Il fallimento del ddl Zan rappresenta anche la spinta per un rinnovato impegno: ne parla Andrea Ruggieri, che intervista anche l’attivista Michela Capris Martelli, sul sul n. 1/2022 della rivista Nessun Dogma.
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A distanza di qualche mese dalla sua bocciatura, in un periodo in cui il tempo sembra più lungo e scandito da decreti, isolamenti e quarantene, mi viene chiesto di parlare di come la questione del disegno di legge Zan abbia segnato l’anno appena passato.
Riflettere sul nefasto esito del ddl Zan potrebbe essere da un lato semplicissimo, tacciando l’episodio come qualcosa di fatale e ineluttabile, dall’altro potrebbe portare a una districata analisi della situazione sociopolitica italiana e dei sempre più inaspriti movimenti reazionari. Quello che voglio fare in questo caso è limitarmi a riflettere con voi sugli eventi e su come li ho vissuti in prima persona, con un breve confronto con un’attivista che ha reagito in maniera un po’ diversa rispetto alla mia.
Questo disegno di legge ha vissuto un percorso travagliato, iniziato ancora prima della pandemia. Presentato a inizio legislatura alla Camera, nel novembre 2018, si è dovuto attendere un anno per l’assegnazione alla Commissione giustizia, nell’ottobre 2019, con una discussione che è durata fino all’estate 2020. Da lì, si è poi aperta la discussione alla Camera – straordinariamente breve, solo tre mesi – e a seguire, dopo l’approvazione, il ddl è stato trasmesso al Senato, dove ha finito la sua corsa nell’ottobre 2021.
Sul contenuto del disegno di legge le falsità che sono circolate in questi quattro anni sono tra le più disparate. Alcune le ho rimosse dalla mente, altre probabilmente non le ho nemmeno lette, per salvaguardia. Certo è che il ddl Zan è diventato l’emblema della lotta al gender, la prova che la fantomatica “lobby gay” stia prendendo il sopravvento. Tanto è bastato ai gruppi reazionari per attivare la classica macchina del fango e delle fake news.
Possiamo chiarire sin da subito un paio di punti: il fulcro della legge Zan è (o meglio, sarebbe stato) il contrasto ai crimini d’odio nei confronti delle donne, persone Lgbt+ e persone con disabilità. Non c’è nulla che riguardi il percorso di transizione, le carriere alias per giovani trans nelle scuole, la gestazione per altri o le linee guida per i programmi scolastici. Questo disegno di legge andava proprio nella direzione di gestire un problema nazionale, come più volte richiesto anche dall’Unione Europea e come nel frattempo riconosciuto anche dallo stesso parlamento che l’ha bocciato (nel decreto 34/2020 Misure urgenti connesse all’emergenza Covid-19, infatti, vengono stanziati fondi per l’accoglienza delle vittime di violenza sulla base di orientamento sessuale o identità di genere).
Nella società italiana, la normalizzazione dei crimini d’odio, siano essi attacchi fisici o verbali, è ormai un dato di fatto: il numero di atti omolesbobitransfobici denunciati in Italia si aggira intorno alle 300 unità nell’anno passato, ma basta fare un controllo incrociato del dato con le notizie dei principali quotidiani per scoprire che il numero di violenze è ben superiore a quella cifra. Analizzando le mappe su libertà d’espressione e avanzamento dei diritti umani dell’Unione Europea o dell’Onu, l’Italia è sempre un gradino sotto la media.
A causa di queste premesse sconfortanti, di fatto, il ddl Zan è riuscito a raccogliere attorno a sé un’enorme quantità di speranze e aspettative da parte della comunità Lgbt+.
In tutte le riunioni cui ho partecipato in questi anni si è continuato a ripetere: non accontentiamoci dell’ennesima legge “a metà”. Eppure fin da subito era chiaro che quella era la direzione. Nonostante tutto, abbiamo accettato il compromesso e ci siamo anche battuti per questo. Parafrasando l’editoriale di Michela Murgia, uscito all’indomani del voto su L’Espresso, l’esaltazione di chi vuole difendere il privilegio di odiare i più deboli è stata la ciliegina sulla torta, una torta di bocconi amari che avevamo già dovuto nostro malgrado digerire, come collettività e come singole soggettività.
Il risultato, alla fine di questa corsa, è in realtà un segno di speranza: all’indomani del voto segreto in Senato che ha fermato il ddl Zan, le realtà che sono scese in piazza per l’approvazione con lo slogan #moltopiùdiZan – manifestazioni nelle quali l’Uaar è sempre stata presente – si sono lanciate nell’organizzazione degli “Stati genderali”, gli stati generali della comunità Lgbt+ italiana. C’è stato un primo incontro a Roma, in forma ibrida online e fisica, a fine novembre e ci sono in programmazione altri appuntamenti per continuare a lavorare in una forma più collettiva possibile. L’intento principale è uno ed è più che condivisibile: adesso la legge ce la scriviamo noi.
Per tutto l’ultimo anno, la storia del ddl Zan l’ho vissuta in una maniera un po’ inusuale: ho represso l’ira per bene, nascondendola sotto un’agenda fitta di impegni e trasferte, mi sono fatto sopraffare da un non indifferente timore del contagio, ero già disilluso: ho sin da subito preferito salvaguardarmi dalla disperazione. Per questo ho deciso di coinvolgere un’amica e compagna in questo breve articolo di inizio anno e farci dire qualcosa sulla sua esperienza.
Michela Capris Martelli, co-fondatrice del collettivo “La Gruppa” e attivista mia coetanea, che ha seguito la genesi, l’evoluzione e la morte del ddl Zan, passando anche dalle piazze, per fare sentire la sua voce, nonostante la paura per il contagio.
Michela, come hai passato quei mesi?
Ho seguito la discussione parlamentare assiduamente sin dall’inizio. Le continue negoziazioni tra le rappresentanze dei gruppi parlamentari sono state estenuanti, il disegno di legge sembrava sempre in bilico tra successo e fallimento. Con l’inserimento della clausola “salva idee” ho capito che si stava giocando per l’ennesima volta con le nostre vite e non c’era una vera volontà politica di arginare la violenza contro le donne, la collettività Lgbt+ e le persone disabili.
Che sentimento registri, in te ma anche in altri membri della comunità?
Durante la pandemia ho seguito il dibattito interno nelle maggiori associazioni Lgbt+ italiane, prima a distanza, poi ho sentito la necessità di essere presente nelle piazze, di presidiare spazi pubblici e politici, che iniziavano a riempirsi di “pro life” e “no gender”. Da luglio 2020 sono tornata in piazza insieme a tante altre persone e ai vari collettivi transfemministi da sempre critici nei confronti del ddl Zan, denunciando la violenza istituzionale che viviamo quotidianamente e mettendo in luce le criticità di una legge basata sui compromessi politici e non sui bisogni delle persone… io, comunque, ancora ci speravo…
E cosa è successo dopo lo stop al Senato?
Mi sono, ci siamo, sentit* tradit*: i politici e le politiche che dovevano tutelare le nostre vite non sono stat* in grado di rispettare il patto ufficioso stretto con la collettività Lgbt+, che aspettava da tanto, troppo, tempo una legge. Dal giorno seguente al blocco del ddl la postura è cambiata: era unanime l’idea che la politica non fosse in grado di rappresentarci e di capire i nostri bisogni. Adesso la legge ce la scriviamo noi, avviando una riflessione interna che tenga conto della complessità delle nostre vite entro lo spazio sociale, sanitario, lavorativo, educativo, politico, per capire quali sono i nostri problemi, i nostri desideri e proporre soluzioni. Gli Stati genderali per me sono stati “ossigeno transfemminista”, prima tappa importante per rimettere insieme le idee, riflettere e iniziare a lavorare su proposte concrete. Mi auguro ce ne siano tante altre.
Quale pensi sia il tassello che manca, in chi quel giorno di ottobre si è permesso di esultare all’arresto di un disegno di legge che per persone come me e te può costituire un importante strumento in più nella vita di tutti i giorni? È questo, quello che ti ha fatto scendere in piazza proprio ora?
Alcune persone non hanno certamente coscienza della cultura etero-catto-patriarcale in cui vivono, altre invece ne sono assolutamente coscienti e sono comode dentro ai privilegi che quella cultura concede loro. Ho frequentato tre grandi piazze nel secondo anno di era pandemica: il pride di Bologna, la piazza transfemminista Lgbt+ di Bologna subito dopo il naufragio del ddl Zan, la piazza chiamata da Nudm a Roma del 27 novembre. Sai, durante i vari lockdown, necessari per tutelare la salute collettiva, non poter frequentare gli spazi transfemministi e Lgbt+ – dove si fa aggregazione, cultura e politica – è stato qualcosa di molto pesante da sostenere e mi ha fatto provare un senso di grande solitudine. Mi è sembrato che mi venisse negato qualcosa di fondamentale per la nostra lotta: la visibilità.
Non ci può essere resistenza senza occupazione degli spazi fisici attraverso i nostri corpi e le nostre vite non conformi, che qualcun* fa finta di non vedere.
Andrea Ruggeri
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Se l’unico senatore dichiaratamente omosessuale del PD non ha votato per il ddl zan (fortemente voluto proprio dal Pd) significa che era una porcata e che era solo una bandierina di una certa politica che dei diritti delle persone se ne frega
Potrebbe anche significare che non lo riteneva sufficiente ai propri obiettivi, e ha preferito bocciarlo piuttosto che accontentarsi.
Ho cercato in internet articoli che ne parlassero. In nessuno, il personaggio in questione dà una motivazione del suo gesto. Ergo, l’argomento non esiste. Per quel che ne sappiamo, potrebbe anche essere stato pagato da qualcuno per votare contro, ad esempio, o mille altri motivi. Altrimenti, sa qualcosa che molti non sanno e che probabilmente non si deve sapere, ma qui siamo nel campo delle pure illazioni.
Ancora con questo ragionamento fallace e pretestuoso? Per fortuna che racconta di essere uno abituato a ragionamenti elevati! Quindi basta una persona contro per delegittimare una legge? Solo un diretto interessato può proporre una legge? Quindi una legge sulle donne può essere proposta solo da una donna? Una legge sui bambini da dei bambini? Una legge a tutela degli ebrei solo da un ebreo?
Statisticamente gli omosessuali rappresentano il 5-10 % della popolazione, quindi statisticamente dovremmo avere 15-30 senatori gay: se solo un senatore è gay dichiarato c’è la dimostrazione che in Italia ci sono ancora problemi a dichiararsi tali e, quindi, c’è bisogno di una legge
E come hanno già fatto notare uno potrebbe essere contrario alla legge perchè vuole una legge più radicale senza compromessi che altri non ritengono attuabile in un paese arretrato come l’Italia.
E poi pretende di affibbiare patenti di razionalità agli altri.
P. S. Se negli altri partiti non ci sono gay dichiarati, ci si faccia una domanda e ci si dia una risposta, come dice l’ineffabile Marzullo.
dissection
Quella legge è passata senza problemi alla camera, con larga maggioranza, mentre qualche mese dopo è stata bloccata dal senato dove i rapporti di forza sono diversi ed il periodo politico era differente. C’è chi contesta che le leggi debbano avere il doppio passaggio. E’, quindi, abbastanza pretestuoso considerarla una cattiva legge visto il ribaltamento avvenuto al senato per giochi di potere. Ovviamente è una legge di compromesso che può scontentare: c’è chi pensa che sia meglio avere una legge non ottimale piuttosto che niente ed altri, invece, che vogliono subito una legge ottimale e completa o niente.
Secondo Zan in tutto il parlamento italiano ci sono solo 4 tra deputati e senatori gay dichiarati su un totale di circa 1000 parlamentari, cioè solo lo 0.4 %, un po’ pochi rispetto all’atteso, a testimonianza dell’esistenza di un problema. Per confronto al parlamento israeliano ci sono 6 parlamentari gay su 120, cioè circa il 5%, un valore più realistico.
Defendente,
visto che si tratta di una singola persona e che ne stai facendo una questione personale, sarebbe meglio se la interpelli direttamente e gli chiedi cosa l’ha spinta a questo gesto inconsulto. Poi ci fai sapere.
Comunque resta chiaro che il ddl non è stato affossato da quell’unico voto, ma da decine
di gregari privi di un’opinione propria. Dei quali sappiamo bene chi ne è il mandatario.
«… il fulcro della legge Zan è (o meglio, sarebbe stato) il contrasto ai crimini d’odio nei confronti delle donne, persone Lgbt+ e persone con disabilità. Non c’è nulla che riguardi il percorso di transizione, le carriere alias per giovani trans nelle scuole, la gestazione per altri o le linee guida per i programmi scolastici…»
Questo per dire il livello di comprensione, o meglio, il livello di onestà intellettuale dei nostri cuginetti più sfortunati.
Più sfortunati e più indottrinati. Di che cosa abbiano così tanta paura, non lo sanno nemmeno loro. O semplicemente, la paura della fine del privilegio di discriminare.
La Meloni è contraria alla teoria gender, ma non sa spiegare cosa sia.
Questa gente riesce ad inventarsi i collegamenti più astrusi pur di giustificare la loro contrarietà. Sono solo imbottiti di pregiudizi. Temono di non poter più discriminare.
@roberto: fa riflettere che l’unico che doveva essere tutelato dalla legge in questione l’ha definita una porcata, lui che avrebbe avuto gli interessi a promulgarla invece ha ritenuto meglio che non ci fosse… E lui da parlamentare come norma la conosceva meglio di chi è fuori parlamento
Per la precisione:
– il ddl Zan è stato bloccato al Senato per 23 voti, non per uno solo;
– il sen. Tommaso Cerno (parliamo di lui, no?) è l’unico gay dichiarato, ma ciò non vuol dire che sia l’unico gay al Senato;
– a definire una “porcata” il ddl Zan è stato Calderoli, non Cerno;
– Cerno si è astenuto, non ha votato contro; il perché lo sa solo lui (magari non gradiva un ddl “mutilato”).
@maurizio: cerno è l’unico gay dichiarato del PD.
Chiedo scusa, effettivamente l’ha definita solo con la parola “terrificante”.
Si è astenuto perché non condivide il testo come ha detto più volte
Cerno ha le idee un po’ confuse. 20 anni fa si è candidato con Alleanza Nazionale, 4 anni fa è diventato senatore col PD, ma dopo un anno lo ha lasciato per andare nel gruppo misto. Poi voleva andare da Renzi in Italia Viva, ma col governo Draghi è tornato nel PD. E’ stato dirigente di Arcigay e dell’Espresso. Magari la sua scelta è dettata da “giochi politici”, così frequenti nel nostro parlamento. E, comunque, anche tra le donne ci sono donne che scrivono libri come “sii sottomessa” sconfessando le lotte per la parità dei diritti: seguendo la stessa logica anche le leggi a favore delle donne sono delle porcate.
@roberto: scusami ma hai letto il libro che citi o ne conosci solo il titolo?
“”«… il fulcro della legge Zan è (o meglio, sarebbe stato) il contrasto ai crimini d’odio nei confronti delle donne, persone Lgbt+ e persone con disabilità..”
Solo per curiosita : i crimini di odio contro individui che non rientrino in queste categorie vanno considerati come minori ?
Perche’ non pretenderete che non abbondino,vero ?
Basti pensare ai casi di bullismo nelle nostre scuole,che vengono alla luce solo nei casi piu’ gravi,ma che devono presentare un “sommerso” spaventoso.
O quelli tra gruppi di giovani per motivi di gelosia ecc,avete letto per es di quelle due ragazze sfregiate con l’acido in strada da altre ragazze ?
Dato che non risulta fossero lesbiche,e ovviamente non si puo’ parlare nemmeno di maschilismo,e’ un caso “politicamente inutile”,vero ?
Per inciso ricordiamo il caso di crimini di violenza contro individui appartenenti
alla categoria in questione,ma commessi per motivi di rapina o altro
In questo caso il DDL non sarebbe applicabile,ma credete che le botte le sentirebbero di meno ?
Un qualunquista potrebbe pretendere,pensate un po’,un inasprimento di pena per i “crimini di odio”,anzi,”di violenza” E BASTA,vale a dire commessi contro CHIUNQUE.
Ma con la magistratura che ci ritroviamo e la sua infernale girandola di cavilli “assolutori”,tutto questo nostro discorso e’ puramente ozioso.
Sarebbero capaci di concludere che l’omosessualita della vittima “non era sufficentemente dimostrata ” !!
Devono gia’ essere un magone terribile i frequenti suicidi degli uxoricidi : ” La morte del reo estingue il reato ” e’ forse l’unico articolo del codice penale immune dalle loro “interpretazioni” demenziali !!
@diocleziano: a dire il vero quelle persone a quanto pare una opinione personale ce l’avevano dato che hanno votato contro esponenti del PD andando contro alle indicazioni del loro partito
La democrazia prevede la libertà di opinione, se ne è scordato? Quindi se il partito lascia libertà di scelta è normale che le persone votino secondo le loro opinioni ed interessi ed è normale che ad ogni legge ci siano persone contro, anche dello stesso partito. Per quanto il PD sia un partito clericale non è antidemocratico come la chiesa cattolica.
Non ci arriva proprio o è così in malafede? Che cavolo di logica pretestuosa ed infantile. Continua ad attaccarsi ad uno contrario al senato, ma la legge è passata prima alla camera senza problemi dove ci sono altri gay. Complimenti per non aver capito (o volutamente ignorato) tutto il discorso. Solo 4 parlamentari gay su 1000 non sono molto credibili a testimonianza che un problema c’è in Italia a dichiararsi tali: statisticamente dovrebbero essere almeno 50.
Potrò sbagliarmi ma mi pare che il PD non abbia indicato libertà di scelta ma voleva che si procedesse a favore del ddl
Defendente e dissection, vi chiedo di smetterla con i reciproci attacchi personali. Limitatevi a discutere sull’argomento.
Un’altra piccola riflessione : il DDL in questione afferma ovviamente di voler proteggere individui vulnerabili,come donne e disabili.
E su questo e’ difficile criticare.
Pero’ e’ evidente,anzi lapalissiano,che QUALUNQUE crimine di violenza sara sempre compiuto contro qualcuno che per qualsiasi motivo si trovi in condizione
di inferiorita in quella particolare situazione.
Avete mai visto un ometto solo e disarmato picchiare qualcuno grande e grosso che nemmeno lo conosce e quindi non ha motivo di temere le sue eventuali relazioni ?