Magisteri non sovrapponibili: scienza e religione possono convivere?

Il biologo statunitense Stephen Jay Gould ha proposto l’idea che scienza e religione possano convivere separatamente poiché ognuna avrebbe un proprio ambito. Eppure in realtà spesso la religione straborda e si pone in contrasto con la scienza. Il chimico e divulgatore Silvano Fuso mette in dubbio questa presunta compatibilità, sul numero 3/23 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Il biologo, paleontologo e divulgatore americano Stephen Jay Gould nel 1997 pubblicò sulla rivista Natural History un articolo, divenuto famoso, dal titolo Non-overlapping Magisteria (1), cioè Magisteri non sovrapponibili. Il contenuto dell’articolo, due anni dopo, venne riproposto nel libro Rocks of Ages (2), dove il tema viene più estesamente sviluppato. I due magisteri cui Gould fa riferimento sono quelli della scienza e della religione.

Gould in pratica sostiene che scienza e religione possono pacificamente convivere poiché ognuna ha il proprio dominio, che non si sovrappone a quello dell’altra. Nel libro citato Gould afferma espressamente: «Il magistero della scienza copre la realtà empirica: di che cosa è composto l’universo (il “fatto”) e perché funziona così (la “teoria”). Il magistero della religione si estende sulle questioni del significato ultimo e dei valori morali. Questi due magisteri non si intersecano, né esauriscono ogni tipo di ricerca (consideriamo per esempio il magistero dell’arte e il significato di bellezza)» (3).

Una posizione simile a quella espressa da Gould è stata sostenuta nel 1999 dalla National Academy of Sciences nella pubblicazione Science and Creationism, dove si legge: «Gli scienziati, come molti altri, sono sensibili all’ordine e alla complessità della natura. Molti tra essi sono poi profondamente religiosi. Ma la scienza e la religione nell’esperienza umana occupano due ambiti separati. Tentare di unirli diminuisce lo splendore di entrambi» (4).

La posizione di Gould e della National Academy of Sciences, tuttavia, non rappresenta una novità particolarmente originale. Anche altri autori, nel passato, hanno sostenuto tesi simili. Ad esempio, il filosofo e matematico Alfred North Whitehead, nel 1925 aveva scritto: «Ricordiamo gli aspetti assai diversi dei fatti di cui ci si occupa rispettivamente nella scienza e nella religione.

La scienza tratta le condizioni generali che regolano i fenomeni fisici, secondo le osservazioni; mentre la religione è completamente avvolta nella contemplazione dei valori morali ed estetici. Da un lato c’è la legge di gravitazione, dall’altro la contemplazione della bellezza della santità. Una parte coglie ciò che l’altra non riesce a vedere; e viceversa» (5).

Lo stesso Galileo nella celebre lettera a Cristina di Lorena scritta nel 1615, afferma che esiste una netta distinzione tra le finalità delle Sacre Scritture e quelle della scienza: «[…] non avendo voluto lo Spirito Santo insegnarci se il cielo si muova o stia fermo, né se la sua figura sia in forma di sfera o di disco o distesa in piano, né se la Terra sia contenuta nel centro di esso o da una banda, non avrà manco avuta intenzione di renderci certi di altre conclusioni dell’istesso genere […] quali sono il determinar del moto e della quiete di essa Terra e del Sole […] ciò è l’intenzione dello Spirito Santo essere d’insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo» (6).

Apparentemente la tesi può sembrare convincente. Ma un esame più approfondito ne mette in evidenza i limiti. Limiti che furono immediatamente fatti notare dai diversi interventi critici che l’articolo di Gould suscitò. Tra questi ricordiamo quelli dello zoologo Richard Dawkins, del filosofo e neuroscienziato Sam Harris, del genetista Francis Collins e altri.

È sicuramente vero che la scienza, per sua natura, si occupa solo di entità empiricamente rilevabili. Cerca di comprendere la realtà nell’ambito del “conoscibile”, senza pretendere di raggiungere verità assolute, nella consapevolezza che ogni nuova scoperta non fa altro che allargare la frontiera della realtà a noi sconosciuta. La religione, al contrario, si occupa (o dovrebbe occuparsi) di questioni metafisiche che sfuggono a ogni possibilità di indagine empirica.

In linea di principio quindi, se entrambe si limitassero al proprio dominio di competenza, potrebbe essere possibile una pacifica convivenza. È ovvio che la scienza lascia scoperti numerosi settori della nostra esistenza: nulla ci dice infatti sul senso della vita, su quello della realtà in cui viviamo e su molte cose che appartengono alla sfera puramente umana o, se si vuole, spirituale.

In questi settori, se a qualcuno fa piacere, possono trovare spazio risposte di tipo metafisico in grado di svolgere un ruolo consolatorio e forse migliorare l’esistenza dei singoli individui o per lo meno di coloro i quali trovano deprimente vivere senza certezze assolute. Come ebbe a osservare John Stuart Mill nei suoi Saggi sulla religione: «Finché la vita umana sarà inferiore alle aspirazioni degli uomini vi sarà un desiderio insaziabile per cose superiori, che trova la sua più ovvia soddisfazione nella religione. Finché la vita terrena sarà piena di sofferenze vi sarà necessità di consolazioni, che la speranza del Cielo offre agli egoisti, e l’amor di Dio alle persone miti e riconoscenti» (7).

Si tratta ovviamente di scelte puramente soggettive in cui l’opinione del singolo è sovrana. Significativa a tale proposito è la posizione di un noto scettico e razionalista, il giocologo matematico americano Martin Gardner, che in un’intervista del 1997 affermò: «Il saggio che cito più spesso a difesa del fideismo è La volontà di credere di William James.

In sostanza, James afferma che, se si hanno forti ragioni emotive per credere a un’affermazione metafisica, e la stessa non è definitivamente contraddetta dalla scienza o da qualche argomentazione logica, allora si ha il diritto di compiere il cosiddetto salto della fede se questo procura una sufficiente soddisfazione. Questa posizione fa imbestialire gli atei perché non possono più discutere con te, così come non possono discutere del fatto che ti piaccia o meno la birra. Per me è tutta una questione emotiva» (8).

È interessante sottolineare la condizione posta da James e da Gardner: «se si hanno forti ragioni emotive» si può credere a un’affermazione metafisica «se la stessa non è definitivamente contraddetta dalla scienza o da qualche argomentazione logica». Osserviamo però che se un’affermazione può essere contraddetta dalla scienza non è propriamente metafisica.

Riteniamo che il punto cruciale di tutto il discorso sia proprio questo: definire cosa si intenda per metafisica. L’Enciclopedia Treccani definisce la metafisica nel modo seguente: «Branca della filosofia che, tradizionalmente, mira a individuare la natura ultima e assoluta della realtà al di là delle sue determinazioni relative, oggetto delle scienze particolari».

La metafisica quindi, a differenza della scienza, ambirebbe a una spiegazione ultima della realtà. È però evidente che essa, ammesso che abbia senso parlarne, debba casomai aggiungere qualcosa alle scienze particolari e non può, in nessun caso, entrare in conflitto con esse e tanto meno sostituirsi a esse.

Purtroppo però la storia insegna che il concetto di metafisica delle religioni tradizionali non ha mai soddisfatto questi requisiti. Lo stesso Gould cercò di ribattere a questo tipo di obiezioni affermando: «La religione non può essere messa sullo stesso piano del letteralismo della Genesi, del miracolo della liquefazione del sangue di san Gennaro… o dei codici biblici della cabala e delle moderne campagne pubblicitarie sui media.

Se questi colleghi vogliono combattere la superstizione, l’irrazionalismo, il filisteismo, il dogma e una serqua di altri insulti all’intelligenza umana (spesso convertiti politicamente anche in pericolosi strumenti di morte e di oppressione) allora che Dio li benedica – ma non chiamino “religione” questo nemico» (9).

E come si dovrebbe chiamare? Con buona pace di Gould, la religione reale è fatta anche e soprattutto delle cose da lui elencate. Gould, ateo dichiarato, ha evidentemente in testa un modello ideale di religione che di fatto però non è mai esistito. Forse l’unica religiosità compatibile con le idee di Gould è costituita da alcune forme di teismo di stampo illuministico che ipotizza un dio distante, del tutto distaccato dal mondo e completamente indifferente alle vicende terrene. Un teismo che nella pratica non è poi così diverso dall’ateismo.

Ma quante delle persone credenti accetterebbero una religiosità di questo tipo? Quanti rinuncerebbero all’idea di un dio immanente, un dio che fa miracoli, un dio che si può pregare, un dio che giudica, premia e castiga, eccetera? (L’idea di preghiera merita un commento particolare. Il credente che prega il suo dio lo sta invitando a intervenire per modificare il corso degli eventi. Se si ammette questa possibilità, come si può, contemporaneamente, accettare una descrizione degli eventi come quella fornita dalla scienza?)

Purtroppo nelle forme reali di religiosità si accettano moltissime affermazioni che non sono affatto propriamente metafisiche e che entrano inevitabilmente in rotta di collisione con la scienza e la logica. Prima fra tutte è l’ammissione dell’esistenza del soprannaturale e della possibilità di quest’ultimo di manifestarsi nel reale.

Questo porta spesso i credenti a intraprendere dure battaglie contro le concezioni scientifiche che contrastano con le proprie convinzioni. Se si limitassero a criticare certe eventuali derive metafisiche della scienza, l’intervento potrebbe anche essere legittimo. Può infatti capitare che da certe teorie scientifiche qualcuno tragga impropriamente conseguenze metafisiche e/o ideologiche ingiustificate.

L’esempio più evidente del passato è costituito dal positivismo ottocentesco che aveva elevato la stessa scienza a metafisica, assolutizzando le sue affermazioni. La necessità di non sconfinare dal proprio dominio vale evidentemente per la religione, ma anche per la scienza.

Purtroppo però chi è condizionato da una fede religiosa molto spesso non accetta certe affermazioni della scienza poiché le considera, giustamente, un pericolo per le proprie convinzioni. Uno degli esempi più significativi sono le battaglie che molti credenti hanno condotto e conducono contro la teoria darwiniana dell’evoluzione.

Dal loro punto di vista infatti è comprensibile considerare tale teoria un pericolo per le loro credenze. Chi cerca infatti di conciliare le proprie credenze religiose con le affermazioni della moderna biologia è costretto a rischiosissime acrobazie logiche.

A proposito di evoluzione vi è poi un’altra questione interessante. Molte ricerche che coinvolgono studiosi di evoluzione, neuroscienziati e psicologi cognitivi, da qualche tempo, stanno fornendo interessantissimi contributi che consentono di comprendere come nasca nell’uomo il sentimento religioso (10). Francamente mi resta davvero difficile capire come un credente possa mantenere la propria fede e contemporaneamente accettare questi risultati della scienza.

Discorso simile vale per la morale. Lo stesso Gould ha affermato (vedi sopra) che «Il magistero della religione si estende sulle questioni del significato ultimo e dei valori morali». La scienza tuttavia sta cominciando a fornire interessanti contributi anche per spiegare la nascita dei principi morali, ad esempio riesce a interpretare evolutivamente l’origine dell’altruismo (11). Anche in questo caso la non sovrapponibilità dei due magisteri affermata da Gould viene evidentemente meno.

Per concludere, quindi, la tesi dei due magisteri non sovrapponibili, a un esame più approfondito, non appare molto solida. Scienza e religione appaiono, in ultima analisi, difficilmente compatibili e conciliabili (12). Come ha affermato Richard Dawkins, «Un universo con una presenza soprannaturale sarebbe un tipo di universo fondamentalmente e qualitativamente diverso da uno senza» (13). E la scienza descrive inevitabilmente un universo privo di soprannaturale.

La tesi di Gould appare sostanzialmente come un tentativo diplomatico (14) di salvare capra e cavoli, mantenendo un atteggiamento rispettoso verso la religione. Non per niente questa tesi viene generalmente condivisa dai credenti. Rappresenta infine anche un modo abbastanza elegante per evitare di impelagarsi in lunghe discussioni (confesso di averne fatto uso io stesso, in qualche circostanza, non avendo voglia di discutere).

Silvano Fuso

Approfondimenti

  1. S.J. Gould, Nonoverlapping Magisteria, Natural History 106, 16-22, 1997; consultabile alla pagina go.uaar.it/waz7q12
  2. Traduzione italiana (di M. Papi.): S.J. Gould, I pilastri del tempo. Sulla presunta inconciliabilità tra fede e scienza, Il Saggiatore, Milano, 2000
  3. Ibid.
  4. Science and Creationism: A View from the National Academy of Sciences, National Academy Press, Washington, DC: 1999
  5. A.N. Whitehead, La scienza e il mondo moderno, Bompiani, Torino, 1945 (p. 265)
  6. G. Galilei, Lettere, Einaudi, Torino 1978 (pp. 128-135)
  7. J.S. Mill, Saggi sulla religione, Feltrinelli, Milano 2006
  8. Intervista di Michael Shermer a Martin Gardner, Skeptic 5 (2), 1997
  9. S.J. Gould, I pilastri del tempo. Sulla presunta inconciliabilità tra fede e scienza, op. cit. (pp. 209-210)
  10. M. Shermer, Homo credens. Perché il cervello ci fa coltivare e diffondere idee improbabili, Nessun Dogma, Roma 2015; J. Anderson Thomson, Perché crediamo in Dio (o meglio, negli dèi), Nessun Dogma, 2015; V. Girotto, T. Pievani, G. Vallortigara Nati per credere. Perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin, Codice Edizioni, 2008; Bruce M. Hood, Supersenso. Perché crediamo nell’incredibile, Il Saggiatore 2010
  11. M. Nowak, Supercooperatori, Codice Edizioni, Torino 2012; P.S. Churchland, Neurobiologia della morale, Raffaello Cortina, Milano 2012
  12. J. A. Coyne, O scienza o religione. Perché la fede è incompatibile coi fatti, Nessun Dogma, Roma 2016
  13. R. Dawkins, When Religion Steps on Science’s Turf, Free Inquiry, 18 (2) 1998; consultabile alla pagina: go.uaar.it/g4h61e2
  14. Lo stesso Gould lo affermò in occasione di un discorso tenuto nel marzo 2000 davanti all’American Institute of Biological Sciences, anche se non riteneva prioritario l’argomento diplomatico; consultabile alla pagina go.uaar.it/u4u77ix

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24 commenti

Diocleziano

Come base di discussione si può affermare che l’essenza della religione è nella credenza dell’esistenza di dio. L’esistenza di dio, a tutti gli effetti, si può definire un ‘FATTOIDE’.

Ne riparliamo dopo che mi sarò rifocillato… 😛

Mixtec

Caro Diocleziano,
tu proponi la definizione di religione data da Tylor nel 1871; è piaciuta a Marvin Harris (1989) e piace anche a me. Mi pare che anche un rivale di Harris, Marshall Sahlins, sia dello stesso avviso, almeno per quel che ho letto finora del suo, postumo, “La nuova scienza dell’universo incantato.”
Clifford Geertz, 1966, definì la religione come “un sistema di simboli che permette di stabilire potenti, pervasivi, duraturi stati d’animo e motivazioni negli uomini, formulando concezioni sull’ordine generale dell’esistenza e rivestendo tali concezioni con una tale aura di fattibilità che gli stati d’animo e le motivazioni (suscitate( appaiono le sole realistiche (vere).
Geertz, a mio parere, e forse anche a parere di altri, voleva includere in un’unica definizione sia le religioni che le ideologie politiche totalitarie.
Comunque, ritornando al NOMA, il fatto è che da più di venticinque anni ormai sono comparsi studi sull’origine e le funzioni delle religioni basati sulle scienze cognitive ed evoluzionistiche darwiniane (e di cui in Italia si parla poco).
In altre parole, ci sono scienziati (delle volte presunti tali) che studiano le religioni esaminadole scientificamente.

Mixtec

Nel Postscript Gould ci dà particolari informazioni: lo scritto fu preparato per un congresso in Vaticano organizzato da Carl Sagan. Leggendo fra le righe, ed anche nelle righe, si capisce che Gould ritiene scienza e religione magisteri compatibili se la religione si riduce ad una filosofia morale. Ovviamente la religione non è soltanto un’etica, e Gould si è, a parer mio, divertito a prendere per i fondelli preti e cardinali, con la complicità del suo amico Carl.
I preti devono essersene accorti, e hanno pregato per farli andare anzitempo a render conto dei loro pensieri e delle loro azioni al Creatore. Esauditi.

laverdure

“Gould in pratica sostiene che scienza e religione possono pacificamente convivere poiché ognuna ha il proprio dominio, che non si sovrappone a quello dell’altra.”

Un discorso rispettabilissimo : la scienza deve occuparsi solo del dominio della realta’,la religione di tutto il resto.
Il resto comprende ad esempio anche tutta la narrativa “fantasy”, dalle fiabe dei Fratelli Grimm ai fumetti di Topolino e Paperino.
Farei notare che pero’ esiste un ” terzo incomodo” laico,rappresentato dal “politicamente corretto”,che tende a ficcare il naso in entrambi i campi.
Ricordate ad esempio la Conferenza di Siviglia,che bollo’ come “eretica” la teoria condivisa da molti scienziati,fra i quali lo stesso Gould credo,secondo la quale la tendenza alla violenza,alla guerra e’ un tratto fondamentale dell’inconscio collettivo umano ?
Contraddicendo in tal modo le regole elementari del metodo scientifico,dove le teorie non si approvano in tribunale ma ognuno le giudica da se.
Quanto alle intromissioni nell’altro campo,basta citare le crociate recenti contro classici secolari come quelli di Shakespeare o contro cartoni Disneyani,rei di esporre idee contrarie all'”intersezionalita” (qualunque cosa possa significare)

Diocleziano

“…la scienza deve occuparsi solo del dominio della realtà, la religione di tutto il resto…”

Sarò forse lapalissiano, ma se la religione afferma delle verità DEVE rientrare nella realtà.
Su questi equivoci la CdM ci campa da secoli. Tutto quello su cui si fonda la religione è reperibile su WikiPedia alla voce ‘pseudoscienze’.

Diocleziano

Se è vero – come è vero – ciò che dice Nietzsche sulla religione: “Mai una religione ha contenuto

una verità, né direttamente né indirettamente, né come dogma né come similitudine”.

Di quale magistero stiamo parlando? Prendiamo i due ultimi papi: quello tedesco, astratto e

incomprensibile è stato subito qualificato di ‘grande teologo’, quello argentino, piacione,

elementare, a livello popolare come ‘a sora Lella… rappresentano le due modalità della

comunicazione. Qualcosa di più articolato e credibile no? D’altra parte, se ai credenti piacesse

pensare non sarebbero fedeli. Che la religione non si sovrapponga alla scienza è un difetto, non

un pregio: sottolinea la sua astrusità.

Maurizio

Ma certo che scienza e religione possono convivere! Ogni libreria ha uno scaffale per i testi di fisica e uno per le storie di Topolino. L’importante è capire qual è lo scaffale dove collocare i cosiddetti testi sacri.

laverdure

Nell’articolo si fa notare che i Teisti,a differenza dei Deisti,ritengono che Dio,dopo aver creato l’Universo e stabilito le sue leggi,se ne e’ distaccato,lasciandolo funzionare in maniera autonoma,secondo appunto leggi immutabili.
Questo secondo la piu’semplice logica escluderebbe ogni possibilita di miracoli,che per definizioni consistono in “eccezioni” a tali leggi,grazie alla momentanea “intromissione” di Dio sollecitato dalle preghiere.
In realta proprio la scienza,in particolare la fisica quantistica,fa pensare che Dio si sia concesso un piccolo spiraglio di intervento.
Quella “indeterminazione”,che Einstein non riusci’ mai ad accettare,e che consiste in effetti senza causa prevedibile nemmeno teoricamente,consisterebbe ne piu’ ne meno nell’intervento di Dio stesso che fa collassare ogni voltala famosa “funzione d’onda “di ogni fenomeno quantistico a suo arbitrio.
Insomma Dio “gioca ai dadi con l’universo”per davvero,sia pure a livello microscopico,senza peraltro violare nessuna delle leggi da lui stesso stabilite.
Sarebbe una teologia accessibile solo a chi dispone di una discreta cultura scientifica,ma senza dubbio coerente.

laverdure

Certo un Dio che decide a suo arbitrio lo spin di un elettrone e’ meno spettacolare di un Dio che resuscita un morto o guarisce un lebbroso,ma in fondo ,parafrasando Bohr,l’uomo non puo’ suggerire a Dio quanto spettacolari debbano essere le sue manifestazioni.
No ?

Mixtec

“Nell’articolo si fa notare che i Teisti,a differenza dei Deisti, etc.”
Secondo Kant, ed anche secondo me, è al contrario.

laverdure

Personalmente io applico questa logica : se una cosa ESISTE e'”naturale”,indipendentemente dal fatto che noi,ora,siamo in grado di renderci conto della sua esistenza.
Un tempo ad esempio nessuno conosceva l’esistenza delle onde elettromagnetiche,che pure esistevano allora come adesso.
E probabilmente vi sono fenomeni fisici che ignoriamo totalmente ora nello stesso modo e scopriremo in futuro.
E se invece NON ESISTE non e’ soprannaturale,e’ solo una “patacca”,come il famoso “drago invisibile” di Carl Sagan.

pendesini alessandro

Non c’è assolutamente alcun motivo per credere che possiamo rispondere a tutte le domande che facciamo noi stessi. Ed è normale che ci sia l’inspiegabile e il misterioso nel mondo – è il contrario che sarebbe sorprendente. Nessuno puo’ pensare di fare suonare gli organi della metafisica perché cani o gatti non comprendono alcuni aspetti del loro ambiente. Perché reagire in modo diverso quando si tratta di questi particolari animali che l’antropologia descrive giustamente come scimmie epifenomenali umane ? Certamente, la scienza riduce la nostra ignoranza, ma non elimina la nostra perplessità. In effetti, più avanziamo, più tocchiamo le realtà che sono molto piccole con meccaniche quantistiche, o molto grandi o molto antiche con la cosmologia, e non è irragionevole aspettarsi che l’Universo ci appaia -col progresso della scienza sempre più strano. Il miglior rimedio psicologico contro le derive metafisiche legate ai limiti della scienza è cambiare la prospettiva e dire che non è il mondo che è magico, ma noi che siamo intelligentilmente stupidi…. Il nostro potere cognitivo non è così sorprendente che alcuni “illuminati” pretendono o immaginano !
Quando il matematico elabora delle regole di coerenza logica, regole di esclusione, un formalismo, costruisce un linguaggio universale e questo gli consente di riconoscere le proprietà dell’oggetto che ha precedentemente costruito. Finalmente “scopre” le conseguenze di ciò che ha immaginato! Rivela ciò che Granger chiama il “contenuto formale” dell’oggetto matematico. Nessuno dirà, tranne certi credenti o « illuminati », che il Vebo esiste prima della Materia!

Mixtec

“Ed è normale che ci sia l’inspiegabile e il misterioso nel mondo ”
Soprattutto nel mondo futuro. Per esempio, dopo la Resurrezione manterremo lo stesso DNA della vita terrena? E se eravamo daltonici, continueremo ad esserlo o il gene difettoso sarà riparato. Certo anche un emofilico sarà immortale, ma continuerà a sanguinare in abbondanza dopo qualche graffio?
La vita eterna si baserà sul consumo di energia? (in altre parole, i resuscitati avranno un metabolismo?) Se sì, allora vuol dire che verrà abrogato il Secondo Principio della Termodinamica. Bello! Non vedo l’ora.

Diocleziano

Certo è che sarà sempre più difficile dare risposte sull’al di là: per esempio dove esso si trova. Fino a un secolo fa le risposte più balorde potevano essere date con grande faccia tosta, che tanto il popolo bue si beveva tutto, oggi è più complicato.

RobertoV

Non mi sembra sensato citare Galileo come sostenitore dei due mondi separati religione e scienza perchè viveva all’epoca dell’inquisizione e per aver semplicemente sostenuto una tesi del genere ha rischiato la propria vita. Visto il potere e l’intolleranza secolare delle religioni certe dichiarazioni sembrano più dichiarazioni “diplomatiche” ed opportunistiche per far accettare le proprie scoperte. Lo stesso potrebbe valere per J Gould che era un evoluzionista, evoluzione fortemente osteggiata dalle religioni, basterebbe vedere quello successo a Darwin. Certo J Gould non rischiava la vita come Galileo, ma visto il potere politico ed economico e l’intolleranza delle religioni uno scontro troppo aperto con le religioni potrebbe essere dannoso. Perchè non è vero che le religioni si occupano solo di spiritualità e morale, ma si sono sempre occupate di tutto, dalla conoscenza all’istruzione, dal modo di pensare, alla politica, all’economia, tutto diventa di sua competenza, la stessa società e le leggi. Infatti accetta oggi le conquiste scientifiche che non la disturbano, mentre contesta quelle che possono creare dei problemi al suo potere ed una volta erano molte di più.
Inoltre su quali basi si arrogano il diritto di essere riferimento per la morale se i loro presunti libri sono stati scritti da altri uomini e ne esistono diverse versioni ed interpretazioni?
A questo va aggiunto che l’evoluzione delle conoscenze scientifiche ci porta anche a modifiche della società e dell’etica e a scoprire anche le radici dell’etica umana.

Diocleziano

… accetta oggi le conquiste scientifiche che non la disturbano…

O le ignora, come ha fatto con la notizia della signora che ha rifiutato il ‘dono’ imposto dal loro dio e se n’è andata senza troppi clamori. Strano che papafrancesco non abbia sentito il bisogno di farci sapere cosa ne pensa o, almeno, rai-dio che è la sua portavoce, non ha riportato nulla.

laverdure

Una domanda ricorrente e’ “Perche’l’Universo e’ cosi ?”
Ci sono un paio di risposte : la piu semplice e’ : “Come potrebbe essere diverso ?”
Sarebbe come pretendere che nella geometria piana il valore del pi greco potesse essere,espresso in notazione decimale,diverso da 3,14…….
Insomma : questo e’ l’UNICO universo possibile.
La seconda possibilita e’ che esistano altri,magari infiniti universi dalle leggi fisiche
differenti dal nostro,ma coerenti come nel nostro.
Ma del tutto separati dal nostro e senza nessuna interazione possibile,come il famoso “drago invisibile” di Sagan.
Per cui la loro esistenza o meno sarebbe una pura speculazione irrimediabilmente campata in aria, indimostrabile come vera quanto come falsa.
Scienza e religione si occupano appunto di due diversi universi,la prima ovviamente del nostro,l’altra degli altri appena citati.

Diocleziano

Vabbe’, ma almeno per educazione, quelli che campano dei frutti dell’altro universo dovrebbero spiegare di quali vie di contatto possono avvantaggiarsi. Spero non sia la solita storia del cuggino…

pendesini alessandro

Ritengo sia utile ricordare che non è la scienza che è pericolosa, ma il suo utilizzo ! Non esistono scienze applicate. L’unione stessa di queste parole è insensata per non dire scioccante. Ma ci sono applicazioni scientifiche, il ché è molto diverso. La chimica non è né pesticidi né additivi, inquinamento, né gas di combattimento … coloro che supportano tali idee, e sono molti !, si sbagliano o comunque potrebbero sbagliarsi, confondendo la scienza e le sue applicazioni tecnologiche o tecniche. La scienza, come esplorazione della materia da parte del potere dello spirito (non santo !), come punto di incontro tra l’uomo e la natura, è pura e nobile. Il resto non lo riguarda : è solamente business dell’industria, della politica e, sovente, dell’irrazionalità dell’uomo « doppiamente sapiens », creatura divina per eccellenza….

RobertoV

Non sono d’accordo con questa distinzione tra scienza e tecnologia e le sue applicazioni, che mi sembra una visione antiquata. La scienza di oggi è strettamente vincolata alla tecnologia ed alle sue applicazioni. Se voglio aumentare le conoscenze devo sviluppare la tecnologia a cui collaborano gli stessi scienziati. Per poter indagare la fisica delle particelle devo sviluppare macchine adeguate come si vede al Cern, macchine che mi permettano di vedere ciò che voglio studiare e confermare eventuali teorie. Tra l’altro al Cern hanno contribuito a sviluppare internet che era funzionale all’indagine scientifica. Se voglio indagare l’universo devo sviluppare rilevatori e telescopi adeguati a quello che voglio indagare. Chi ha sviluppato la tecnica Crisp lo ha fatto per aumentare le proprie conoscenze e questa tecnica poi può essere utilizzata in vari modi. Non è un caso che anche gli ingegneri oggi facciano i ricercatori e che medici e fisici facciano gli ingegneri perchè senza questo connubio si fa fatica ad andare avanti nella conoscenza. Che poi questi prodotti tecnologici subiscano ulteriori sviluppi industriali questo è un discorso differente legato al perfezionamento ed alla applicazione ad altri ambiti e per altre funzioni. La scienza non è un mondo a se stante e deve affrontare problemi reali della società, cercando soluzioni e traendone stimoli. Oltre ad essere influenzata dai finanziamenti che permettono di pilotare ed accelerare la conoscenza. Come si è visto con la conquista della Luna o recentemente con la produzione di vaccini contro il covid.

pendesini alessandro

Caro Roberto V
Sei ovviamente “libero” (premesso che la libertà, o libero arbitrio tenga la strada)…. di credere quello che vuoi ! Mi sia concesso ripetere il mio commento su questo sito circa un anno fa….Senza pretese di convincere chi che sia….
Già da secoli certi accusano la scienza causa di tutti i mali. Responsabile dell’inquinamento, malattie, crisi economiche, proliferazione di armamenti, ecc…. Dimenticano che la scienza non è né buona né cattiva. Non è né morale né immorale. Solo il suo uso da parte degli uomini può essere buono o cattivo, morale o immorale, inquinante o benefico…. Un martello può essere usato per costruire una casa o per colpire il cranio del suo vicino. Lo stesso esplosivo può uccidere o servire a costruire canali, irrigare la terra e vincere la fame. Un razzo può essere usato per bombardare un paese e uccidere i suoi abitanti. Ma anche andare ad esplorare pianeti vicini e quindi generare importanti scoperte per il futuro dell’umanità. Lo scienziato scopre le leggi che consentono di inventare un razzo. L’ingegnere costruisce il razzo. Il cittadino può desiderare questa o quella destinazione. Il politico decide dove lanciarlo. Ciò che è in gioco è l’uomo, la sua conoscenza, educazione e coscienza, e non la scienza !!!
Sans rançune ?
Per contro, è scontato che la scienza, migliora la nostra conoscenza e anche, in un certo campo come la medicina, e non solamente le nostre condizioni di vita, ma non cambia radicalmente la nostra personalità innata, o incoscienza quindi istinti e pulsioni. Restiamo comunque dei barbari, ma già da tempo cominciamo a saperlo….

RobertoV

Pendesini
Mi sembra che tu non abbia capito il mio intervento. Io da ingegnere e ricercatore contesto l’idea della separazione tra scienza e tecnologia, dove la scienza è buona e la tecnologia è cattiva, oggi sono strettamente legate. Anche un ingegnere oggi fa ricerca e non è vero che lo scienziato scopre le leggi e l’ingegnere costruisce il razzo. Anche l’ingegnere contribuisce alla scoperta delle leggi che senza la tecnologia oggi sono scoperte impossibili. Questa distinzione è di altri tempi. Per fare un esempio negli anni ’80 quando studiavo al Politecnico il “vangelo dell’ingegnere” era il manuale del Colombo che aveva subito una evoluzione notevole dalle prime versioni di fine ottocento, mentre prima era un vero manuale da utilizzarsi per la progettazione, dopo aveva una parte teorica che rappresentava la parte principale. E poichè per fare ricerca ci vogliono grossi finanziamenti è impensabile che non vi sia un indirizzo o uno stimolo da parte della politica e della società e di interessi industriali e talvolta soluzioni adottate per ragioni barbare, tipo la guerra o economiche, possono alla fine portare a conquiste positive: un mio professore sosteneva che molte delle scoperte erano scoperte militari declassate. Per esempio l’evoluzione del missile ha permesso anche l’astronautica civile e l’evoluzione delle cure mediche dei feriti di guerra ha migliorato le conoscenze in un clima di pace. Per esempio il cortisone è stato scoperto in una logica di guerra, la II. E siccome sono d’accordo sul fatto che siamo tendenzialmente dei barbari l’utilizzo delle conoscenze tecnico-scientifiche che io considero un tuttuno può portare ad applicazioni o sviluppi negativi, ma questa è una critica alla società ed alla politica, ed all’uomo in generale, non alla conoscenza tecnico-scientifica.

pendesini alessandro

Quando un bambino/adolescente si sviluppa bene, in una famiglia equilibrata, in una società in pace e in una cultura che facilita gli incontri, il bisogno di religione è molto meno importante. Coloro che vivono senza dio nei paesi dell’Europa settentrionale sono in buona salute mentale, ma la loro teoria della mente non è “ambiziosa”: non hanno bisogno di narrazioni metafisiche o mitiche, senza che questo possa indurli a svegliare, ma anche amplificare l’angoscia e/o solitudine dell’enigma di essere vivi. Alcune spiegazioni accessibili sono sufficienti per questi teorici per risentire un –sia pur relativo benessere nell’istante che passa. I senza-dio accettano volentieri l’incertezza, sono più autonomi, meno conformisti, amano la riflessione indotta dal dubbio, utilizzano raramente la parola “tolleranza” perché non devono tollerare la presenza di un altro che vive semplicemente con loro….

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