Rapporto 2022 sulla libertà di pensiero nel mondo: a rischio la laicità e le persone non credenti

L’11esima edizione del rapporto di Humanists International evidenzia sistematiche discriminazioni nei confronti degli atei. Per il 70% della popolazione mondiale è impossibile realizzare pienamente il proprio diritto alla libertà di religione e dalla religione.

Soltanto il 4 per cento della popolazione globale vive in società davvero laiche. Lo sostiene l’11esimo Rapporto sulla libertà di pensiero di Humanists International, che fornisce inoltre le prove di chiare e sistematiche discriminazioni contro gli umanisti e le persone non religiose.

Per contro il 70% della popolazione mondiale vive in Paesi in cui manifestare il proprio pensiero ateo o agnostico comporta vari livelli di repressione e dove la piena realizzazione del proprio diritto alla libertà di religione e dalla religione è letteralmente impossibile. È purtroppo comune la presenza di dure pene per l’apostasia, di maggiori probabilità di tramandare pratiche tradizionali dannose e di nazionalismi religiosi che radicano nella società idee profondamente reazionarie.

Il Rapporto sulla libertà di pensiero nasce nel 2012 dal lavoro di diverse organizzazioni affiliate a Humanists International, associazione fondata nel 1952 e composta da 150 gruppi umanisti e non religiosi – tra cui l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti – in più di 40 Paesi.

L’edizione 2022 del Freedom of thought report (Fotr) Key Countries Edition analizza un campione di dieci Stati in relazione alla difesa dei diritti dei non credenti: Barbados, Francia, Filippine, India, Nepal, Pakistan, Senegal, Sri Lanka, Turchia, Ungheria. È stato infatti osservato come la laicità dello Stato possa influenzare sia il rispetto del diritto alla libertà di religione, ma soprattutto il diritto a essere atei o agnostici. Quattro le categorie scelte: Costituzione e governo, Educazione e diritti dell’infanzia, Società e comunità, Libertà di espressione e valori umanisti.

Sono sei invece i livelli di violazione rappresentati in una cartina tornasole con colori dal rosso scuro al verde chiaro: gravi violazioni, severe discriminazioni, discriminazioni sistemiche, principalmente soddisfacente, liberi e uguali e nessuna valutazione (per mancanza di informazioni).

Quest’anno l’edizione “Paesi chiave” del rapporto dimostra la progressiva erosione del principio di laicità nel mondo, e con essa un calo della tutela dei diritti umani. Tra i Paesi più repressivi Pakistan, Arabia Saudita, Afganistan che reagiscono simbolicamente all’analisi, generando un colore rosso scuro su tutte e quattro le categorie, per le leggi sulla blasfemia crudeli (è prevista la pena di morte). Anche la Repubblica islamica dell’Iran è sotto osservazione: severamente limitati il diritto alla libertà di religione e le libertà di espressione, associazione e riunione.

La legge iraniana vieta qualsiasi critica all’Islam o deviazione dagli standard islamici vigenti. Gravi le conseguenze delle proteste scoppiate a settembre in risposta all’omicidio di Mahsa Amini, curdo-iraniana di 22 anni, arrestata, detenuta e torturata dalla “polizia morale” iraniana per aver indossato il suo hijab in modo improprio.

Il Fotr cita poi un rapporto del 2012 secondo cui l’ateismo e la popolazione non religiosa stanno crescendo rapidamente. La religione è diminuita del 9% e l’ateismo è aumentato del 3% tra il 2005 e il 2012. In sostanza la religione diminuisce in proporzione all’aumento dell’istruzione e del reddito personale, tendenza che pare destinata a crescere.

Nonostante quest’orientamento, in alcuni Paesi è illegale essere o identificarsi come atei. Oltre alle leggi per punire la blasfemia esistono quelle contro l’apostasia che prevedono ancora oggi la pena di morte in Afghanistan, Iran, Malesia, Maldive, Mauritania, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Yemen. Spesso la critica della religione è inclusa nelle leggi sull’incitamento all’odio; gli atei sono esclusi dal matrimonio a meno che non fingano di essere religiosi; altri Stati limitano posizioni amministrative o di potere a persone di una particolare religione; l’indicazione della religione può essere richiesta anche nei documenti di identità, ma è illegale identificarsi come atei o non religiosi. La promozione del privilegio religioso da parte dello Stato è infatti una delle forme più comuni di discriminazione nei confronti degli atei.

«Ormai all’undicesima edizione del report – dichiara Giorgio Maone, responsabile relazioni internazionali dell’Uaar – possiamo rilevare una tendenza preoccupante: alla progressiva e inevitabile secolarizzazione delle società, nelle quali non credenza, cultura dei diritti umani e valori umanisti si diffondono inesorabilmente, corrisponde purtroppo una forte reazione conservatrice a livello politico, con iniziative tese a restaurare dall’alto l’influenza della religione nella sfera pubblica e privata, riducendo l’autodeterminazione personale. L’abbiamo visto accadere in tutto il mondo, dagli Usa all’Est Europa, dall’Afghanistan all’India, dalla Russia a numerosi Stati africani. L’Italia, la cui laicità è costituzionalmente sancita, ma al contempo viziata dal Concordato e della presenza strabordante del Vaticano nei media e nel discorso politico, negli anni è comunque progredita nei diritti laici soprattutto, lo affermiamo senza falsa modestia, grazie al lavoro della nostra associazione. Un lavoro però tutt’altro che terminato, e già le prime dichiarazioni di esponenti del nuovo governo ci inducono a moltiplicare gli sforzi per non tornare protagonisti in negativo delle prossime edizioni del Fotr».

«Il report di quest’anno non mette sotto la lente d’ingrandimento l’Italia – commenta Roberto Grendene, segretario nazionale Uaar – ma possiamo assicurare che il nostro Paese ha conservato se non peggiorato la penosa posizione dello scorso anno, con una colorazione rossastra nella mappa complessiva elaborata da Humanists International, che la colloca a metà strada tra le discriminazioni severe e quelle sistemiche della libertà di pensiero. Basti pensare ai 26mila insegnanti di religione cattolica scelti dal vescovo e pagati dallo Stato, alla piaga degli obiettori di coscienza nei reparti di ginecologia della Sanità pubblica, alle norme che tutelano il “sentimento religioso” condannando a sanzioni amministrative i “blasfemi” e prevedendo addirittura il reato di vilipendio. E col nuovo esecutivo e la nuova maggioranza parlamentare il rischio concreto è vedere sprofondare ulteriormente l’Italia nella classifica del Fotr».

Il Rapporto è disponibile qui.

Comunicato stampa