Cervello, genere e sessualità

Il funzionamento del cervello umano è il complesso risultato di fattori biologici e ambientali. Le neuroscienze si interrogano sulle differenze tra individui di sesso maschile e femminile, senza dimenticare le persone transgender. Qual è lo stato dell’arte della ricerca? Ce ne parla il medico e ricercatore Tommaso Piccoli sul numero 6/21 di Nessun Dogma

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La complessità del cervello umano si riflette nella grande variabilità del comportamento e delle personalità individuali ed è il risultato di fattori squisitamente biologici (il patrimonio genetico di ognuno di noi e ciò che esso comporta in termini metabolici) e ambientali, quali le esperienze accumulate a partire dal periodo di vita intrauterina e, successivamente, per tutto il decorso della nostra esistenza.

È ormai noto che i singoli neuroni e i circuiti cerebrali da essi formati rispondano a stimoli di vario tipo (quali la lettura di un libro, un rapporto sentimentale, un’emozione, per fare qualche esempio) adottando modifiche che si riflettono a livello molecolare, cellulare e di interazioni tra cellule, con quel fenomeno noto come plasticità neuronale. Un aspetto molto interessante è lo studio delle eventuali differenze esistenti tra i cervelli maschili e femminili.

Lo stimolo che muove questo interesse è la possibilità di comprendere sia i diversi comportamenti dei soggetti di sesso maschile e di quelli di sesso femminile, sia i meccanismi che sono alla base di alcune malattie in cui il sesso biologico rappresenta un fattore di rischio. Si tratta di patologie come la sclerosi multipla e la malattia di Alzheimer, più frequenti nei soggetti di sesso femminile, o la malattia di Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica, più frequenti nei soggetti di sesso maschile.

Queste sono patologie complesse, che non hanno un’unica causa riconosciuta, ma che sembrano essere il risultato dell’equilibrio tra fattori di rischio (patologie concomitanti quali l’ipertensione arteriosa o il diabete, e abitudini di vita quali il fumo o un’alimentazione non corretta) e fattori protettivi (alimentazione sana, attività fisica e intellettuale) che agiscono su un assetto genetico che può a sua volta predisporre o proteggere dalla malattia.

Prendiamo ad esempio la malattia di Alzheimer: questa è più frequente nelle donne rispetto agli uomini con un rapporto di 3 a 2. Chiarire il motivo di questa differenza può aggiungere qualche tassello alla comprensione della malattia stessa e favorirne la prevenzione. I fattori di rischio non giustificano la differenza, dato che l’ipertensione, il diabete e il fumo sono più frequenti nel sesso maschile, mentre abitudini di vita protettive, quali l’attività fisica e intellettuale, sono in generale svolti più frequentemente dai soggetti di sesso maschile.

Uno degli aspetti maggiormente presi in considerazione è il diverso assetto ormonale. In effetti, è stato dimostrato che: le donne che vanno in menopausa più precocemente sono maggiormente esposte al rischio di malattia; se la menopausa non è naturale (chirurgica) il rischio è addirittura raddoppiato; ma anche che se queste sono trattate con terapia ormonale sostitutiva, la differenza di rischio si annulla.

Studi su colture cellulari hanno inoltre mostrato come gli ormoni sessuali siano in grado di modificare la struttura delle cellule e possano avere un ruolo determinante nella morte cellulare; mentre studi su modelli animali ne hanno documentato un’influenza sullo sviluppo e la migrazione dei neuroni nelle fasi molto precoci dello sviluppo (vita intrauterina), ma anche durante tutto il resto della vita.

A tal proposito, una serie di ricerche condotte su animali hanno dato risultati molto interessanti. Nel cervello dei mammiferi, una delle aree filogeneticamente più antiche, chiamata nucleo sessualmente dimorfico (Nsd), che sembra avere un ruolo importante nella regolazione del comportamento sessuale, è stato trovato essere più voluminoso nei soggetti di sesso maschile rispetto a quelli di sesso femminile in tutte le specie studiate, compresa quella umana.

Il ruolo del testosterone nella regolazione del volume di questa struttura è sostenuto dall’evidenza che le femmine di ratto, trattate con testosterone, ne mostrano un incremento, mentre i maschi castrati un decremento. È chiaro che, soprattutto nella specie umana, l’esperienza, l’ambiente familiare, l’orientamento comportamentale indotto dai familiari durante l’infanzia, hanno un ruolo importante sui comportamenti che verranno assunti durante tutto il resto della vita, anche per l’effetto che producono sulla struttura e sulla funzione del cervello, tramite la già menzionata plasticità neuronale.

Tuttavia, sembra altrettanto chiaro che l’esposizione prenatale al testosterone abbia un ruolo molto importante nell’orientamento dei giochi del bambino: soggetti di sesso femminile, affetti da una rara malattia genetica che li espone a una elevata stimolazione di testosterone prima della nascita, hanno una preferenza spontanea a scegliere giochi tipicamente maschili, mentre soggetti di sesso maschile, con una sindrome che rende le loro cellule non responsive al testosterone, preferiranno giochi tipicamente femminili.

Alcune tecniche avanzate di risonanza magnetica consentono oggi di misurare con precisione millimetrica le dimensioni delle strutture encefaliche, mentre altre sono in grado di mostrarci il funzionamento del cervello in vivo. Queste sono state utilizzate per il confronto tra cervello maschile e femminile e i risultati hanno confermato quanto trovato in vecchi studi effettuati su reperti anatomici, ovvero che il cervello maschile ha un volume maggiore rispetto a quello femminile di circa l’11%.

Questo dato è facilmente spiegabile se teniamo conto del fatto che, mediamente, il corpo maschile è più grande di quello femminile. Più interessante è invece l’evidenza che specifiche regioni cerebrali mostrano differenze tra i due sessi, a volte a favore di uno, altre a favore dell’altro.

Una piccola struttura, chiamata “nucleo del letto della stria terminalis”, situata nelle zone più profonde del cervello e che ha funzioni quali il controllo della risposta alle minacce, del comportamento alimentare e di quello sessuale, è due volte più voluminosa nei maschi e contiene il doppio dei neuroni, mentre la stessa struttura, misurata in soggetti transgender MtF (da maschio a femmina) ha dimensioni simili a quelle femminili.

Nel 2010 Cordelia Fine, nel suo libro Delusions of Gender: How Our Minds, Society, and Neurosexism Create Difference, conia il termine neurosessismo per indicare l’atteggiamento di alcuni ricercatori che studiano e sostengono le differenze anatomiche e funzionali tra i cervelli dei due sessi del genere umano. Nello stesso anno si costituisce una rete di intellettuali di varia estrazione, denominata “The NeuroGenderings Network” che, in occasione della loro prima conferenza, propongono il termine neurofemminismo per indicare la necessità di una ricerca maggiormente attenta agli aspetti sociali e ambientali, ritenuti i maggiori responsabili delle differenze tra sessi trovate in molti studi.

Più in dettaglio, il neurofemminismo si prefigge «di identificare e mettere in discussione le ipotesi preconcette riguardo al sesso e al genere, quali l’equazione femminilità = passività, il fatto che i comportamenti tipicamente maschili siano considerati come “normativi” (e quindi da prendere come riferimento), la nozione secondo cui il sesso biologico determini i comportamenti sociali […] e che sesso e genere possano indirizzare lo sviluppo fisico e il comportamento esclusivamente verso il dimorfismo sessuale» (tradotto liberamente da Bryant, 2019).

La critica è rivolta prevalentemente nei confronti degli aspetti metodologici delle ricerche prodotte: queste sono, per lo più, condotte su un piccolo campione di soggetti (e questo rende statisticamente meno forti e riproducibili i risultati, a causa della grande variabilità interindividuale di anatomia e fisiologia del cervello umano), in contesti sperimentali (pertanto artificiali e non naturali) e non tengono conto dei processi socio-culturali che hanno condotto l’individuo studiato ad avere quel tipo di funzionamento.

Inoltre, la categorizzazione dicotomica maschio/femmina è artificiosa e non tiene conto, da un lato, della sovrapposizione di aspetti comportamentali tra i due sessi, dall’altro, di realtà in cui sesso e genere non corrispondono in modo categorico e dicotomico (ad esempio, nel transgenderismo). Sulla scorta di queste osservazioni, Bryant fornisce una serie di suggerimenti metodologici con lo scopo di ottenere delle ricerche che siano condotte con il maggior rigore possibile e che non risentano di quei preconcetti che sono alla base di risultati falsati.

Le osservazioni fin qui riportate sono teoricamente ineccepibili ma meritano, a mio avviso, alcuni commenti. Come già detto, che il funzionamento del cervello umano sia il risultato dell’azione combinata tra genetica e influenze ambientali è fuor di dubbio. Come è fuor di dubbio che ci sia, da parte dei genitori, una forte tendenza a orientare i comportamenti dei bambini secondo stereotipi preconcetti. Tutto ciò può, senz’altro, orientare lo sviluppo di aree e circuiti cerebrali, così come di comportamenti sessualmente orientati.

Questo ragionamento non può però essere esteso del tutto a modelli animali dove, come già detto prima, si trovano differenze tra maschi e femmine. Il ragionamento per cui se l’animale è sottoposto a stimoli stressanti le differenze si riducono, depone a favore dell’influenza ambientale sulle strutture nervose, ma non risponde alla domanda sul perché ci siano differenze di base. Inoltre, le evidenze dell’azione degli ormoni sessuali, sia su modelli in vitro sia su modelli animali, oltre che su condizioni patologiche in cui gli ormoni prodotti in epoca prenatale hanno un’influenza sulle preferenze dei giochi, credo che depongano in modo convincente verso una interpretazione che non possa escludere le componenti “biologiche”.

Il problema della numerosità del campione è molto frequente in studi di questo tipo. Soprattutto quando si vogliano studiare questioni così complesse, quali il funzionamento del cervello umano, la variabilità individuale è tale che il rischio di falsi positivi è sempre concreto. Questo è il motivo per cui il ricercatore ha bisogno di categorizzare i gruppi che intende confrontare e di cercare di isolare i parametri da studiare per limitare al massimo influenze di variabili non controllate.

Questo problema metodologico riguarda qualunque categoria di soggetti: quando si fa uno studio su funzioni motorie o cognitive si tende ad arruolare esclusivamente soggetti destrimani oppure un ugual numero di destrimani e mancini, pur sapendo che esistono condizioni in cui la preferenza manuale non è così netta.

Una strategia per ridurre la variabilità è quella di incrementare il campione studiato. A tal proposito esistono esempi di studi che tentano di superare tale limite. Madhura Ingalhalikar, nel 2014, studia le connessioni anatomiche di un migliaio di soggetti giovani trovando che i cervelli dei soggetti di sesso femminile hanno connessioni prevalentemente tra i due emisferi cerebrali, mentre soggetti di sesso maschile hanno la maggior parte delle connessioni nel contesto dei singoli emisferi cerebrali. Cosa significhi questo in termini comportamentali non è dimostrato, ma il dato sembra chiaro.

Nello stesso anno, Amber Ruigrok, una ricercatrice impegnata nella comprensione delle differenze sesso-specifiche di aree cerebrali coinvolte nell’autismo, dimostra, con una importante revisione della letteratura scientifica, che proprio quelle aree correlate a patologie neuropsichiatriche in cui il sesso costituisce un fattore di rischio, hanno strutture differenti tra maschi e femmine. Ancora, Ashley Hill ha condotto una meta-analisi analizzando i dati ricavati da 59 articoli pubblicati, per un totale di 901 soggetti studiati, tutti sottoposti a un compito di memoria, trovando che, a parità di compito cognitivo, si attivano network cerebrali in modo sesso-specifico.

La questione della visione dicotomica dei due sessi riguarda anche il fenomeno del “transgenderismo”, nei confronti del quale sta crescendo un discreto interesse scientifico. Non è ancora chiaro se e in che misura ci siano differenze strutturali e/o funzionali tra i cervelli dei transgender e dei cisgender o tra i cervelli dei transgender MtF e FtM. Ciò che emerge da recenti studi è che i circuiti cerebrali deputati rispettivamente ai pensieri intimi e alla percezione del proprio corpo mostrano, nei soggetti transgender, una forza di connessione inferiore rispetto ai soggetti cisgender, mentre un altro studio dimostra che il trattamento ormonale può influenzare la connettività di specifiche regioni, rendendo il cervello dei soggetti FtM trattati più simile a quello dei cisgender di sesso maschile. Ancora una volta emerge il ruolo modulatore degli ormoni sessuali sui circuiti cerebrali.

In sintesi, i dati a nostra disposizione sembrano mostrare che effettivamente esistano caratteristiche morfologiche e funzionali sesso-specifiche. Che le influenze ambientali abbiano un ruolo importante è ampiamente dimostrato, ma ciò non esclude che queste lavorino su una base biologica innata (altrettanto dimostrata). Se alcuni ricercatori non riescono ad avere una visione oggettiva, ottenendo dati non veritieri, questi verranno sconfessati dal progredire delle conoscenze, come è sempre accaduto nella storia della ricerca scientifica; ma questo non può essere generalizzato.

Maschi e femmine di tutte le specie hanno caratteristiche morfologiche e comportamentali distintive e riconoscibili e negare le differenze significa rischiare di perdere informazioni utili alla comprensione della fisiologia ma, soprattutto, di non identificare elementi importanti potenzialmente utili per la prevenzione di malattie molto frequenti nell’essere umano.

Ciò non ha nulla a che fare con la sacrosanta lotta per la parità dei diritti, che anche i maschi di buon senso dovrebbero intraprendere quotidianamente.

Tommaso Piccoli

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27 commenti

laverdure

A proposito del fenomeno del “transgenderismo” mi permetterei un commento assolutamente politicamente scorretto.
Io credo che se venisse considerato una patologia che coinvolge la sessualita ,al pari di altre che coinvolgono invece la vista,l’udito ,la deambulazione,l’attivita cardiaca ecc,la cosa sarebbe un vantaggio per chi ne e’ affetto,e forse si ridurrebbe
il pericolo di tragedie come quella avvenuta recentemente che e’ inutile descrivere.
La maggior parte della gente sarebbe forse piu’ disposta alla comprensione verso
qualcuno considerato a tutti gli effetti un malato inguaribile,allo stesso modo di un cieco,un sordomuto o un paraplegico, che verso qualcuno che ,(ovviamente a torto,ma non fa differenza come conseguenze)vede come un vizioso che rifiuta le cure.
E certi “luminari progressisti” che arrivano ad affermare che il transessualismo e’ invece una cosa normalissima(letto testuale sul Corriere tempo fa),non fanno che accentuare questa opinione.

laverdure

Tanto per puntualizzare (correggetemi se sbaglio): un transgender vede se stesso come un’anima femminile imprigionata in un corpo maschile ( o viceversa),al punto che avendone la possibilita si sottopone,per correggere la sua situazione,a terapie ormonali da mantenere vita natural durante,nonche eventualmente a operazioni chirurgiche costose e rischiose,che spesso danno adito a complicazioni che richiedono correzioni anch’esse vita natural durante.
Tutta roba che ,se puo’ dare benefici alla sua psiche,non e’ certo benefica per la salute fisica.
Non parliamo poi delle sue relazioni sociali : se un “semplice” gay ( o lesbica)non mostra segni esteriori della sua sessualita,e non ha problemi perlomeno tra gente che non lo conosce,nella maggior parte dei casi un transgender invece ,malgrado le operazioni, ha un aspetto esteriore che sarebbe generoso definire “grottesco”,e che lo espone alle conseguenze facimente immaginabili.
Non e’ certo un caso che buona parte di essi non abbia altra risorsa che la prostituzione.
E tutto questo secondo voi,non si deve considerare una grave patologia a tutti gli effetti pratici ?
Tanto vale allora cosiderare i defunti (magari ammazzati)come individui “a diverso stato anagrafico).

dissection

Ahi ahi lave, aspetta che se ne accorge Pendesini: vi vedo già in una sfilza di 40 commenti botta e risposta 😬🤣
I defunti, in pratica li catalogheresti come “diversamente vivi”? 😬😱

laverdure

Non sei aggiornato : il nostro Pendesini,dopo che la sua reale maesta aveva subito
l’incancellabile torto di essere accomunata a un qualunque mortale,ha affermato di
rifiutare definitivamente di onorarci con la sua stratosferica sapienza.
Quanto ai defunti,se i problemi si risolvono rinnovando il vocabolario,perche’ non dovrebbero trarne benefici pure loro ?
Di sicuro non si lamenteranno.
Ma per tornare in argomento,i transgender temo che si trovino purtroppo ad affrontare,senza colpe,quanto di piu’ micidiale ,distruttivo e irrimediabile esista :
IL RIDICOLO !
E contro il ridicolo non c’e’ rimedio,manco con tutti i DDL dell’universo.

dissection

Può darsi, ma ti ricordo che il ridicolo è un concetto relativo.

laverdure

Digraziatamente,in casi come questo conta solo il parere della maggioranza, a tutti gli effetti pratici.
Del resto,siamo sinceri : un omaccione vestito da donna con tanto di parrucca,come nel caso citato,dubito fortemente che anche tu possa trovarlo meno che ridicolo.
L’unica “attenuante” possibile,come ho gia citato,consiste nel considerarlo un malato inguaribile,al quale concedere quantomeno la nostra pieta.
Peccato che ,se spingiamo la sincerita fino in fondo,ci accorgiamo che la pieta non e’ altro che una forma “edulcorata” di disprezzo.
Lo dimostra il fatto che dire che la tal cosa o persona “fa pieta” non e’ mai stato un complimento.

dissection

Ecco, così è già più ciscostanziato, prima sembrava solo una presa in giro fine a sé stessa. Dobbiamo solo stare attenti a non confondere sincerità con cinismo.

laverdure

Qualcuno ha detto che il cinismo e’ semplicemente sincerita spinta oltre i limiti imposti dall’ipocrisia e dall’opportunismo.

dissection

Sarebbe bello sapere chi è sto qualcuno, ma a prescindere dall’enciclopedistica, non ha la minima idea di cosa significhi cinismo anche solo a livello di dizionario: chi ha mai detto che un cinico è anche per forza sincero? Anzi, occasionalmente è proprio il contrario…

Diocleziano

La butto lì: il cinico è uno che dice la verità su argomenti di cui non gliene importa nulla.

Comunque sono un imperterrito sostenitore del ridicolo come arma dialettica: chi sosterrebbe una idea che sistematicamente fosse derisa? Quelli che sanno o ‘sentono’ che quell’idea è VERA. Quanti del gregge possono dire che quello in cui credono sia vero?
Sulla lunga distanza il ridicolo paga.

laverdure

@Dissection
“chi ha mai detto che un cinico è anche per forza sincero? Anzi, occasionalmente è proprio il contrario…”
Se e’ per questo tanti pretendono che certi sant’uomini di nostra conoscenza lo siano (sinceri),addirittura illuminati da verita divina nei loro discorsi profondi e pregni di valori morali.
E con quale frequenza lo sono davvero ?

laverdure

@Diocleziano
“La butto lì: il cinico è uno che dice la verità su argomenti di cui non gliene importa nulla.”
Ma in questo modo non vedo come possa fare danni.
A differenza di chi racconta balle su argomenti nei quali ha grossi interessi.

“Comunque sono un imperterrito sostenitore del ridicolo come arma dialettica: chi sosterrebbe una idea che sistematicamente fosse derisa? Quelli che sanno o ‘sentono’ che quell’idea è VERA. Quanti del gregge possono dire che quello in cui credono sia vero?
Sulla lunga distanza il ridicolo paga.”

Mi permetto qualche dubbio : i dogmi della Chiesa ( ma anche delle altre religioni)non sono certo un capolavoro di verosimiglianza,eppure tanta gente ci crede da molti secoli.
(Vedi nascita da una vergine,o la Transustanziazione dell’Ostia,per citarne solo due).
Come pure la continua esaltazione della poverta da parte di personaggi che
non appaiono mai in pubblico senza abiti e gioielli che da soli valgono una fortuna,senza che nessuno vi veda contraddizioni.
Temo che il ridicolo paghera con molto ritardo.

Mixtec

” il nostro Pendesini,dopo che la sua reale maesta aveva subito
l’incancellabile torto di essere accomunata a un qualunque mortale,ha affermato di
rifiutare definitivamente di onorarci con la sua stratosferica sapienza.”
Accidenti, è vero!
L’ultimo suo post è del 23 maggio, ore 20:19, argomento “diritti Lgbt+ …”.
E ora come facciamo?
Comunque le sue opinioni sull’argomento le ha esposte allora: possiamo rileggere.

RobertoV

La natura presenta una variabilità enorme sul piano biologico, intellettuale e culturale, l’insieme uomo e l’insieme donna presentano al loro interno variazioni enormi, perchè dovremmo riuscire a concepire solo un mondo duale in cui le divisioni siano nette, con ruoli distinti? Mi sembra normale che questa variabilità porti inevitabilmente ad avere situazioni di intersezione dei due sistemi, con persone che presentano caratteristiche non così ben catalogabili.
Perchè dovrebbe essere considerato patologico che certe persone si trovino in situazioni intermedie? Solo perchè da fastidio ai benpensanti, al “nostro “senso comune”? Ma questo senso comune si evolve: basta pensare al fatto che fino a pochi anni fa non si pensava che le donne potessero fare sforzi enormi, ed invece oggi corrono la maratona o scalano gli ottomila e fanno anche sport violenti, quali rugby, pugilato, kickboxing, ecc. e non sono spesso ragazze “mascoline” come si pensava una volta. Una volta si pensava che fosse ridicolo per una donna fare pugilato, sollevare pesi, giocare a calcio.
A me risulta che solo una parte dei trans ricorra ad operazioni, magari indotte proprio da “discriminazione sociale”. Il problema della difficoltà ad accettare il proprio corpo non è un problema solo dei trans, ma anche di tanti eterosessuali, basta vedere il successo della chirurgia plastica o delle palestre, dei centri estetici. Tutte forme patologiche?

laverdure

Tanto per limitarci al caso delle atletesse : in passato numerose atlete dichiarate anagraficamente femmine fin dalla nascita sono state scartate da importanti gare come le Olimpiadi perche’ dichiarate troppo “fisicamente mascoline”.
Ora che anche i trans vengono ammessi la cosa suscita spesso polemiche tra le atlete
“normali” che si sentono giustamente svantaggiate,in quanto la muscolatura e la struttura scheletrica di un trans mtw(man to woman)rimangono quelle di un uomo.
Se in qualche sport come il tiro a segno la cosa puo’ essere trascurabile,ovviamente costituisce un vantaggio decisivo in altri come la lotta o il lancio del peso.
Come vedi i problemi REALI non mancano.

RobertoV

Laverdure
Proprio in questi giorni la federazione nuoto internazionale FINA ha deciso di istituire una categoria a parte per i trans che passano da uomo a donna, potrebbe seguirla a breve anche l’atletica e mettere delle regole più restrittive per la partecipazione nella categoria femminile. Il problema è che ancora oggi non sappiamo bene quali siano i parametri. I livelli ormonali sono discussi perchè anche negli atleti di elite maschili ci sono forti differenze, ad indicare che il livello di prestazione non è così correlabile al livello degli ormoni. Gli ammalati non possono gareggiare per motivi di sicurezza, ma essere trans non dovrebbe creare problemi di salute nello sport. Ed anche i portatori di handicap possono gareggiare nelle loro categorie (quelli con protesi anche nel settore assoluto, ma anche questo è oggetto di discussione.

laverdure

Qui non si tratta tanto di livelli ormonali,ma semplicemente di muscoli.
Non ci sono dubbi che a parita di peso e corporatura la massa muscolare di un uomo e’ sensibilmente maggiore di quella di una donna,e tale rimane anche dopo il cambiamento di sesso.
Se la cosa ha poco peso nell’impugnare una pistola o un fucile nelle gare di tiro,e’ ovvio che in buona parte degli altri sport incide in maniera fondamentale ,dando un vantaggio decisivo: basti pensare a judo,karate,lancio del peso o del giavellotto ecc.

Diocleziano

Laverdure
«…a parità di peso e corporatura la massa muscolare di un uomo è sensibilmente maggiore di quella di una donna…»
Sbaglio o c’è un paradosso in questa frase? Lo scheletro femminile è più leggero e se il peso
è identico vuol dire che la donna ha più muscoli in %. (Spero non sia tutta cellulite 😛 )

RobertoV

In realtà una donna ha a parità di peso un 5-10 punti percentuali in più di massa grassa. Se si considera solo la massa muscolare, la forza nelle gambe è simile a parità di massa muscolare, mentre è del 20 % superiore per le braccia. In compenso sono più forti nei muscoli del bacino e dell’addome.
Riguardo alle masse muscolari il problema è dibattuto anche per il doping, cioè un uomo dopato che mette su masse muscolari, anche se dopo smette di prendere ormoni, conserva comunque una massa muscolare superiore a quella che avrebbe senza aver barato. Molti uomini non hanno grandi masse muscolari. La differenza uomo donna è ingigantita dal fatto che molte donne non fanno sport o attività pesanti fisicamente, sia per motivi culturali che sociali. In un tempo remoto non era così.

laverdure

Una piccola considerazione “paradossale”.
Alcuni trans possiedono indubbiamente notevoli anomalie “femminee”
fin dalla nascita sia nella struttura corporea che negli equilibri ormonali,cosa che grazie agli ormoni artificiali e alla chirurgia plastica gli permette di intraprendere la carriera di fotomodelle o attrici.
Ma molti non presentano niente di tutto questo : uno dei primi trans ad effettuare la trasformazione era stato prima pilota da caccia poi corridore auto di successo,e il suo coming out fu un enorme shock per famigliari e conoscenti.
I medici stessi ammettono che in questi casi il problema e’ localizzato nel cervello,e
dato che allo stato attuale delle conoscenze neurologiche e’ impossibile intervenire su di esso,si puo’ intervenire solo sul corpo.
Insomma,si effettuano interventi terribilmente invasivi e anche rischiosi sulla “parte normale” non potendo intervenire su quella “difettosa”.
Piu’ paradossale di cosi !
Io credo che se in un futuro piu’ o meno lontano si potra’ intervenire con successo sul cervello,ovviamente solo su richiesta dell’interessato,sara un enorme miglioramento,anche se ovviamente,manco dirlo,provochera’ chissa quali contestazioni.
Voi dite di no ?

laverdure

Dall’articolo all’inizio,si ricaverebbe l’impressione che il fenomeno transgender abbia
origini genetiche,o comunque che in futuro vi sia la possibilita di prevederne la predisposizione in un nascituro tramite le indagini prenatali.
Se cio’ avvenisse e’ pacifico che la grande maggioranza dei genitori sceglierebbe di interrompere la gravidanza,contando sul fatto che una nuova maternita avrebbe buone probabilita di produrre prole normale.
Esattamente come da tempo avviene con gravi tare genetiche come la sindrome di Down,che in certe nazioni come Islanda e Danimarca e’ per questo in forte calo.
Ma probabilmente anche questo provocherebbe contestazioni,e non solo quelle,
d’obbligo,di Santa Madre Chiesa .
Qual e’ la vostra opinione ?

RobertoV

La sindrome di Down è in forte calo per due motivi:
1) per l’aborto terapeutico
2) per la contraccezione e genitorialità consapevole, cioè le giovanissime o le “anziane” (oltre i 45 anni fino alla menopausa) non fanno figli, fasce di età ad alto rischio di down. Una volta la fascia di età per fare figli era molto più ampia ed andava dalle giovanissime anche preadolescenti alla menopausa. A 50 anni il rischio è uno su 12.
In Islanda i valori sono bassi semplicemente per motivi statistici essendo poche le nascite (5000 complessivamente nel 2021), cioè prima ne nascevano solo 10-15 all’anno di down, fai presto ad avvicinarti a zero. Facendo il confronto con l’Italia in Islanda dovrebbero vivere meno di 200 down.

laverdure

Questo non toglie che le analisi prenatali sono ormai prassi comune in Islanda
e anche altri paesi,e questo fa calare ancora di piu’ le nascite down.
Tempo fa la stampa nostrana riporto la cosa presentandola ( a torto) come una novita,e suscitando le solite proteste degli antiabortisti,che lamentavano tra l’altro come in questo modo viene meno ogni motivazione per la ricerca di una cura,argomento irrefutabile.
Basti vedere come con la scomparsa del vaiolo sono cessate tutte le ricerche
per terapie antivaiolose.
Quel che e’ giusto e’ giusto.

laverdure

Ma ritornando all’argomento iniziale,se le analisi prenatali potessero,in futuro,
rivelare predisposizione al transgenderismo o addirittura alla “semplice” omosessualita,come valuteresti la cosa ?Nel complesso positiva o causa di problemi,a parte ovviamente una violenta reazione delle comunita lgbt ?

dissection

Lave le analisi prenatali le ha fatte anche mia sorella, al tempo, cattolica convinta, e mi ha poi confidato “tranquillo, tuo nipote è , non ha nessun tipo di problema…”. In realtà, sarebbe poi nato senza un rene, ma è una condizione con cui si può vivere con relativa tranquillità.
Tornando a noi: l’argomento degli antiabortisti secondo cui la sparizione della sindrome di Down toglierebbe motivazioni alla ricerca di una cura, non solo non è irrefutabile, ma è una cazzata sesquipedale, come d’altronde tutti o quasi gli argomenti dei no choice. Essendo la Down una sindrome di origine genetica, c’è ben poco da fare, soprattutto quando il feto è ormai venuto alla luce. E interventi genetici di correzione durante la gestazione, sempre se fossero possibili ma la vedo dura, farebbero insorgere negli antiabortisti pensieri dementi tipo “sì però così sì vuole giocare a fare dio” o castronerie similari. Da qualunque parte lo si guardi, dunque, è un argomento circolare e soprattutto pretestuoso, altro che irrefutabile. E la domanda sulle analisi che prevederebbero la tendenza trans o omo, non ha molto senso nemmeno quella, soprattutto se rapportata al confronto con la previsione della Down. Una persona omosessuale è sana come tutte le altre, può lavorare, cantare, ballare disegnare viaggiare per aria e per mare, laddove una persona Down, a seconda del grado di infermità, ha variamente difficoltà a svolgere la propria vita e, tranne i casi più leggeri, è sempre dipendente da qualcuno. Un po’ più complicato il discorso sul transgenderismo, disforia di genere e compagnia cantante: io non so come la prenderebbe la comunità lgbtiqa+, il punto è che un trans è un problema per la società che lo discrimina, più che per sé stess*, ed eventuali problemi sanitari sarebbero solo legati a quanto bene o male si svolgerebbe la transizione, che comunque è un atto di volontà. E in ogni caso, se non lo si vuole sapere, basta fare a meno di chiedere, no? Cosi come per il sesso del nascituro, l’ecografia lo scopre, ma il medico lo dice solo a richiesta.

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