Certo, fenomeni di pedofilia e abusi non sono esclusivi dell’ambito ecclesiastico: si possono verificare in tutti i luoghi, come scuole, polisportive, gruppi scout. C’è tuttavia una caratteristica specifica degli abusi clericali, ovvero il consolidato sistema di protezione dei preti che abusano. Il vescovo, come un padre con i figli, si occupa di loro, dà loro da mangiare, li finanzia, proteggendoli dalla giustizia. Ai membri della Chiesa cattolica sono concessi privilegi, coperture e immunità frutto di insabbiamenti e menzogne.
Uaar le ha chiamate clausole “salva preti” e “acqua santa in bocca”, presenti non soltanto nel Concordato tra lo Stato italiano e la chiesa, ma anche in altre norme via via approvate. Come la salvaguardia per gli ecclesiastici inserita nel 2010 nel Ddl sulle intercettazioni secondo cui, se risulta indagato un sacerdote o un frate, deve esserne preventivamente informato il vescovo. Se l’indagato è invece un vescovo, l’informativa deve essere inoltrata direttamente in Vaticano, al segretario di Stato.
Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati, o ad altra autorità, informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza «per ragione del loro ministero». E quindi non soltanto durante il sacramento della confessione. Nelle inchieste sulla pedofilia tutto questo rappresenta un grosso problema.
Lo Stato tuttavia, anziché pretendere un percorso che tuteli le vittime portandole a denunciare, ha di fatto accettato gli sportelli d’ascolto diocesani nei quali gli abusi restano impuniti. E mentre in altri Paesi si sono scritte inchieste, libri, e si sono girati film, la stampa italiana non è mai stata propensa a sviscerare l’argomento.
Caso pressoché isolato, il lavoro approfondito di Federica Tourn, giornalista professionista freelance di Torino, che da aprile di quest’anno si è occupata sul quotidiano Domani dell’inchiesta, sostenuta dai lettori, dal titolo “La violenza nella chiesa italiana”. Finora sono stati pubblicati 17 articoli, l’ultimo dei quali del 14 novembre scorso è stato pubblicato in prima pagina.
Federica, in Italia sono 325 i preti denunciati per pedofilia negli ultimi 15 anni, 161 dei quali condannati in via definitiva. È solo la punta dell’iceberg? Soprattutto se si considerano i dati degli altri Paesi: in Francia 216 mila minori vittime di tremila preti dal 1950.
Sì, certo è solo la punta dell’iceberg. D’altra parte non sappiamo niente dei numeri della giustizia ecclesiastica. Non si tratta di mele marce come li ha considerati sempre la stampa, è in realtà un fenomeno sistemico. A me interessa raccontare il sistema che c’è dietro i singoli pedofili. Soltanto nella Chiesa trovi infatti un metodo rodato di protezione, qualcuno che si occupa di loro, che gli dà da mangiare, che li finanzia.
In altri Paesi come Francia, Spagna e Portogallo si sono formate commissioni di inchiesta indipendenti. Perché da noi no?
Anche nella lettera apostolica in forma di motu proprio Vos estis lux mundi di papa Francesco che è un passo avanti rispetto al passato – sempre nell’ottica della legge canonica – si invita a denunciare ai propri superiori. Il vescovo che sa, deve rendere conto. Non si dice mai che questo deve avvenire in collaborazione con le autorità civili, ma il punto fondamentale è che loro non hanno obbligo di denuncia. Quindi formalmente i vescovi si rifanno alle linee guida della Cei, come nel caso dell’ultimo prelato di cui mi sono occupata, che ha raccontato tutto alla Congregazione per la dottrina della fede.
Il problema è proprio questo: la Cei non vuole fare chiarezza e non coinvolge in alcun modo le vittime, mancando di trasparenza. In tutte le storie trovi sempre un vescovo che avendo saputo, o ha ignorato il fatto, o ha spostato il responsabile in un’altra parrocchia. D’altra parte, gli episodi di abuso emergono quando la vittima fa denuncia in sede civile. Prima di affrontare il trauma passano anche 20-30 anni, ma i reati sono ormai prescritti. Tutto si basa quindi su questa omertà generale, sia della Chiesa, sia della società.
Dopo la pubblicazione dei tuoi articoli, il 16 ottobre scorso sei riuscita a ottenere anche una replica ufficiale dalla Cei. La tua inchiesta sta smuovendo qualcosa?
Lo spero. L’inchiesta arriva in un momento molto critico in generale: prima ci sono stati in Francia i dati della Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église (Ciase) nell’ottobre 2021, a gennaio 2022 è emersa la responsabilità di Joseph Ratzinger nella diocesi di Monaco. Il papa emerito dovrà rendere conto di aver coperto un prete pedofilo. Anche grazie alle inchieste svolte in molti Paesi, come la Germania o la Spagna, la chiesa italiana si è sentita sotto pressione ed è un buon risultato. Adesso c’è questo coordinamento di Italy Church Too che con fatica mette insieme diverse realtà anche cattoliche, movimenti interni alla Chiesa, comunità di base, associazioni che sostengono le vittime. Come è successo in Francia, le vittime hanno cominciato a chiedere giustizia. L’idea è quella di dare la parola alle vittime e di martellare sul tema, cercando di far capire che non è un caso ogni tanto, ma è la prassi.
E questo è duro da smontare. La Chiesa italiana ha una paura matta di perdere, vedi cosa sta succedendo in Francia, dove stanno letteralmente andando in pezzi. Non è un caso secondo me che in Italia non sia stato incriminato o portato in giudizio nessun vescovo. Sempre preti, quando ci sono. Perché non è ancora venuto fuori.
Perché nel mondo sono scoppiati scandali che hanno riempito le pagine dei giornali, che sono diventati anche oggetto di libri e film (vedi Il caso Spotlight di Tom McCarthy del 2015), mentre in Italia la tua è di fatto un’inchiesta pionieristica?
Diciamo che è una novità da noi che un quotidiano nazionale si occupi in modo sistematico e con una cadenza regolare di abusi. Questo mi sembra non sia successo prima. Non voglio dire che siamo stati i primi a farlo e non mi interessa. La cosa positiva è che, più parliamo di queste vicende, più mi contattano persone che mi raccontano delle storie. Segno che stiamo andando nella direzione giusta. Le vittime che hanno il coraggio di denunciare danno la forza ad altri.
Ti hanno accusato di attaccare la Chiesa cattolica perché sei protestante. Che cosa replichi?
Stiamo parlando di un problema di violazione dei diritti umani. Io non ho nessuna acrimonia nei confronti della Chiesa cattolica. Ho affrontato il tema di un “ente” che viola i diritti umani. Certo, mi di spiace che ci siano persone che ci rimangono male. Ho anche amici preti, o cattolici molto osservanti che ne hanno sofferto, ma il problema non sei tu che racconti.
Il cardinale Matteo Maria Zuppi, nominato nel maggio scorso alla guida della Conferenza dei vescovi, ha promesso un’indagine limitata soltanto agli ultimi 20 anni, lasciando di fatto gli archivi chiusi. Il prossimo 18 novembre, in occasione della Giornata nazionale di preghiera della chiesa italiana per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, sta per arrivare il primo report ufficiale della Chiesa sulle attività di prevenzione e formazione e sui casi di abuso che negli ultimi due anni sono stati segnalati alla rete dei servizi diocesani. Che cosa ti aspetti che ci sia dentro?
Posso dire che non mi aspetto niente da questo report. Già sarà interessante capire se forniranno dati significativi. Io penso che sarà una cosa molto generica per fare intendere che stanno lavorando al tema, ma non sarà una vera operazione trasparenza. Poi spero di essere smentita. Quest’operazione della Cei di far passare un’indagine interna come una cosa di grande apertura, è difficile che poi porti a dei risultati concreti. Anche perché l’analisi dei dati è stata fatta da un’università cattolica. Che cosa c’è di indipendente? Un imputato che giudica se stesso.
Infatti nel nostro Paese non c’è mai stata un’indagine indipendente come per esempio il rapporto Ciase in Francia. Perché?
È una risposta che dovrebbe dare la Cei e dall’altra parte lo Stato Italiano che non ha mai avviato un’inchiesta parlamentare sugli abusi della Chiesa. La risposta più semplice è il fatto che abbiamo il Vaticano in casa e i legami tra Chiesa e politica (e anche con la stampa) sono roba vecchia, accreditata. Direi che è un dato di fatto: l’Italia si sta comportando in maniera diversa dagli altri Paesi.
Parliamo di quello che tu definisci il senso di impunità radicato nei preti abusanti. Puoi spiegare meglio?
Qualcuno è stato condannato e qualcuno è sotto processo, ma da quello che emerge dai libri che sono stati scritti è molto diffusa la prassi di una vita relazionale sessuale particolare, con molti accenti di devianza. C’è un grosso tasso di abusi anche in seminario, per non parlare dei conventi delle religiose, ambiente di cui non si sa niente.
Molto spesso queste persone l’hanno fatta franca perché si arriva all’abuso sessuale dopo un lungo iter di abusi spirituali, psicologici, emotivi. Il predatore va a cercare le vittime più fragili e in difficoltà e le circuisce. Gli abusati pensano di poter contare sulla protezione dei vescovi, ma costoro proteggono i preti. Me l’ha detto una suora africana del Togo, Mary Lembo, psicologa e counselor, che ha scritto anche una tesi di laurea sugli abusi sulle religiose.
L’ho intervistata un paio di anni fa e ha dichiarato che non direbbe mai, a una suora che ha subito abusi, di andare a parlare al vescovo, perché il vescovo proteggerà sempre i suoi preti come un padre protegge i figli. Le vittime, anche nelle parole dei preti arrivano sempre dopo: in una telefonata intercettata un prete, vicario generale, ha definito la vittima un «bastardo».
La prima cosa è proteggere il sistema, la Chiesa, la diocesi. Non trovi il prete che si autodenuncia (almeno io non l’ho trovato), deve rimanere tutto in famiglia, tutto segreto, nessuno deve dire niente, ma lì dentro molti sanno. Quelli che non sanno sono i fedeli, quelli che mandano i bambini in parrocchia. Alcuni preti hanno continuato per anni, anche con sentenze di abuso, a essere nella Chiesa. E i vescovi hanno continuato a spostare i preti. Ma c’è una sensibilità diversa oggi.
Papa Francesco ha detto: «tolleranza zero» sugli abusi e «un prete non può continuare a essere prete se è un molestatore». Indicazioni già presenti nelle Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili divulgate dalla Cei nel 2019. Ma i fatti dicono altro. Quanto vale dunque la parola di questo papa eletto quasi 10 anni fa?
Questa è una vexata quaestio. Sembra che non valga molto, se guardiamo i fatti. Poniamo il caso che il papa sia davvero preoccupato della questione degli abusi. Ha detto che una persona che ha abusato non può più essere sacerdote. Ma noi abbiamo casi di sacerdoti che hanno scontato la pena, e tuttavia sono ancora sacerdoti. Apparentemente quindi le sue parole non contano molto. Non sappiamo se sia sincero o se le autorità ecclesiastiche non giochino invece la stessa partita.
C’è anche chi dice che da decenni la Chiesa è spaccata in due tra una parte che vorrebbe una vera riforma (parte di cui Bergoglio è un rappresentante) e i conservatori che ne impediscono la realizzazione. Su questo non so che cosa dire, per adesso non mi sembra che le sue parole influiscano abbastanza. È anche vero che il papa non ha innovato molto nei confronti delle discriminazioni, nei confronti delle donne, dei laici, delle persone gay.
Nei sinodi non ha dato spazio a grandi cambiamenti. Ha chiuso sul celibato ai preti. Ha una grande capacità comunicativa, ma in quasi 10 anni di pontificato ha fatto poco. Se non riesca o se non voglia, non ti so dire.
L’assistenza da parte dei vescovi ai preti che abusano fatta con i soldi dell’8 per mille. Davvero è accaduto anche questo?
Il giornale ci ha fatto il titolo, è stata una scelta editoriale. Io penso che tra tutte le cose che son venute fuori sia una delle cose meno pesanti. Il fatto di occultare abusi, di mentire davanti al procuratore, di fare maneggi. Forse non è chiaro che il clero usa l’8 per mille per le necessità dei suoi preti.
E se i suoi preti sono coinvolti in processi, il vescovo userà i soldi dell’8 per mille per questo. Grave che nella diocesi di Piazza Armerina abbiano usato i soldi dell’8 per mille per coprire un debito. Di fatto le diocesi usano i soldi dell’8 per mille come vogliono.
A un certo punto della tua inchiesta hai chiesto pubblicamente di poter ricevere testimonianze da parte di suore che avessero subito abusi. Com’è andata, hai avuto riscontri?
I processi a carico di rappresentanti del clero per abusi sulle religiose si contano sulle dita di una mano e nessuno è finito con una condanna. C’è stato il caso di un francescano, ridotto allo stato laicale, che in appello è stato assolto. Dopo questi casi le suore non hanno più voluto parlare. Ho avuto veramente difficoltà a trovare suore che parlassero.
Ho trovato una ex suora che mi ha raccontato cose terribili di abusi vari, l’unica che ha accettato di raccontare, ma nell’anonimato. E poi un’altra suora tedesca il cui abuso è avvenuto in Italia. Ma sono due. Di fatto molte suore in Italia sono in una condizione di schiavitù: non vengono pagate, spesso non possono avere contatti con la famiglia, non trovano in genere sostegno nella madre superiora che invece è collusa con la parte clericale. Molte vengono da paesi poveri e non hanno sostentamento.
Considera l’estrema solitudine in cui vivono queste persone vulnerabili e bisognose di affetto. Sono scoraggiate anche le relazioni amicali, sono delle prede perfette per qualsiasi predatore. E poi i preti che ne abusano sono visti come uomini di Dio: il tipo di manipolazione psicologica e spirituale è anche questo. Si aspettano che la Chiesa prenda posizione. Cosa che non avviene mai, le loro denunce non arriveranno da nessuna parte.
Intervista di Daniele Passanante
La giornalista, con un articolo del 17 novembre 2022 su Domani dal titolo “Pedofilia e Chiesa, la Cei ha escluso dall’indagine diocesi con preti sotto processo”, ha evidenziato proprio le lacune e le omissioni del primo report pubblicato dalla Conferenza episcopale italiana sui casi di abusi.
Approfondimenti
- Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella chiesa francese.
- La Conferenza episcopale spagnola incarica uno studio legale di stilare un inchiesta indipendente sugli abusi sessuali.
- Il dolore del Papa per il Rapporto sugli abusi nella Chiesa di Francia.
- Film: Il caso spotlight, 2015, narra l’indagine del quotidiano The Boston Globe sull’arcivescovo Bernard Francis Law, accusato di aver coperto molti casi di pedofilia avvenuti in diverse parrocchie.
- Per finanziare l’inchiesta dei lettori “La violenza nella chiesa italiana” del quotidiano Domani.
La lotta alla pedofilia ecclesiastica in Italia è una vera farsa: la chiesa cattolica grazie ai privilegi di cui gode e la connivenza di politici e media (e la passività dei suoi fedeli) può permettersi di gettare fumo negli occhi agli italiani, spacciando per lotta alla pedofilia operazioni di minimizzazione del danno e propaganda.
Il Report sulla pedofilia ecclesiastica italiana appena presentato è una presa in giro, come si poteva capire dalle premesse con la “via italiana” differente dalle altre nazioni, in cui si limita l’indagine a presunte indagini solo interne (come far fare alla Russia le indagini sui suoi crimini di guerra), limitate a pochi anni ed escludendo quelle dei tribunali civili, in cui non si prevedono indennizzi per le vittime con l’argomento pretestuoso che qualcuno potrebbe approfittarne (come dire che non si indennizzano le donne stuprate perché qualcuna potrebbe approfittarne), anche se dal John Jay Report si vede che solo lo 0.5 % della accuse è risultato falso o dubbio e ci si preoccupa soprattutto del recupero dei preti pedofili, continuando a credere che un po’ di terapia spirituale li possa rendere riutilizzabili: inoltre si trascurano le connivenze e coperture (guarda caso nessun vescovo risulterebbe coinvolto) e l’analisi dei fattori di rischio e di ritardo nell’emersione del fenomeno. Ad avallare la scarsa importanza a cui da la chiesa all’argomento ed alle vittime nonostante i proclami, il cardinale Zuppi manco era presente alla presentazione del documento.
Su critica liberale erano stati pubblicati recentemente due articoli da parte delle vittime di abuso su ciò che la chiesa avrebbe dovuto fare e che si è guardata bene dal fare, perché è più importante salvaguardare la casta e la sua immagine:
https://criticaliberale.it/2022/05/23/lettera-alla-conferenza-episcopale-italiana-contro-gli-abusi-nella-chiesa-cattolica/
https://criticaliberale.it/2022/09/09/fate-tornare-i-preti-pedofili-ai-pargoli/
Quel “fate tornate i preti pedofili ai pargoli”, mi fa venire in mente quello che ho sempre sostenuto: “Lasciate che i bambini vengano a me”, e’ l’unico precetto del personaggio-fiction GC che la chiesa ha mai recepito e messo in pratica.
Comunque, per onesta’ intellettuale e dovere di cronaca, devo dire che i cattolici e i politici italiani non sono i soli ad insabbiare. In Australia le varie denominazioni cristiane godono degli stessi privilegi della chiesa in Italia. Peter Hollingworth, per esempio, eletto arcivescovo anglicano di Brisbane, presenzio’ durante il suo apostolato all’insabbiamento di alcuni casi di pedofilia e alla protezione dei colpevoli. La sua giustificazione, quando lo scandalo scoppio’, fu quella di dire che , essendo stato appena nominato all’epoca dei fatti, non aveva avuto sufficiente maturita’ per gestire la situazione (allora aveva 54 anni) e che comunque non aveva ritenuto che ci fossero stati abusi sessuali in quei casi. Nel 2001 fu nominato Governatore Generale d’Australia. E’ vero che lo scandalo scoppio’ dopo la nomina, ma mi pare impossibile che in certi circoli non si sapesse niente delle sue manovre per proteggere insegnanti e pastori pedofili. Hollingworth divenne un imbarazzo per il PM Howard (anglicano) e il suo governo. Ci vollero, pero’, 2 anni e altre accuse di abusi sessuali (questa volta contro di lui) , per indurlo a dimettersi da GG. Non fu mai indagato e conservo’ tutti i suoi privilegi di vicere’, incluso l’auto blu e l’autista personale, uno stipendio da $ 150.000 l’anno esentasse ( circa E. 100.000 di allora) e la “superannuation” (pensione assicurativa) di oltre $ 500.000 ed in crescita.
Giorni fa è uscita una notizia inverosimile su questo argomento, che cito a memoria. Secondo un indagine del clero, nel periodo 2020-21 sarebbero state “69” le vittime dei preti pedofili.
Con tutte le restrizioni della pandemia, saranno state 69 in ogni diocesi o sue porzioni.
Forse pensavano al giochetto sessuale chiamato “69”!
A me 69 sembra una cifra del tutto plausibile. 69 al giorno.
In realtà le vittime sono 89, mentre 68 sono gli abusatori, ma sono solo i dati raccolti nei centri di ascolto riguardanti 158 diocesi su 226 durante due anni di pandemia. Quindi sono dati chiaramente parziali e completamente gestiti internamente dalla chiesa cattolica, diversamente dagli altri paesi come Francia, Germania e Austria o Irlanda dove hanno fatto delle commissioni “indipendenti” (anche se in genere finanziate e scelte sempre dalla chiesa cattolica come nel caso del John Jay Report). A questi vanno aggiunti 613 fascicoli inviati alla Santa sede dalle varie diocesi tra il 2001 ed il 2020 non considerati nel report, ma che saranno oggetto di analisi successive (nel 2010 dicevano che tali fascicoli erano solo 100).
Quindi se se ne parla e si fanno pressioni vedrai quelle cifre aumentare notevolmente, nonostante disincentivino le denunce offrendo ben poco sostegno alle vittime e sono più preoccupati di recuperare gli abusatori con “fallimentari” terapie psicologiche e spirituali.
E soprattutto ribadendo che non hanno l’obbligo di denunciare i casi alla magistratura: cioè siamo all’assurdo che vengono regolarmente trattati ed osannati come ufficiali pubblici, ma nel caso della pedofilia non hanno obblighi. E non ne sentono neanche il dovere morale.
Non dimentichiamo che per secoli la pedofilia dei suoi membri era per la Chiesa non solo un vizietto trascurabile,ma un comodo strumento per due scopi .
Il primo mantenere la disciplina : chi ha simili code di paglia e sa che i superiori ne sono al corrente ( dato che loro stessi si sono premurati di farglielo sapere )si guardera bene dall'”alzare la cresta”.
Il secondo facilitare il proselitismo : un adolescente vittima della pedofilia cadra’
in uno stato di sudditanza psicologica che facilitera l’instllargli la “vocazione” al
sacerdozio.
Missione nella quale,divenuto adulto,potra egli stesso continuare la stessa opera di
proselitismo (AKA adescamento)dato che avra buone probabilita di divenire pedofilo lui stesso.
Meccanismo perfetto e ,e ‘ il caso di dirlo,veramente “diabolico”.
Ora,a differenza dei secoli passati,questo meccnismo comincia a dare fortunatamente qualche serio problema che riduce i vantaggi.