Uaar e umanismo. Quali rapporti, quali battaglie comuni?

Quale rapporto ha L’Uaar con l’umanismo e in generale con altre organizzazioni con obiettivi e intenti simili? Ne parla il segretario nazionale dell’associazione Roberto Grendene sul numero 6/2021 della rivista Nessun Dogma.
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Due articoli sui precedenti due numeri della rivista, rispettivamente a firma di Massimo Redaelli e Giovanni Gaetani, hanno parlato di umanismo e dei suoi rapporti con l’Uaar. Da prospettive diverse, diciamo pure contrapposte. Il primo osserva come la dichiarazione di Amsterdam, documento che definisce l’umanismo e attorno ai cui principi si riuniscono le associazioni aderenti a Humanists International, Uaar compresa, manchi di concretezza al punto da essere in larga parte sovrapponibile al catechismo. Il secondo argomenta che ciò non deve spaventarci e che un approccio umanista intersezionale va nella direzione di costruire ponti e permette di intersecare le lotte.

Per capire il rapporto dell’Uaar con l’umanismo e in generale con altre organizzazioni è doveroso fare una premessa e riprendere le decisioni democraticamente espresse tramite l’approvazione di documenti in sede congressuale. Oltre ai più noti statuto, manifesto d’intenti e obiettivi, che non trattano direttamente il tema, ci sono anche le dichiarazioni. Ne troviamo una dedicata proprio all’umanismo: «L’Uaar aderisce all’International Humanist and Ethical Union [ora Humanists International] e fa pertanto propria la sua “Dichiarazione di Amsterdam sull’umanismo”: L’umanismo è una visione democratica ed etica della vita, che afferma che tutti gli esseri umani hanno il diritto e la responsabilità di dare significato e forma alle proprie esistenze. Propugna la costruzione di una società più umana attraverso un’etica basata su valori umani e su altri valori immanenti, nell’ottica della ragione e della libera ricerca attraverso le abilità umane. Non è teistica, e non accetta visioni soprannaturali della realtà». Siamo ancora in ambito astratto, filosofico, ma la successiva dichiarazione sull’associazionismo laico precisa un po’ meglio la strategia: «L’Uaar concorderà con le associazioni affini, nei limiti del possibile e nell’interesse primario dei suoi scopi generali, una lotta unitaria. […] L’unione delle scarse forze si impone anche su scala internazionale, dove opera già una sorta di “internazionale religiosa” egemonizzata dalla chiesa cattolica, e per questo motivo è membro attivo sia dell’Iheu (International Humanist and Ethical Union) [ora Humanists International], sia dell’Ehf (European Humanist Federation)».

Realizzare gli obiettivi associativi e reagire alle forze organizzate reazionarie e clericali emergono come ragioni per aderire a movimenti internazionali che possano essere utili a tali scopi. Ed emergono in misura ancora maggiore se leggiamo gli interventi congressuali di Martino Rizzotti, il fondatore dell’Uaar: con le «associazioni internazionali più affini a noi (in particolare Iheu e Ehf)» ci si deve muovere «portando però i contenuti da noi maturati e senza allinearsi a tutti i costi né temere il conflitto con gli orientamenti della dirigenza in carica di quelle associazioni». E sempre Rizzotti, al secondo congresso Uaar: «… abbiamo dato (e intendiamo mantenere) la nostra adesione all’Iheu (International Humanist and Ethical Union). Si tratta della maggiore associazione laicista internazionale. Noi aderiamo senza perdere la nostra identità e insistendo sulla difficoltà di azione in una situazione caratterizzata dal pesante condizionamento del Vaticano. Del resto, che senso avrebbe per una associazione come la Iheu o per altre consimili riposare sugli allori della laicità consolidata in alcuni paesi civilmente avanzati, disinteressandosi dell’esigenza di conquistare livelli analoghi di civiltà dove il medioevo cova ancora? Una associazione che si pone, in fondo, come riferimento laico dell’intera umanità non può non essere un’associazione di sostegno alla lotta nelle situazioni arretrate».

Questo breve excursus nella storia, nella strategia e nelle scelte dell’Uaar mostra come l’adesione alle umbrella organization umaniste possa per certi versi essere stata accidentale. Ci fosse una “International Secular Society” l’Uaar ne farebbe probabilmente parte. Certo, l’umanismo come definito nella dichiarazione di Amsterdam costituisce un insieme di valori al quale è ragionevole rifarsi. Sono infatti sostanzialmente gli stessi valori contenuti all’articolo 2 del nostro statuto. Personalmente mi definisco ateo, agnostico e umanista (sì, sia ateo che agnostico a seconda delle prospettive, ma non divaghiamo). Ma l’Uaar raggruppa anche soci che non si definiscono tali, che preferiscono rappresentarsi come razionali, laicisti, bright, esseri umani senza etichette. E anche credenti: rari ma ci sono stati. È sufficiente condividere gli scopi sociali, dunque gli ambiti sui quali l’Uaar si impegna, non certo identità che invece sono personali.

A livello associativo si tratta quindi di decidere quali battaglie intraprendere, per un agire laico per un mondo più umano, come recita il sottotitolo di questa rivista. Sono scelte già prese, anche se ovviamente modificabili. Sono elencate negli obiettivi votati dal congresso nazionale: denuncia unilaterale del concordato, cancellazione dei privilegi fiscali basati sulla religione, disponibilità di sale del commiato, legalizzazione dell’eutanasia attiva volontaria e del suicidio assistito, abolizione dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, matrimonio per tutte le coppie a prescindere dalla loro identità sessuale o di genere, insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, contrasto del natalismo, abolizione dell’obiezione di coscienza prevista nei reparti di ginecologia degli ospedali pubblici. Sono solo alcuni, ma è già chiaro quanto sia arduo raggiungerli.

Che senso avrebbe dunque per l’Uaar seguire alcune associazioni umaniste aggiungendo tra i propri obiettivi, ad esempio, la lotta al cambiamento climatico? Sia chiaro che è un tema importante, ce lo dice la scienza e tra i valori dell’Uaar c’è anche l’acquisizione della conoscenza attraverso il metodo scientifico. Come sono importanti il contrasto alle guerre, la sicurezza sul lavoro e sulla strada, la difesa della biodiversità, l’abolizione della pena di morte. E per alcuni quella dell’ergastolo. E la difesa dei diritti degli animali. Per altri ancora anche il passaggio a un’alimentazione vegetariana. Sono probabilmente tutti temi che potrebbero ricadere nell’ambito dell’umanismo (alcuni a seconda dell’interpretazione, le correnti esistono ovunque). Ma non per questo diventano battaglie Uaar.

La prima ragione, ovvia, è che deve essere democraticamente il congresso Uaar a decidere su quali scopi e obiettivi impegnare l’associazione. Il margine di discrezionalità per chi la dirige è vincolato al processo democratico. La seconda è che la molteplicità dell’impegno per cause civili diverse è principalmente degli individui, che sostengono battaglie diverse in momenti diversi e magari con appartenenze associative diverse. Sempre che vogliano avere appartenenze o identità di questo tipo.

La terza è che abbiamo il Vaticano in casa e una classe politica che ancora gli ubbidisce (molto meno la società), limitando i diritti civili dei cittadini atei e agnostici. L’impegno dell’associazione deve andare su obiettivi che a volte solo noi o principalmente noi perseguiamo. E farlo senza fare sconti e senza allargare le maglie perché esistono anche altre “sacrosante” problematiche che afferiscono ai nostri valori che devono essere affrontate. Anche perché gli avanzamenti sui diritti civili laici si ottengono quasi sempre un passo alla volta, raccogliendo consenso trasversale anche da chi non si riconosce in altre nostre battaglie o in un allargato sistema di umanismo intersezionale. Aborto e divorzio, o testamento biologico e unioni civili per venire a tempi più recenti, sono conquiste di maggioranze trasversali per appartenenza, identità e idee politiche. Non è forse più efficiente concentrarsi su obiettivi specifici, che una volta conseguiti possono comunque essere ricongiunti in un quadro d’insieme?

Roberto Grendene

Approfondimenti

www.uaar.it/uaar/dichiarazioni
Dichiarazione di Amsterdam: bit.ly/3jyJAOM 4
https://humanists.international

 

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