La nostra rivista Nessun Dogma ha recentemente pubblicato un’indagine di Federico Tulli sui contributi pubblici in favore dell’editoria. Benché in teoria avrebbero il condivisibile scopo di finanziare il pluralismo, in pratica è emerso che (tanto per non cambiare) il mondo cattolico è quello che la fa da padrone.
Non solo per il cospicuo numero di testate che riceve stanziamenti, ma anche perché le sue due pubblicazioni più importanti sono salite entrambe sul podio della classifica dei fondi ricevuti: il settimanale Famiglia Cristiana si porta a casa circa sei milioni di euro l’anno, il quotidiano Avvenire 5,6 milioni. Sono somme enormi, per uno stato indebitato che si proclama laico. A scavare, vien fuori che lo scandalo non si limita all’importo erogato, ma si estende purtroppo anche al modo in cui viene utilizzato.
Stando ai dati di vendita Ads pubblicati da Prima Comunicazione (una testata specializzata in editoria) Avvenire è il quinto quotidiano italiano più seguito, con quasi centomila copie diffuse giornalmente tra cartacee e digitali.
La newsletter Charlie, curata da Il Post, realizza tuttavia un’estrazione mensile più sofisticata, «sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera)». Il risultato che si ottiene descrive quindi molto più fedelmente la reale circolazione dei quotidiani. E il dato effettivo, per quello di proprietà dei vescovi, è semplicemente catastrofico.
Precipita infatti a circa 15.000 copie, uscendo persino dalla top quindici della classifica. Perché l’85% delle copie diffuse da Avvenire è costituito da copie gratis, iperscontate o acquistate da istituzioni. Nessun altro quotidiano tra quelli presi in considerazione si avvicina anche soltanto lontanamente a una percentuale di questo tipo.
Riassumendo: il quotidiano dei vescovi, quello che ha alle spalle la più grande multinazionale del mondo e i giganteschi introiti dell’8×1000, incassa quasi sei milioni all’anno di contributi statali. Con questi soldi può permettersi di circolare soprattutto gratuitamente, o a prezzi di estremo favore (di chi?), e peraltro quasi unicamente su carta (i cui costi, nell’ultimo anno, sono saliti considerevolmente), rappresentando così il giornale proporzionalmente meno scelto da chi vuole spendere qualcosa per leggersene uno.
Si tratta di un caso esemplare di proselitismo «dopato» (per riprendere la parola usata da Charlie) dalle tasse pagate dai contribuenti – che, grazie all’avanzare della secolarizzazione, in due casi su cinque non sono ormai neppure cattolici. E che va ad aggiungersi all’evangelizzazione della Rai: che è finanziata dai contribuenti per erogare servizio pubblico, ma in cui l’opinione cattolica vi è espressa con frequenza letteralmente totalitaria.
L’ennesimo gigantesco spreco di fondi statali è una volta di più un carissimo regalo alla Chiesa. Anche in questo caso, la sforbiciata dovrebbe aver luogo non solo per ragioni di laicità, ma – ancora prima – per banalissimi motivi di decenza.
Raffaele Carcano
Com’era quella storia degli ultimi che saranno i primi? AHHAHHHAAA!!! Che schifo!
Nella mia scuola (pubblica) distribuiscono gratuitamente Avvenire, non altri quotidiani, e non ho mai capito perché… non so se anni fa qualche dirigente l’ha richiesto o l’iniziativa parta da altri
Siamo proprio sicuri che sia gratuito? Oppure qualche digeren†e scolastico lo fa passare come strumento didattico…
Volete schifarci ancora di più?
Quale importante catena di distribuzione commerciale ha stipulato una convenzione con “avvenire” per garantire uno sconto ai propri soci che volessero abbonarsi a tale quotidiano? Ebbene sì, proprio la Coop!