In Polonia, campagna di solidarietà ad un’attivista pro-choice

«Immagina che Anna ti scriva. Si tratta di una donna che sta affrontando una gravidanza non desiderata ed è vittima di violenze da parte del partner. Ti dice che di lui ha paura, di temere per la propria vita e per il futuro del figlio che già ha, di essere costantemente sotto controllo e sorveglianza.

Tu la capisci subito, perché ti sei trovata esattamente nella stessa situazione – il vivere con minacce di un partner violento, sperimentando abusi fisici e mentali. Eri sotto controllo e senza la possibilità di scegliere con chi parlare o chi incontrare. Il tuo partner conosceva le tue password, accedeva al tuo telefono e leggeva i tuoi messaggi. E quando sei rimasta incinta, sapevi che non volevi un altro figlio insieme a quell’uomo.

Che cosa faresti se Anna ti scrivesse e tu avessi a casa alcune pillole abortive che le potresti dare? La aiuteresti anche tu, come ha fatto Justyna?»

Con la descrizione di questa situazione e con queste domande l’organizzazione polacca Aborcyjny Dream Team (ADT), che si occupa di aiutare le donne polacche che desiderano abortire, ha lanciato la campagna #IamJustyna di solidarietà con la sua attivista Justyna Wydrzyńska, 47 anni, residente nelle vicinanze di Varsavia e impegnata nell’aiuto nei casi di gravidanze non desiderate.

Nel 2020 Justyna fece avere delle pillole abortive ad Anna, che era alla dodicesima settimana di gravidanza e non poteva recarsi all’estero, come avrebbe preferito, perché il marito non glielo consentiva. Quest’ultimo chiamò invece la polizia, che confiscò le pillole ricevute dalla moglie e denunciò Justyna che gliele aveva procurate.

Adesso l’attivista pro-choice deve affrontare il processo, in cui potrebbe essere condannata fino a tre anni di prigione. La prima udienza è prevista per l’8 aprile.

La Polonia ha varato recentemente leggi molto restrittive in tema di aborto e negli scorsi mesi il movimento di protesta Strajk Kobiet (sciopero delle donne) è intervenuto con manifestazioni in tutto il paese, molto spesso connotate da richiami alla laicità delle istituzioni.

La legge per cui Justyna andrà sotto processo risale però agli ’90, e, come ha dichiarato Kinga Jelińska al Guardian, riguarda un generico “aiuto all’aborto”, facendo però riferimento solo all’aborto chirurgico. ADT aiuta le donne a rivolgersi all’estero per procurarsi e farsi spedire legalmente in Polonia pillole di farmaci abortivi, quali il mifepristone o il misoprostolo. In questo modo, le attiviste di ADT erano al riparo da accuse di aiuto all’aborto. Nel caso specifico, però, Justyna ha aiutato direttamente Anna, in considerazione del pericolo immediato derivante dalla convivenza con un marito violento. Da qui l’imputazione e il processo.

Anche Amnesty International si è occupata del caso, lanciando una petizione online per chiedere alle autorità polacche di far cadere tutte le accuse, astenersi da ulteriori azioni contro di lei o altre attiviste impegnate in campagne per i diritti in campo sessuale e riproduttivo e per depenalizzare l’accesso all’aborto.

Justyna e persone come lei sono l’unica possibilità in Polonia di ottenere un aborto sicuro. Come indica il sito della campagna, dovrebbero essere difese e protette, non messe sotto accusa.

Loris Tissino e Ika Puszczykowska

Per gentile concessione di Aborcyjny Dream Team (ADT)

Foto di Karolina Jackowska

 

Un commento

RobertoV

E per il marito violento cosa prevede la legge polacca? Un premio, magari per aver chiamato la polizia per tutelare il suo “diritto” a riprodursi, in stile iraniano? Tutto normale il suo comportamento? Immagino i rapporti idilliaci. Certo che il suo desiderio di riprodursi non è andato a buon fine, visto l’aborto spontaneo. Un credente potrebbe pensare che allora anche dio non è contrario all’aborto.
Cosa succederà alla donna per l’aborto spontaneo? Ho visto che a dicembre hanno bocciato la legge che prevedeva fino a 5 anni alle donne per gli aborti spontanei, ma il superprocuratore può valutare se ci sia stato dolo. Ed in tal caso il marito non ha nessuna responsabilità?
Ho visto che nel 2020 la Polonia è uscita dalla convenzione contro la violenza sulle donne perchè secondo loro le donne sono già sufficientemente tutelate in Polonia. Se al marito violento non succede niente forse hanno uno strano concetto di tutela delle donne.

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