Laicità e diritti, una panoramica dei programmi elettorali

Se la diciassettesima legislatura ci ha consegnato testamento biologico, divorzio breve e unioni civili, il bilancio da una prospettiva laica della diciottesima, che sta volgendo al termine, è desolante. Trovare passi avanti è un’impresa, e si rischia di mentire a se stessi definendoli tali senza ulteriori precisazioni. Le dichiarazioni dei redditi 2020 hanno per la prima volta permesso ai contribuenti che scelgono “Stato” nell’Otto per mille d’indicare la specifica destinazione tra le cinque previste per legge. Piccola cosa e pure atto dovuto, visti i ripetuti rimproveri in merito da parte della Corte dei conti.

Sempre nel 2020 il Ministero della Salute ha aggiornato le linee guida sull’aborto farmacologico facendo cadere l’obbligo di ricovero e ammettendo l’uso della pillola Ru486 fino alla nona settimana. Ma anche in questo caso si è trattato di colmare un vergognoso divario rispetto agli altri paesi occidentali e allineare le procedure mediche alle indicazioni dell’Oms e a consolidate evidenze scientifiche. Senza contare che più che di volontà laica può essersi trattato di necessità per non affollare gli ospedali durante l’emergenza pandemica.

A parte questi due barlumi progressisti arrivati durante il governo Conte II, il Parlamento che a breve sarà sciolto verrà tristemente ricordato per le disfatte. Gli applausi dei senatori dopo l’affossamento di un semplice provvedimento contro le discriminazioni come il ddl Zan, l’ingerenza del Vaticano nei lavori del legislatore resa manifesta dalla nota con cui la Santa Sede rivendicava il privilegio concordatario d’intromettersi, l’incapacità di portare a termine la legge sulla morte volontaria medicalmente assistita, ossia quel minimo sindacale già messo nero su bianco dalla Corte costituzionale nel 2019.

A chiudere la legislatura, poi, il cosiddetto “governo del migliori”, che per il record di ministri già compiacenti relatori al Meeting di Rimini poteva essere definito “Governo Cielle”. Ma al peggio non c’è mai limite, e per chi ha cuore laicità dello Stato e diritti fondamentali la diciannovesima legislatura potrebbe segnare il passaggio dal livello desolante a quello catastrofe.

Andiamo infatti a dare un’occhiata ai programmi delle principali forze politiche. Una cosa che accomuna Fratelli d’Italia, Lega, Partito democratico, Alleanza Verdi e Sinistra e Unione Popolare è di non aver resistito a riportare una citazione papale. FdL lo fa al primo punto, “Sostegno alla natalità e alla famiglia”, giusto per capire subito di che famiglia e di che pressioni si tratta. La Lega lo fa più avanti, sempre sullo stesso argomento, e per farsi perdonare si ricorda di aggiungere il titolo di santo davanti al nome del pontefice. Anche il Pd cita il papa, per aiutarci a capire come uscire dal trauma della pandemia. Avs ritiene il pontefice fonte di suggestive parole sui conflitti bellici. Infine per UP il parere del papa conta nella gestione delle perdite della rete idrica, visto che ha scritto al riguardo “nella Laudato Sì [sic]”.

La differenza sostanziale è nel pontefice che i vari partiti vogliono avere al loro fianco: il centrodestra punta su Giovanni Paolo II, le altre forze su Francesco. Una sorta di tifoseria clericale quando invece sulle questioni elencate scienziati e ricercatori sono decisamente più competenti e autorevoli di un capo religioso. Non solo. Tutti i programmi elettorali dedicano spazio all’importanza della parità di genere e a rimuovere i fattori che determinano discriminazioni ai danni delle donne. Encomiabili intenzioni, ma se usi pontefici come testimonial stai di fatto promuovendo un’organizzazione basata sulla disparità di genere, dove il capo assoluto è rigorosamente di sesso maschile così come tutta la gerarchia.

Non deve sorprendere che le posizioni più clericali siano presenti nel programma del centrodestra. Al ritornello della difesa delle radici giudaico-cristiane (solo cristiane per la Lega) seguono affondi più pesanti da parte delle singole formazioni. L’ossessiva promozione della “cultura della Vita”, la lotta alla denatalità (su un pianeta che a breve vedrà la presenza di otto miliardi di esseri umani) e il sostegno alle organizzazioni anti scelta nei consultori non è sufficiente alla Lega, che prevede anche campagne in cui i giovani verranno informati che se non si mettono a far figli causeranno “il collasso del sistema di previdenza, welfare e l’innalzamento delle tasse”.

FdI assieme alla “valorizzazione del Giubileo 2025” ha in programma quella di “Roma Capitale della Cristianità”. Senza giudaismo, stavolta, ché l’abbinamento delle note radici stonerebbe alquanto nella città in cui i papi realizzarono il “serraglio degli ebrei”, dove li rinchiusero per secoli privandoli dei diritti fino a quando il 20 settembre 1870 il sanguinario Stato della Chiesa fu sconfitto, gli ebrei liberati ed equiparati a cittadini italiani e il ghetto voluto dai papi abolito. A tal proposito chissà quanti candidati alle elezioni si ricorderanno, cinque giorni prima del voto e almeno quel giorno, di celebrare la Roma Capitale della Laicità.

Purtroppo non sorprenderà nemmeno la tiepida risposta del Pd. Nel programma la parola “scuola” è ripetuta 17 volte, e mai una volta accompagnata da “pubblica”. “Laicità” non pervenuta. Come partner con cui collaborare nelle politiche di contrasto all’emarginazione sociale compare nell’elenco anche l’“associazionismo laico”, ma al primo posto vengono il “mondo cattolico e le diverse comunità religiose presenti nel nostro Paese”. C’è l’impegno ad approvare una legge sul fine vita, ma solo “in linea con le indicazioni della Corte Costituzionale”: in pratica si parte dal minimo già riconosciuto per via giudiziaria, quando la Lega si impegna a contrastare anche quanto stabilito dalla Consulta, visto che nel suo programma c’è il “NO alla legalizzazione della morte volontaria medicalmente assistita” tout court.

Debolissimo anche il sostegno del Pd all’accesso all’aborto: si deve assumerlo per intuito, visto che non è citato e l’applicazione della legge 194/1978 è prevista “in ogni sua parte” (e sono le stesse parole utilizzate da FdI). Risultano quindi innominabili laicità, scuola pubblica, aborto ed eutanasia. Ha trovato invece posto l’impegno per introdurre il matrimonio egualitario, ma sembra stato in forse fino all’ultimo, se alla vigilia della presentazione dei programmi la senatrice Cirinnà aveva promosso una petizione per inserirlo.

Va meglio nei programmi delle liste in coalizione con il Pd, a parte il nulla da segnalare da Impegno civico. Avs sostiene il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, la legge sul fine vita, l’educazione sessuale “laica e libera da condizionamenti di matrice religiosa”. All’interno di Avs spiccano i candidati di Possibile, unico partito a puntare alla laicità della scuola con l’abolizione dell’insegnamento della religione cattolica nel primo ciclo e la sua sostituzione con una materia non confessionale alle superiori e l’abbandono dell’esposizione del crocifisso in aula. Infine +Europa, che punta a una legge per l’eutanasia e il suicidio assistito, alla diffusione dell’aborto farmacologico, alla presenza di punti Ivg con personale non obiettore e, nell’allegato Manifesto arcobaleno, alla laicità dello Stato. +Europa è anche l’unico partito a porre la questione del contrasto alla criminalizzazione dell’apostasia nel mondo.

Resta da dare uno sguardo agli altri poli. Il Movimento 5 Stelle sostiene matrimonio egualitario, legge contro l’omotransfobia e l’educazione sessuale nelle scuole. Anche Azione-Iv propone una legge contro l’omotransfobia, ma dall’altra parte sostiene con vigore la “libertà di scelta educativa”, ossia ulteriori e massicci finanziamenti pubblici alle scuole private, un mercato controllato e che rimarrà controllato dalle scuole cattoliche. Note laiche da Unione Popolare, che ha in programma la legge sull’eutanasia, rendere i consultori spazi pienamente laici e contrastare l’obiezione di coscienza nel SSN.

Chi deve decidere come votare e ha a cuore laicità e diritti civili potrà trovare qualche stimolo dopo questa sicuramente non esaustiva carrellata sui programmi elettorali. Ma oltre ai programmi in politica conta ciò che si rivendica, contano le risposte pubbliche a fronte di questioni concrete e spesso non considerate in quei programmi. Anche se può risultare frustrante, farsi sentire conta.

A maggior ragione quando i candidati vengono a chiedere il tuo voto. Su queste basi si muove la campagna Uaar “Chiedi il mio voto?”: pretendere risposte in modo che sia possibile decidere a ragion veduta. L’Uaar ha scelto nove domande laiche e scritto alle segreterie dei vari partiti. Non tanto per ricevere le risposte da questo canale, ma per fare in modo che ciascuno possa sollecitare i candidati che pensa di votare chiedendo risposte chiare e pubbliche. Sui social, sempre più usati per fare campagna elettorale, oppure durante i tanti incontri dal vivo organizzati dalle forze politiche. Si tratta di questioni cruciali, concrete, spesso assenti dal dibattito pubblico. Eccole in sintesi:

  • Sale per i funerali civili su tutto il territorio nazionale
  • Riscossione ICI arretrata dalla Chiesa
  • DAT (biotestamento) nella Banca dati nazionale via SPID
  • Revisione 8×1000 e promozione della scelta Stato
  • Matrimonio egualitario
  • Superamento dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica
  • Legge sull’eutanasia
  • Garantire l’accesso all’aborto
  • Denuncia unilaterale del Concordato

Tutti i dettagli alla pagina: uaar.it/domandelaiche2022

Roberto Grendene

Articolo pubblicato su MicroMega il 15 settembre 2022.

 

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9 commenti

RobertoV

Oggi su Repubblica è stato riportato un articolo che fa ben vedere la situazione disastrata della laicità in Italia ed il futuro peggiorativo che si prospetta:
https://www.repubblica.it/politica/2022/09/16/news/meloni_incontro_cardinale_robert_sarah-365834494/?ref=RHTP-VS-I361880737-P13-S8-T1
La cosa sconcertante è che l’articolista che dovrebbe essere di sinistra riporta come cosa normale ed ovvia che chi va a governare in Italia debba passare come tappa obbligata attraverso l’approvazione del Vaticano, cioè attraverso l’ingerenza di uno stato estero. Singolare poi che una nazionalista che contesta le ingerenze straniere e dei “poteri forti” trovi normale l’ingerenza del Vaticano, cioè del “potere forte” per eccellenza.
Purtroppo abbiamo esponenti di sinistra cortigiani che corrono al meeting di CL ed usano il papa a supporto delle proprie tesi (l’altro giorno pure Santoro lo ha citato in una trasmissione) ed esponenti di destra nostalgici di una chiesa nazionalista, identitaria e da inquisizione che preferiscono i due papi precedenti semplicemente perchè con questo hanno problemi sull’immigrazione.
Aggiungo che Roma non è la capitale della cristianità, ma del solo cattolicesimo, anche se il cattolicesimo ha mire egemoniche universali ed i clericali continuano ad usare i due termini come sinonimi.

enrico

Le destre sono a lezione da Orban e si preparano a varare una serie di “porcherie” che obbligherà gli italiani innamorati della coppia S/M ad un brusco risveglio. Sono già in programma i cimeteri per i feti a livello nazionale, il fine vita “mai”, l’attacco frontale all’aborto con l’ascolto del cuoricino…personalmente spero non si fermino di fronte a niente e vadano così a schiantarsi il più velocemente possibile. Gli italiani sono imprevedibili, vedi leggi su divorzio e aborto, non fateli “incazzare” o il risveglio sarà brutale.

Diocleziano

Forse la soluzione potrebbe arrivare, in tempi meno turbolenti, semplicemente attraverso
dei referendum e non dipendere dalla volontà di qualche balordo che cerca solo visibilità
o il desiderio di compiacere un improbabile dio.

Mi fa orrore l’idea di vivere in un paese che parrebbe avviato a essere governato da una
che si vanta di aver imparato di più facendo la cameriera che non stando nel parlamento.
Un governo Salvini – nel ruolo del prosciutto – e Meloni nel ruolo di sé stessa: due divorziati
che vorrebbero rieducare gli italiani secondo i loro parametri. Fuori stagione.

G. B.

Ma i politici di destra non capiscono che le loro proposte per favorire l’incremento demografico, se effettivamente attuate, sarebbero un clamoroso autogol? La stragrande maggioranza dei e delle giovani italiani e italiane nutre aspirazioni decisamente più allettanti che passare gli anni migliori della propria vita tra pappe e pannolini sporchi (le donne anche fra fastidiose gravidanze). Vogliono laurearsi e magari anche specializzarsi, fare esperienze all’estero o, se non hanno tanta voglia di studiare, trovano comunque molto più attraenti lo sport, le moto e le discoteche, e certamente non rinunceranno ai loro progetti “per un pugno di euro”; quindi difficilmente avranno voglia di riprodursi prima dei 35 – 40 anni e comunque un figlio a coppia basta e avanza. Chi trarrebbe dunque vantaggio dagli incentivi economici alla procreazione? Sparute minoranze di cattolici tipo neocatecumenali o focolarini e poi minoranze decisamente meno sparute dei tanto aborriti (dalla destra) immigrati islamici, che, anche se meno prolifici dei loro correligionari africani o mediorientali, fanno certamente più figli degli italiani o degli immigrati più facilmente assimilabili, come ucraini o moldavi . E’ vero che la legge potrebbe limitare gli aiuti economici agli italiani “doc”, ma molti immigrati la cittadinanza ce l’hanno, o hanno i requisiti per ottenerla, e inoltre non è difficile immaginare un’estensione dei suddetti aiuti a tutti i residenti (almeno regolari) in virtù di qualche sentenza della magistratura.

RobertoV

Infatti, sono interventi ideologici che alla fine non risolvono il problema, mancette elettorali. Chi ha figli sa benissimo che i costi per i figli sono molto elevati e prolungati nel tempo, quindi se mi danno qualche migliaio di euro non spostano il problema della scelta, ma finiscono a chi comunque un figlio lo avrebbe fatto. Al massimo come fanno notare i demografi potrebbero anticipare un po’ la scelta, non cambiando il numero finale.
Inoltre si concentrano in tutto, come anche per l’aborto, solo sull’aspetto economico come se il fare figli fosse solo un problema di disponibilità economica. E’ vero che i demografi osservano che i molto ricchi tendono a fare più figli, ma dubito che con le mancette elettorali trasformino le famiglie in molto ricche. Oltre a concentrarsi prevalentemente sulla donna come se il fare figli fosse solo un problema di gravidanza. Altre nazioni più evolute si preoccupano di fornire lavoro con stipendi adeguati e condizioni lavorative favorevoli, flessibili, strutture di sostegno, cosa che invece i politici tradizionalisti non fanno. La famosa legge “migliore del mondo” di Orban prevede solo 5 giorni di permessi nel 1° mese per il padre, mentre allarga a 2 anni per la madre. Chissà quanto sono contente le donne di sapere che pensano che il fare e accudire i figli sia una cosa solo da donna e che premiano le donne che stanno a casa. Per di più sono riusciti a lamentarsi delle donne troppo istruite che sarebbero un ostacolo per fare figli (soprattutto “in regola”).
Anche per l’aborto si illudono credendo che meno aborti equivalgano a più figli, perchè le persone devono poi gestire quei nati “obbligati”, arrivati in momenti non adatti, condizionando le libere scelte future che avrebbero fatto. Inoltre sapere di avere pesanti ostacoli per abortire dovrebbe incentivare la prevenzione, la contraccezione.
Ed in più che senso ha più nati quando le risorse sono scarse, il lavoro manca sia in termini qualitativi che quantitativi? Con le politiche di Orban 600 mila ungheresi hanno lasciato l’Ungheria per studiare o cercare un lavoro all’estero.

Diocleziano

Su Avvenire di oggi, in prima pagina, la soluzione geniale:
“Culle vuote? Tasse a chi non vuole figli”

Benvenuti nello Stato pontificio.

iguanarosa

Le spese per i figli possono anche durare a vita. Se lavorano, molti giovani e non più giovani sono comunque parzialmente a carico dei genitori. I sussidi statali arrivano fino a 26 anni circa, campa cavallo.

RobertoV

E’ in sintonia con la tassa sul celibato del fascismo.
Comunque visto il costo dei figli e per quanto durano i costi nel tempo hai voglia ad incentivare le nascite con delle tasse, a meno che non le facciano talmente esose da ridurre le persone sul lastrico. E’ lo stesso discorso sugli incentivi: solo uno sprovveduto può pensare di fare più figli se gli danno qualche migliaio di euro. Mai idee moderne per incentivare le nascite, sempre e solo idee feudali e schiaviste.

G. B.

L’idea di tassare i matrimoni infecondi era già stata affacciata durante il fascismo, ma non se ne fece niente, ci si limitò a tassare i celibi, in misura relativamente blanda. In realtà l’operazione può essere compiuta in modo più subdolo, aumentando significativamente gli sgravi fiscali per i figli (e magari anche per il coniuge a carico, w la famiglia anni ’50!) e gli assegni familiari, o meglio ancora introducendo il quoziente familiare (tutti i redditi che entrano in casa vengono cumulati, poi si divide per il numero dei familiari): il tutto ovviamente sarebbe pagato indirettamente dai single e dalle coppie senza figli, che continuerebbero ad essere soggetti alle stesse aliquote, pur in presenza dell’inflazione e quindi si ritroverrebbero caricati di maggiori tasse.
Siccome però i single, le coppie senza figli o con un figlio solo (che non trarrebbero significativi vantaggi dalle politiche fiscali nataliste e forse sarebbero anch’essere danneggiate) sono la maggioranza della popolazione, programmi del genere, se attuati in modo drastico, risulterebbero impopolari e farebbero perdere troppi voti a chi li proponesse e li attuasse.
E in ogni caso l’errore di fondo è credere che la gente sia restia a fare più figli solo per motivi economici, quando sono i nostri stili di vita ad essere fondamentalmente incompatibili con la formazione di famiglie numerose. Ciò che i natalisti sognano è un controrivoluzione antropologica.

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