuto e vede la conversione alle sue schiere di più dell’1% della popolazione. Simpaticamente ed efficacemente simoniaci. E se non sono finanziamenti sono comunque esenzioni a vario titolo. Ne gode ad esempio il movimento del Satanic Temple, che della necessità di combattere proprio il diffuso sistema di privilegi fiscali ha fatto il motivo ispiratore del riconoscimento come chiesa. Per una equa redistribuzione di quanto ingiustamente riconosciuto a religioni e superstizioni, nulla di meglio di un (in questo caso) beffardo e irridente riferimento al satanismo, che ha come missione quella di «incoraggiare benevolenza ed empatia fra le persone». Come scopo sociale, bisogna ammetterlo, suona meglio del dividere il mondo fra un «noi che abbiamo ragione» e un «loro che hanno torto».

Ma questa è un’altra storia. Quello della fiscalità privilegiata è anche uno dei motivi che ha portato alla fondazione e al riconoscimento della First Church of Cannabis a Indianapolis, similmente a quanto accade alla International Church of Cannabis, basata sul cosiddetto elevazionismo, formalmente riconosciuta in Colorado. D’altronde persino in un paese sciaguratamente proibizionista come il nostro il possesso di marijuana è stato considerato lecito se associato alla meditazione rastafari. E quella rastafari è una religione vera, verissima. Perché il discrimine, la linea di confine quando si ha a che fare con l’assiomatico indimostrabile, pur se palpabile o intuibile o sarcasticamente evidente, non è traducibile in corrette differenziazioni normative. A meno di non applicare un giudizio del tutto arbitrario e discrezionale, al di là della norma stessa. E quando si opta per l’uniformità di trattamento diventano religioni riconosciute persino le peggiori frange suprematiste bianche con determinate liturgie e pratiche, come ha dovuto ammettere una corte federale a proposito del Creativity Movement.

Che le religioni d’altronde abbiano non solo una vocazione, ma molto spesso la stessa loro genesi dovuta a obiettivi ben terreni e secolari, non è una novità. Nuova è invece la slovena “Chiesa zombie trans-universale del beato squillo”, riconosciuta nel 2013 e con oltre diecimila seguaci, quinta religione del paese, nata per contrastare la corruzione della classe politica e come «critica acritica allo stato moderno che non ha rispettato i suoi impegni sociali», per usare le parole del fondatore.

E che si parli di corruzione o piuttosto in generale di una mancanza di modernità, da intendere come compiuta e al contempo progressiva tutela equanime dell’individuo, senza distinzione di sesso razza lingua e appunto religione, indubbiamente le religioni-parodia, come troppo sbrigativamente e riduttivamente vengono definite, centrano il punto. Porre individuali irrazionali credenze alla base di una normazione che tutti e ciascuno dovrebbe garantire non può che comportare ingiustizie, storture, parodie – queste sì, per quanto involontarie – dello scopo principale del diritto: una uguaglianza pluralista e vicendevolmente, razionalmente, rispettosa.

 

Adele Orioli

 

Approfondimenti

chiesapastafariana.it
thesatanictemple.com
creativitymovement.net
zuism.is

 

Consulta il sommario Acquista a €2 il numero in pdf Abbonati

Sei già socio? Entra nell’area riservata per scaricare gratis il numero in digitale!

4 commenti

Diocleziano

La soluzione sarebbe semplice: molte religioni: nessuna vera.
Se si presentasse un fanfarone che afferma di essere il messia atteso da millenni,
a chi il compito di stabilire se è vero? È ancora fresca la vicenda della sindone di Torino,
che sarebbe più corretto chiamare ‘sindrome di Torino’, che nonostante esami serissimi
la Città del Male si ostina a definire ‘sacra’ – da qui la definizione di ‘sindrome’ in quanto
contraria a ogni logica ed evidenza – con finanziamenti statali, sfruttamento della
pubblica s†upidità mediante l’ostentazione del reperto e quant’altro.

pendesini alessandro

incredibile constatare che miliardi di persone non riescono a capire che se credere in dio puo’ essere relativamente confortante, non implica che un dio qualsiasi esiste…..
Inoltre le filosofie postmoderne prosperano diffondendo l’idea, magnificamente irrazionale, che il verbo è d’ordine divino…..
Se c’è una cosa che la storia della scienza ci mostra, è che non serve a niente evocare un dio qualsiasi sulla nostra, a volte incommensurabile, ignoranza. Inoltre, il fatto che un credente si ritenga più felice di uno scettico, o ateo, non è più pertinente del fatto che un uomo ubriaco sia più felice di un uomo sobrio.
Dio è probabilmente tutto, ma per coloro che non hanno abbastanza per vivere decentemente, o sopravvivere, o certi che nascono con serie patologie, o soffrono per causa di malattia o incidenti le pene dell’inferno, è meno di niente….

PS -Le persone che si dilettano a contrastare o attaccare la metodologia scientifica (confondendola sovente con la tecnologia !), come se fosse il problema principale del nostro tempo, sottovalutano il pericolo di un ritorno in forza dell’oscurantismo. Ed è proprio quello che succede attualmente in vari paesi del mondo…

RobertoV

Il problema è che la stragrande maggioranza delle persone, tra cui gli stessi giornalisti, opinionisti e politici, non ha le competenze, la mentalità per comprendere la metodologia scientifica ed il suo modo di procedere e prende regolarmente cantonate, di cui non si rendono conto sia perchè spesso tra di loro non sono in grado di accorgersene, sia per l’arroganza di essere convinti di poter comprendere cose complesse di cui non sono esperti. Lo abbiamo visto anche in questa pandemia e le critiche pretestuose e da ignoranti mosse. Ricordo tempo fa una perla in cui un opinionista sostenne che siccome anche gli scienziati non sanno tutto, allora chiunque può dire la sua. Immagino che le stesse persone per esempio riguardo al cricket avrebbero della cautele a pontificare riconoscendo che non ne conoscono le regole, le tattiche e le tecniche di preparazione, mentre quando riguarda il pensiero scientifico la maggior parte delle persone ritiene di poter dire la sua e non viene il dubbio di non aver capito. Va detto che una parte delle persone ha un’atteggiamento diffidente e critico per il semplice fatto che non riuscendo a capire, non si fida, mentre in compenso non ha problemi a fidarsi di millantatori e truffatori perchè dicono cose più semplici e piacevoli, sapendo bene come raggirare le persone. Ed in questo le religioni sono maestre.

Mixtec

Io consiglio di dare un’occhiata al Creativity Movement.
Fanno umorismo tetro o fanno sul serio?
Ed in quest’ultimo caso, dove e quanti sono?

Commenti chiusi.