Il vescovo chiama, i consiglieri comunali accorrono. Cronache dalla clericale Pordenone

Apprendiamo dalla stampa che il Vescovo della diocesi Concordia-Pordenone, per il tramite del diacono Giovanni Dalla Torre, ha inviato una richiesta di ascolto e confronto al Consiglio Comunale di Pordenone su temi quali le esigenze provenienti dal territorio che possano coinvolgere la Chiesa, i cambiamenti possibili ed auspicabili per la realtà della stessa, il contributo del cristiano e delle comunità ecclesiali per la costruzione di una società giusta ed equa.

Richiesta di parere senza dubbio lecita. Il punto però è: che cosa ci si dovrebbe aspettare dal Consiglio Comunale della città, che rappresenta tutti i cittadini e non solo i fedeli della Chiesa cattolica? A nostro parere, il Consiglio comunale dovrebbe rispondere qualcosa del tipo «Grazie dell’invito, ma non dovremmo certo essere noi, che rappresentiamo tutti, a dare pareri a voi su cose che riguardano solo una parte della cittadinanza.».

Che cosa è successo, invece? In una città clericale come Pordenone (che tristemente non si distingue, per questo, da molte altre in Italia), il Presidente del Consiglio comunale, Pietro Tropeano, ha inoltrato l’invito ai consiglieri con una nota in cui si indica la «piena condivisione di quanto riportato nella lettera, sulla necessità del dialogo, del confronto, e dell’ascolto di tutte le esigenze provenienti dal territorio», con la richiesta di «gentile conferma di partecipazione». Accenni alla laicità delle istituzioni? Non pervenuti.

Ma com’è andato l’incontro? La richiesta di aiuto, a quanto riportato dai media, si è addirittura rovesciata, con il vice-sindaco Emanuele Loperfido che chiede una mano al vescovo: «Ci sono quartieri — dice — in cui abbiamo bisogno della vostra competenza e presenza per capire cosa fare.» Sarà programmato un aggiornamento del personale dei servizi sociali affidato alle parrocchie?

Non sono mancati poi i consiglieri che hanno approfittato del momento per chiedere alla Chiesa di «far uscire dall’angolo la propria cultura, promuovendo battaglie sulla natalità o contro la maternità surrogata», ribadendo che «il Cristiano deve indignarsi se viene tolto il crocifisso dalle aule» (Alberto Parigi e Giovanna Favret) e per dare suggerimenti alla chiesa sui modi per «catechizzare un pubblico più ampio» (Anna Ciriani).

Che dire? In un paese e in una città laica, le politiche sociali dovrebbero essere programmate in funzione di una vera inclusività, rivolta anche a persone che la Chiesa discrimina per orientamento e scelte in campo sessuale e procreativo; non scambiandosi consigli con un’organizzazione non democratica, che nega la parità di genere, considera mandanti di omicidio donne e ragazze che decidono di abortire ed è nota per la pessima gestione degli abusi su minori. È imbarazzante che una parte consistente dei consiglieri comunali della città abbia invece deciso di comportarsi altrimenti.

Loris Tissino

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8 commenti

RobertoV

Ci vuole una bella faccia tosta a chiedere alla chiesa di far uscire dall’angolo la propria cultura. Quando mai è stata nell’angolo con la sua onnipresenza ed invadenza in Italia, con i suoi intrallazzi ed interventi nella politica come nel caso qui presentato o l’impugnazione del concordato o gli incontri segreti con presidente e governo. Devono tornare all’epoca di controllo dell’inquisizione e della persecuzione degli altri?
Trovo, inoltre, molto fastidioso ed in malafede che usino sempre il termine cristiano e cattolico come sinonimi per pretendere una generalità superiore. Il crocifisso cattolico è un problema dei soli cattolici, così come il precetto pasquale non è dei cristiani in generale, ma dei cattolici. Ho visto che i media servili anche per l’Ucraina sono riusciti a trasformare i cristiani ucraini in sottomessi all’autorità del papa, come se fossero tutti della minoritaria chiesa greco-cattolica, mentre sono a netta maggioranza ortodossi divisi in più chiese di cui una russa di certo non simpatizzante e l’altra per quanto in buoni rapporti non ha mai riconosciuto la pretesa papale della sua autorità anche su di loro.

iguanarosa

Provincialismo estremo e cattolicesimo estremista. Mi vergogno per loro, i consiglieri.

RobertoV

Ho visto che il vescovo Pellegrini è recidivo. Ha già diverse volte convocato sindaci e assessori di vari comuni da lui per discutere di cose di interesse della chiesa cattolica, come se fosse il capo dell’azienda che convoca i suoi sottoposti. Chissà se devono inviare una valida giustifica se non vanno.
E purtroppo li paghiamo noi, non il padrone dell’azienda.

giancarlo bonini

Devastante, per la laicità delle istituzioni, la frase “..abbiamo bisogno della vostra competenza e presenza per CAPIRE cosa fare..”: l’amministrazione comunale getta la spugna e si affida al “cuore immacolato di Maria!

Diocleziano

Sono in buone mani se si affidano agli adepti di sua Banalità, al quale,
se rammento bene, furono ‘fottuti’ una decina di milioni dal suo conticino personale,
senza che si accorgesse di alcunché.

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