La politica sulla pelle delle persone

In Malesia l’identitarismo islamico e l’omofobia istituzionalizzata pesano sempre di più sulle vite delle persone lgbt. Paolo Ferrarini raccoglie, per il numero 6/2022 della rivista Nessun Dogma, la triste testimonianza di un raid anti-gay della polizia, avvenuto la notte dello scorso Halloween a Kuala Lumpur. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Mentre l’Italia è alle prese con l’emergenza nazionale dei rave party, in Malesia la politica ha qualcosa da dire anche sulle feste private autorizzate. La notte del 29 ottobre ricevo un messaggio drammatico da Irfan, un giovane amico di Kuala Lumpur che si è recato al club Rexkl per festeggiare Halloween con una serata di musica e spettacolo:

«Sono nascosto dietro un distributore automatico. Stanno facendo un raid nel locale. È pieno di agenti, c’è sia la polizia nazionale che quella religiosa. Stanno identificando tutti, separando i musulmani e arrestandone alcuni. Se mi trovano ho paura che arrestino anche me e mi rovinino la vita».

La serata, pensata come uno dei pochi spazi di intrattenimento lgbt+ friendly della città, è organizzata da un collettivo di drag queen, ed è proprio su di loro che i circa quaranta poliziotti presenti all’operazione si concentrano, finendo per arrestarne venti, dopo aver verificato segni di “travestitismo”.

Carmen Rose, una delle artiste coinvolte nella retata, racconta a Nessun Dogma: «Settimane di lavoro per preparare lo spettacolo, soldi spesi nell’organizzazione… tutto all’aria. Eravamo perfettamente in regola con i permessi per il nostro evento, ma lo stesso ci hanno preso di mira. È stato traumatizzante. Persone innocenti portate via su un furgoncino nero come terroristi, e per cosa? Perché eravamo vestiti da Halloween? Quale donna porta un trucco come il nostro, e si veste di palloncini colorati? In centrale ci hanno umiliato facendoci rispondere per iscritto ad assurde domande di natura privata, tipo: ‘Qual è il motivo che ti porta a indossare questo tipo di indumenti?’, ‘Hai mai compiuto atti contro natura?’, ‘Hai mai preso ormoni?’, ‘Sei eterosessuale, vero?’. Per fortuna si sono subito mossi i nostri attivisti alleati che ci hanno procurato avvocati e pagato la cauzione per il rilascio immediato».

Pur essendo la retata più significativa ai danni della comunità lgbt+, non è certo la prima, e non è una coincidenza che sia avvenuta nelle settimane immediatamente precedenti alle elezioni politiche di metà novembre. La Malesia ha una lunga storia di cruda politicizzazione dell’omosessualità, sfruttata ai fini di alimentare l’identitarismo islamico ed eliminare avversari diffamandoli con scandali montati ad arte.

La vittima più illustre è Anwar Ibrahim, politico di opposizione che – unico nella storia del paese – ha scontato anni di carcere per avere infranto la famigerata legge coloniale 377A contro la sodomia.

Curiosamente, dal febbraio 2021, i tribunali religiosi non possono più perseguire direttamente i cittadini musulmani omosessuali, grazie a una sentenza che sulla base di un principio di non sovrapponibilità delle giurisdizioni considera la materia già coperta dalla (sostanzialmente inapplicata) legge federale. Per questo le accuse ufficiali fatte alle drag queen di Halloween riguardavano il “cross-dressing” e la “pubblica indecenza”, anziché la sodomia.

La Malesia rimane purtroppo un caso studio di come l’identitarismo e l’omofobia religiosa abbiano effetti deleteri sia sulla vita reale delle persone che sulle aspirazioni democratiche di un paese. Sarebbe un peccato dover dire lo stesso dell’Italia.

Paolo Ferrarini

 


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