Politica reale (e clericale)

Che le tornate elettorali siano sempre più esasperate è sotto agli occhi di tutti. Questa in particolare, poi, è tra le più accese. Tant’è che insieme ai toni… finiscono accesi anche molti ceri alla Madonna: in un paese dove, dati alla mano, non credenti e dubbiosi sono sempre di più, la retorica identitaria e cristianista continua a godere di ottima salute. Anzi: è più forte di prima. Tra i candidati al ballottaggio, i già eletti e i trombati la fiera del baciapile quest’anno è un trionfo. Se dovessimo stilare un elenco completo delle performance clericali delle ultime settimane verrebbe fuori un papiro lungo quanto la lista dei debiti di Paperino. Procederemo dunque per menzioni d’onore – certi del fatto che, pur con le migliori intenzioni, non riusciremmo ad essere esaustivi.

Un po’ weak, ma pur sempre “baciapileggiante”, la performance di Matteo Lepore, vincitore a Bologna con ampio margine al primo turno.  Vittoria che sarebbe – a detta sua- “la vittoria della città più progressista d’Italia”. Tra quelle con la cittadinanza più laica, senz’altro (e in merito l’Uaar avrà altro da aggiungere a breve). E dunque, per festeggiare Lepore si è subito recato in un luogo che è simbolo inequivocabile di progressismo: la cattedrale cittadina. Una foto lo immortala all’interno di San Petronio assieme all’arcivescovo Zuppi e all’ex sindaco Merola, che per l’occasione ha anche indossato una fascia tricolore: laicità e radici cristiane, del resto, sono la stessa cosa. Se non è zuppa (anzi, se non è Zuppi), è pan bagnato.

Ben più cattiva la performance di Vincenzo Zaccheo, candidato al ballottaggio per il centrodestra a Latina. L’ex missino, poi AN, e ora indipendente, ha diffuso un video promozionale sui suoi canali social in cui figurava un elenco con i suoi punti forti e i punti deboli del candidato del centrosinistra, Damiano Coletta. Fin qui nulla di strano. Tra i punti a vantaggio di Zaccheo c’era però il suo essere “cattolico”, ovviamente messo subito a contrasto con l’ateismo dell’avversario. Verrebbe da chiedersi per quale motivo un cattolico sia più adatto al ruolo di sindaco rispetto a un ateo. Domanda che, con ogni probabilità, non avrà risposta. A differenza invece della domanda sull’annosa questione degli arretrati fiscali del Vaticano, a cui ha risposto Enrico Michetti, in corsa per il Campidoglio.

Il “Cuppolone” (come viene chiamato nella capitale che – a suo vantaggio estetico e architettonico ma a suo svantaggio globale – lo ospita) figura infatti tra i maggiori proprietari immobiliari d’Italia, con un patrimonio di circa 4.000 immobili, il 90% dei quali si trova a Roma. Per intenderci, gli immobili di proprietà della Santa Sede a Roma superano di 6 volte il numero dei McDonald’s presenti in tutta Italia. Le quote di IMU e Tasi non versate sono stellari: parliamo di 620 milioni di euro ogni anno, ossia l’equivalente di 20 milioni di tessere UAAR (a proposito: il 2022 è alle porte, non fatevi cogliere sprovvisti). Alla domanda se abbia intenzione di riscuotere queste somme, il candidato della destra ha risposto con un lapidario “sono cristiano cattolico, a differenza di altri”. Ha dichiarato poi di essere “nato in oratorio” e di essere consapevole della grande “opera di carità” portata avanti dalla Chiesa. Il che non è un motivo giusto e necessario a non riscuotere le imposte: se tutti i politici si mettessero ad elargire esenzioni fiscali ai luoghi dove sono nati o ai gruppi sociali che gli suscitano simpatia le tasse non le pagherebbe nessuno. Più avanti nell’intervista Michetti è riuscito però a fare ancora di peggio, dichiarando che non ha intenzione di perseguire una politica “laica” nei confronti della Chiesa.

In realtà anche gli “altri” (la coalizione a sostegno del candidato del centrosinistra Gualtieri, ndr) non è che sprizzino proprio laicità da tutti i pori. A fare da capolista c’è Beatrice Lorenzin, transfuga del cattolicissimo Nuovo Centro Destra di Alfano poi folgorata sulla via di Damasco ed ora stabilitasi nel PD per cogliere le “opportunità” e le iniziative che il partito offre. Viene da chiedersi di quali opportunità ed iniziative parli, visto che alle (rare) iniziative laiche del suo partito si è però sempre opposta: nel 2016 espresse il suo sostegno al Family day e partorì l’aberrante iniziativa del Fertility Day. Si è ripetutamente dichiarata contraria al matrimonio egualitario e alle adozioni gay ma favorevole a rendere l’utero in affitto reato universale. Contraria ovviamente anche al testamento biologico e alla vendita di pillole abortive nelle farmacie.

Ma come richiedono i dettami dell’identity politics, il PD romano dà spazio anche alle minoranze. A rappresentare di fatto (anche se lei lo nega) il mondo islamico c’è Mariam Ali, studente di giurisprudenza e in corsa al ballottaggio per il consiglio comunale. Mariam è sorella della più famosa Tasnim, influencer molto in voga su TikTok, che a maggio sollevò molte polemiche per aver pubblicato un video in cui calpestava la bandiera di Israele. Mariam ha dichiarato che l’islam non ha nulla a che fare con la sua candidatura: in realtà il suo vistoso hijab , fatto passare per “simbolo femminista” e ostentato fieramente nei manifesti elettorali, ci dice il contrario. Anche se è specchietto per le allodole che inganna perfettamente i laici minimalisti, convinti che il confessionalismo cristiano della politica italiana possa essere vinto contrapponendo alle croci altrettanti hijab. In realtà quello che hanno in mente i laici minimalisti non è una politica laica, ma piuttosto una politica incentrata sulle identità. E benché siano in rima, laicismo e identitarismo non vanno d’accordo. E la politica, non conoscendo il significato del primo, ricorda e traduce in pratica solo il secondo.

Simone Morganti

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5 commenti

G. B.

Cerchiamo di essere obiettivi. Se il crocifisso è un simbolo di laicità, perchèlo hijab non dovrebbe essere un simbolo femminista?

KM

Forse non c’entra niente con il tuo GIUSTISSIMO commento, ma mi hai fatto venire in mente Lenny Bruce, il cabarettista americano interpretato da Dustin Hoffman in “LENNY”.
Il comico soleva dire che se GC fosse nato in America nel ‘900, i cristiani al collo porterebbero una catenina con una sedia elettrica invece della croce!

Maurizio

Il crocifisso è simbolo di laicità quanto una bistecca è simbolo di veganesimo.

RobertoV

Le religioni vivendo di propaganda possono distorcere a loro piacimento la storia ed i significati, anche perchè possono contare su una marea di persone senza memoria e che si bevono qualsiasi cosa venga da loro propinato.
Così raccontano oggi che le religioni sono pace ed amore e che non si uccide in nome di dio, anche se le loro istituzioni lo hanno fatto sistematicamente per secoli.
Proprio di ieri la notizia che in Bangladesh musulmani stanno massacrando gli induisti perchè li accusano di aver profanato alcuni corani.
Come giustamente fai notare se riescono ad identificare un simbolo identitario cattolico e dell’oppressione cattolica come simbolo di laicità, dovrebbero anche considerare un simbolo di libertà e femminista il velo. In effetti il velo è un grande passo avanti rispetto al burka talebano.

Gérard

Penso che per sentire un discorso del tipo “Il crocifisso è un simbolo di laicità” (proprio come la qualifica di “Soldati della Pace” per designare soldati in missione nelle guerre all’estero) bisogna proprio venire in Italia. Al di là dei confini tali argomenti provocherebbero semplicemente stupore o grandi scoppi di risate .
Dobbiamo tornare alla vicenda Soile Lautsi per sentire già questa incongruenza. All’epoca erano sia i preti che i politici italiani ad arrampicarsi sugli specchi per far inghiottire questa enorme stupidità ma è chiaro che una parte della popolazione l’ha accettata, visto l’ignoranza generale sul significato di laicità.
Vivendo all’epoca in Italia, rimasi allibito da un articolo pubblicato sul giornale “Il Tirreno” dove un prete feceva del crocifisso un simbolo di inclusione, di tolleranza, di laicità dello stato (sic) “altamente educativo a prescindere della religione professata dagli alunni” (Vada a raccontarlo per esempio agli ebrei questa …!) etc.
All’epoca mi sono sentito l’ adrenalina salire in modo pauroso, cosi mi sono messo subito su internet e ho scritto l’articolo qui sotto che fu pubblicato sullo stesso giornale …
” (L’ articolo…) lascia l’ impressione che l’ autore dell’ articolo abbia una totale misconoscenza di cosa sia la laicita oppure si tratta di una malcelata volontà di fare prendere lucciole per lanterne . Un simbolo religioso non ha nessuna funzione educativa in una scuola in quanto luogo del sapere che è l’ opposto del credere . Secondo Don …., il crocefisso non contraddice il principio della laicita dello Stato . Ma siamo in pieno delirio ?!! Nessuna religione o simbolo religioso entra nel concetto di laicità . Essa è precisamente la separazione dello Stato, cioè la sfera pubblica, e della religione e suoi simboli, sfera privata . La presenza di allievi di confessione musulmana non entra per niente in questo discorso .La Francia, mio paese di origine ha tolto ogni simbolo dai luoghi pubblici, scuola compresa, nel lontano 1905 allorchè la popolazione era nella sua maggioranza cristiana . Oggi che abbiamo in Francia milioni di cittadini di confessione musulmana, questa regola ci permette di rifiutare la presenza nelle aule deri loro simboli religiosi . ” .
Ecco riassunto l’ essenziale di quello che avevo scritto più di 15 anni fa ma mi sembra che da allora, si sono fatti pochi passi in quella direzione .

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