La National Secular Society (Nss) stima che in Inghilterra e Galles circa una scuola su tre, sia essa indipendente o finanziata dallo stato, ha un carattere religioso oppure legami formali con un’organizzazione religiosa. Ma le scuole dove viene impartita un’educazione religiosa nel nome del comunitarismo spesso contribuiscono a instillare pregiudizi su omosessualità, relazioni fuori dal matrimonio e i diritti delle donne. Proponiamo in proposito un articolo di Emma Park pubblicato sul numero 3/22 di Nessun Dogma.
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A chiunque tenti per la prima volta di traversarlo, il sistema educativo inglese potrà sembrare una vecchia nave: continuamente rattoppata e riparata dai governi che si sono succeduti, a un certo punto la struttura originale è andata persa, e nulla ormai può più essere mosso senza imbarcare acqua. Il suo edificio bizantino fatto di regole e regolamenti contiene molto legno in stato di decomposizione – non ultimo, lo status eccezionale conferito alle scuole religiose. Queste sono definite come le scuole che hanno un “carattere” o un “ethos” religioso, oppure legami formali con un’organizzazione religiosa. La National Secular Society (Nss), che si batte contro le scuole religiose, stima che in Inghilterra e Galles circa una scuola su tre, sia essa indipendente o finanziata dallo stato, può essere etichettata in questo modo.
A queste scuole è permessa la selezione di alcuni o tutti i loro studenti, e del loro personale, sulla base della loro religione o di quella della loro famiglia. Poi c’è il curriculum. Non sorprende che le scuole religiose possano impartire educazione religiosa «secondo i principi della propria fede». Ma questo vale anche per le relazioni e l’educazione sessuale, dando loro la possibilità di instillare pregiudizi e promuovere la propria dottrina su importanti argomenti quali l’omosessualità, il sesso extraconiugale e i diritti delle donne.
Chi si oppone è preoccupato dall’estensione dell’influenza di chiese, moschee e sinagoghe nelle scuole, in particolare perché, oltre alle ispezioni dell’Ofsted [l’ente pubblico incaricato dei controlli], tali scuole sono soggette a ulteriori “ispezioni religiose” prescritte dal loro ente confessionale. Il problema diventa ancora più preoccupante quando si tratta di scuole religiose non registrate, che non sono in alcun modo regolate e che operano in un fosco mondo ai margini della legge. Sebbene siano molto meno numerose, queste scuole possono avere un effetto considerevole sulla vita e sulle prospettive future dei bambini che attraversano i loro ingressi.
Anche quando sono gestite correttamente, molte scuole religiose non riescono a soddisfare adeguatamente i bisogni delle comunità locali, un problema che diventa più complesso man mano che la popolazione inglese si diversifica. Anche se i genitori sono contenti che i loro figli vengano cresciuti entro gli stretti principi di una fede particolare e con un’esposizione limitata a modi differenti di pensare, è tutt’altro che chiaro che ciò venga fatto avendo sempre in mente il superiore interesse dei bambini. Potremmo dunque chiederci perché le scuole religiose “statali” – tali perché finanziate in tutto o in parte dal contribuente – possano continuare a essere istituite con apparente facilità, indipendentemente dai desideri dei residenti e dei potenziali genitori.
Il caso di una di queste scuole, che è stata aperta a settembre poco a sud di Peterborough, illustra la complessità e la profondità del problema.
Un «ethos cattolico» nel curriculum scolastico
La scuola elementare cattolica St. John Henry Newman (Jhn) è stata creata per servire un insediamento residenziale in fase di espansione nella città di Hampton Water. Secondo il suo promotore, la diocesi cattolica dell’East Anglia, l’«ethos cattolico permeerà ogni area del curriculum e sosterrà il lavoro e gli obiettivi della scuola». È un istituto assistito da volontari (VA) che beneficia dei fondi stanziati dal governo nel 2019 per quattordici nuove scuole religiose VA, che vanno ad aggiungersi alle 2.640 già costituite in Inghilterra.
L’opinione del territorio non sembra essere stata presa in considerazione. Una consultazione è stata condotta dal consiglio comunale di Peterborough ma, tra coloro che hanno un codice postale di Hampton, in 127 si sono opposti, mentre soltanto 17 erano favorevoli. «Hampton Water è una comunità molto diversificata», ha detto Tracy Butler, una residente che ha fatto una campagna contro la scuola. «Abbiamo numerose fedi diverse; abbiamo anche residenti che non professano alcuna fede».
Le motivazioni dell’approvazione non sono state mai chiarite. «In più occasioni il dipartimento dell’Istruzione (ddI) si è rifiutato di fornire qualsiasi informazione sulle modalità di valutazione di queste proposte», sostiene Alastair Lichten, coordinatore di No More Faith Schools. In base a ciò, è difficile dire fino a che punto la Jhn sia sintomatica di una tendenza più ampia. Anche così, resta una questione pressante: perché il governo del Regno Unito ha sostenuto una nuova ondata di scuole religiose, consentendo loro di aprire in zone del paese nonostante potrebbero non rappresentarne gli abitanti?
È facile che la rabbia a Hampton Water sia stata esasperata dal modo in cui è stata finanziata la scuola. Il 10% dei costi di capitale è stato raccolto attraverso un onere sulle strutture locali, riscosso dal consiglio sugli investitori immobiliari e trasferito agli acquirenti. Ciò significa che, acquistando un immobile nel complesso residenziale, i residenti hanno contribuito a pagare la scuola, pur non conoscendo di quale tipo si trattasse. Potrebbe accadere lo stesso ovunque: in tal modo, le nuove famiglie che si trasferiscono in un nuovo complesso residenziale in Inghilterra possono finire per pagare una scuola religiosa che i loro figli non hanno i requisiti per frequentare. Alla Jhn, come in ogni scuola VA, il restante 90% dei costi di capitale e il 100% dei costi di gestione sono finanziati dallo stato. In altre parole, stiamo tutti pagando per un privilegio religioso.
È vero che la diocesi ha stanziato ulteriori 250.000 sterline per i progetti della Jhn. Tuttavia, i primi tra questi sono una cappella e «un crocifisso sul muro esterno della scuola» – che difficilmente possono essere considerati simboli di inclusività. Secondo Lichten, la Jhn sarà «la nuova scuola più discriminatoria che sia stata aperta in Inghilterra in circa dieci anni».
Come d’abitudine, il governo ha giustificato le scuole religiose sostenendo che migliorano i risultati accademici e incrementano la possibilità di scelta dei genitori. In un dibattito della Camera dei Comuni nel 2014 sulle scuole cattoliche, l’allora segretario all’Istruzione, Damian Hinds, ha lodato le loro «elevate prestazioni», che ha attribuito alla loro «etica e carattere» (lo stesso Hinds ha frequentato un liceo cattolico). Le evidenze, tuttavia, sono meno limpide. Un rapporto del 2016 dell’Education Policy Institute ha rilevato che, mentre gli studenti delle scuole statali religiose hanno ottenuto risultati accademici migliori rispetto ai loro coetanei nelle scuole non religiose, il gap era molto più piccolo se si andavano a controllare fattori quali il background socioeconomico e l’andamento scolastico precedente.
Di certo, i gruppi religiosi si sono attaccati all’argomento della diversità. Nel caso della Jhn, la diocesi ha affermato che una nuova scuola cattolica «migliorerebbe la scelta e la diversità dell’offerta educativa per i genitori nell’area di Hampton». Ciò che accadrà effettivamente, dice Butler, è che la scuola finirà per selezionare bambini di famiglia cattolica, anche se vivono più lontano, preferendoli ai bambini locali di famiglia non cattolica. Come residente, definisce la Jhn «un’enorme occasione mancata per l’integrazione». Le persone si sono trasferite nella zona «sperando che i loro figli andassero a scuola tutti insieme», dice.
Il governo sembra tuttavia imperturbabile, e non si preoccupa nemmeno di monitorare l’efficacia delle ammissioni selettive basate sulla fede. In risposta a una richiesta dell’Nss sulla libertà di informazione, nel 2020 il dipartimento per l’istruzione ha ammesso di «non detenere informazioni sulle scuole che inseriscono l’appartenenza religiosa tra i criteri di ammissione». Non sembra essere preoccupato che le organizzazioni religiose possano utilizzare il sistema scolastico per estendere il proprio potere, in gran parte a spese di coloro che non condividono le loro convinzioni.
La presa della chiesa d’Inghilterra
Non è un caso che l’organizzazione che trae il maggior vantaggio da questo strumento di influenza sia la chiesa d’Inghilterra, la chiesa ufficiale del paese. La cdI è il più grande sponsor delle scuole religiose: attualmente gestisce 4.644 scuole statali, di cui all’incirca tre quarti sono scuole primarie. Si stima che circa quindici milioni di odierni adulti abbiano frequentato una delle sue scuole nel corso del proprio percorso di studi.
Se si chiede alle persone un commento sull’esperienza di aver frequentato una scuola anglicana, un’opinione comune è che «non mi ha fatto male», o che tutto ciò che realmente insegna è di «essere gentili con le persone». Non c’è dubbio che, per ragioni storiche, la cdI sia la chiesa più assimilata nella cultura britannica prevalente. Allo stesso modo, però, la maggior parte dei suoi cosiddetti «valori cristiani» – fede e pietà a parte – non sono più visti come specificamente cristiani, ma semmai come quasi universali. In particolare, l’anglicanesimo non fa parte dell’identità della maggioranza dei britannici, specialmente quelli di età più giovane: solo l’1% della fascia tra i 18 e i 24 anni si identifica con tale fede, secondo l’Nss.
Questo dato sembrava girare per la mente di Stephen Cottrell, arcivescovo di York, mentre esortava il sinodo generale, in un documento presentato a giugno, ad adottare «un impegno più deciso per l’educazione cristiana e il ministero con i bambini, i giovani e gli studenti», sottolineando l’esigenza di una «evangelizzazione giovanile». Si tratta evidentemente di una questione di sopravvivenza.
Le cosiddette “ispezioni sulla religiosità” sono un elemento-chiave di questa spinta al proselitismo. Ogni cinque anni le scuole religiose finanziate dallo stato devono essere ispezionate dall’ente religioso di riferimento. Secondo Matthew Hill, un ex preside che ha contribuito a un recente rapporto dell’Nss su tale soggetto, le scuole devono dimostrare non solo che i loro valori sono «radicati in una narrativa esclusivamente cristiana», ma anche che lavorano a stretto contatto con la chiesa locale. Ha anche visto ispettori interrogare i bambini delle scuole primarie, alcuni di appena cinque anni, ponendo domande di teologia. «Ad alcuni è stato chiesto della natura trinitaria di Dio», ha detto. Un rapporto dell’Nss del 2020 ha esaminato quaranta rapporti sulla “religiosità” delle scuole realizzati da due diocesi della cdI nel 2019, rilevando che oltre la metà di essi «confondeva [l’educazione religiosa] di successo con la promozione o il suggerimento di punti di vista cristiani».
Tuttavia, secondo l’esperienza di Hill, pochi genitori si rendono conto della differenza tra un’ispezione sulla religiosità e un’ispezione standard dell’ente statale Ofsted. Le ispezioni esercitano così un’enorme pressione sui dirigenti per «intensificare l’evangelizzazione. Se la scuola era un’eccellente scuola della chiesa e ora è invece una scuola della chiesa che “richiede miglioramenti”, non ottiene buona stampa».
Il coinvolgimento della cdI nell’educazione non si limita alla promozione della fede cristiana. Allo scopo di proteggere i suoi privilegi, l’organizzazione sembra sentirsi obbligata a difendere tutte le religioni dalle invadenze della democrazia laica. Questo approccio è stato ora esteso persino alle scuole religiose non registrate.
Minoranze svantaggiate
Per legge, tutte le scuole per ragazzi dai 5 ai 16 anni, statali o indipendenti che siano, devono iscriversi al ddI e sottoporsi a regolari ispezioni. Tuttavia, secondo le linee-guida, le «strutture extrascolastiche» che forniscono «sostegno allo studio» culturale, religioso o di altro tipo devono registrarsi come scuole solo se attive per almeno 18 ore settimanali e insegnano a cinque o più studenti. Alcune organizzazioni, tra cui gli charedi (ebrei ultra-ortodossi) e gruppi fondamentalisti islamici e cristiani, utilizzano questa disposizione a proprio vantaggio. Pur affermando di operare per meno di 18 ore, o al di fuori dell’orario normale, in realtà agiscono come scuole religiose a tempo pieno. Secondo un rapporto aggiornato sulle scuole non registrate pubblicato nel novembre 2021 dall’Ofsted, i bambini che le frequentano sono «a rischio, perché non esiste una formale supervisione esterna sulla tutela, la salute e la sicurezza o la qualità dell’istruzione impartita».
La stessa riservatezza di queste scuole non ufficiali rende difficile stimare quante ce ne siano, per non parlare del numero degli studenti. Tuttavia, dati recenti dell’Ofsted hanno mostrato che 90 strutture extrascolastiche in Gran Bretagna di fede cristiana, ebraica o musulmana sono state indagate per potenziali illegalità nel corso degli ultimi cinque anni. C’è inoltre preoccupazione per il fatto che i bambini i cui genitori affermano di impartire loro l’istruzione domiciliare (id) frequentano in realtà scuole non registrate, e che questa cifra sia aumentata da quando i lockdown per il Covid-19 hanno reso l’id più diffusa.
Nel 2015, quando la radicalizzazione era tra le priorità dell’agenda politica, l’esistenza di queste scuole – e particolarmente il loro potenziale rifiuto dei «valori britannici» – costituì per il governo una preoccupazione tale da avviare una consultazione sulle modalità per regolamentare i contesti extra-scolastici in cui si forniva «istruzione intensiva». Tuttavia, come riportato nel Catholic Herald nel 2017, Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, fece personalmente pressioni sui «membri più autorevoli del governo» per non cambiare la legge, mentre la parlamentare Caroline Spelman si è rivolta all’esecutivo per conto dei commissari della chiesa anglicana. Il timore di anglicani e cattolici era che una modifica della legge sottoponesse le scuole domenicali e i gruppi di studio biblici a ingerenze sgradite. L’attività di lobbying si è rivelata efficace. Citando il Catholic Herald, «il governo ha abbandonato l’idea molto rapidamente e molto silenziosamente».
Da allora, però, l’esistenza di scuole non registrate ha continuato a ricevere l’attenzione dei media, anche grazie alle campagne di Nss e Humanists Uk. Gli ispettori dell’Ofsted hanno inoltre compiuto alcuni progressi nella chiusura delle scuole. Tuttavia, nonostante i segnali promettenti, il governo deve ancora inasprire la legge a sufficienza per chiuderle completamente e, secondo i dati dell’Ofsted, sono stati solo cinque i procedimenti giudiziari coronati da successo. Il ddI ha diffuso nel 2020 un vademecum sulla corretta condotta delle strutture extrascolastiche, comprese yeshiva e madrase, ma essendo volontario e senza valore legale è, in altre parole, praticamente inutile.
Nel frattempo, un numero sconosciuto di bambini potrebbe ancora star ricevendo istruzione esclusivamente in scuole religiose non registrate e subire potenzialmente una serie di danni, dall’indottrinamento ideologico all’ignoranza delle conoscenze di base della vita, dai rischi per la sicurezza fino all’abuso fisico.
Nell’ottobre dello scorso anno, per esempio, Arshad e Nadia Ali, padre e figlia, sono stati condannati per la seconda volta per aver gestito una scuola islamica non registrata nel sud di Londra. Come è stato reso noto, l’Ofsted ha identificato una serie di violazioni presso l’Ambassadors High School, inclusa la mancanza di un’adeguata verifica degli adulti in contatto con i bambini e dispositivi antincendio insufficienti. Gli ispettori avevano precedentemente scoperto che «il preside non aveva un piano o una strategia per promuovere i valori britannici fondamentali o incoraggiare il rispetto per le altre persone». È difficile immaginare come gli studenti che frequentano tali istituti saranno capaci di relazionarsi con persone di diversa estrazione con cui potrebbero dover lavorare e vivere.
Un altro esempio sono le scuole non registrate che operano nelle comunità charedi, in particolare nei distretti londinesi di Hackney e Haringey. Queste comunità tendono a mantenersi molto isolate dalla più ampia società per preservare le loro pratiche religiose fondamentaliste. Tuttavia, il loro funzionamento interno è stato portato alla luce dall’organizzazione ebraica Nahamu, il cui sito web descrive i suoi membri come «profondamente coinvolti nella comunità religiosa» benché «preoccupati per i crescenti livelli di discorsi estremisti e oscurantismo» che circolano all’interno del mondo ebraico.
Come spiega Eve Sacks, membro del consiglio di Nahamu, le scuole charedi sono «quasi esclusivamente per ragazzi con più di 13 anni». Non forniscono istruzione secolare. «Imparano principalmente il Talmud, e potrebbero anche imparare la Torah», dice. I ragazzi parlano in yiddish, una lingua vernacolare, e imparano a leggere l’ebraico biblico e l’aramaico. L’obiettivo non è scrivere saggi: «letteralmente, quello che stanno facendo è soltanto leggere il testo» e ricevere lezioni dai rabbini su come interpretarlo, dice Sacks. Potrebbero farlo fino a dodici ore al giorno, cinque giorni e mezzo a settimana. Ironicamente le ragazze – cui è vietato imparare la Torah – finiscono per ricevere un’istruzione migliore, benché limitata e segregata, in scuole religiose indipendenti ma registrate.
Una conseguenza di questo sistema è che i ragazzi crescono riuscendo a malapena a parlare inglese. Sacks è stata avvicinata da ventenni charedi che vorrebbero andare all’università, ma non sono nemmeno in grado di compilare il modulo di domanda. «E penso: mio Dio, lì ti sei proprio sbagliato». La mancanza di istruzione su argomenti secolari in qualsiasi lingua implica che le loro scelte professionali saranno molto limitate.
Abusi su bambini nelle scuole religiose
Un altro problema è la tutela. Nel 2019 Amanda Spielman, ispettore capo dell’Ofsted, è venuta a conoscenza di un opuscolo intitolato Incoraggiamento agli insegnanti e guida per i genitori. L’opuscolo era scritto in ebraico e pubblicato con l’approvazione di «eminenti figure rabbiniche» della comunità charedi, alcune delle quali erano probabilmente docenti in scuole non registrate. Nelle sue testimonianze in un’indagine governativa sulla protezione dei bambini, Spielman ha riferito che gran parte dell’opuscolo sembrava «un manifesto per le punizioni corporali». Il suo autore vi afferma che la «forza» dovrebbe essere usata sugli studenti «per abbattere la potenza dell’inclinazione al male – per incutere loro paura – per renderli sottomessi, perché la sottomissione è la base su cui cancellare la propria opinione e ricevere la fede». In una scuola religiosa non registrata, gli ispettori hanno scoperto che l’isolamento e il mantenimento forzato della posizione eretta per lunghi periodi erano stati usati come sanzioni pure nei confronti di «bambini piccoli».
Anche quando sono state informate dei guai nelle scuole non registrate, tuttavia, le autorità pubbliche si sono spesso mostrate riluttanti a intervenire, anche a causa del timore di essere accusate di razzismo. Ma questo atteggiamento, sostiene Sacks, è fuorviante. È poco meglio che dire che «tutti hanno diritto a ricevere un diploma tranne gli ebrei charedi». Ciò che è veramente «antisemita» è privare questi bambini dell’opportunità di ricevere un’istruzione di base.
Nonostante questi problemi, Sacks ha l’impressione che «una percentuale ragionevolmente ampia della comunità» sia soddisfatta del loro sistema non ufficiale, che mira a trasformare i ragazzi in «studiosi» e le ragazze in «buone mogli e madri». Se, tuttavia, i genitori desiderano mandare i propri figli in una scuola normale, rischiano di rimanere isolati. «Sei escluso dalla tua sinagoga, nessuno dei tuoi conoscenti ti parla e tutti spettegolano su di te quando sei per strada». Per i pochi che scelgono di lasciare del tutto la comunità, entrare nella più ampia società britannica è molto difficile. «È come essere un immigrato anche nel paese in cui sei cresciuto».
Non ci sono risposte semplici ai numerosi problemi posti dalle scuole religiose, anche quelle registrate. Una soluzione parziale sostenuta dall’Nss e da altri vorrebbe cancellare il diritto di selezionare gli studenti in base alla fede. Ciò garantirebbe che stanno quantomeno servendo il loro territorio. Allo stesso tempo, pur continuando a consentire scuole indipendenti religiosamente selettive, si potrebbero comunque assegnare all’Ofsted reali poteri di regolamentarle e di chiedere di seguire un curriculum secolare di base, fornendo così almeno una certa protezione all’autonomia degli studenti.
Può anche darsi che, come sostengono la cdI e altri fautori delle scuole religiose, frequentare una scuola del genere, oltre a soddisfare i genitori religiosi, non danneggi inevitabilmente un bambino o gli impedisca di fare amicizia con bambini di famiglie con altre convinzioni. Potrebbero anche esserci valide ragioni per cui alcune scuole religiose, come quelle più consolidate, riescono a fornire un’istruzione di qualità superiore rispetto alle scuole non religiose. Tuttavia, questi argomenti devono essere confrontati ai vantaggi di integrare i bambini nella più ampia società britannica e di esporli a nuove idee nel periodo più influenzabile della loro vita. Resta aperta anche la questione se sia opportuno che le organizzazioni religiose esercitino così tanto potere dietro le quinte attraverso la loro influenza sul sistema scolastico.
In definitiva, è difficile vedere come l’intricato problema delle scuole religiose potrà mai essere sbrogliato finché i politici e le autorità pubbliche continueranno a mostrarsi acquiescenti alla religione e a evitare di esaminare i gruppi minoritari. Nel bilanciamento dei diritti dei genitori e dei figli, che ogni stato è chiamato a compiere, il rispetto per gli interessi religiosi favorisce quasi inevitabilmente i genitori (le cui idee sono mature) rispetto ai figli, che devono ancora scoprire come funziona il mondo. «I bambini sono bambini», dice Terri Haynes, consigliere e insegnante di Peterborough. «Avere genitori cattolici non li rende cattolici». Eppure è proprio così che vengono trattati dalle scuole religiose, con o senza il consenso dei genitori.
Una svolta potrebbe arrivare con una costituzione nazionale scritta fondata su principi laici di universale applicazione. Questo è qualcosa che la Gran Bretagna, a differenza della Francia o degli Stati Uniti, non ha mai avuto. Purtroppo, questa prospettiva sembra sempre più distante in una terra di tale cigolante antichità. A lungo termine, però, è difficile vedere come la più netta separazione del sistema educativo dagli interessi religiosi non possa giovare a coloro ai quali dovrebbe in prima battuta servire: gli studenti.
Emma Park
Per gentile concessione del New Humanist – articolo originariamente pubblicato nel numero di primavera del 2022.
Traduzione a cura di Raffaele Carcano
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Tutto sommato gli inglesi non stanno molto meglio di noi italiani.
Anche quella tassa sugli immobili somiglia molto ai nostri ‘oneri di urbanizzazione’.
Tutti i popoli sono come fanciulli: qui vanno in delirio se gli indicano la luna, là si beano
alle sfilate con la papessa a cavallo. Mah…
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Buone ferie a tutti!
Da quello che mi sembra di capire la situazione dell’istruzione nel Regno Unito è disastrosa, andiamo ben al di là delle pur deplorabili intromissioni clericali nell’istruzione pubblica in Italia.
Del resto è il comunitarismo tipico della cultura anglosassone a produrre questa situazione. Quando al posto dei diritti dell’uomo e del cittadino si pongono i (presunti) diritti delle comunità, si può stare certi che viene spianata la strada all’oscurantismo, all’intolleranza e alla prepotenza. Se poi a pagare sono i bambini e gli adolescenti la cosa risulta particolarmente ributtante.