Il business politico-religioso del giubileo 2025

In apparenza, tutto risulta chiaro e lineare: il papa indice un giubileo e l’Italia lo aiuta mettendoci dei soldi, perché la città di Roma ne trae vantaggio.

A guardar bene, l’unico punto fermo è il primo. Il terzo è quantomeno discutibile, stando ai dati disponibili e alle dichiarazioni rilasciate dagli albergatori in occasione delle edizioni precedenti: durante l’anno santo, tanti turisti preferiscono starsene alla larga dalla capitale, e molti di quelli che la visitano si accomodano nelle strutture ricettive vaticane – che di tasse alle disastrate finanze italiane ne versano ben poche.

Viene dunque meno anche la seconda premessa: perché mai lo stato dovrebbe metterci dei soldi, se non è accertato che ne trae un beneficio pubblico? Una risposta banale sarebbe «per clericalismo». Una risposta più precisa sarebbe «per una pluralità di interessi convergenti tra clero cattolico e politici clericali». Vediamo perché, ricostruendo l’iter dei provvedimenti adottati dalle istituzioni italiane per la prossima edizione.

La caccia all’oro è cominciata da anni, anzi, da oltre un decennio. Perché già nel 2012 l’allora sindaco romano Gianni Alemanno chiedeva al governo Monti di mettere mano al (nostro) portafogli per finanziare quella che definiva «una scadenza epocale ben più impegnativa di un’Olimpiade» [sic].

Fu però il governo Conte II (M5s, Pd, Iv, Leu) che, con quattro anni di anticipo sull’evento, all’interno del bilancio di previsione 2021 creò un «tavolo istituzionale» che prevedeva la partecipazione di ministri, amministratori locali e parlamentari, e il cui scopo era di definire «gli indirizzi nonché il piano degli interventi e delle opere necessari» – sulla base, ovviamente, di intese con la Santa sede, senza nemmeno escludere di realizzarli in aree di proprietà della stessa. Per la nascita di tale organismo, ristretto al personale politico e meramente consultivo, fu autorizzata la spesa di un milione di euro all’anno.

Non è dato sapere se, quando e come sia stato attivato tale tavolo. Si era nel pieno della crisi pandemica e l’Unione europea, per fronteggiarla, qualche mese prima aveva lanciato il fondo Next Generation Eu di 750 miliardi di euro.

Un’autentica montagna di soldi – e soldi e giubilei vanno ormai sempre d’amore e d’accordo. Sta di fatto che, soltanto due settimane dopo l’approvazione del bilancio, il governo approvò anche una prima versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ormai noto come Pnrr. Poteva mancare il giubileo?

Non poteva. Nel documento, l’anno santo compare magicamente nell’ambito del progetto “Turismo e Cultura 4.0”, dove si dispone il «finanziamento dei progetti dei Comuni per investimenti su luoghi identitari sul proprio territorio (inclusi interventi sul patrimonio artistico-culturale di Roma in occasione del Giubileo)». Veniva prevista «una importante area di investimento», “Caput Mundi”, con lo scopo di definire «un processo innovativo di valorizzazione del patrimonio archeologico, culturale e turistico su Roma usando l’opportunità offerta prossimo Giubileo del 2025» [sic].

Si noti l’uso del verbo “usare”: si voleva dare l’idea che fosse lo stato a sfruttare l’evento religioso. Ma la realtà stava probabilmente agli antipodi. Perché, così facendo, il piano nazionale era diventato non solo internazionale, ma anche extracomunitario. E per Caput Mundi venivano previsti 500 milioni di euro.

Un mese dopo il governo Conte cadde, sostituito dalla compagine di larghissime intese guidato da Mario Draghi, con dentro tutti i partiti tranne Fratelli d’Italia. Il Pnrr, nella versione definitiva, fu approvato a fine giugno. Caput Mundi risultava essere l’investimento 4.3 della mission M1c3.4 Turismo 4.0. Le parole sul giubileo non erano molto diverse dalla bozza-Conte, ma è curioso che siano state inserite in un contesto in cui si dichiara che «l’obiettivo è di alleviare la congestione delle grandi attrazioni culturali (“over-tourism”), dei principali siti archeologici e musei, ma anche delle chiese dei centri storici».

Un intento che stride platealmente proprio con il caratteristico gigantismo dell’evento cattolico: non diceva Alemanno che è persino più impegnativo di un’olimpiade? Evidentemente, di fronte a un’Europa che per erogare i fondi chiedeva una programmazione, il governo ritenne opportuno ricorrere a dichiarazioni raffazzonate. E dunque, i sei obbiettivi individuati per Caput Mundi sarebbero stati i seguenti:

• Patrimonio culturale di Roma per Next Generation EU: rigenerazione e restauro del patrimonio cultuale e urbano e dei complessi ad alto valore storico e architettonico (176,3 milioni)
• Dalla Roma pagana alla Roma cristiana: interventi di messa in sicurezza, anti-sismica e restauro di luoghi pubblici ed edifici di interesse storico lungo i cammini giubilari della Città (164,92 milioni)
• #Lacittàcondivisa: riqualificazione delle aree periferiche della Città e dei siti tematici (aree archeologiche, palazzi) situati nelle ampie zone periferiche al di fuori di Roma (87,41 milioni)
• #Mitingodiverde: rinnovo e restauro di parchi, giardini storici, fontane e ville (60,3 milioni)
• #Roma4.0: digitalizzazione dei servizi culturali (14,45 milioni)
• #Amanotesa: incremento dell’offerta culturale nelle periferie per promuovere l’inclusione sociale (ad es., rimozione delle barriere architettoniche, sensoriali, culturali e cognitive d’accesso ai luoghi di cultura, supporto a famiglie e soggetti fragili) (16,7 milioni)

Qualche settimana dopo il ministero del turismo, guidato dal leghista Massimo Garavaglia, diffuse il programma dettagliato. E già dal punto di vista estetico siamo all’oleografia più sfrenata. Che la fretta sia stata una cattiva consigliera (anche se l’immagine della pasta alla carbonara farebbe pensare alla pancia) lo confermano i contenuti, che in apparenza sembrano ricalcati dalle brochure di qualche pro loco marginale. I giochi di parole spuntano fin dalla frase-chiave: «il macro-obiettivo da raggiungere è quello che Roma, da sempre turistica perché “Città Eterna” si trasformi in una destinazione eternamente turistica».

E pertanto va «usata l’opportunità offerta dal Recovery Plan in coincidenza con il prossimo Giubileo del 2025», «grande occasione di rilancio del turismo a Roma e dell’intero Paese». E anche di quello minuscolo situato all’interno della stessa capitale, sarebbe stato più corretto aggiungere.

L’esecutivo usa il giubileo e usa il Recovery Plan. Per cosa? Per raccogliere fondi. Per raggiungere questo scopo non si va per il sottile, ricorrendo persino a espressioni greenwashed quali «azioni concrete per il contrasto ai cambiamenti climatici, il miglioramento della qualità dell’aria delle città e la creazione di aree verdi a beneficio delle comunità locali». Raccogliere fondi è l’imperativo categorico del “governo dei migliori”. Ma per realizzarci cosa?

Nulla di fondamentale. Anzi, a dirla tutta, ben poco di realmente indispensabile. Scorrendo l’elenco con le 336 azioni previste, non sembra che il ministero fosse particolarmente preoccupato di scegliere iniziative di valore. Molte appaiono, letteralmente, le prime cose che sono venute in mente a chi doveva velocemente riempire una tabella vuota. C’è di tutto: da realizzazioni da concludersi nel 2026 a meri interventi di facciata – nel senso letterale del rifacimento delle facciate di numerosi monasteri e chiese. Ma per gli anticlericali c’è il contentino del restauro dell’ossario garibaldino e del monumento ad Anita – e quindi non ci provino nemmeno, a lamentarsi.

Di fronte a una lista della spesa del genere, il cui livello è inversamente proporzionale all’obiettivo che si è data l’Unione europea, viene forte il sospetto che sia stata compilata sotto dettatura di clientele e gruppi di pressione (religiosi e no). C’è una discreta interscambiabilità di interventi non giubilari sotto voci giubilari e viceversa.

Si veda, per esempio, la «realizzazione di Totem informativi nel circuito delle chiese europee, del cammino delle sette chiese di San Filippo, delle Donne dottori della chiesa [qui siamo al pinkwashing, nda] e padroni d’Europa [sic] delle chiese giubilari presenti nella capitale» che, con la «realizzazione di volumi librari descrittivi dei beni artistici e di valore culturale presenti in importanti edifici di culto della capitale», finiscono per generare un impegno di spesa che supera i quattro milioni.

Non manca la «creazione di una app integrata del patrimonio sacro di Roma geolocalizzata che guidi il turista e offra i servizi di prenotazione e bigliettazione e social» (3,3 milioni) e lo strano concetto di «città condivisa» che emerge nel recupero dell’ex dazio di via Ardeatina per destinarlo ai servizi di pellegrinaggio, individuando peraltro come soggetto attuatore la stessa diocesi di Roma.

Il 5 agosto il ministro Garavaglia si incontrò con l’allora sindaco di Roma Virginia Raggi (M5s), e i due concordarono «di istituire una cabina di regia allargata a tutti i soggetti interessati: quale momento di avvio della collaborazione fra lo Stato centrale e Roma Capitale, finalizzato a utilizzare al meglio le risorse europee messe a disposizione per il Giubileo del 2025»: anche in questo caso il bersaglio è chiaramente esplicitato. A seguire, il 14 dicembre si materializzò il famoso tavolo istituzionale, nel corso del quale Draghi propose la nomina del sindaco di Roma quale commissario per il giubileo 2025.

Qualche giorno dopo, il programma Caput Mundi fu infine incluso nel bilancio di previsione 2022. Ma non da solo. Era infatti venuto il momento in cui anche lo stato ci doveva mettere del suo. Troviamo infatti scritto nero su bianco che, «in relazione alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica», e fermi restando i 500 milioni di cui sopra, vengono stanziati «285 milioni di euro per l’anno 2022, di 290 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, di 330 milioni di euro per l’anno 2025 e di 140 milioni di euro per l’anno 2026», quando ormai l’anno santo sarà già stato sostituito da un anno profano. Totale: un miliardo e 335 milioni.

Fu inoltre creato, «per le medesime celebrazioni, un apposito capitolo per assicurare il coordinamento operativo e le spese relativi a servizi da rendere ai partecipanti all’evento, con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, di 70 milioni di euro per l’anno 2025 e di 10 milioni di euro per l’anno 2026». Venne pure istituito formalmente il commissario straordinario per il giubileo (2,5 milioni per la gestione commissariale spalmati su cinque anni) e finanziata la società Giubileo 2025 (altri dieci milioni), attraverso cui transiteranno tutti i fondi stanziati.

Ma ancora non bastava. Con l’articolo 434 venne creata una cabina di coordinamento parallela al tavolo istituzionale, con allargamento notevole dei soggetti statali coinvolti e la presenza di un rappresentante della Santa sede.

A commissario e cabina fu infine attribuito, in caso di inerzia nell’esecuzione dei progetti, «il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari, ovvero di provvedere all’esecuzione dei progetti e degli interventi, anche avvalendosi di società». Analogo potere venne attribuito al presidente del consiglio nei confronti degli enti locali ritardatari, minacciati a loro volta di esseri sostituiti con commissari ad acta. Norme dal forte impatto che, a differenza del nuovo codice degli appalti salviniano, non hanno però ricevuto alcuna eco.

È questo il momento in cui il business comincia a muoversi e i soldi iniziano realmente a girare. Il 30 aprile è approvato un decreto legge contenente «ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza» riguardanti anche il programma Caput Mundi. Il 17 maggio, nell’ambito di un ulteriore decreto-legge, l’articolo 13 viene dedicato alla gestione dei rifiuti dell’anno santo (suscitando anche qualche perplessità nella Corte dei Conti a riguardo della sostenibilità economica dell’operazione, ritenuta dal governo «senza maggiori oneri»).

Nel frattempo, il 4 febbraio 2022 il presidente Mattarella aveva nominato a commissario straordinario il neoeletto sindaco Pd di Roma Roberto Gualtieri, che in quanto ministro dell’economia e delle finanze del governo Conte II va ritenuto corresponsabile dell’inserimento del giubileo nel Pnrr. Il 27 giugno Gualtieri firmerà a sua volta accordi con una moltitudine di soprintendenze ed enti locali laziali.

Inoltre, il 31 maggio Draghi nomina per decreto i vertici della Giubileo 2025, il cui consiglio di amministrazione viene remunerato con 93.000 euro annui, a cui si aggiungono i 54.000 euro annui per il collegio sindacale. Per guidare la società viene scelto Matteo Del Fante, amministratore delegato e direttore generale del gruppo Poste Italiane da sei anni in carica, un uomo per tutte le stagioni (durante il suo mandato si sono avuti cinque governi di diverso colore).

Il presidente è individuato in Marco Sangiorgio, condirettore generale di Redo Sgr, gestore di fondi immobiliari. Anche il background dei due prescelti può suscitare qualche interrogativo, visto gli stretti rapporti intrattenuti con la Cassa Depositi e Prestiti, e visto che alla Giubileo verrà riconosciuta una percentuale sugli interventi.

Insediatosi il nuovo governo con a capo Giorgia Meloni, il 15 dicembre arriva il regalo di Natale per il Vaticano, in quanto viene emesso il decreto Mantovano (sottosegretario alla presidenza del consiglio, e noto integralista cattolico con una lunga carriera politica tutta nell’estrema destra).

Con questo testo viene approvato il programma del commissario Gualtieri, contenente 87 nuovi interventi ritenuti «essenziali e indifferibili». Il linguaggio usato nel documento è di stampo confessionale: «Santo Padre»; «cammino della Chiesa»; «valorizzazione della dimensione spirituale del Giubileo»; «contemplazione della bellezza del creato»; «diffondere il valore del Giubileo». Una mezza enciclica, che fa lievitare la somma destinato all’anno santo ad almeno 2,33 miliardi di euro, di cui un miliardo circa dai fondi statali per il giubileo, 500 milioni dal Pnrr-Caput Mundi e il resto da altri soggetti.

L’ulteriore listone comprende, anche in questo caso, iniziative chiaramente a vantaggio del Vaticano, in quanto i beneficiari sono esplicitamente indicati nei pellegrini. Altre iniziative impattano solo indirettamente o parzialmente sull’effettuazione del giubileo, come per esempio gli interventi sulla rete stradale o le case dell’acqua realizzate da Acea; altri ancora sono apparentemente slegati dall’anno santo. Difficile sapere chi ci guadagnerà: bisognerebbe consultare le mappe catastali e individuare i proprietari che godranno delle migliorie urbanistiche.

Tutto questo attivismo, dietro il colonnato di San Pietro, deve però sembrare ancora insufficiente, visto che il 14 febbraio il segretario di stato Parolin si lamenta pubblicamente dei ritardi. Lo fa nel corso dell’annuale incontro stato-chiesa, in cui cardinali e ministri celebrano insieme i Patti lateranensi. I membri dell’esecutivo presenti, sentendosi chiamati in causa, reagiscano pavlovianamente, e l’accelerazione che ne consegue ha dell’incredibile, per gli abituali ritmi da bradipi della pubblica amministrazione.

Due giorni dopo esce un decreto legge sul Pnrr in cui l’articolo 31 è dedicato al giubileo, «in ragione della necessità e urgenza di ultimare gli interventi relativi al sottovia di Piazza Pia, a piazza Risorgimento, alla riqualificazione dello spazio antistante la basilica di San Giovanni, alla riqualificazione di Piazza dei Cinquecento ed aree adiacenti ed al completamento rinnovo armamento metropolitana linea A» – interventi che soltanto due mesi prima erano stati definiti «essenziali e indifferibili».

Al fine di rabbonire i porporati vengono quindi snellite ulteriormente le procedure, coinvolta l’Agenzia del Demanio, ampliato il raggio d’azione della Giubileo, ridotto ulteriormente il silenzio-assenso, diminuiti i tempi a disposizione per l’emissione di pareri (che ora devono peraltro indicare le misure da intraprendere), autorizzate tempistiche più stringenti nonché la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara.

Si arriva al punto che, «in caso di dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente proveniente da un organo statale», il tandem Gualtieri-Meloni è autorizzato a superarlo con un atto del governo. Il decreto ha inoltre coinvolto nella cabina di coordinamento anche il ministero occupato da Matteo Salvini. Un assalto alla diligenza.

Il 14 marzo si riunisce per la quarta volta la cabina di coordinamento: il pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione della Santa Sede, mons. Rino Fisichella (che è anche cappellano dei parlamentari), viene informato che i lavori fervono e che è in cantiere un secondo decreto. Inoltre, per quanto concerne il finanziamento delle opere e in particolare il recupero del sito “Le Vele” a Tor Vergata, si dà notizia che è stata raggiunta l’intesa con l’Agenzia del Demanio, per cui verrà utilizzato «per le celebrazioni del Giubileo 2025».

Il 21 marzo Invitalia (diretta da Bernardo Mattarella, nipote del capo dello stato) pubblica le procedure di gara per 193 siti nel perimetro di Caput Mundi, per un valore di oltre 359 milioni di euro. Il 20 aprile la Camera approva definitivamente il decreto Pnrr.

Un autentico tourbillon, che rende difficile il monitoraggio puntuale e costante di quanto sta accadendo. Rende ancor più difficile quantificare la cifra di cui beneficerà la chiesa cattolica, obiettivo del progetto Uaar Caro Giubileo. Alle somme già menzionate si aggiunge infatti un nugolo di erogazioni nell’indotto, e la scelta di quelle da citare è realmente imbarazzante.

Per esempio, la ministra del turismo Daniela Santanchè ha annunciato la creazione di 35 cammini religiosi grazie al fondo di tre milioni di euro per il 2022, che deve essere considerato «solo un primo elenco». Si va poi dal Progetto Giubileo 2025 dell’Ama (la municipalizzata dei rifiuti) all’annuncio di oltre 2.000 assunzioni (di cui 800 vigili) da parte del Comune di Roma, a cui si devono aggiungere quelle di poliziotti e pompieri promesse dal ministero dell’interno. Senza dimenticare la programmazione Rai con tanto di studio nuovo di zecca “Giubileo 2025”, inaugurato con tanto di benedizione e segni della croce e riservato a Rai Vaticano, una struttura pubblica nata con il giubileo del 2000.

I benefici per la Santa sede possono infatti prolungarsi ben entro il termine dell’edizione per cui sono accordati. Analizziamo un altro provvedimento relativo al giubileo del 2000, ma ancora più significativo. Allora lo stato finanzio al 50% la costruzione di un parcheggio sul Gianicolo a profitto dei visitatori di San Pietro. Il suolo era ed è pubblico, e tra l’altro vi furono rinvenuti reperti di pregio di una domus romana.

Nei mesi scorsi, all’ultimo piano di tale parcheggio, il Vaticano ha creato un centro commerciale. È evidente che tutti gli anni sono santi, sia per i sacri palazzi, sia per i loro interessati alleati che stazionano in quelli del potere italiano.

Quelli giubilari sono però santissimi, perché di soldi ne girano veramente parecchi. Così tanti che richiedono molto più impegno persino per spenderli. Pare che i lavori alla stazione Termini siano a serio rischio di non essere completati, ed è certo che il governo Meloni è in clamoroso ritardo sugli adempimenti Pnrr, e quindi (almeno in teoria) rischia di perdere i contributi europei. Sul sito di Italia Domani, che segue lo stato di avanzamento del Pnrr, anche il progetto Caput Mundi non risulta aver fatto passi avanti.

Il sindaco Gualtieri ne è conscio, e in un’intervista in ginocchio a Radio vaticana ha promesso che «tra giugno e luglio partiranno praticamente tutti i cantieri». È infatti ben difficile che resti fermo al palo qualcosa che interessa alla chiesa cattolica, che dispone dei sollecitatori più efficienti del mondo: saranno loro a mantenere il fiato sul collo della servitù dislocata in Campidoglio e a Palazzo Chigi. E pazienza se lo stato italiano dovrà fare ulteriore debito pur di appagare il suo esigente dominus.

Le gerarchie ecclesiastiche hanno peraltro un altro buon motivo per rimanere soddisfatte. La gestione dell’affare-giubileo e l’enfasi posta sull’evento da esponenti di tutti i partiti finisce per ribadire all’intera società italiana la centralità che ricopre la chiesa cattolica, nonostante i suoi rappresentanti siano sempre meno apprezzati dalla popolazione.

Una confessione religiosa che a prescindere viene considerata meritevole di godere di uno status privilegiato, di concessioni di ogni tipo, di una reputazione tale da non poter praticamente essere mai criticata, di far introdurre nelle leggi la sua dottrina e di ricevere indisturbata enormi flussi di denaro provenienti dai contribuenti italiani ed europei.

Nell’incontro svoltosi qualche giorno fa tra la premier e il segretario di stato vaticano (presenti altri nove ministri, il presidente della Regione Lazio, il sindaco di Roma, l’ambasciatore e altri sei esponenti del Vaticano), entrambe le parti «hanno espresso gratitudine per la collaborazione tra l’Italia e la Santa Sede e attesa per un evento che potrà dare un contributo spirituale e culturale alla città di Roma e al Paese».

Due squadre vincenti: gli sconfitti siamo noi. Il coinvolgimento nel business giubilare di tutte le formazioni politiche è una garanzia d’acciaio che nessuno oserà metterlo in discussione – nemmeno i mass media, che non sembrano manifestare l’intenzione di approfondire l’argomento. Gli interessi consociativi sono ormai talmente diffusi e intrecciati da escludere che qualcuno disturberà il manovratore. Ecco perché è sempre più importante farlo dal basso.

Raffaele Carcano

4 commenti

Diocleziano

C’è abbastanza materia perché anche la signora Gabanelli dica la sua nelle rubriche che cura
sui quotidiani e in tv.
Qualche giorno fa leggevo di una intesa tra vaticano (leggi: Città del Male) e Stato italiano
per la realizzazione di percorsi agevolati per sordo-ciechi nelle chiese. Notare l’usuale
precedenza accordata ai pesi morti. Posso immaginare quanto un sordo-cieco brami di essere
portato in chiesa. Non voglio nemmeno immaginare cosa gli possano aver raccontato per
convincerlo ad andarci…

laverdure

@Diocleziano
“Non voglio nemmeno immaginare cosa gli possano aver raccontato per
convincerlo ad andarci…”
Pensa all’impegno che devono averci messo.
“Raccontare” qualcosa ad un sordo-cieco e’ una cosa impegnativa,bisogna ammetterlo,specialmente se si vuole fare opera di convincimento.

RobertoV

Visto che si fanno anche i referendum per le olimpiadi si dovrebbe fare il referendum anche sul Giubileo o quanto meno sulla partecipazione italiana o la sua quota. Non è ammissibile che uno stato estero metta le persone davanti al fatto compiuto e che obblighi i cittadini italiani a pagare per una decisione presa da stranieri. E questo ogni pochi anni. Se lo paghino il Vaticano e la chiesa cattolica italiana coi loro soldi e le collette dei fedeli. Gli interventi dell’Italia devono essere il minimo necessario. Purtroppo come si temeva il PNRR viene usato per le mancette elettorali e per aiuti agli amici anzichè per lo sviluppo dell’Italia.

Commenti chiusi.