Politica e religione, vent’anni dopo le torri gemelle

Il terzo millennio iniziò con un evento realmente epocale. Così epocale che il 2001 potrebbe persino rappresentare l’anno 1 di una nuova era della storia umana – quella storia che il politologo Francis Fukuyama, soltanto pochi anni prima, aveva dato per finita con la distruzione del muro di Berlino. Ma non crollano soltanto i muri. E comunque di muri, vent’anni dopo, ce ne ritroviamo addirittura di più.

L’evento epocale, impressosi nell’immaginario collettivo con le immagini degli aerei che si schiantavano contro le twin towers, fu il primo attacco organizzato compiuto sul suolo degli Stati Uniti – l’unica superpotenza mondiale che, crollata l’Unione Sovietica, al tempo era considerata tale. La nation under God fu vittima di diversi, spettacolari ed efficaci attentati compiuti in nome di dio, anche se di un dio dal nome arabo. E proprio in dio si rifugiarono gli americani, per reagire allo choc: e riempirono le chiese. O perlomeno questo è ciò che si scrisse: lo dissero gli americani ai sondaggisti che li intervistarono e lo enfatizzarono i mass media in tutte le salse. In ogni caso, il fenomeno durò molto poco. Tanto poco che, oggi, il numero degli appartenenti a una chiesa è crollato al suo minimo storico.

È durata invece più a lungo un’altra reazione messa in campo dagli Usa: l’invasione dell’Afghanistan, la base logistica dell’organizzazione a cui appartenevano i terroristi di al-Qaeda. Gli Stati Uniti furono aiutati da una coalizione di paesi, raccolsero una sorta di via libera dell’Onu e mandarono in prima linea i combattenti afghani più desiderosi di liberarsi dei talebani. L’operazione fu decisa da un presidente repubblicano, un cristiano born again che usava toni quasi crociati: il primo nome che le fu attribuito, «giustizia infinita», fu modificato perché alle orecchie dei musulmani suonava quasi blasfemo. In ogni caso, la missione è stata gestita secondo standard etici molto discutibili prima, durante e persino dopo. È infatti ingloriosamente finita anch’essa soltanto qualche settimana fa, per decisione di un presidente democratico che aveva infarcito di riferimenti religiosi il suo discorso di insediamento. Ed è terminata con il sorprendente ritorno al potere degli stessi talebani. Qualcuno ora si aspetta che siano altrettanto sorprendentemente cambiati: il loro governo fa però invidia a una galleria degli orrori.

Gli attentati dell’Undici settembre fecero però capire a tutti che il terrorismo islamico rappresentava una minaccia globale, anche se decisamente pochi usano poi l’espressione «terrorismo islamico». Negli anni seguenti gli attentati si sono susseguiti senza sosta, ed abbiamo dovuto persino assistere alla nascita di uno stato terrorista islamico transnazionale, quello creato dall’Isis a cavallo tra Iraq e Siria. Il burqa è assurto a simbolo per eccellenza della cancellazione dei diritti delle donne: è diventato chiaro a tanti, ma non a tutti, che quando il fondamentalismo islamico conquista il potere si assiste inevitabilmente a una brutale regressione. Tra quelli che l’hanno capito prima e meglio ci sono stati i satiristi. I vignettisti danesi e il Charlie Hebdo hanno cercato di inserire nell’agenda politica e sociale il tema della timidezza (ma è legittimo scrivere ‘paura’) che la classe dirigente occidentale manifesta nei confronti dell’islam. E sono spesso rimasti soli, pagando a carissimo prezzo la loro sfida.

Tuttavia, proprio le innegabili caratteristiche religiose delle stragi del 2001 hanno fornito ulteriore propellente all’ateismo. Un articolo di Richard Dawkins pubblicato nei giorni successivi notava che gli attacchi furono possibili soltanto grazie a «un sistema confezionato di controllo delle menti, affinato per secoli, trasmesso tradizionalmente per generazioni. […] La religione insegna la pericolosa assurdità che la morte non è la fine». Fu il primo tassello di ciò che sarebbe diventato un fenomeno editoriale, noto come new atheism: forse non è poi così tanto nuovo; sicuramente è andato ben oltre le librerie. L’attivismo incredulo si è moltiplicato, ed è diventato ben più incisivo e appariscente.

Innescando però a sua volta un ulteriore effetto contrario: l’estremizzazione dei credenti. Che saranno anche meno numerosi, ma che in proporzione sono molto più fanatici. Il risultato è che le società democratiche sono decisamente più fratturate di vent’anni fa, anche a causa di internet (e delle fake news che vi circolano, e delle bolle che crea), con inevitabili ripercussioni sulle scelte politiche. In questi decenni sono state approvate diverse leggi laiche, con un progresso particolarmente evidente a riguardo delle persone Lgbt+, ma anche in questo caso c’è stato il contraccolpo, con l’organizzazione di Family Day e la nascita di gruppi reazionari nell’anima che mettono a rischio anche il diritto all’aborto. Da una parte, il legame sempre più stretto delle gerarchie religiose con la classe politica allontana sempre più fedeli dalla fede, dall’altra convince i rimanenti a sostenere populisti come Trump, Putin, Salvini, Bolsonaro e Orban, che non sembrano esattamente credenti-modelli ma che sono pronti ad assecondare ogni loro richiesta. Anche la crescente polarizzazione degli statunitensi nel giudizio sull’islam rappresenta un dato particolarmente significativo: i musulmani continuano a essere il gruppo più disistimato (insieme agli atei) ma in un contesto in cui i repubblicani li demonizzano ancor più che in passato, mentre i democratici li sostengono, li candidano ed eleggono. Non solo: promuovono apertamente un concetto di islamofobia esteso ormai a ogni espressione critica nei confronti della religione musulmana.

La contrapposizione è talmente frontale che resta ben poco spazio per le posizioni equilibrate. L’identitarismo attecchisce infatti anche tra le minoranze, e rende sempre più difficile battersi per una società in cui tutti possano effettivamente godere dei medesimi diritti. Forse a causa della crescita tumultuosa, lo stesso insieme dei non credenti è assai più variegato di due decenni fa. A destra si collocano anche non credenti che, come i loro leader, considerano la religione un mero utensile per raggiungere i propri fini politici, anche e soprattutto in nome di un’identità nazionale che ritengono minacciata. A sinistra c’è per contro una diffusa accondiscendenza verso l’islam e il cattolicesimo, religioni di cui si nota più la consolazione offerta agli immigrati poveri che il pericolo per tanti diritti umani. Senza dimenticare il diffuso (anche se da tempo calante) apprezzamento per un papa eletto affinché interpretasse la copia de nosotros del Dalai Lama. Una deriva non molto razionale.

Sono tutti sviluppi che ben pochi furono capaci di prevedere, l’11 settembre 2001. È passato solo un ventennio ma sembra passato un secolo, e le nostre società appaiono destinate a cambiare ancora più velocemente. In quale direzione, è sempre più difficile intuirlo. Dipenderà probabilmente molto dall’impegno che ci metterà ognuno.

Raffaele Carcano

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21 commenti

laverdure

“In ogni caso, la missione è stata gestita secondo standard etici molto discutibili prima, durante e persino dopo.”
Quello che noi occidentali abbiamo dimenticato,(o magari fingiamo per convenienza di aver dimenticato),e’ che se si vuole fare una guerra,che tale era,e soprattutto se si vuole vincerla,gli “standard etici” bisogna chiuderli dentro l’armadio e sostituirli con cannoni e missili.
Il motto francese :”A la guerre comme a la guerre” vale oggi come un secolo fa.
Se ci pensate un attimo la sconfitta nel nazifascismo non fu certo fatta all’insegna dell’etica,vero ?Ricordate ,per fare un solo esempio,i bombardamenti “totali” sulle citta (Dresda,Amburgo,Berlino,Tockio e decine di altre).
Eppure nessuno in Europa se ne lamento’mai in seguito,dopo aver assaggiato in varia misura il nazifascismo sulla propria pelle.
Non parliamo poi della tanto decantata “resistenza” : in questo caso rende bene l’idea il famoso motto : “Pieta’ l’e’ morta !”,che fu applicato coscienziosamente
in centinaia di episodi,che sono (faticosamente) venuti alla luce in epoca recente,
riportati a mezza bocca naturalmente.
Specialmente se si tiene conto che i risultati,senza l’ìntervento alleato,non sarebbero certo stati risolutivi.
Se vogliamo dire che questa operazione in Afghanistan.era sconsigliabile dalle circostanze,e che i benefici non giustificavano la spesa,sono d’accordo,ma non andiamo a cercare giustificazioni “morali” che puzzano solo di ipocrisia.

RobertoV

Non mi pare che gli USA si siano fatti problemi etici in Vietnam eppure la guerra l’hanno persa.
Nemmeno i Russi si sono fatti problemi etici in Afghanistan eppure hanno perso.
E sono stati proprio gli USA assieme ai loro alleati che hanno cercato di nobilitare la loro guerra spacciandola per esportazione della democrazia e lotta al terrorismo.
Non ha senso confrontare queste guerre con la II guerra mondiale, perchè quella guerra interessava direttamente la sopravvivenza di tre alleati ed indirettamente anche gli USA, mentre quella in Afghanistan come in Irak erano guerre pretestuose. e che non avrebbero cambiato la vita delle nazioni che l’hanno combattuta o messe in grande pericolo anche se perse. E’ anche una questione di costi/benefici.
L’attacco alle torri gemelli è stato il più grave atto terroristico, con esito così nefasto per circostanze sfortunate, non un atto di guerra.
Quelle guerre demenziali non hanno fatto altro che fare il gioco dei terroristi e gli interessi di quelli che pensano con le guerre di poter risolvere i problemi e di guadagnare con la vendita delle armi.

pendesini alessandro

Gli americani fanno guerra a tutto: alla povertà (Lyndon Johnson), alla droga (Richard Nixon), al terrore o al terrorismo sin dagli anni 80……
Con gli attentati dell’11 novembre 2001, i neoconservatori hanno promosso una nuova dottrina: la « guerra globale sul terrorismo/terrore ». Tutte queste politiche marziali presentano un identico difetto che spiega il loro fallimento programmato: possiamo ragionevolmente fare la guerra a un fatto sociale (povertà), a un prodotto (droga), a una paura (terrore), a una tecnica o a un concetto (terrorismo)? Tali affermazioni irreali portano senza dubbio a vicoli ciechi. Possiamo solo dichiarare la guerra agli individui, vale a dire alle realtà umane localizzate storicamente e geograficamente, con motivazioni e mezzi ben individuati. Il nemico deve essere specificamente identificato. Altrimenti, stiamo solo predando dei fantasmi…..

laverdure

@Pendesini
“Possiamo solo dichiarare la guerra agli individui, vale a dire alle realtà umane localizzate storicamente e geograficamente, con motivazioni e mezzi ben individuati. Il nemico deve essere specificamente identificato. Altrimenti, stiamo solo predando dei fantasmi…..”

Immagino che Kim il Song,Putin,Khomeini,Pol Pot ecc fossero dei fantasmi,infatti in passato come nel presente i nostri intelletttuali “progressisti si sono sempre astenuti da ogni critica.
Ricordi l'”autocensura” di Giorgio Bocca sulla Cambogia,ammessa,nota bene,da lui stesso,ma solo dopo che i vietnamiti avevano mostrato al mondo i suoi orrori (camere di tortura,fosse comuni a cielo aperto ecc) ?
Si direbbe che l'”intellighenzia” sia talmente condizionata dai suoi cliche’ e controcliche’ che l’idea di “guerra ” alla tal cosa debbe essere rigettata a priori.
Vedi come i no-vax rifiutano la “guerra al covid”.
Poco ci manca che qualche intellettuale sostenga pubblicamente anche in questo
caso la necessita di “aprire il dialogo”.

laverdure

Per inciso noi Italiani,da quei grandi “etici” che siamo,non ci sogneremmo mai di fare “guerra” alla mafia,tanto per fare un solo esempio.
Lo dimostrano inequivocabilmente le passate “aperture di dialogo” che in passato gli organi dello Stato,Presidente compreso,le hanno offerto.
(Beninteso dopo i suoi gravi attacchi terroristici).
Abbiamo avuto un momento di sbandamento impulsivo anni fa scatenando la guerra al terrorismo dopo che una certa foto era apparsa sulla copertina
dell’Europeo divenendo virale.E,curiosa coincidenza,il terrorismo in Italia era crollato in breve tempo.
Ma poi il dialogo ha prevalso,tanto che la maggior parte dei protagonisti sono in liberta da molto tempo.

laverdure

Dimenticavo : sono in liberta solo i “protagonisti” del colore politicamente corretto.

laverdure

Sempre riguardo al Covid,al posto di “guerra”,vocabolo ormai tabu,potremmo usare l’espressione :”Stabilire rapporti di reciproca convivenza”.
Che del resto e’ proprio quanto avverra,dato che col virus dovremo per forza
di cose convivere a tempo indeterminato.

laverdure

Ti consiglierei una visita a questo sito, e un’occhiata ai testi scaricabili gratuitamente nello stesso :
https://undicisettembre.blogspot.com/
Sulle 2 Torri si verifica semplicemente da 20 anni quello che da due anni si sta verificando sul problema “covid” : una bazza per i complottisti.

laverdure

Un piccolo pensierino : gli amanti della fantascienza avranno letto senz’altro parecchi romanzi usciti nel corso degli anni,il cui tema comune e’ un gravissimo pericolo che minaccia l’umanita intera.
Si tratta della caduta di un meteorite,di una iperattivita del sole con relative radiazioni,dell’invasione di extraterrestri ostili,e ovviamente di epidemie anomale,spesso artificiali,e tante altre minacce epocali.
In quasi tutti i casi le grandi potenze si trovano ad affrontare,oltre agli enormi problemi tecnici,una opposizione organizzata di individui di ogni ceto,anche importanti,che una frenesia paranoica spinge a negare l’evidenza e a tentare di sabotare i programmi di difesa.
Fino a qualche anno fa queste trame sembravano forzate,vero ?
Invece erano solo profetiche.

mafalda

Gli USA non possono invadere stati stranieri se non direttamente attaccati, vedi golfo del Tonchino, ad esempio. Comunque io leggo sempre pro e contro, persino Paolo Attivissimo.

Manlio Padovan

Io preferisco ricordare l’11 settembre 1973 quando gli USA maledetti uccisero Allende.

I morti dell’11 settembre 2001 sono morti per colpa di quelli che si sono salvati in quello stesso giorno.
Agli USA è sempre mancata una guerra in casa, una di quelle guerre che non perdonano.

laverdure

Dimenticavo : superiore perfino se aggiungiamo anche i caduti in Vietnam a
quelli delle due guerre mondiali.

Manlio Padovan

D’altronde chi è nato dalla feccia d’Europa, e questo è incontestabile, cosa poteva diventare se non la feccia del mondo?
Solo per completare il pensiero.

laverdure

Feccia tra al quale ci siamo anche noi,caro Manlio,perche’ la comunita Italiana in USA
non e’ mai stata trascurabile.
In particolare ha avuto un peso notevole la mafia,della quale abbiamo l’onore di essere la patria di origine.

Mixtec

Caro laverdure,
mi hai fatto ricordare un film di un italiano, Sergio Leone, in cui i mafiosi erano ebrei.
D’altra parte, mi pare anche evidente che tutte le ideologie americane sono varianti di interpretazioni bibliche. Certo, c’è pure la Massoneria, ma anche quella vanta origini egiziane. Del resto, anche Mosè era un egiziano, giusto?

laverdure

Caro Mixtec,il termine “mafioso” in Italia ormai e’ diventato cosmopolita,
come negli altri paesi.
Grazie all’immigrazione incontrollata abbiamo mafie ghanesi,marocchine,
turche ecc.
Ad esempio quel tipetto che, dopo aver ammazzato con l’auto 8 ciclisti anni fa,guidando senza patente drogato fradicio,ha provocato ora un nuovo incidente provocando la morte di un passante ,e’ il rampollo di un noto boss marocchino.

Mixtec

Carissimi,
con l’eccezione dei cattolici, forse, e di alcune minoranze indù, cinesi e similari, negli USA in ogni casa ci sono due o più bibbie, che vengono lette da gente che ha idee più o meno vaghe sul contesto in cui gli scritti in esse contenuti si formarono, come e quando. Praticamente, in Afghanistan si sono scontrati “Studenti Biblici” “nu’ poco gnuranti” e “Studenti Coranici”, colti quanti i primi.
Raffaele ha ricordato che in seguito agli eventi del 2001 sono sorti i “New Atheists,” contro cui si sono rivolte le critiche sia di “vecchi atei”, come Massimo Pigliucci, sia di credenti USA e del Commonwelt (Australia e dintorni): interessanti, ad esempio, gli articoli di Paul Copan e dei suoi colleghi, e il suo libro “Is God a Moral Monster?”, come pure, a cura di Cotter, Quadrio e Tuckett, “New Atheism: Critical Perspectives and Contemporary Debates.”

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