Nel 1999 l’Uaar ottenne un’importante vittoria giuridica con un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali con il quale per la prima volta la giurisprudenza italiana ha stabilito una procedura per l’ottenimento di un elementare diritto civile, quello di non essere più considerati “figli della chiesa”.
Per ottenere questo risultato si è dovuto comunque ricorrere a un’iniziativa giuridica da parte di un privato cittadino, socio dell’Uaar, che ha portato a un risultato che va considerato comunque non del tutto soddisfacente vista la necessità, da parte di chi intende uscire dalla chiesa cattolica, di inviare una raccomandata alla parrocchia, con tutte le difficoltà che ne possono derivare come la possibile mancata conoscenza della diocesi in cui si è stati battezzati, possibile resistenza da parte dei parroci con necessità di dover ricorrere al Garante per ottenere risposta, rallentamenti, fraintendimenti, ecc.
Ma come funziona in altri paesi? È complicato e farraginoso anche altrove l’iter per staccarsi dalla religione di appartenenza? Prendiamo l’esempio della Finlandia, in cui ancora vige quella “religione di Stato” che in Italia è stata formalmente abolita col Concordato del 1984.
In Finlandia c’è un sistema anagrafico dei cittadini che si basa su due registri separati: quello della chiesa (luterana o ortodossa) e quello civile; i cittadini sono iscritti a uno o all’altro registro in base alla loro decisione di appartenenza. Tale divisione è funzionale anche al sistema di finanziamento delle chiese, in quanto i cittadini pagano una “tassa ecclesiastica” (Kirkollisvero) alla loro chiesa che va dall’1% al 2% sul reddito a seconda dei comuni di appartenenza.
Una persona che guadagna 30.000 euro l’anno se vive a Helsinki pagherà 231,15 euro di “tassa di religione”. Chi non è iscritto al registro ecclesiastico, ma a quello civile, non paga invece questa tassa. Un meccanismo ben diverso da quello italiano in cui tutti i cittadini sono obbligati a contribuire con il famigerato 8×1000 con il perverso meccanismo della ripartizione delle quote non espresse ben spiegato nel sito occhiopermille.
L’appartenenza o meno a una chiesa quindi dipende semplicemente dalla registrazione anagrafica che si trova nel sito nazionale di “Informazione personale” (Henkilötiedot). Ma il passaggio da un registro all’altro è complicato? Servono raccomandate e tempi di attesa? C’è il rischio di trovare difficoltà come quelle che trova un italiano che decide di non voler più fare parte della chiesa cattolica? Certamente no.
Esiste infatti un sito dedicato, eroakirkosta.fi, che rimanda proprio al sito istituzionale citato poco sopra, “il servizio dell’Agenzia per l’informazione digitale e sulla popolazione” e con pochi semplici click, come si può vedere nella figura allegata, si può passare da un registro all’altro in pochi istanti.
Al termine della veloce procedura il procedimento è concluso. Facile no? Talmente facile che ci sono casi in cui una persona iscritta al registro civile a cui un amico chieda per esempio di fare da padrino al battesimo, può reiscriversi al registro ecclesiastico e poi ritornare successivamente e facilmente al registro civile. Secondo le statistiche questo “spostamento temporaneo” sembra sia usato soprattutto per coppie che desiderano sposarsi in chiesa.
Questo esempio preso da un paese che pure ancora prevede la presenza di una religione di Stato, ma che alleggerisce la burocrazia e agevola le scelte dei cittadini, mostra come basti la volontà politica per semplificare le procedure rendendo più facile la vita alle persone. Ma evidentemente le pressioni del clericalismo, che ben difficilmente diminuiranno nel prossimo futuro, pesano più del benessere dei cittadini e della laicità dello Stato.
Massimo Albertin