Islamofobia: una, nessuna e centomila?

Chiunque tenga al rispetto dei diritti umani può condannare odio, violenza e discriminazioni anche verso i musulmani. Ma l’islamofobia è un termine ampio, che rischia di essere vago, politicizzato e controverso. Ne parla Valentino Salvatore sul numero 1/2022 della rivista Nessun Dogma.
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Uno spettro si aggira tra accademie, social e dibattiti pubblici: l’islamofobia. Specie dall’attacco islamista alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001 ha animato mille diatribe, anche tra laici e non credenti. I musulmani e la loro religione sono sempre più oggetto di odiose discriminazioni e diffidenza in occidente. Trapelano notizie sconcertanti sulla repressione delle autorità cinesi contro gli uiguri dello Xinjiang. In paesi a maggioranza islamica e non, altri musulmani sono perseguitati dalle autorità o da fanatici perché non si adeguano alla visione bigotta dominante.

Fenomeni di odio e discriminazione che chiunque tenga al rispetto dei diritti umani condanna. Ma se apriamo i dizionari, troviamo una definizione molto larga del termine che descriverebbe tale sentimento ostile. Per il Cambridge Dictionary l’islamofobia è «unreasonable dislike or fear of, and prejudice against, Muslims or Islam». Dov’è il limite “ragionevole” per antipatia, paura e pregiudizio? È diretto alla religione e/o ai suoi fedeli per dirsi “fobia”? Quando far intervenire le leggi?

Il concetto si palesa già ambiguo. La tendenza dei religiosi e di frange progressiste che ne sostengono le istanze è allargarne i confini. Non solo gli integralisti si presentano come vittime dello stato, del laicismo o dell’imperialismo, o credono più genuina la loro lettura derubricando altre a “eresie”. Pure attivisti e intellettuali contribuiscono radicalizzando certi discorsi. Può giocare una tendenza ipertrofica dell’intersezionalità, per cui discriminazioni, intolleranza e pregiudizi si concatenano e rafforzano.

Si rischia di confondere l’identità religiosa con quella etnica, di ritenere “vero” l’islam (paradossalmente) nella versione rigida, di ridurre la persona al suo culto, quindi di intendere la fede come “razza”. Si cade nel tranello della razzializzazione, l’attribuzione di stereotipi a una etnia che se fatta da una posizione ritenuta dominante è avversata. Processi culturali divergenti infine convergono. L’islamofobia diventa una forma di razzismo che copre ogni condizione di minorità, discriminazione o disagio del musulmano, sebbene si parli di religione e sia utile circoscrivere l’ambito. Per tutelare dalle discriminazioni (reali) gli stessi musulmani e insieme difendere le libertà moderne.

Il termine appare in francese a inizi novecento. La prima attestazione è nella tesi di dottorato di Alain Quellien, funzionario del ministero per le colonie della Francia, intitolata La politique musulmane dans l’Afrique occidentale française (1910). Qui l’islamofobia è «pregiudizio contro l’islam, diffuso tra i popoli della civiltà occidentale e cristiana»: «per alcuni il musulmano è il nemico naturale e inconciliabile del cristiano e dell’europeo, l’islam è la negazione della civiltà, e la barbarie, la cattiva fede e la crudeltà sono tutto ciò che ci si può aspettare dai maomettani». Quell’anno l’etnografo e africanista Maurice Delafosse lo riporta nell’articolo L’état actuel de l’islam dans l’Afrique occidentale française. Entrambi biasimano la durezza delle autorità coloniali e ritengono l’islam un balzo “darwiniano” di civiltà rispetto a credenze indigene. Il secondo contesta pure la speculare «islamofilia», neologismo per una politica preferenziale che «creerebbe un sentimento di sfiducia tra le popolazioni non musulmane».

L’islamofobia arriva stabilmente all’inglese con uno scritto del domenicano egiziano Georges Chehata Anawati del 1976. In polemica, afferma che è arduo per un non musulmano approcciarsi ai testi sacri, «costretto, pena l’accusa di islamofobia, ad ammirare il Corano nella sua totalità e a guardarsi dall’implicare anche la minima critica al valore letterario del testo». Il termine si popolarizza con un rapporto del think tank britannico antirazzista Runnymede Trust del 1997.

Se è vero che il concetto di islamofobia non è stato inventato dal regime degli ayatollah iraniani, come vuole una vulgata fraintesa anche tra i laici, esce dalle accademie ed entra nel dibattito dagli anni settanta. Quando intellettuali francesi impegnati, come Michel Foucault, si mostrano ambigui con la rivoluzione islamista in Iran. Proprio la teocrazia nata nel 1979 con Ruhollah Khomeini, già esule in Francia, si legittima reprimendo i dissidenti in quanto “odiatori” della religione.

Alcuni episodi mostrano quanto è problematico, per la difesa dei diritti e delle libertà, sposare la definizione allargata e vaga di islamofobia.

Con il presidente Joe Biden gli Usa scendono in campo contro l’islamofobia nel mondo. Su proposta di Ilhan Omar, deputata del Partito democratico di origine somala che ben rispecchia certe antinomie della sinistra Usa. Fieramente velata, fa parte della cosiddetta “The Squad”, gruppo di democratici combattivi sul fronte progressista. Nota per posizioni avanzate su temi sociali e diritti civili, ma anche per controversie come il boicottaggio a Israele. E per frasi evasive sull’11 settembre: rievocando i fatti, si limitò a dire che «certe persone hanno fatto qualcosa». Basi ideali per diatribe con i repubblicani più estremisti.

Il casus belli è offerto dalla repubblicana Lauren Boebert. Cristiana “rinata” e nazionalista, fanatica del porto d’armi liberalizzato, Boebert offende più volte Omar accusandola di essere una jihadista. Diffonde pure la storiella (falsa) di quando in ascensore l’avrebbe incontrata, preoccupata che avesse uno zaino esplosivo. L’episodio fa traboccare il vaso. La Camera dei rappresentanti approva nel dicembre del 2021 per pochi voti l’istituzione di un ufficio del dipartimento di stato (pari al nostro ministero degli esteri) per il contrasto all’islamofobia, con inviato speciale e spazio nel report annuale sui diritti umani.

Critica l’impianto l’associazione Ex-Muslims of North America (Exmna). Per il presidente Muhammad Syed «apre a un’allarmante vulnerabilità all’abuso e rischia di spingersi troppo oltre» già nel non definire il termine ‘islamofobia’ nel testo. Infatti, spiega Syed, il concetto è usato «come arma per mettere sullo stesso piano la critica all’islam in quanto sistema di credenze e la discriminazione verso i musulmani in quanto persone». Lo slancio statunitense potrebbe ostacolare la difesa dei diritti in paesi dove vige la sharia. Le norme anti-blasfemia nel mondo islamico sono vestite da «strumento per combattere “odio religioso” o “incitamento”, pretesto spesso invocato contro ex musulmani o altre persone che esercitano il proprio diritto alla libertà di espressione criticando le dottrine e i costumi islamici». Non solo apostati, blasfemi, atei o agnostici, ma pure cristiani, buddisti o induisti e persino nicchie islamiche malviste come sufi o ahmadi.

Intanto in Canada, dove il multiculturalismo ideologico è sdoganato, il Toronto District School Board congela un evento per sospetta islamofobia. È l’incontro di un club del libro per adolescenti con Nadia Murad, attivista di fede yazida, premio Nobel per la pace 2018. Murad racconta la sua atroce esperienza sotto il “califfato” in terra irachena nella biografia The Last Girl: My Story of Captivity, and My Fight Against the Islamic State. A quattordici anni viene rapita, ridotta a schiava sessuale e stuprata dai miliziani dell’Isis. Ma il libro è potenzialmente offensivo verso i musulmani, secondo la sovrintendente Helen Fisher. Solo dopo le polemiche c’è una parziale marcia indietro.

Spesso chi vuole il riconoscimento dell’islamofobia come reato si appoggia a dispositivi giuridici e garanzie dello stato di diritto ma si guarda bene dal recepirli nella umma. E trova terreno fertile nel “laico” occidente dove resistono incrostazioni confessionaliste cristiane e ora si diffonde una condotta iperprotettiva verso pretese comunitariste. In Italia il Concordato privilegia la chiesa cattolica ed eleva il Vaticano a stato. Con il suo sistema di confessionalismo multilevel prima o poi si arriverà all’intesa tra stato e associazioni islamiche. In più i liberal, nello slancio contro il razzismo, fanno da sponda in opposizione agli identitaristi autoctoni ostili ai musulmani.

Caso emblematico, quello dell’intellettuale algerino Saïd Djabelkhir. Docente universitario, islamologo esperto di sufismo, figura eclettica animatrice di un circolo di “liberi pensatori”, si dice per un «islam dei Lumi». Condannato nell’aprile 2021 a tre anni per blasfemia. La sua colpa? Ha posizioni liberali, sostiene altri intellettuali vessati, difende minoranze come i berberi e mette in discussione fondamenti religiosi. Con un’analisi storico-critica che nelle accademie occidentali è prassi, sostiene che talune pratiche islamiche risalgono a epoche precedenti. Anche pilastri come l’hajj (il pellegrinaggio alla Mecca) o il digiuno del Ramadan, o riti quali l’Aïd al-Adha (la festa del sacrificio).

Tesi inaccettabili, tenuto conto che l’epoca prima dell’avvento dell’islam viene disprezzata come incivile e pagana: è “età dell’ignoranza” (jāhiliyya). Ma Djabelkhir osa pure criticare i matrimoni forzati delle bambine. I detrattori ci vedono un attacco a Maometto, che secondo fonti islamiche (come alcuni hadith) ormai cinquantenne avrebbe sposato Aisha che aveva sui dieci anni: la sua sposa “prediletta”, nonché “madre dei credenti”. L’intellettuale è oggetto di un’ampia campagna di delegittimazione da inizio 2020, anche con minacce di morte. Un collega e altri indignati lo denunciano per offese a islam e profeta. E trovano un giudice che gli dà ragione.

Da manuale la replica dell’Algeria all’Onu sul caso. La condanna di Djabelkhir desta scalpore nel mondo. Tanti ne chiedono la liberazione, anche Humanists International. I relatori speciali delle Nazioni Unite Ahmed Shaheed (per la libertà di religione e credo) e Irene Khan (per la promozione e la protezione della libertà di opinione ed espressione) in una lettera alle autorità algerine lamentano la violazione delle convenzioni siglate dal paese. Si vedono rispondere che pure in occidente ci sono legislazioni contro l’offesa alla religione. Vero, ancora oggi in molti paesi vigono norme vetuste. In Italia per una bestemmia (solo a dio) fino al 1999 c’era il penale, poi derubricato: ma costa ancora una multa. L’Algeria si è giustificata citando poi una controversa sentenza della Corte europea dei diritti umani del 2018, che ha sancito il reato di blasfemia “islamofoba”. Qui la corte non aveva rilevato violazioni alla Convenzione europea nella condanna a una cittadina austriaca che nel 2013 aveva paragonato la relazione tra Maometto e Aisha alla pedofilia.

Protagonista del caso Elisabeth Sabaditsch-Wolff, militante della destra identitaria che ha tenuto seminari riservati sull’islam. Per queste allusioni viene denunciata: in Austria l’offesa alla religione è reato. L’episodio vira sul politico, lei diventa paladina dei movimenti anti-islam e anti-immigrati. La polarizzazione fa perdere di vista la gravità della sentenza. I giudici Cedu, con un amalgama dottrinario e storiografico, confermano la condanna. Perché certe affermazioni possono suscitare una «indignazione giustificata» tra i musulmani, in quanto «tese a dimostrare che Maometto non è un soggetto degno di venerazione»: sono una «violazione malevola dello spirito di tolleranza alla base della società democratica», capace di «aizzare i pregiudizi» e «mettere in pericolo la pace religiosa».

Cioè, un tribunale decide qual è l’interpretazione accettabile di un fatto storico, si occupa della venerazione di figure sacre e condanna chi la mette in dubbio perché i fedeli potrebbero arrabbiarsi. Come nei paesi musulmani. Anche questo è una sorta di pregiudizio islamofobico declinato in “positivo”? Perché, si sa, i poveri musulmani sono focosi, potrebbero arrabbiarsi, perdere la testa se qualche infedele parla male della loro religione…

Valentino Salvatore

 

Approfondimenti

  • Jean-Louis Triaud, À la recherche d’Alain Quellien. Une enquête en islamophobie in «Sociétés politiques comparées» (aprile 2020): https://bit.ly/3FA0Z1M
  • Ex-Muslims of North America, Ex-Muslims of North America Voices Concern over Recent Islamophobia Act, Says Bill as Written Threatens Freedom of Expression: https://bit.ly/3fs8Dkb
  • Pew Research Center, Muslims and Islam: Key findings in the U.S. and around the world (agosto 2017): https://pewrsr.ch/3qx4ZM7
  • European Court of Human Rights, Case of E.S. v. Austria: https://bit.ly/33Hv6ak

 

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17 commenti

Mixtec

L’UAAR non si occupa di questioni teologiche, e quindi non può occuparsi delle critiche al Corano.

pendesini alessandro

Nel Corano, c’è una serie di versetti che dimostrano una violenza sociale. Proprio come nella Bibbia. Ma, attualmente, non si uccide gridando « Gesù ritorna! ». E c’è una ragione per questo. Il problema consiste nell’interpretazione di quello che si legge. La violenza nei testi religiosi diventa problematica quando non se ne prende le distanze. E questo è uno dei grandissimi problemi dell’Islam: considerare il Corano come l’ultima parola di dio (Allah), valida eternamente, e che va applicata così com’è. L’altro grosso problema dell’Islam, soprattutto per le teologie salafite, è che ogni lettore sviluppa una comprensione indubbia e immediata del Corano. La causa principale di questa ideologia, come qualsiasi altra ideologia retrograda ? L’incommensurabile ignoranza ! Particolarmente nelle branche scientifiche….

laverdure

Diciamolo per l’ennesima volta : “Islamofobia”,esattamente come “omofobia” e qualunque altra “fobia” analoga,sottintende che certe categorie godano della considerazione di vere “vacche sacre”,che solo perche’ tali meritino un rispetto incondizionato, al punto che la sola mancanza di ostentata riverenza costituisce un reato.
Io invece sono del parere che tali categorie meritino semplicemente il rispetto a termini di legge di qualunque altro mortale,e se qualcosa non e’ reato verso questi ultimi non deve esserlo nemmeno verso di loro,e se invece lo e’ ,le imputazioni e le pene relative devono essere analoghe.
E visto che i “progressisti” non lesinano certo gli improperi verso un’infinita di istituzioni,dagli
OGM alla TAV e all’energia nucleare,superando spesso i limiti dell’apologia di reato fissati dalle leggi esistenti,senza nessuna conseguenza,non vedo perche debba scandalizzarmi.

Maurizio

Completamente d’accordo. Come mi sento libero di criticare questo o quel partito, questa o quella squadra, questa o quella opinione, non vedo perché dovrei astenermi dal criticare una religione. Tanto più in quanto essa pretende di condizionare, in nome di fate ed elfi, la mia vita sociale.
La legge nasce per tutelare le persone, non i dogmi; e di certo non le superstizioni.
A tal proposito, se cercate sul dizionario “fede” e “superstizione” scoprirete che sono sinonimi. Ho fregato un sacco di amici credenti coprendo la parola e leggendo solo la definizione…😁

laverdure

@maurizio
E come puoi vedere benissimo nell’articolo in alto,(ma di esempi sicuramente ne hai,come me,trovati un’infinita nella stampa)il “politically correct” In USA
e altri paesi si sta tramutando in un integralismo altrettanto idiota e intollerante di quello islamico,nei piu’ svariati campi,perfino contro le favole di Walt Disney !

Maurizio

Un grosso problema dei paesi islamici è l’assenza storica di un Illuminismo che ne arginasse la pervasione sociale.
Elementi prevaricatori e violenti abbondano nel Corano come nella Bibbia. Ma dopo la caccia alle streghe in Occidente qualcuno ha acceso la lampadina. I musulmani sono ancora al buio. E non datemi del razzista, io mi riferisco a pensieri e culture, non alle razze.

RobertoV

Se pensiamo che Galileo ha rischiato la vita solo per aver detto che alcuni passi della Bibbia andavano interpretati e non presi alla lettera, se pensiamo alle guerre di religione ed alle persecuzioni delle religioni non dominanti, degli eretici e dei non credenti, fino all’ottocento, e che ancora oggi la chiesa cattolica ha un tribunale dell’inquisizione che giudica e punisce scostamenti dall’interpretazione dominante, ci si rende conto che il cristianesimo non è strutturato in modo differente. Però l’illuminismo, la rivoluzione industriale e la nascita della democrazia hanno modificato il contesto in cui si muove la religione cristiana ponendole delle restrizioni e rendendo inaccettabili certi comportamenti (non nelle colonie ed in paesi meno evoluti come l’Uganda), anche se si capisce da certi clericali che rimpiangono ed invidiano gli stati islamici di non potersi più comportare in modo analogo. In campo islamico questo non è avvenuto, dove non c’è uno stato democratico, ne industrializzato.
Purtroppo in campo occidentale i privilegi storici ed il trattamento di favore ingiustificato concesso alle religioni dominanti che li sfruttano ampiamente assieme al classico vittismo agevolano il gioco degli islamici, fornendo loro pretesti per appropriarsene ed aumentarli, col consenso delle religioni dominanti che vedono l’opportunità di combattere la secolarizzazione e riconquistare un potere eroso all’interno della società.
Anch’io sostengo che le religioni andrebbero trattate come qualsiasi partito perchè esprimono una visione del mondo e della società ed il fatto di averci messo un dio ed avere una precedenza storica non le può concedere privilegi rispetto agli altri.

dissection

Mi stai dicendo che per la relativa libertà religiosa (ma non ancora dalla religione, sia ben chiaro) di cui godiamo qui & ora dobbiamo ringraziare stabilimenti, catene di montaggio e tute da lavoro? Beh, non ci vedo poi tutto sto male…
Non peggio di secoli di oscurantismo, ignoranza forzata e sudditanza imposta ad una inconoscibile fata dei cieli.

RobertoV

Una decina di anni fa il papa B XVI in un discorso condannò apertamente l’illuminismo e vagheggiò la necessità di tornare ad una civiltà preindustriale vista come più etica. E’ ovvio che la chiesa come altre religioni preferisca una civiltà agricola perché è quello l’ambito in cui è nata ed una civiltà agricola è una civiltà statica, poco dinamica, conservatrice e con cambiamenti molto lenti, dove la maggior parte dei lavoratori sono contadini con l’attività tramandata da padre e figlio e legata alla terra e divisione dei ruoli, povera e dove non è richiesto un grande livello culturale, perciò più facilmente controllabile da parte della chiesa e dai suoi alleati aristocratici. La civiltà industriale invece è dinamica, sradica le persone dalle loro tradizioni, urbanizzandole, mettendo a contatto più persone e culture, più tecnologica, scientifica e quindi con la necessità di istruzione non amica delle religioni, che comporta cambiamenti sociali ed anche opposizioni più forti ed organizzate rispetto alle ribellioni contadine precedenti: quindi una società molto più difficile da controllare da parte delle religioni e che ha favorito la secolarizzazione.

Gérard

Ottimo articolo come sempre firmato Salvatore …
E vero che la parola Islamofobia fu formulata per la prima volta nel 1910 ma è anche vero che il termine” islamofobia ” come viene usato ( a torto ) nei media fu riesumato alcune diecine di anni da associazioni musulmane in Europa per discreditare le persone che criticavano la loro religione . E siccome musulmani sono spesso paesi del terzo mondo ( la Palestina in primo luogo ) che sono ostili verso gli Stati Uniti, una certa sinistra ( trotzkisti sopratutto ) si sono alleati con loro ( i nemici di miei nemici sono i miei amici )minimizzando oppure addiritura promovendo le loro rivendicazioni culturali e religiose ( Marx fa la trottola nella sua tomba ) all’ interno dei paesi di accoglienza .
La portata dei problemi legati all’ Islam come gli conosciamo nel nord Europa e inanzittuo in Francia sfuggono ancora oggi ai media e quindi all’opinione pubblica italiana e perciò è poco preparata ad affrontarli razionalmente . Vado spesso sul sito Fb dell’ Uaar e me ne accorgo quando viene affrontato un tema legato all’ Islam ” Il cattolicesimo è uguale ” ” Il velo ? anche le nostre nonne lo portavano ” ” nelle chiese si pregava per la conversione degli ebrei ” etc etc il che fa capire la non consapevolenza del problema .
Ebbene se i cristiani pregavano per la conversione degli ebrei, nelle moschee la preghiera del venerdì è sempre accompagnata da un sermone quasi classico
I predicatori concludono il loro sermone con la seguente litania e la massa dei fedeli risponde dopo ogni supplica con un “ Amin ”:
“Oh Allah! Donaci la vittoria sugli ebrei, che sono tuoi nemici ma anche nemici della nostra religione! (Amin)
Oh Allah! Distruggi i miscredenti, i politeisti ei nemici dell’Islam! (Amen)
Oh Allah! Disperde la loro nazione! (Amin)
Oh Allah! Disperde le loro truppe! (Amin)
Oh Allah! Distruggi i loro edifici! (Amin)
Oh Allah! Distruggi il loro raccolto! (Amin)
Oh Allah! Rendi orfani i loro figli! (Amin)
Oh Allah! Rendi vedove le logli! (Amin)
Oh Allah! Fai cadere i loro beni e le loro fortune come bottino nelle mani dei musulmani! (Amin)!
Pace e amore dunque ….
Nel 2021 un sindacato studentesco locale ha organizzato collage sui muri dell’Istituto di studi politici (IEP) a Grenoble ( Francia ). Due insegnanti dell’establishment, Klaus Kinzler e Vincent Tournier, sono stati designati lì per vendetta pubblica, accusati di “islamofobia” e “fascismo”. Formulare pubblicamente tali – infondate – accuse contro gli insegnanti dopo l’assassinio di Samuel Paty, che dimostravano, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che alcune organizzazioni di sinistra non avevano imparato lezione da un attacco o lo ignoravano. Questi due insegnanti avevano banalmente espresso pensieri sulla religione musulmana giudicati ” islamofobici ” da questi studenti, ben decisi a portar avanti la lotto per gli islamisti .

L

RobertoV

Non mi pare che l’antisemitismo dei cristiani si sia limitato a pregare per la conversione degli ebrei come cercano di far credere derubricandolo ad antigiudaismo. Fino all’ottocento li perseguitavano e discriminavano pesantemente, li hanno massacrati, chiusi nei ghetti, le prediche aizzavano i fedeli contro di loro, li hanno accusati di essere dei deicidi e dei crimini del sangue e sono stati oggetto di frequenti pogrom, tanto che alcuni rabbini riconoscevano che ci sono state epoche storiche in cui gli ebrei fuggivano verso i paesi arabi per salvarsi. Ed anche nella seconda metà dell’ottocento l’antisemitismo moderno era attivamente sostenuto da buona parte della stessa chiesa. Anche le religioni non dominanti sono state perseguitate e regolarmente massacrate fino all’ottocento grazie a leggi repressive e guerre (i valdesi celebrano ogni anno la fine delle persecuzioni religiose grazie alle leggi patenti del 1849) e di fatto avevamo una polizia religiosa fino ad almeno il ‘700. E nelle colonie sono andati oltre a quel periodo storico.
Da allora le cose sono fortunatamente cambiate e non è corretto confrontarsi con l’epoca dei nostri nonni perché sono già avvenuti dei grossi cambiamenti e limitazioni delle religioni cristiane, non certo per merito loro, ma dell’illuminismo e della rivoluzione industriale. Certo oggi il cristianesimo è in genere un’altra cosa, ma non credo che se ebrei, non credenti o appartenenti a religioni minoritarie fossero riportati al ‘700 o prima si accorgerebbero di una grande differenza.

Diocleziano

“… sono già avvenuti dei grossi cambiamenti e limitazioni delle religioni cristiane… ”

Tra le cause dei cambiamenti penso che faccia la sua parte anche il periodico emergere degli scandali del clero pedofilo: con quale faccia ergersi a guida (im)morale della società?

Gérard

Caro Roberto V
Stavo soltanto paragonando due tipi di preghiere odierne e non mi riferisco a quello che è successo nel passato in merito alle minoranze religiose . E una leggenda che nel passato sia cristiani che ebrei fossero protetti nei paesi musulmani ( Erano si , protteti in quanto dhimmi, cioè protetti e sottomessi ) . Ho letto diversi libri nel passato ( che tengo sempre nella mia biblioteca ) che scrivono che ci furono, a secondo del potente al potere, periodi di tolleranza ma anche di feroce repressioni nei paesi sottomessi all’ Islam ( un po come nei periodi di persecuzioni contro i cristiani nella Roma antica ) . Nel’ Andalusia sotto dominio islamico, gli ebrei, fra le tante umiliazioni che avevano da sopportare, dovevano portare su di se un tessuto di colore giallo che faceva capire alla gente che non facevano parte del popolo dei veri credenti( Hitler non ha inventato niente ) . In alcune zone del’ Andalusia dovevano anche portare al collo un campanellino onde avvertire i “ veri credenti “ della loro presenza . Poi ci furono periodi, sia per loro che per i cristiani, di vere persecuzioni . Alla Rivoluzione francese del 1789, i ebrei furono considerati come cittadini come gli altri ma occorre ricordare la parola del deputato Clermont-Tonnerre “ Come cittadini, dategli tutti diritti (come gli altri ) ma come religione niente “ Un grande peccato che all’epoca non fosse stato presente nel mio paese l’ Islam perché al’ epoca lo Stato era potente e le religioni dovevano abbassare la testa .

Gérard

Oh Allah rendi vedove le LORO MOGLIE …
Scusate ma questo sistema per mandare un testo è difficilissimo . Non essendo di madrelingua italiana, preparo prima i miei interventi e gli mando poi su questo sito ma non è semplice ….

Diocleziano

‘Loro mogli’ 😆

Non ti preoccupare, l’importante è capirsi.
Non conta la lettera… ma lo spirito! 😛

pendesini alessandro

…..
I predicatori concludono il loro sermone con la seguente litania e la massa dei fedeli risponde dopo ogni supplica con un “ Amin ”:
“Oh Allah! Donaci la vittoria sugli ebrei, che sono tuoi nemici ma anche nemici della nostra religione! (Amin)
Oh Allah! Distruggi i miscredenti, i politeisti ei nemici dell’Islam! (Amen)
Oh Allah! Disperde la loro nazione! (Amin)
Oh Allah! Disperde le loro truppe! (Amin)
Oh Allah! Distruggi i loro edifici! (Amin)
Oh Allah! Distruggi il loro raccolto! (Amin)
Oh Allah! Rendi orfani i loro figli! (Amin)
Oh Allah! Rendi vedove le logli! (Amin)
Oh Allah! Fai cadere i loro beni e le loro fortune come bottino nelle mani dei musulmani! (Amin)!….
Gérard
Non risulta che in Belgio -ma anche in altri paesi dell’Unione europea- questi predicatori diffondono quanto affermato ! O mi sbaglio ?

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