La clericalata della settimana, 27: i politici “crocifissati” contro il Club Alpino Italiano

Ogni settimana pubblichiamo una cartolina dedicata all’affermazione o all’atto più clericale della settimana compiuto da rappresentanti di istituzioni o di funzioni pubbliche. La redazione è cosciente che il compito di trovare la clericalata che merita il riconoscimento sarà una impresa ardua, visto l’alto numero di candidati, ma si impegna a fornire anche in questo caso un servizio all’altezza delle aspettative dei suoi lettori. Ringraziamo in anticipo chi ci segnalerà eventuali “perle”.

La clericalata della settimana è dei politici “crocifissati” che

si sono scagliati contro il Club Alpino Italiano, accusandolo (falsamente) di voler rimuovere le croci dalle vette.

Non si placano le polemiche clericali sul dibattito nel Club Alpino Italiano riguardo l’opportunità di posizionare o meno nuove croci sulle vette, questione emersa durante un dibattito all’Università Cattolica di Milano con il CAI. Il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi sostiene che «le croci ci sono sempre state, qui è una passione della gente. Rappresentano l’arrivo di un percorso, oltre che essere un segno di fede». Per il vicesindaco Luis Walcher «si tratta di una cosa che fa parte della nostra sensibilità». L’assessore provinciale Massimo Bessone (Lega) si è scagliato contro il CAI sostenendo che «dobbiamo rispettare tutti, ma non dobbiamo vergognarci e nascondere la nostra storia, le nostre tradizioni, la nostra cultura, il nostro credo. Una croce sulla cima di una montagna non offende nessuno». Attacchi anche dal consigliere provinciale di Südtiroler Freiheit Sven Knoll, che parla di «mancanza di rispetto dovuta all’errata convinzione che la nostra cultura e la nostra tradizione non siano accettabili per altri popoli. […] Oggi sono le croci in vetta e domani toccherà a tutti gli altri simboli della nostra cultura che dovranno essere rimossi». L’assessore della Regione Lombardia alla Cultura Francesca Caruso ha diffuso sui social una sua foto con croce e tricolore, rivendicando che «il simbolo della croce, specialmente in cima alle Alpi e agli Appennini, è custode di una storia e di una tradizione che da secoli hanno contribuito ad arricchire l’identità del nostro Paese […]: le croci possono costituire per tutti, al di là del proprio credo religioso, un elemento culturale e talvolta anche artistico che si incontra lungo il cammino. Sarebbe un errore compiere una scelta così netta magari per allinearsi a una moda o alle posizioni laiciste più estreme». Il deputato FdI Marco Osnato dichiara: «La croce in cima alla vetta è un’antica tradizione degli alpinisti che nel raggiungerla si rivolgono con riconoscenza al Cielo e onorano chi è caduto magari in precedenti spedizioni: toglierle sarebbe un’offesa ai sacrifici di chi per arrivare a piantarle si è magari privato della vita». Il governatore della Lombardia Attilio Fontana assicura che «le croci restano al loro posto e in futuro ne metteremo altre». Per il deputato Andrea Tremaglia «la croce sulla vetta è segno di quello smarrimento incantato che ognuno può interpretare, religiosamente o meno, ma che sicuramente non è disturbato da una croce».

A seguire gli altri episodi raccolti questa settimana.

La Procura di Milano ricorre in appello contro la decisione del Tribunale civile che aveva respinto la richiesta di annullare le trascrizioni anagrafiche dei figli delle famiglie omogenitoriali effettuate dal Comune. Secondo la Procura nel nostro ordinamento «è escluso che genitori di un figlio possano essere due persone dello stesso sesso». Una interpretazione alquanto restrittiva, che dopo anni mette a rischio i diritti delle famiglie omogenitoriali e va nella direzione opposta rispetto agli avanzamenti in ambito europeo e internazionale. 

La sindaca di Latina Matilde Celentano, da poco eletta con il centrodestra, si rimangia la promessa di dare il patrocinio del Comune al Pride in programma l’8 luglio. Inizialmente la prima cittadina aveva accolto l’appello del cantante Tiziano Ferro, promettendo l’impegno dell’amministrazione. Salvo poi, come ha fatto il governatore della Regione Lazio Francesco Rocca, smarcarsi sostenendo che il Comune non può dare il patrocinio a una manifestazione nel cui manifesto vengono sostenute idee e proposte che sarebbero contro l’ordinamento italiano.

A Schio (VI) viene benedetta dal cardinale e segretario di Stato Pietro Parolin una scultura contro la schiavitù dedicata a santa Giuseppina Bakhita, intitolata “Let The Oppressed Go Free”. Tra i presenti all’inaugurazione il sindaco Valter Orsi, con fascia tricolore. 

La corte d’assise d’appello di Catania condanna a tre anni e quattro mesi Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit-Italia. Viene accusato di aver istigato al suicidio una persona che non era malata terminale, fornendole informazioni per effettuare l’eutanasia in Svizzera nel 2019. Un pronunciamento che dimostra quanto sia ancora difficile (e rischioso) affrontare il tema dell’eutanasia in Italia.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni invia un messaggio al convegno “Demografica” dell’AdnKronos a Roma citando il papa e ribadendo l’agenda natalista e confessionalista del governo. «Vincere l’inverno demografico, ci ha ricordato Papa Francesco, significa combattere qualcosa che va “contro le nostre famiglie, contro la nostra Patria, e anche contro il nostro futuro”», proclama Meloni.

Per quattro progetti della città di Viterbo sono stati stanziati 9,5 milioni di euro dei fondi per il giubileo del 2025: di questi, 1,5 milioni per il restauro della chiesa di Sant’Orsola.

Anche se non ricadono nella settimana appena trascorsa, questi ulteriori episodi meritano di essere menzionati.

Il consiglio comunale di Roma approva a larga maggioranza una mozione di Fratelli d’Italia per dedicare uno spazio pubblico a Chiara Corbella Petrillo, morta nel 2012 e in via di beatificazione. La giovane devota decise di ritardare le cure dal cancro così da portare a termine la sua terza gravidanza, dopo le prime due con figli morti poco dopo la nascita per gravi patologie: per la sua scelta personale è diventata simbolo degli integralisti anti-aborto. L’approvazione della proposta si dimostra una scelta controversa: anche l’attuale amministrazione si presta ad assecondare la retorica no-choice che sfrutta la storia tragica di questa giovane donna. La mozione è infatti passata con 19 sì (tra cui tutti i presenti del Pd) su 26, sei astenuti (sinistra e M5S) e un solo contrario.

La redazione

12 commenti

Diocleziano

Si dice che abbia istigato al suicidio una persona che non era malata terminale: e chi può

stabilire quale sia il limite di intollerabilità del dolore? Non certo uno che se ne sta in perenne

ozio tra dipinti e sculture di Michelangelo. E che senso ha la provvisionale a carico dell’imputato,

non certo a favore della defunta. A favore dei familiari? Cinicamente parlando, probabilmente

i familiari non hanno avuto un danno economico perché suppongo che la poveretta non fosse

in grado di lavorare. Al contrario, è più probabile un alleggerimento della situazione.

Gli affetti? Anche a costo di prolungare le sofferenze oltre l’intollerabile?

KM

Ma questi ce fanno o ce so’? Ormai sono arrivati alla frutta. Alla prossima tornata sara’ il digestivo, poi il caffè, poi l’ammazza-caffè e poi…. il conto!

RobertoV

E’ incredibile l’arroganza e l’intolleranza e intimidazione di questi clericali quando qualcuno mette in dubbio i loro privilegi e le loro pretese. Addirittura pretendono di parlare a tuo nome, che cosa devi pensare e sentire. Cioè dopo secoli di imposizione di una religione con ogni metodo, rivitalizzata dal fascismo, decidono che sia un simbolo anche tuo, laico, per ipse-dixit, che cosa devi sentire quando vai in montagna e che non ti devi sentire offeso e non riescono a concepire, come “ai bei vecchi tempi antidemocratici” che gli italiani possano non essere cattolici, perchè gli italiani devono essere solo cattolici per l’eternità anche se il mondo cambia e che loro continueranno a installare croci alla faccia degli altri come se il mondo fosse solo di loro. Loro stessi indicano che questa prassi è delle Alpi e degli Appennini, cioè sostanzialmente un problema dell’egemonia cattolica. Ci vuole poi un bel coraggio a pretendere di definire artistiche queste opere: dei grossi blocchi di cemento e gigantesche croci metalliche in stile fascismo o sovietico che contribuiscono a deturpare il paesaggio, proprio in un’epoca in cui ci si pone il problema di ridurre l’impatto dell’uomo sull’ambiente.

RobertoV

Riguardo alla beatificazione della Petrillo è da notare che gli antiabortisti combattono l’aborto in un’ottica di aumento delle nascite. Nel caso specifico la Petrillo è stata impegnata per un paio di anni con due gravidanze inutili che non hanno prodotto figli per la patria, visto che sono nati morti o morti poco dopo la nascita. Se avesse abortito nei primi mesi si sarebbe risparmiato il resto del calvario con lo stesso risultato utile, cioè anche con l’aborto non ci sarebbe stata una perdita di figli per la patria, anzi magari nello stesso tempo guadagnato avrebbe potuto portare a termine con successo una gravidanza visto che ha dimostrato di non avere problemi a rimanere incinta. Nel terzo caso portato invece a termine con successo per il solo figlio, con la sua morte lo ha reso orfano, come vedovo il marito, e in compenso la patria ha perso una donna che poteva ancora fare figli. Sicuri che la strategia antiabortista e natalista sia più efficace?
Inoltre credono che con tali modelli di sofferenza e con l’opposizione all’aborto incoraggeranno altre donne di un paese evoluto a fare figli per la patria?

Diocleziano

Ma loro sono grandi estimatori della sofferenza. Quella altrui, beninteso.

Diocleziano

• …una scultura contro la schiavitù dedicata a santa Giuseppina Bakhita…
Liberarsi dalla schiavitù fisica e cadere nella schiavitù della mente? No grazie.

• …la croce in cima alla vetta è un’antica tradizione degli alpinisti che nel raggiungerla si rivolgono con riconoscenza al Cielo e onorano chi è caduto magari in precedenti spedizioni: toglierle sarebbe un’offesa ai sacrifici di chi per arrivare a piantarle si è magari privato della vita…
Certo che essere ricordati per una cosa così stupida riempie d’orgoglio.
Per non parlare dell’importanza della riconoscenza al ‘cielo’!

Maurizio

Ma quindi anche io posso piazzare il mio personale simbolo di riconoscenza per aver raggiunto una cima – che so – uno scolapasta o una enorme croce uncinata? O il crocicchio è l’unico ammesso dalla Costituzione?

RobertoV

I clericali non perdono occasione per evidenziare la loro malafede ed utilizzare motivazioni pretestuose ed infantili per difendere i loro abusi e privilegi. La discussione era nata perchè il Cai ed addirittura un vescovo cattolico si erano posti il problema di non aggiungere altre croci sulle vette, non di togliere quelle già esistenti. Ma evidentemente non riescono ad accettare l’idea per il futuro di non marcare più il territorio e di poter perdere potere impositivo, nè di avere rispetto per l’ambiente.
La maggior parte delle croci, soprattutto quelle più grosse, è installata non su vette difficili da raggiungere con le strutture gigantesche portate su anche con elicotteri, non proprio nello spirito del CAi ecologico e di rispetto della montagna. E se ogni alpinista lasciasse un suo ricordo delle spedizioni o escursioni alla vetta, le vette diventerebbero delle discariche, non proprio un gran rispetto per la montagna. E non mi risulta nessuna norma che imponga un simbolo unificante per marcare il territorio o per ricordare eventuali vittime, ma sono i clericali che si sono auto attribuiti questo privilegio e pretendono di imporre il loro simbolo come rappresentativo di tutti. In passato la libertà ed i diritti non erano tutelati, come l’ambiente, non mi pare una “buona” tradizione da mantenere. Morire poi per portare su una croce in vetta mi sembra dimostrazione di stupidità o di abuso di chi li ha obbligati a farlo.
Inoltre solo dei clericali possono vedere della sofferenza nel raggiungere una vetta, la fatica sportiva è una cosa differente e molte vette con croci sono raggiungibili solo con un po’ di fatica sportiva e anche per quelle difficili solo un clericale può pensare di ringraziare dio per averla raggiunta e solo ad un clericale può venire in mente di deturpare la natura per piazzare un suo simbolo religioso. Per fortuna che il papa con la sua enciclica sull’ambiente invitava a preservare l’ambiente: non mi risulta che le montagne siano state create dal loro dio con sopra le croci e che esistano montagne cattoliche.

Maurizio

Potremmo persino ragionare sull’opportunità di far trovare in cima a un percorso arduo e pericoloso un simbolo che rappresenta un uomo agonizzante inchiodato a uno strumento di tortura che lo condurrà alla morte. Personalmente non lo trovo di gran conforto né ispirazione.

Diocleziano

Probabilmente non sarebbe nemmeno sanzionabile il loro abbattimento essendo,

in pratica, manufatti abusivi. Essendo collocate su suolo demaniale chi ne può reclamare

il possesso? Probabilmente ricadono nella categoria definita ‘res derelicta’ cioè roba

abbandonata? I sindaci potrebbero porre una tassa per l’occupazione del suolo pubblico

e per la deturpazione del paesaggio. Io lo farei 😛

RobertoV

La cosa curiosa è che in quella riunione col Cai ed il vescovo cattolico si riportava quanto detto in un articolo sulla rivista del CAI Lo Scarpone: «Croci di vetta: sbagliato rimuoverle, anacronistico istallarne di nuove». Questo anche per considerazioni ambientalistiche e paesaggistiche, tipo la gigantesca statua di GP II installata di recente nella bergamasca. Giusto per evidenziare la malafede dei clericali che arrivano addirittura a minacciare le persone che hanno osato esporre simili idee.
Il Cai Verona, non proprio una zona anticattolica e antileghista, rileva che vi sono un 20-30 croci sulle loro vette “perlopiù installate nell’ultimo secolo, ma ce ne sono anche di molto recenti». Il conteggio è spannometrico, perché nuove iniziative sorgono frequentemente. Giusto per rammentare quanto la presunta “tradizione” sia una invenzione recente.
“Negli ultimi vent’anni», precisa Guerreschi, «sulle nostre montagne c’è stato un proliferare di installazioni su iniziativa di Comuni, parrocchie, gruppi, privati. Croci, ma anche targhe commemorative, lapidi funerarie, manufatti vari che, tra l’altro, ad alta quota sono destinati a conservarsi poco». Non piacciono neanche al loro dio.
Messner dice che “dopo la Seconda guerra mondiale sono stati “soprattutto i movimenti giovanili cattolici nei paesi di montagna a portare le croci sulle vette”. Cioè man mano che la gente si allontana dalla religione, i cattolici sentono sempre più il bisogno di marcare ed invadere gli spazi.
Il CAI da anni si sta ponendo il problema di chi sono le montagne. I clericali hanno la risposta.

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