Scienza: lo standard aureo della verità

Anche gli scienziati sbagliano e possono pubblicare conclusioni errate. Quindi in che senso possiamo ancora parlare di “verità”? Pubblichiamo un articolo del biologo Richard Dawkins sul n. 4/2021 della rivista Nessun Dogma

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Cos’è la verità? Si può parlare di verità in ambito morale ed estetico, ma non voglio occuparmi di tali verità in questa sede, per quanto esse possano essere importanti. Per “verità” mi riferisco, in questo articolo, al tipo di verità che si richiede per esempio a una commissione d’inchiesta o a un processo. Il mio punto di vista è che la verità scientifica sia di questo tipo, vicino al senso comune, pur concedendo che i metodi scientifici possono essere assai lontani dal senso comune, e le sue verità possano talvolta perfino offenderlo.

Le commissioni d’inchiesta possono fallire, ma diamo tutti per scontato che una verità su quello di cui si occupano ci sia, e che a mancare siano semplicemente le prove. I giudici talvolta sbagliano e credono sinceramente a falsità patenti. Anche gli scienziati sbagliano e possono pubblicare conclusioni errate. Tutto questo è spiacevole, ma non è particolarmente inquietante. Ciò che è profondamente preoccupante, invece, è l’attacco alla verità in sé: al valore della verità, alla stessa esistenza della verità. È questo ciò di cui voglio parlare.

O’Brien, personaggio di 1984 di George Orwell, sosteneva che due più due fa cinque, se a deciderlo è il Partito. Il “Ministero della Verità” esiste, in quel libro, per diffondere bugie. Negli ultimi quattro anni il governo statunitense si è mosso nella stessa direzione. I cinici sostengono che tutti i politici mentono: in un certo senso, mentire farebbe parte di quel mestiere. Ma i politici “normali” usano la menzogna come extrema ratio, e in ogni caso cercano di dissimularla. Donald Trump è di un’altra pasta: per lui, mentire non è l’extrema ratio, quanto piuttosto l’unica azione che compie o quasi. E la sua “base” lo ama proprio per questo: crede alle sue menzogne, per quanto palesi e vergognosamente autocentrate queste siano. Per nostra fortuna, Trump è troppo incompetente per portare alla realizzazione dell’incubo orwelliano, e peraltro in questo momento sta uscendo di scena, non senza tentare di far crollare tutto il sistema assieme a lui.

Una minaccia più insidiosa per la verità viene da certe scuole di filosofia accademica. Non c’è nessuna verità oggettiva, dicono, nessuna verità naturale, solo costrutti sociali. Gli esponenti più estremisti attaccano la stessa logica e la stessa ragione, indicate come strumenti di manipolazione o armi per affermare il dominio “patriarcale”. La filosofa e storica della scienza Noretta Koertge scrisse nello Skeptical Inquirer nel 1995 (e nel frattempo le cose non sono migliorate):

«Anziché spingere le giovani donne a prepararsi nelle materie tecniche studiando scienza, logica e matematica, chi insegna Women’s Studies spiega ai suoi studenti che la logica è uno strumento di dominazione. Le norme e i metodi della ricerca scientifica sarebbero sessisti perché incompatibili con il sapere femminile. Le autrici del pluripremiato libro intitolato Women’s way of knowing scrivono che la maggioranza delle donne da loro interpellate rientrerebbero nella categoria dei “conoscitori soggettivi”, caratterizzati da “appassionato rigetto verso la scienza e gli scienziati”. Queste donne “soggettiviste” vedono la logica, l’analisi e l’astrazione come “territori alieni, appartenenti al maschio” e “considerano l’intuizione come un più sicuro e fruttuoso approccio alla verità”».

Questo approccio è folle. Barbara Ehrenreich e Janet McIntosh raccontano in The Nation un episodio esemplare: nel 1997, in un seminario interdisciplinare, la psicologa sociale Phoebe Ellsworth stava tessendo le lodi del metodo scientifico; venne interrotta da membri del pubblico, secondo cui il metodo scientifico è «il prodotto del maschio bianco d’epoca vittoriana». Ellsworth accettò l’osservazione, ma aggiunse che fu il metodo scientifico a portare, per esempio, alla scoperta del Dna. Il pubblico reagì sdegnosamente: «Lei crede nel Dna?».

Non è possibile non credere nel Dna. Il Dna è un fatto. La molecola di Dna è una doppia elica, una lunga scala a chiocciola con quattro tipi di gradini chiamati nucleotidi. La sequenza unidimensionale delle “lettere” di questi quattro nucleotidi è il codice genetico che specifica la natura di ogni animale, pianta, fungo, batterio o archeobatterio. Le sequenze di Dna possono essere comparate, lettera per lettera, tra qualunque creatura e qualunque altra, allo stesso modo in cui si possono comparare diversi fogli su cui siano scritte parti dell’Amleto. In questo modo possiamo indicare in forma numerica la prossimità genetica di due creature qualunque e quindi, in ultima istanza, costruire un albero genealogico di tutta la vita. Perché, ci piaccia o no, è un fatto che noi siamo cugini dei canguri, che abbiamo un antenato in comune con la stella marina e che sia noi, sia il canguro, sia la stella marina condividiamo un antenato più remoto con la medusa. Il codice del Dna è digitale e differisce dai codici relativi ai computer solo per il suo essere quaternario anziché binario. Conosciamo i dettagli precisi delle modalità con cui il codice viene letto e trasformato dalle nostre cellule, attraverso macchine assemblatrici chiamate ribosomi, negli amminoacidi, i blocchi costruttori delle catene proteiche e quindi dei corpi.

Se la tua filosofia pensa che tutto questo sia dominazione patriarcale, tanto peggio per la tua filosofia. Forse dovresti tenerti alla larga dai dottori e dalle loro medicine testate tramite metodo sperimentale e andare invece da uno stregone o da uno sciamano. Se devi viaggiare verso una conferenza di filosofi della tua scuola di pensiero, non dovresti prendere l’aereo: gli aerei volano perché tanti matematici e ingegneri, scientificamente formati, hanno fatto buoni calcoli. Nessuno di loro ha usato il metodo “intuitivo”. Che fossero bianchi e maschi oppure dalla pelle azzurra ed ermafroditi è del tutto irrilevante. La logica è la logica, indipendentemente dal fatto che chi ne fa uso abbia anche un pene. Una prova matematica rivela una verità, indipendentemente dal fatto che il matematico si identifichi in un uomo, in una donna o in un ippopotamo. Se decidi di prendere l’aereo per andare alla conferenza di cui sopra, saranno le leggi di Newton e il principio di Bernoulli a guidarti a destinazione. E no, i Principia di Newton non è un “manuale dello stupro”, come impunemente affermato dalla nota filosofa femminista Sandra Harding: è un’opera geniale prodotta da uno degli Homo sapiens più sapienti, che certo era anche un uomo non particolarmente gradevole.

È vero che le leggi di Newton sono approssimazioni, da modificare in circostanze estreme, per esempio quando gli oggetti viaggiano a velocità prossime a quella della luce. I filosofi della scienza fissati con Newton ed Einstein amano affermare che le verità scientifiche non sarebbero altro che temporanee approssimazioni, che potrebbero essere corrette o stravolte in qualunque momento. Ma ci sono molte verità scientifiche, per esempio il fatto che abbiamo un antenato comune con il babbuino, che sono vere e basta: dire «la Nuova Zelanda è a sud dell’equatore» non è certo una temporanea ipotesi che può essere smentita in ogni momento.

Anche la fisica dell’infinitamente piccolo va oltre le leggi di Newton. La fisica dei quanti è troppo complessa per essere accettata intuitivamente dalla maggior parte dei cervelli umani. Eppure l’accuratezza delle sue previsioni è straordinaria e non lascia dubbi. Se non riesco a comprendere o accettare la stranezza di una teoria validata da previsioni così perfette, è solo un problema mio: d’altro canto, nessuna legge afferma che le verità sulla natura debbano per forza essere comprese dal cervello umano. Dobbiamo convivere con le limitazioni di un cervello creato dalla selezione naturale per dei cacciatori-raccoglitori che vivevano nella savana africana, nella quale entità di media dimensione come le antilopi o altri esseri umani si muovevano a media velocità. A pensarci bene, è mirabile che il cervello umano, anche se quello di una minoranza di esseri umani, sia in grado di gestire i concetti della fisica moderna. È oggetto di dibattito l’eventualità che esistano verità sul funzionamento dell’universo che l’umanità non solo non conosce ma che non riuscirà a comprendere mai. Io penso che il solo porsi questa domanda sia entusiasmante, indipendentemente da quale sarà la risposta.

I teologi adorano i “misteri”, come quello della Trinità (come può Dio essere al contempo uno e trino?) e quello della transustanziazione (come può il contenuto di un calice essere al contempo vino e sangue?) Quando devono difendere la legittimità di questi temi, a volte i teologi affermano che in fondo anche gli scienziati hanno i loro misteri. La teoria dei quanti è talmente misteriosa da sembrare oscura: qual è la differenza? La differenza, in realtà, è enorme. La teoria dei quanti è provata da previsioni azzeccate con una precisione decimale tale da essere state paragonate alla possibilità di indicare l’ampiezza del nord America con l’approssimazione di un capello. Le teorie teologiche, al contrario, non sono alla base di alcuna previsione, men che meno sperimentabile.

Certo, non tutte le scienze possono vantare l’accuratezza della fisica. Noi biologi guardiamo con ammirazione e invidia gli esperimenti dell’osservatorio Ligo, tramite i quali onde gravitazionali dopo aver viaggiato per un miliardo di anni luce vengono tracciate da strumenti di misurazione che arrivano a individuare entità più piccole della millesima parte di un protone. I biologi devono affrontare problemi come i bias dello sperimentatore stesso: vedi la conoscenza “intuitiva” di cui sopra. Gli scienziati del campo medico hanno messo a punto linee guida pensate proprio per contrastare la conoscenza intuitiva, che nella maggior parte dei casi porta completamente fuori strada. Il doppio cieco è diventato lo standard per dimostrare l’efficacia di un trattamento medico. Un nuovo medicinale deve essere sperimentato assieme a un placebo, e i risultati devono essere testati statisticamente. Né i pazienti, né i dottori responsabili dell’esperimento, né gli infermieri che somministrano le dosi e nemmeno gli analisti che valutano i risultati sanno a chi è stato somministrato il farmaco e a chi il placebo.

Io, dal mio canto, ho condotto personalmente un esperimento sulla radioestesia, che è la pratica di tentare di localizzare oggetti nascosti servendosi di uno strumento inerte: nel mio caso lo strumento era la classica verga a forma di Y e l’oggetto era l’acqua. Era quasi spiacevole osservare la sincera frustrazione dei radioestesisti professionisti quando fallivano sistematicamente nell’ottenere risultati anche solo leggermente superiori a quelli cui avrebbe condotto il caso. I poveretti non erano mai stati sottoposti a test in doppio cieco: non erano mai stati privati di quegli indizi subliminali che normalmente informano la loro “conoscenza intuitiva”. Ricorderò sempre, a tal proposito, l’affermazione di un dottore omeopata che, resosi conto che i suoi metodi fallivano sistematicamente il test in doppio cieco, diceva: «Vedi, ecco perché non faccio più questi test in doppio cieco: non funzionano mai!»

Spesso la risposta dell’inesperto ai dubbi appena esposti è: «Magari questa cosa non è vera per te, ma è vera per me!» No: o è vera o non è vera. E se è vera, lo è per entrambi. Come disse qualcuno sulla cui identità ci sono parecchi dubbi, sei in diritto di avere le tue opinioni, ma non i tuoi fatti.

Forse molto di quel che ho affermato in questo articolo a proposito delle verità scientifiche può sembrare arrogante. E può sembrarlo anche quel che ho scritto a proposito di certe scuole di pensiero. La scienza, d’altro canto, conosce davvero molte verità, e ci offre anche il metodo per arrivare a conoscerne sempre di più. Non dovremmo avere timore ad affermarlo. Questo però non vuol dire che la scienza non sia anche modesta e conscia dei suoi limiti. Sappiamo molto, ma sappiamo anche che c’è tantissimo che non sappiamo. Gli scienziati adorano non-sapere, perché questo vuol dire che per loro c’è ancora da lavorare. La storia della sempre maggiore conoscenza scientifica, specialmente negli ultimi quattro secoli, è una spettacolare cascata di verità, una seguita da un’altra. Potremmo chiamarla la storia dell’accumulazione delle verità. Oppure potremmo assecondare i filosofi e dire che è la storia del progressivo affinamento di verità temporanee, sempre in attesa di essere riviste. In entrambi i casi, la scienza può tranquillamente affermare di essere lo standard aureo della verità.

Richard Dawkins

Per gentile concessione dello Skeptical Inquirer, traduzione dell’articolo pubblicato in inglese alla pagina https://skepticalinquirer.org/2021/03/science-the-gold-standard-of-truth/

Traduzione a cura di Mosè Viero

 

 

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13 commenti

Manlio Padovan

Sì, certo! Però anche lui frequenta strade illusorie.
Per le coltivazioni…Come escludere che quella maggiore attività biochimica e lo stesso contenuto superiore in vitamine dei prodotti provenienti da terreni letamati, non costituisca un ulteriore aspetto da molto considerare? (A. Draghetti Principi di fisiologia dell’azienda agraria)
Allora come può il notissimo professore Richard Dawkins, biologo e maestro di ateismo, affermare che è solo una massima della saggezza popolare, una delle tante credenze arbitrarie, ritenere che il letame faccia bene alle coltivazioni? (R. Dawkins L’illusione di Dio) Non penserà spero, il professor Dawkins, che gli antichi si siano accorti del valore del letame come concime grazie alla religione. Gli antichi non erano stupidi ed assegnavano all’esperienza un valore empirico di grande importanza: era l’esperienza del reale la loro scienza e se nel loro passato non si fossero messi di mezzo i preti per distrarli dal reale, sarebbe stata una buona strada anche per noi. Non per nulla il paganesimo era così fortemente legato alla natura. Fu col cristianesimo che ci allontanammo dalla natura per affrontare l’esperienza con una metafisica che nessun rapporto ha con la realtà e che solo gli ipocriti possono far passare per filosofia metafisica…e come ce lo portiamo dietro quel funesto e fraudolento atteggiamento che produce danni gravi ed irreparabili. Con quale competenza agronomica, con quanto piacere gastronomico, lo afferma il professor Dawkins? Come uomini trattiamo l’invenzione di Dio come si conviene, ma la terra lasciamola a chi la conosce e la pratica. Io non so se il letame faccia bene o no alle piante; ma certamente esso fa benissimo al terreno. Provi il professor Dawkins a concimare con buon letame maturo il terreno destinato a cardi e vedrà cosa otterrà al posto di quei cardi ischeletriti e dal gusto un po’ di qua ed un po’ di là, tra l’erba e il cardo, che si trovano sul mercato! Provi a fare la stessa prova con le patate e s’accorgerà come in terreno letamato assumano qualità anche quelle varietà non particolarmente pregiate. Non mi pare che ci sia spazio per dedurne che per diecimila anni l’uomo ha sbagliato il suo approccio all’agricoltura.

RobertoV

La cosiddetta saggezza popolare ne ha inventate di bufale tramandate per tradizione. Come si fa a stabilire se una cosa funziona se non si hanno gli strumenti per indagare e l’unico strumento è la propria percezione? La percezione non è un buon strumento di indagine. Non mi pare che le produzioni quantitative, i raccolti fossero molto ricchi in passato, nè la qualità dei prodotti, l’igiene e la conservazione dei prodotti. Se producessimo ancora in quel modo centinaia di milioni di persone in più morirebbero di fame e la qualità della nostra vita ne risentirebbe. 100 anni fa in Italia ancora 3 persone su 4 lavoravano nell’agricoltura con metodi “tradizionali” eppure la gente emigrava in massa. Nella fattoria moderna dove vado in estate una sola persona con le macchine manda avanti la fattoria che 50 anni fa avrebbe avuto bisogno di 9 persone, cioè lo stesso fatturato diviso tra 9 persone, quindi stipendi miseri e poi bisogna anche trovarle visto che la maggior parte delle persone non ha voglia di fare l’agricoltore e scappa dalle campagne.
Riguardo alla religione sono proprio le campagne le più legate a tradizioni e superstizione: prima il cristianesimo ha fatto più fatica a sostituire la religione pagana tanto da doverla combattere ancora 1000 anni dopo, adesso è il maggior bacino del cristianesimo per la resistenza ai cambiamenti.

laverdure

Tanto per puntualizzare : gli antichi avevano SOLTANTO il letame come possibile fertilizzante,e non ci sono dubbi che il suo uso aumenti la resa del terreno.
I fertilizzanti chimici apparvero solo all’inizio del secolo XX,grazie alla sintesi dell’ammoniaca perfezionata da Friz Haber,e non ci sono dubbi nemmeno che il loro uso massiccio ha permesso di sfamare molta piu’ gente.
Che abbiano lati negativi e’ ovvio( e cosa non ne ha ?)ma direi che i vantaggi li superano,a cominciare dal fatto che la produzione di letame biologico per
ovvi motivi avra un limite.

Manlio Padovan

A parte il fatto che io ho riportato una affermazione di Draghetti il cui libro è testo universitario scientifico, mi pare che tu sia uscito di tema.
Peccato…

dissection

Boh, non capisco. Quale sarebbe il tema, di grazia? Il mio primo commento era per dire che Dawkins è ancora forte, nonostante sia attorno ai novanta, ormai. Certo, ha delle cadute di stile, ma forse fa parte del personaggio, non so. Poi, al tuo commento invero molto circostanziato, dove si mostrano alcuni suoi errori, ho semplicemente ribadito che egli non è perfetto, come è giusto che sia, tra l’altro. Dove sarebbe il tema? A me pare, piuttosto, una cosa tipo “dove vai?” “son cipolle!”. E non sono io ad averla imbarcata.

Manlio Padovan

A laverdure

Io ho solo contestato il fatto che Dawkins sia intervenuto in un argomento che evidentemente non conosce pur con tutto il rispetto che gli porto come maestro di ateismo.
Poi: il letame, come tu lo chiami biologico, ha già um limite ed è oggi inutilizzabile perché divenuto un contenitore di inenarrabili porcherie; perché con gli allevamenti moderni incivili e per spazi e per alimentazione non si contano più gli antibiotici ed altro che danno alle povere bestie con danno enorme per la nostra salute, ma la scienza tace!, agli animali e al letame.

Manlio Padovan

Chiedo scusa a dissection.
Io mi riferivo al commento di Roberto V.

laverdure

Una critica classica a qualche affermazione scientifica si estrinseca con un “E’ solo una teoria!”.
Cosa che dimostra una totale ignoranza della quintessenza stessa del metodo scientifico : in campo scientifico ci sono SOLTANTO TEORIE !
Non ci sono dogmi ne’ tantomeno “verita rivelate”.
Una teoria viene presa in considerazione solo se e’ verificabile,e accettata solo dopo aver superato molti test.
E,cosa fondamentale,rimane sempre aperta alla possibilita di revisioni,anche radicali,in presenza di nuove scoperte.
Il “revisionismo”,termine tanto spesso presentato come deprecabile,e’ in realta uno dei punti chiave del metodo scientifico.
E questo vale per inciso per TUTTE le scienze,compresa la ricerca storica,dove la revisione di quelli che sono spesso dei veri dogmi e miti,dietro i quali si celano interessi di propaganda politica,non manca mai di scatenare polemiche pretestuose.
Basti pensare la mito della Resistenza,il cui accenno probabilmente non manchera di scatenare polemiche in questo stesso forum.

KM

L’Accademia del Cimento,il cui motto era “Provando e riprovando”, fu la prima organizzazione ad usare i metodi sperimentali di Galileo.

Detto questo, Dawikins si conferma ancora un maestro ed un fine interlocutore/intellettuale. Faro’ leggere questo articolo a tutti quelli con cui ho discusso animatamente per difendere la verita’ dall’attacco: “… alla verità in sé: al valore della verità, alla stessa esistenza della verità…”
A livello scientifico e razionale le verita’ relative funzionano da un punto di vista cronologico: va da se’ che il letame fosse buono per l’agricoltura. Verita’. Poi sono entrati in ballo altri tipi di concimazione sia naturale che sintetica, e quindi certe verita’ sono state oltrepassate e/o raffinate, come dice Dawkins.
Ma il refrain “quello che e’ vero per me potrebbe non esserlo per te” e’ assurdo. Puo’ valere come giudizio estetico, ma poi ci fermiamo li’. A livello storico/razionale/scientifico non puo’ valere. Che gli esseri viventi siano anche mortali e’ una verita’ che vale per tutti anche se non a tutti piace (giudizio estetico). A questo proposito, la ciliegina sulla torta e’ quel detto – che io ho citato spesso su questi ed altri siti – attribuito un po’ a tutti nel mondo anglofono: sei in diritto di avere le tue opinioni, ma non i tuoi fatti (everybody is entitled to their opinions, nobody is entitled to their facts). Che poi, come ho scritto molte volte, e’ l’argomento piu’ valido contro la liberta’ (non vigilata) delle opinioni religiose!

Diocleziano

È sempre valido il pensiero del maestro: «Nessuna religione ha mai contenuto,
né direttamente né indirettamente, né come dogma né come allegoria, una verità».
F. Nietzsche

Prendiamo in considerazione quella che, più da vicino, ci opprime: la cattolica.
Non si può fare a meno di notare la superbia nel dichiararla pura verità. Questo coacervo
di leggende e miti di varia provenienza, per avvicinarsi alla verità avrebbe dovuto formarsi
percorrendo una linea esattamente contraria a quella realmente seguita: cioè è nata ‘vera’
senza se o senza ma. Un po’ di umiltà e ammettere errori, correzioni e aggiornamenti.
Sulla lunga distanza questo perfezionismo è quello che li frega: una religione che puzza ancora
di sumerico non è il massimo per erigersi a modello per la società attuale.
La bibbia, una raccolta di leggende non più degne di fede de “Le mille e una notte”;
eppure nonostante le prove sulle bufale che contiene si continua a stamparla e divulgarla
pari pari, come se niente fosse stato detto. Esempio luminoso ne è il falso della sindone.

(…e se la frase là in alto fosse ricamata si poggiatesta dei sedili della compagnia di bandiera?
Magari farebbe riflettere l’amico che viaggia a sbafo… 😛 )

KM

Divo Cesare,
sempre il primus inter pares.
Quello che affermi e’ la dimostrazione lampante di quanto dicevo sopra (citando anche Dawkins): non si ha diritto ai propri fatti.

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