Sempre più persone sulla Terra, sempre meno spazio. Il 15 Novembre scorso, l’ONU ci ha fatto sapere che il numero di Homo sapiens sul pianeta Terra ha raggiunto gli 8 miliardi. Alla notizia è seguito il giubilo dei natalisti, ostinatamente convinti che “più siamo, meglio è”, come in un festino qualsiasi. Ma in un’epoca contraddistinta dalla peggiore emergenza climatica ed ambientale mai registrata, c’è davvero ben poco da festeggiare.
Quello della sovrappopolazione è infatti un tema evidenziato dai più autorevoli scienziati del pianeta. Ad ogni figlio in più messo al mondo corrisponde un impatto ambientale di 58.6 tonnellate di CO2 equivalenti per anno (60 volte maggiore di quello legato al consumo di carne). Figuriamoci poi quanto possa essere dannosa la riproduzione di massa invocata dalle religioni, tuttora ampiamente diffusa nei paesi più poveri.
In concomitanza con il raggiungimento della stima di 8 miliardi di individui del pianeta, si aggiunge, emblematicamente, il fallimento della XXVII Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, Cop27 per gli amici. La conferenza per il clima aveva l’obiettivo – fallito – di fissare un piano di azione per contenere l’aumento della temperatura a 1,5°C rispetto ai dati pre-industriali.
Riassunto delle puntate precedenti: a partire dalla rivoluzione industriale la civiltà ha cominciato a immettere nell’atmosfera quantità sempre maggiori di CO2, sostanza che causa il cosiddetto “effetto serra”. La CO2 prodotta supera quella che può assorbire il pianeta, di conseguenza l’aumento della temperatura media nel prossimo futuro è inevitabile.
Dato per assodato che ormai il danno è fatto, l’unica cosa su cui si può (e deve) agire è il suo contenimento, ovvero cercare di limitare l’aumento a 1,5°C. Inciso: chi in questo momento sta pensando “ma sì, 1,5°C o 3°C cosa vuoi che cambi” farebbe bene a consultare i dati forniti dall’UNFCCC.
Numerosi istituti di ricerca hanno simulato quante tonnellate di CO2 dovremmo smettere di produrre per contenere l’aumento a 1,5°C, (qui un esempio) e tutti sono concordi che con i ritmi attuali di emissione di CO2 l’aumento sarà piuttosto di 4-5°C. Vi farà piacere sapere che gli addetti ai lavori già nel 2017 erano ampiamente scettici riguardo il raggiungimento del risultato del grado e mezzo in più.
Cinque anni più tardi non si può che dare loro ragione: le emissioni di CO2 non calano e in 18 anni dovremmo diminuire le emissioni di circa 30 GtCO2 eq/yr (stima del 2016). Al momento l’incremento annuale delle emissioni invece continua.
La Cop27 ha come suo solito proposto molte belle intenzioni e pochi risultati concreti, i grandi inquinatori continuano a non avere vincoli di emissione e le compagnie petrolifere possono andare avanti con il loro greenwashing mentre i ricavi volano alle stelle grazie alle sanzioni imposte alla Russia. Anche l’entusiasmo ormai nullo intorno all’evento mostra la disillusione per gli incontri annuali della Cop.
Ricapitolando: siamo sempre di più, il picco della popolazione mondiale dovrebbe essere raggiunto nel 2100, e stiamo continuando a ballare mentre vediamo l’iceberg sbatterci addosso. Visto e considerato quanto detto sopra, forse ci sarà un po’ più di comprensione per gli attivisti che lanciano qualche decilitro di salsa di pomodoro contro i vetri in un museo per fare notare che stiamo causando il nostro stesso sterminio di massa.
Come spesso accade, però, la verità scientifica urta contro il muro dell’ideologia. E così, mentre gli scienziati parlano di sovraffollamento, entrambi gli schieramenti politici si foderano le orecchie col prosciutto (magari di soia, per essere carbon neutral). La sinistra woke considera la sovrappopolazione un mito razzista ed eugenetico diffuso (ovviamente) dagli uomini bianchi occidentali.
Idea che è stata espressa – tra un lancio di vernice e l’altro – da alcuni dei movimenti ambientalisti più radicali. Secondo Fridays For Future, ad esempio, non solo la sovrappopolazione non è un problema, ma la Terra avrebbe addirittura le risorse per sfamare 10 miliardi di persone. Una posizione che già due anni fa risultava discutibile, ma che oggi appare del tutto fuori dal mondo: nel frattempo, la situazione alimentare globale è senz’altro peggiorata.
La pandemia prima e l’invasione russa dell’Ucraina poi hanno reso ancor più precaria la situazione alimentare, riducendo gli già scarsi approvvigionamenti alimentari dei paesi del Terzo Mondo. È difficile pensare che un continuo incremento della popolazione nei paesi più poveri non finirà per complicare ulteriormente le cose: il rischio è che alle culle piene finiscano per corrispondere altrettante pance vuote.
D’altro canto, la sovrappopolazione non turba affatto neppure il mondo religioso e conservatore. Anzi. Lo spettro comunista non si aggira più per l’Europa, ma neanche il tempo di rifiatare che ne è subito arrivato un altro, quello dell’“emergenza culle vuote”. Non è chiaro, in realtà, cosa si intenda con questa espressione: le culle in genere si comprano quando si riceve la notizia di un’avviata gravidanza.
Parlare di “emergenza culle vuote” fa pensare che gli europei, nell’attesa febbricitante di diventare genitori, passino il tempo ad acquistare compulsivamente prodotti per l’infanzia, quali le culle e i passeggini (e presumibilmente i pannolini), che però rimangono inutilizzati.
Eppure, per come viene proposta, l’immagine delle sfilate di passeggini vuoti è senz’altro sinistra e inquietante. E nel periodo natalizio stride con quella gaia e festosa della stalla di Betlemme, che, come da tradizione, brulica di buoi, asinelli e bimbi prodigio. È infatti proprio nella stagione dei presepi che arriva il boom degli allarmi per la “denatalità”. Tre anni fa, in questo periodo, il quotidiano Avvenire parlava ad esempio di “emergenza demografica”, della quale sarebbe responsabile il capitalismo (come se ai magnati del capitale non facesse comodo avere qualche miliardo di futuri clienti in più).
Ancora più successo riscuote l’immagine dell’“inverno demografico”, che da due o tre giorni, col primo freddo, è tornata di tendenza nei motori di ricerca. Già con l’arrivo dell’autunno, però, Bergoglio si era subito fiondato sul tema, specificando come in Italia ci sia bisogno di “fare più figli”. L’onere, ça va sans dire, spetta agli italiani: tra le prerogative dei prelati non vi è certo quella di dedicarsi a sfornare prole.
Il tema dell’inverno demografico crea nella politica italiana, per così dire, una situazione di “laicità paradossa”. Nell’attuale compagine di governo non vi sono certo fan sfegatati della separazione tra Stato e Chiesa. Eppure, le contingenze creano una separazione – o meglio, una divisione – sul tema degli immigrati: Bergoglio ne vuole molti, concependoli come un mezzo per sopperire al temibile inverno demografico.
A destra invece prevale il timore che con l’arrivo di grandi numeri di immigrati vadano via porzioni sempre maggiori dell’identità nazionale. Il Vaticano supporta quindi almeno in buona parte la linea dei “porti aperti”, la destra invece quella dei “porti chiusi”.
Ma se sulla necessità di aprire i porti per accogliere i migranti vi è divisione, sulla policy delle “gambe aperte” (ovviamente solo a fini procreativi) nessuno solleva dubbi, né in Vaticano, né a destra. Sembra addirittura dominare la convinzione che le unioni religiose siano più prolifiche di quelle civili e delle libere unioni: è di questi giorni la notizia di una proposta di legge targata Lega che prevede un bonus di 20 mila euro per le coppie che decidono di sposarsi in Chiesa, che si è poi promesso di estendere in un secondo momento – così pare – anche ai matrimoni civili.
Tralasciando quanto sia ridicola ed inapplicabile una proposta del genere (già ci si immagina le migliaia di matrimoni fasulli combinati solo per intascarsi il bonus), è evidente che quello della sovrappopolazione è un tema che solleva reazioni ferocemente negazioniste. Vuoi in nome di un approccio dogmatico e terzomondista, che vede tutti i maschi bianchi occidentali caucasici (più altri eventuali aggettivi) come i responsabili di ogni male, vuoi in nome di un identitarismo religioso che sponsorizza la riproduzione di massa come ragione di vita, discutere in modo laico sul tema è diventato quasi impossibile.
Il rischio è quello di trovarsi intrappolati come criceti in un loop nel quale, per evitare la temibile sciagura di un calo del PIL o di un invecchiamento della popolazione, ci si ritrova costretti ad inseguire un paradigma (irrealizzabile) di crescita demografica perpetua. Una valida soluzione potrebbe essere quella di incentivare le adozioni (in particolare quelle internazionali), se non fosse che alla sola idea di ampliare la platea degli idonei la maggior parte dei conservatori inorridisce e parla di “guerra alla famiglia”.
Evitiamo fraintendimenti: che la politica si occupi dei cambiamenti nella società è doveroso, ci sono sfide che vanno affrontate. In primis come far convivere l’aumento dell’aspettativa di vita con una pensione dignitosa e un debito pubblico tra i più alti al mondo; come controllare in maniera razionale la spinta diffusiva dall’Africa causata dal gradiente demografico e dalla riduzione delle risorse naturali sul continente nero.
Sfide sul lungo periodo che però non portano voti e visibilità, mentre la solita politica dell’apparenza e dei nomi a effetto – Ministero del sud, Ministero per la natalità – mira solo a conservare il sostegno elettorale occupandosi del contingente.
I dati, in ogni modo, parlano chiaro: manca lo spazio, mancano le risorse e – soprattutto – manca la capacità di resistere ad una pressione sempre maggiore della curva demografica. I natalisti incalliti se ne facciano una ragione, e se proprio hanno timore dell’inverno demografico… si coprano per bene.
Manuel Bianco e Simone Morganti
E’ demenziale dire che la colpa della bassa natalità sia del capitalismo. Nei 2 secoli e mezzo della rivoluzione industriale ci siamo addirittura decuplicati e la natalità ha incominciato a scendere solo negli ultimi decenni.
La bassa natalità è un prodotto del benessere, dell’istruzione e dell’evoluzione dei diritti delle donne. Tutti i paesi sviluppati e civili (tranne Israele che include anche palestinesi e tanti fondamentalisti religiosi) hanno un numero di figli per donna inferiore a due. Tanto è vero che in Ungheria si sono lamentati della “eccessiva istruzione” delle donne, vista come ostacolo al fare figli. In altri casi i tradizionalisti si sono lamentati delle donne che lavorano, mentre dovrebbe stare a casa ad accudire i figli.
Anche in Africa in un’indagine di alcuni anni fa, nonostante l’arretrato ambiente culturale, le donne interpellate risposero che vorrebbero fare la metà dei figli se potessero scegliere. Inoltre nei paesi sviluppati un figlio costa molto di più in termini economici e di impegno dei genitori.
Nei paesi sviluppati ci sono solo delle piccole differenze nella natalità funzione di differenze culturali ed organizzative della società. Cioè anche politiche spinte nataliste di incentivazione ottengono modesti risultati. Se poi si pensa come in Italia che un po’ di incentivi economici possano risolvere il problema si dimostra di fare solo un po’ di demagogia e analisi superficiali del problema.
Demenziale pensare di rilanciare l’economia facendo più figli: l’Irlanda ha avuto un boom economico proprio mentre diminuiva fortemente i tassi di fecondità a livelli del resto d’Europa. Anche durante il boom economico italiano i tassi di fecondità rimasero costanti, con un lieve aumento verso la fine, prima di crollare, ma con milioni di persone che emigravano all’estero o verso le zone ricche del paese in cerca di lavoro. Come è possibile pensare di fare più figli se non c’è lavoro, per di più decente e ben remunerato? Ed in Italia la nostra impronta ecologica è già pari a tre, cioè il triplo per essere in equilibrio.
Certo anche una bassa natalità può essere un problema perché il paese invecchia e mancano le forze innovative. Ma al punto in cui siamo non è il male peggiore da affrontare: se riusciamo ad avere un pesante impatto sull’ambiente e la qualità della vita con solo una minoranza appartenente ai paesi sviluppati, quali sarebbero gli effetti se tutti gli 8 miliardi attuali raggiungessero gli standard europei? Basterebbe pensare che i consumi energetici aumenterebbero di 2.5 volte con incrementi confrontabili anche delle emissioni di CO2.
E la sovrappopolazione aumenta la deforestazione, diminuisce la sicurezza, la qualità della vita ed aumenta i rischi di pandemie e rende vani i miglioramenti tecnologici.
ma le religioni senza poveri disgraziati privati di presente e futuro, senza ragionevoli speranze di miglioramento , costrette a nutrirsi delle favole di improbabili meravigliose vite future, cosa dovrebbero inventarsi per sopravvivere….non inaugarano le loro filiali nei paesi più evoluti ma là dove regna ignoranza e miseria.
Più siamo e più c’è spazio per la loro fraudolenta mercanzia.
Un elementare buon senso richiederebbe di fare tutto il possibile per ridurre la natalità nei paesi poveri, che sono poi quelli nei quali si fanno più figli, dal momento che, da qualunque punto di vista si valuti la questione, la sovrappopolazione è la maggiore minaccia per il futuro dell’umanità, sia per i paesi poveri che per quelli ricchi. Questi ultimi hanno anzi non solo il dovere, ma anche l’interesse ad aiutare i paesi più arretrati a ridurre la crescita demografica, tramite massicci programmi di educazione alla contraccezione. Ovviamente però i paesi ricchi non possono chiedere ai paesi poveri di fare meno figli e, nello stesso tempo, attivare al proprio interno politiche nataliste: sarebbe contraddittorio e verrebbe inevitabilmente interpretato come una forma di razzismo.
” tramite massicci programmi di educazione alla contraccezione.”
Chi dovrebbe farli? E a chi? I seguaci delle religioni abramitiche sono contrari alla contraccezione sia per gli altri sia per loro. Gli Induisti e similari (sono circa un miliardo) ancora non hanno deciso di iniziare la contraccezione, e d’altra parte essi credono alla metempsicosi, anche se muoiono, poi rinascono. I seguaci delle religioni abramitiche di cui sopra o credono nella venuta del Messia o in quella di Gesù, dopo di che il problema non c’è più.
Non ti preoccupare,caro G.B.,la “politica natalista” la faranno gli immigrati che grazie
alla nostra “generosita” (aka stupidita)provvederanno a mettere in atto la strategia formulata a suo tempo da Burghiba ( o Boumedienne ?Poco importa) : “La nostra arma migliore e’ la pancai delle nostre donne!”
Una politica colonialista insomma,che e’ tutto fuorche’ incruenta,dato che,sempre a mezza bocca,i nostri media ammettono che la meta dei reati,anche violenti,e’
commesso da “immigrati”.
Del resto anche la Germania sembra propensa a facilitare la concessione della cittadinanza locale,probabilmente sotto la spinta dei Verdi,che ,dovendo rinunciare ad uno dei loro cavalli di battaglia,l’antinuclearismo,sotto la spinta della grave crisi energetica,hanno dovuto trovare qualche nuova forma di demagogia.
Corrige : “Pancia delle donne”
Giuste osservazioni le tue, temo però siano destinate allo scontro frontale con un “certo tipo di buonismo” imperante in una larga fascia di popolazione (leggi “elettorato”) che pretende che i torti siano sempre e soltanto dell’ occidente brutto e cattivo sempre pronto a combattere questi “portatori di un novello modello di civiltà”.
In realtà questa è sempre stata la posizione dei verdi tedeschi, la differenza è che adesso sono al governo per la prima volta e, quindi, nella condizione di gestire il problema migratorio. Inoltre si trovano ad affrontare un problema consolidato, non più in emergenza come nel 2015, anche se adesso si trovano a gestire anche 1 milione di rifugiati ucraini. Riguardo al nucleare è real politik, una cosa le posizioni storiche, un’altra affrontare i problemi attuali della nazione quando si è al governo.
La Germania è sempre stata un paese di forte immigrazione perchè ricca ed in grado di creare lavoro, come l’Austria, diversamente dall’Italia che neanche durante il boom economico riusciva a creare lavoro per tutti. Sono anni che l’industria tedesca richiede nuove forze lavoro.
La Germania investe decine di miliardi per l’integrazione, tanto è vero che quando si verificano i rimpatri si pone il problema dell’investimento finito in perdita. E’ vero che la disoccupazione è maggiore di alcuni punti percentuali tra chi ha un background di immigrazione e chi non ce l’ha, mentre tra i rifugiati la disoccupazione è attorno al 30 %.
In Germania ormai 1 tedesco su 4 ha un background di immigrazione e i bambini sono circa al 40 % con un background di immigrazione, quindi mi sembra normale che uno stato si debba porre il problema, non come l’Italia che preferisce non gestire il problema o favorire l’illegalità per poi lamentarsi dei risultati.
Anche gli immigrati quando vengono da noi tendono poi ad uniformarsi coi tassi di natalità.
@AIX
“Giuste osservazioni le tue, temo però siano destinate allo scontro frontale con un “certo tipo di buonismo” imperante in una larga fascia di popolazione …”
Ci credi davvero ?
Non ti e’ mai venuto il dubbio che in buona parte dei casi si tratta semplicemente di un comportamento da “popolo bue” che subisce passivamente i dogmi del “politicamente corretto”imperante ?
E che un giorno,quando il bubbone divenisse insopportabile,seguirebbe
nuovamente come in passato l'”Uomo forte” adeguato alla situazione ?
O perlomeno lo accetterebbe passivamente ,ma in fondo approvandolo ?
Che nuove “leggi speciali” di “pulizia etnica” non troverebbero piu’ opposizione di quanto ne trovassero quelle degli anni ’30 ?
Tanto per dire pane al pane : i neri non li trovo simpatici,e sapete perche’?
Perche io li vedo immancabilmente come esseri umani,e come tali non ispirano simpatia se brutti.
E il concetto di bruttezza e’ indissolubilmente legato all’etnia e alla cultura,
non si cambia in nessun modo.
Certo,come gia detto,quando qualcuno da’ prova di qualita tali da ispirare simpatia,la bruttezza in fondo amplifica la simpatia stessa,ma questo fenomeno ovviamente sara’ impossibile nel caso una massa (crescente)di individui che resteranno perfetti sconosciuti.
Non ho dubbi che un sacco di gente invece ( e questo e’ fondamentale) li trovi simpatici perche’ li vede
invece come “animali esotici”,che finiscono per essere simpatici proprio perche’ brutti.
Anch’io,per esempio, fin da bambino ho sempre trovato simpaticissimi i rospi,le iguane e i rettili,ma quelli SONO animali !
E,dettaglio fondamentale,gli animali finiscono con lo stancare e perdere simpatia,specialmente quando diventano sempre piu’ invadenti.
Cosa che,grazie all’immigrazione incontrollata, non fa presagire niente di buono per il futuro,gli esempi non mancano certo all’estero.
Che discorso “politicamente scorretto”,vero ?
Ma provate a rifletterci un po’ “privatamente “, e tenendo conto delle leggi fondamentali della natura umana,e di quanto pretendere di violarle equivale a pretendere di farlo con le leggi fisiche, come la gravita.
Pretendere che il razzismo dipenda SOLO dalla cultura fa il paio col pretendere che lo stesso valga per la sessualita,come pretenderebbe la
famigerata (ma realmente esistente)”teoria gender”.
@Laverdure
“Giuste osservazioni le tue, temo però siano destinate allo scontro frontale con un “certo tipo di buonismo” imperante in una larga fascia di popolazione …”.
“Non ti e’ mai venuto il dubbio che in buona parte dei casi si tratta semplicemente di un comportamento da “popolo bue” che subisce passivamente i dogmi del “politicamente corretto ”imperante ?”
Esattamente …
Hai nuovamente centrato il problema.
Purtroppo …
Unica differenza :
a me del colore della pelle, colore degli occhi, increspatura dei capelli, schiacciamento del naso e/o del posto di dove si é originari “nunmenepòfregàdemeno”.
Il distinguo, casomai, lo faccio in base alla tipologia della crapa (capa, testa, cervello, cranio, … che dir si voglia).
Per esemplificare dare un’ occhiata alla trasmissione :
https://www.raiplay.it/video/2022/11/La-comunita-islamica-e-Saman—Cartabianca—29112022-d3fbd706-1428-42ae-a948-bf19198fb0f7.html
E adesso che il solito #$&% super-buonista di turno venga a belare che le religioni (tutte, nessuna esclusa) parlino di pace e venga a raccontare la solita favoletta che l’ Islam (ma anche i cristianesimi del buon tempo andato) non dice questo o altre supercazzole di questo genere.
Se dai frutti si riconosce l’ albero …
@ALX
“…..a me del colore della pelle, colore degli occhi, increspatura dei capelli, schiacciamento del naso e/o del posto di dove si é originari “nunmenepòfregàdemeno”. ”
Caro ALX,come ho detto in passato,la diffidenza per il “diverso” e’ un istinto
atavico,che si puo’ si reprimere,ma non cancellare.
E che immancabilmente si fara sentire in situazioni particolari.
Voi davvero farmi credere che se qualcuno fa lo str…. con te,la differenza di sesso,di colore della pelle,di nazionalita,di etnia ecc fra te e lui ( o lei) non fara davvero nessuna differenza su quello che provi ?
Notare bene,su “quello che provi”,indifferentemente dal tuo comportamento esteriore ?
Mi permetto di non crederci,come non ci credo beninteso riguardo a chiunque altro su questo pianeta,nessuno escluso,compreso Bergoglio,Mattarella e (addirittura !)Sgarbi.
@AIX
E,gia che ci siamo,che mi dici della differenza di odore?
E qui sono esclusi sia gli istinti che i pregiudizi,e’ un fatto esclusivamente chimico biologico(ormoni,enzimi et similia).
L’odore della traspirazione varia per ogni individuo,cosa che permette ad un
cane( che non riconosce certo le facce)di riconoscere infallibilmente il padrone.
E non c’e niente di strano che a etnie diverse si associno differenze piu’ marcate che tra due individui della stessa etnia,che rendono la traspirazione piu’ percettibile ( e sgradevole, ovviamente) da una etnia riguardo all’altra.
Non ho dati certi,ma credo che il fenomeno sia identico nei due sensi.
Questa tirata per chiederti :anche l’odore ti lascia indifferente ?
Specialmente nelle situazioni “particolari” che ho citato ?
O vale almeno come quanto dici per la “crapa” ?
In alcune zone italiane la densità abitativa è talmente alta che si edifica anche dove è molto pericoloso. Ci sono i casi clamorosi di case costruite vicino ai vulcani, come quelle vicino a fiumi che sono soliti esondare. La Campania ha tra le densità di popolazione più alte d’Europa, per fare un esmpio, e tutto le serve meno che nuove nascite o famiglie numerose. Oltre al Vesuvio e al rischio idrogeologico c’è un supervulcano ancora attivo sotto i Campi Flegrei, ma nessuno se ne preoccupa.
C’è da rimanere perplessi, se non schifati, quando si parla di sottonatalità, con le prospettive lavorative che il paese può offrire ai giovani italiani.
Hai centrato un problema importante regolarmente ignorato dai natalisti che sostengono che le risorse ci sarebbero per alimentare anche 10 o più miliardi di persone. L’affermazione è probabilmente vera, ma non ci si chiede a quale prezzo, con quale qualità della vita e con quali rischi.
Una elevata popolazione richiede l’utilizzo di un’elevata quantità di territorio e di occupare anche zone che sarebbe meglio evitare. Infatti la superficie emersa non è tutta abitabile e non lo è nello stesso modo. L’elevato aumento di popolazione porta ad occupare zone che potendo scegliere sarebbero state evitate perché pericolose come le zone ad alto rischio sismico, vulcaniche, franabili, vicino ai fiumi o al mare in zone di tsunami, ecc. E’ da ipocriti poi parlare di fatalità e di emergenze, quando ci si va a mettere in situazioni di rischio che al di la di colpe gestionali sono dovute anche all’elevata densità della popolazione. Hai citato la Campania che è una regione sovrappopolata ed in più territorialmente ad alto rischio.
Un esempio chiaro può essere visto nello tsunami del 2011 in Giappone: la città vecchia si trovava a quasi 10 km dal mare su una collina. Lo tsunami non avrebbe quindi causato vittime. Invece l’aumento della popolazione ha portato ad occupare tutta la pianura antistante arrivando fino al mare. Ed in questo caso lo tsunami ha fatto una strage.
E non è neanche pensabile una redistribuzione della popolazione in zone a bassa densità abitativa: a parte la fattibilità di spostare “in modo democratico” milioni di persone in altre zone, bisognerebbe chiedersi perché quelle zone hanno una bassa densità abitativa, cioè ci sono delle ragioni “climatiche” e di qualità della vita che hanno determinato queste situazioni storiche che non si possono ignorare (basterebbe pensare alla Lapponia o la Siberia). Oltre al fatto che vivere in condizioni estreme è molto più energivoro ed impattante sull’ambiente.
@Iguanarosa
“Oltre al Vesuvio e al rischio idrogeologico c’è un supervulcano ancora attivo sotto i Campi Flegrei, ma nessuno se ne preoccupa.”
I “supervulcani” hanno intervalli di attivita dell’ordine dei 100.000 anni.
E da quanti si legge su ad es Le Scienze,possono provocare impatti climatici planetari paragonabili a quelli provocati dal meteorite “dinosaur killer”.
Chissa che quello dei campi Flegrei ( o uno degli altri le cui caldere si trovano in diverse parti del mondo)prima o poi non risolva il problema della sovrappopolazione ?
In modo duraturo .
Per combattere il sovrappopolamento è necessario aumentare la natalità. Così aumenteranno le probabilità che nasca colui che risolverà il problema.
@Maurizio
E dici che assomigliera di piu’ a Hitler,Mao o Stalin ?
A Dio. In tema di stragi è imbattibile.
@ Mixtec
Si sa che le religioni sono sempre state contro il progresso civile, e questa è la ragione principale per cui le persone civili non devono farsi condizionare dalle religioni. Certo che andarlo a spiegare ai politici, non solo nostrani, risulta spesso difficile…
Mi sembra che due temi molto diversi vengano trattati nello stesso modo. Il primo è la natalità globale e la conseguente sovrappolazione (contraccezione, istruzione femminile, …). Il secondo è la natalità nelle nazioni ricche (costo della vita, conciliazione famiglia e carriera, …).
@ Ruggero
Hai ragione. Però, come avevo cercato di far notare, le nazioni ricche non possono attivare una politica natalista al proprio interno e nello stesso tempo dire alle nazioni povere di fare meno figli, senza inevitabilmente passare per razziste.
Il problema è estremamente complesso ed è collegato a quello dell’immigrazione (difficilmente evitabile in paesi con bassa natalità) soprattutto quando proveniente da paesi che non riconoscono principi quali la parità di genere, l’autodeterminazione, la piena libertà d’espressione, la separazione tra legge civile e religione (principi peraltro non condivisi nemmeno da tutti gli occidentali, ricorda il famoso pugno di Bergoglio a chi gli offende la mamma). Di questo dovrebbero preoccuparsi principalmente i laici e i progressisti molto più che la destra clericale. Insomma ucraini/e e moldavi/e possono essere i benvenuti, e magari anche qualche donna o qualche gay o qualche intellettuale controcorrente in fuga dai loro paesi. In altri casi i danni dell’immigrazione sono sotto gli occhi di tutti.
E’ un po’ come per il problema climatico: è difficile coinvolgere i non occidentali perché ci rinfacciano di esserci comportati diversamente nel passato. In effetti anche proprio grazie ad elevati tassi di natalità gli europei erano arrivati a rappresentare quasi il 25 % della popolazione mondiale nel 1900, emigrando in massa in tutto il mondo. L’Italia al 1980 prima della sostanziale stagnazione aveva raddoppiato la popolazione in circa 100 anni nonostante milioni di italiani emigrati. Quindi il problema della bassa natalità in occidente è un problema recente, ma è accompagnato da un’elevata densità della popolazione con i problemi connessi di danneggiamento del territorio. Cioè anche se la natalità è bassa attualmente in occidente, molte zone sono eccessivamente popolate e sfruttate, basterebbe pensare alla Lombardia e alla Campania. L’Italia ha un’impronta ecologica pari a 3, cioè tre volte il valore di equilibrio ed inoltre non riesce a creare lavoro ne in quantità che qualità ed offre scarse prospettive.
L’immigrazione non è un fenomeno solo verso paesi a bassa natalità, ma ricchi, perché in realtà ha varie ragioni (guerre, instabilità politiche, persecuzioni, siccità, cambiamenti climatici ed ovviamente ragioni economiche) ed avviene in massa anche tra gli stessi paesi africani, cioè è un fenomeno globale: basterebbe guardare i resoconti dell’Onu. L’immigrazione è un problema complesso e che coinvolge tante realtà simile a quello climatico: cioè è indipendente da ciò che vogliamo e difficilmente risolvibile, soprattutto a livello locale e costoso, che possiamo pensare solo a gestire. I danni li possiamo limitare se gestiamo bene le cose, il che implica inevitabilmente anche fare investimenti a livello globale per evitare problemi maggiori in futuro. Quando i romeni e gli albanesi vennero in Italia non furono per niente i benvenuti: ancora una decina di anni fa la lega scatenò una durissima campagna terminata con un morto contro i romeni che sono la comunità più numerosa, mentre gli albanesi nonostante siano in maggioranza mussulmani e abbiano tassi di criminalità più elevati di diversi popoli africani sono ormai sostanzialmente accettati anche dai leghisti. In genere gli immigrati vengono sempre da paesi che non accettano i nostri stessi diritti, basterebbe pensare ai russi e polacchi. Ma gli stessi italiani quando emigravano verso i paesi del nord non accettavano i loro stessi diritti, si sono dovuti adattare.
Il problema e’ complesso si’, e per affrontarlo(notare ,dico affrontarlo,pretendere di risolverlo e’ pura utopia)bisogna innanzitutto conoscerlo,sgombrando viale idiozie
“politicamente corrette”.
Come la pretesa che le “ong” pratichino salvataggi,anziche un vero e proprio servizio di traghetto con le coste africane,al soldo di agguerrite organizzazioni di
“contrabbando umano” profumatamente pagato.
L’altro giorno i media hanno annunciato il “salvataggio” di oltre un migliaio di individui in una giornata,manco avessero soccorso il Titanic e l’Andrea Doria insieme !
Potrebbero cominciare con il sequestrare le navi ong per simulazione di naufragio.
Si può chiamare naufragio chi si mette in mare in 100 su un gommone di plastica leggera?
Non è un naufragio, è un suicidio.
Cari frequentatori di questo circolo, permettetemi di presentarvi un passo da “La galassia mente” di Rita Levi Montalcini (pag.150 o nei pressi):
“Nel repertorio infinitamente vario e complesso delle attività dell’uomo, alcune si distinguono per il loro carattere universale e per la loro scarsa flessibilità o possibilità di essere modificate da capacità raziocinanti e cognitive. L’attaccamento alla terra che ci ha visto nascere, il senso nostalgico che ci richiama a quella, le cerimonie liturgiche e rituali, comuni a tutte le religioni e mitologie, la cieca obbedienza a un capo prescelto, denunziano un retaggio di esigenze indelebilmente fissate nel nostro patrimonio genetico.
Sotto il mantello corticale che andava ampliandosi e gli apriva l’accesso agli orizzonti infiniti del pensiero, quello che era stato il cervello del rettile permaneva pressoché immutato, refrattario alle forze evolutive che avevano plasmato il manto cerebrale.
Nel percorso della specie umana si alternano periodi di progresso e di oscurantismo. Nelle fasi migliori il rettile nascosto nei meandri della massa grigia cerebrale rimane silenzioso, e la sua presenza si manifesta soltanto negli ingenui giochi rituali e nella ripetizione di atti arcaici dei quali è tanto vago il ricordo quanto vivo il rimpianto. Nei periodi di oscurantismo il rettile esce dalla tana con una svastica negli artigli di una zampa, e l’altra al timone del comando, dirigendo una massa anonima ciecamente devota e pronta a inabissarsi con lui.”
L’ho citato per comprendere che, se laverdure sembra razzista, non è colpa sua: è colpa del retaggio rettiliano che il suo cervello si porta dentro. Una volta che l’avrà compreso potrà porvi rimedio, o almeno tentarci.