Non solo clericalate. Seppur spesso impercettibilmente, qualcosa si muove. Con cadenza mensile vogliamo darvi anche qualche notizia positiva: che mostri come, impegnandosi concretamente, sia possibile cambiare in meglio questo Paese.
La buona novella laica del mese di luglio è l’approvazione, da parte della terza commissione del Consiglio regionale della Puglia, di una proposta di legge firmata da Fabiano Amati (Pd) per garantire l’accesso al suicidio assistito tramite l’assistenza sanitaria. Il testo è passato, ma con i voti contrari di Fratelli d’Italia e due consiglieri del Partito democratico, senza contare la protesta della conferenza episcopale pugliese. Mentre il Parlamento ancora non è riuscito ad approvare una legge dignitosa e laica sul fine vita, un altro fronte che si apre è quindi quello delle realtà locali che cercano di sopperire all’inazione delle istituzioni nazionali.
Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per proporre l’inserimento del diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali e per contestare la regressione dei diritti civili negli Usa con la recente sentenza della Corte suprema sull’interruzione di gravidanza. È passata con 324 sì, 115 no e 38 astenuti. Tra gli italiani, si sono espressi a sfavore gli europarlamentari di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, contestati dal capodelegazione Pd Brando Benifei: «vogliono come modello per l’Europa la Polonia e l’Ungheria?». La vicepresidente dell’Europarlamento Pina Picierno si è detta «orgogliosa» di aver presieduto la sessione plenaria durante questo voto. Per Valeria Valente (Pd) la risoluzione è un «segnale imprescindibile»: «non possiamo accettare ritorni al passato sui diritti delle donne». Anche Monica Cirinnà avverte: «occorre vigilare e resistere» contro i «venti di regressione sui diritti» che rischiano di soffiare sull’Europa.
Se in Europa la politica si muove, la situazione in Italia è ancora problematica. Intanto all’ospedale di Cosenza, dopo le dimissioni dell’ultimo medico disponibile ad effettuare aborti, sono rimasti solo medici obiettori. Il consigliere comunale Pd Francesco Graziadio in commissione Salute si è interessato alla questione, chiedendo di garantire il diritto all’autodeterminazione delle donne.
Non mancano gesti in controtendenza di sindaci che si muovono a sostegno delle rivendicazioni delle persone lgbt. Il sindaco di Milano Beppe Sala ha partecipato al Pride della città e dal palco ha annunciato la riattivazione della procedura per il riconoscimento anagrafico dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali. Il Comune aveva già iniziato a registrare questi minori come figli di entrambi i partner, ma di fronte all’immobilismo della politica il primo cittadino si è deciso: «ho aspettato che lo facesse ma non si sono mossi e dovevo fare la mia parte». Intanto in un paese come la Slovenia la Corte Costituzionale ha legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso e le adozioni per le coppie gay, dando al Parlamento sei mesi di tempo per legiferare e sanare così le discriminazioni.
Dal canto suo il neosindaco di Verona Damiano Tommasi, cattolico praticante ed esponente della coalizione di centrosinistra, ha partecipato al Pride e si è impegnato a revocare le mozioni anti-gay risalenti al 1995, incontrando gli strali delle destre e degli integralisti cattolici. Proprio il ballottaggio delle amministrative veronesi aveva visto anche l’ingerenza dell’ormai vescovo emerito Giuseppe Zenti, che ricordava i “doveri” del votante cristiano cattolico e il cui appello veniva strumentalizzato dall’uscente sindaco Federico Sboarina.
A Reggio Emilia, dopo il Pride, si è tenuta una vergognosa processione di “riparazione”. La sfilata cattolica ha indignato diversi esponenti politici. Tra questi, Gianmarco Capogna di Possibile che ha parlato di «offesa alla nostra dignità di esseri umani, di cittadine e cittadini»: «chiediamo Laicità, pretendiamo Diritti». Inoltre Roberta Mori, consigliere regionale Pd, ha twittato una foto in cui era al Pride con questo commento: «nel rispetto di tutt*… noi abbiamo scelto da che parte stare. Dalla parte delle persone tutte, nessuna esclusa».
Alcune amministrazioni locali, sempre per la latitanza della politica, si sono attivate per prevedere sanzioni contro le discriminazioni omofobe, come avrebbe previsto il ddl Zan affossato dal Parlamento. Il Comune di Madonna del Sasso (VB), con una delibera sostenuta dal sindaco Ezio Barbetta, ha introdotto una multa di 500 euro per chi fomenta odio verso le persone lgbt: una decisione presa dopo una serie di scritte omofobe e offensive comparse su alcuni muri della zona. Già nel 2014 il Comune aveva istituito un registro per il testamento biologico, in anticipo rispetto all’approvazione della legge nazionale. Sanzioni di questo tipo sono state introdotte in otto città italiane: oltre a Madonna del Sasso, anche a Cancellara (PZ), Ferla (SR), Castiglione Cosentino (CS), San Nicolò d’Arcidano (OR), Castelnuovo Cilento (SA), Oriolo (CS).
La redazione
Da notare che i deputati di sinistra nel parlamento europeo rappresentano circa 1/3 del totale, quindi per passare con larga maggioranza la mozione sull’aborto ha avuto bisogno di parecchi voti anche dagli altri, in primis dai popolari che rappresentano il primo partito e che hanno tra le loro file sia protestanti che cattolici. Ovviamente i popolari cattolici italiani di Forza Italia stanno dalla parte delle destre italiane e della chiesa cattolica, cioè contro, mentre altri cristiani o cattolici più evoluti sono più aperti. Curioso che partiti che per opportunismo criticano le ingerenze americane poi contestino ingerenze dell’Europa negli USA difendendo le restrizioni dei diritti americani. Partiti populisti, ma che, quando conviene, vogliono poi imporre decisioni dall’alto ignorando la maggioranza della volontà popolare. Basta vedere il referendum in Kansas dove i cittadini di uno stato conservatore hanno votato al 60 % per il mantenimento dell’aborto nel loro stato, contrariamente al volere dei loro governanti.