Abbiamo avuto l’onore di incontrare una figura storica della politica italiana: Bruno Segre. Antifascista e partigiano, avvocato, giornalista, ateo dichiarato, attivista per i diritti civili e per la laicità. Un impegno che continua: di recente Segre è intervenuto a sostegno della rimozione del crocifisso posizionato nella Sala Rossa del Consiglio comunale di Torino. Il giornalista Daniele Passanante ha intervistato Segre sul numero 4/23 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.
Bruno Segre ha vissuto il novecento e, nella sua lunga vita, ha attraversato gli ismi che lo hanno caratterizzato: socialismo, fascismo, anarchismo, ateismo, laicismo. Avvocato, giornalista, uomo libero da condizionamenti religioso-politici (come ama definirsi), partigiano, ateo, compirà 105 anni il 4 settembre 2023. Ci ha accolto nella sua casa di Mirafiori Nord, quartiere torinese a due passi dagli stabilimenti Fiat oggi quasi deserti.
L’appartamento è pieno di libri e riviste, ordinate e accatastate, perfino sul divano e poi negli scaffali fino al soffitto. Di padre ebreo e madre cattolica, Bruno Segre è non credente da sempre. Durante il fascismo, dopo le leggi razziali del 1938, il fratello e la sorella furono battezzati. Segre no, poiché convintamente ateo. Fu quindi considerato ebreo dai non ebrei e dal fascismo, invece non ebreo dagli ebrei per il rifiuto della circoncisione, del cibo kasher, del riposo sabbatico, del digiuno e degli altri riti tradizionali.
Presidente dell’associazione Giordano Bruno, ha fondato i giornali La ragione, poi Libero pensiero e il periodico L’incontro. Con orgoglio ricorda che il fratello del nonno partecipò alla breccia di porta Pia il 20 settembre 1870. Con lucidità e viva passione ci ha raccontato delle sue recenti battaglie per la laicità nelle istituzioni.
Negli anni ‘70 furono vinti i referendum su aborto e divorzio, in un’Italia in cui la religione cattolica faceva molto più presa di adesso. Oggi che più di 10 milioni di italiani sono atei o agnostici, con la secolarizzazione in costante avanzata, sembra per assurdo più difficile ottenere atti concreti della classe politica. Come mai?
Prima di tutto bisogna credere nelle forze del progresso. Il progresso apre la mente, illumina i personaggi. Sulla base delle esperienze, delle guerre e della rivoluzione, uno si rende conto che le cose sono cambiate. Quando andai a scuola nel 1924 a sei anni, sulla parete c’era solo la fotografia del re Vittorio, il piccolo re Sciaboletta. Poi l’anno dopo quando tornai c’era anche il crocifisso. Da allora è sempre rimasto.
Io sono per la rimozione. Tant’è che con l’amico e collega Silvio Viale ho fatto un’istanza e il sindaco di Torino ha convocato tutti i capigruppo il 7 maggio scorso. Nella sede del municipio ho illustrato il mio punto di vista in cui chiedo la rimozione di un simbolo divisivo. L’unico posto in cui viene rimosso è quando ci sono le elezioni, perché il crocifisso poteva influire nella scelta della Democrazie cristiana: allora si è ottenuto che nelle aule dove c’è la cabina elettorale fosse rimosso. In realtà il crocifisso, nei tribunali, negli ospedali, in carcere, dovunque ti perseguita. Il che mi pare iniquo perché è vero che la popolazione italiana è in prevalenza cattolica, ma sono le minoranze che devono essere tutelate, non la maggioranza.
Chi si batte per la laicità delle istituzioni ancora oggi deve fronteggiare queste violenze e questi attacchi, sia di fondamentalisti che di politici che li sobillano. Lei ha percepito un clima di ostilità simile quando si è recentemente esposto per avere l’aula consiliare di Torino senza crocifisso?
No, tutti i consiglieri erano d’accordo, tranne uno del gruppetto di Forza Italia che aveva chiesto di sentire anche l’arcivescovo. Qualcuno ha detto: «No, l’arcivescovo stia in chiesa». Ogni capogruppo ha poi preso la parola, qualcuno era favorevole, qualcuno ha detto che ci sono cose più importanti di queste. Io dico che è una cosa piccola, ma è grande perché incide sull’educazione dei giovani, ha un influsso educativo.
Poi è un’ingiustizia, non ha senso perché si esalta il sacrificio di un personaggio che per me era un profeta rivoluzionario come altri. Faceva miracoli come fanno i prestigiatori. Ebbe successo perché introdusse una nuova morale antischiavista. Poi ha avuto Pietro e Paolo, due attivisti, due propagandisti efficacissimi. Perciò esaltare Cristo sulla croce è riconoscere una cosa che in realtà i romani usavano come pena di morte. Quando Spartaco insorse e poi fu sconfitto nel suo tentativo di emancipare gli schiavi, i romani eressero 40mila crocifissi.
Quindi era una pena normale, non era una pena specifica per Gesù Cristo. Ma la gente è ignorante. Però mi conforta che i matrimoni religiosi diminuiscano. Io stesso quando ero consigliere comunale capogruppo del Psi, cinque anni a Torino, ho celebrato decine e decine di matrimoni e mi faceva piacere accompagnare il rito con qualche parola. Ho unito parecchie persone, la sorella di Macario e qualche attrice.
Perché è così difficile affermare la laicità dello Stato in Italia?
Secoli di storia consacrati dall’arte e dalla musica hanno radicato il cattolicesimo intransigente che non ha quasi mai permesso le altre religioni. Un esempio tipico è la persecuzione dei valdesi. Per cui le altre religioni non hanno mai avuto i mezzi. Anche perché poi la religione cattolica si identificava nel potere politico. Lo Stato pontificio, cessato il 20 settembre 1870, comprendeva mezza Italia. Il papa re si ritrasse fintantoché Mussolini fece quell’accordo del 1929 togliendo la festa del 20 settembre e sostituendola con l’11 febbraio che nessuno rispetta.
Quali difficoltà ha affrontato nel vivere da ateo?
Capita questo paradosso: io avevo un fratello e una sorella più giovani di me. Siccome i parenti di mio padre – che era ebreo – insistevano, furono iscritti alla scuola ebraica. Io invece mai, sempre la scuola pubblica! Quando vennero le leggi (le leggi razziali del 1938 – ndr) mia madre che era cattolica, non praticante anche lei, ottenne un certificato di battesimo. Così i miei due fratelli diventarono di razza ariana. Io che non avevo religione fui considerato di razza ebraica. Da una coppia di genitori nacquero due ariani e un ebreo. Ciò dimostra il paradosso di questa assurda legislazione.
Che cosa ricorda del periodo del fascismo e della Resistenza?
Dopo che io presi la laurea il 15 giugno 1940 (la guerra scoppiò il 10 giugno; mi laureai – relatore Einaudi – con una tesi su Benjamin Constant che era il fondatore del liberalismo francese), mio padre fu mandato al confino in Abruzzo, dove c’erano anche altri ebrei di Roma e di Torino. C’era Natalia Ginzburg, Donato Bachi (imprenditore e politico, figura importante dell’antifascismo torinese – ndr). Poi nell’estate andai anch’io a far visita a mio padre in questo piccolo paradiso abruzzese. Si vedeva il Sirente tra L’Aquila e Avezzano, un bel posto. Fui poi arrestato nel ‘42 perché sui muri di Torino dove c’era scritto “Viva il Re”, col gesso aggiungevo una O. E il Re diventava reo, il piccolo re traditore dello Statuto.
Come vede il futuro dei diritti civili in Italia?
Mah, l’Italia è un Paese quasi ingovernabile perché come vede oscilla da destra a sinistra. La Meloni è assurta, era in minoranza. Potevano fare una coalizione per contrastarla, avrebbero vinto. Abbiamo a che fare con politici modesti, molto modesti, che non sanno cogliere le buone occasioni. I diritti civili sono l’aspirazione costante dei migliori come Calamandrei, che ho conosciuto, Peretti Griva, Zagrebelsky, tutte persone che hanno tenuto alta la bandiera del laicismo. Perché se non c’è questo laicismo, – non laicità, laicismo come teoria, come anarchismo rispetto alla parola anarchia – ecco, senza questo substrato culturale non si può andare avanti. Il problema è di coltivare nei giovani queste idee progressiste, cominciando dal demistificare i miti e chiarire il senso della Resistenza.
Intervista di Daniele Passanante
Rimozione del crocefisso dagli spazi pubblici
Il crocefisso o crocifisso è la rappresentazione di Gesù Cristo messo in croce dai romani. È il simbolo più diffuso del cristianesimo cattolico, anglicano e ortodosso. L’uso del crocifisso fu un metodo crudele di condanna a morte nella Persia del VI secolo a.e.v. e utilizzato fino al IV secolo e.v. dai turchi e dai romani, poi sostituito dal supplizio della ruota nel Medioevo. I crocifissi sono realizzati in legno, metallo e altri materiali nelle più svariate tecniche artistiche e costituiscono un capitolo nella storia dell’arte con esemplari realizzati da Giotto a Michelangelo, da Cimabue a Donatello.
Il crocifisso viene invocato come patrono di molti paesi e città, specialmente il 3 maggio (invenzione della croce), il 14 settembre (esaltazione della croce) e il venerdì santo (crocifissione di Cristo). In Italia e in altri Paesi di religione cristiana è radicata l’usanza di esporre il crocefisso in alcuni spazi di uffici pubblici (tribunali, scuole, ospedali, eccetera) Questa usanza ha suscitato negli ultimi anni numerose polemiche.
Nel 2001 Soile Lautsi, madre di due studenti di scuola media di Abano Terme (Padova) (recentemente scomparsa il 14 maggio 2023 – ndr) cominciò una battaglia legale contro l’esposizione del crocifisso. Nel 2003 Adel Smith chiese di rimuovere il crocifisso da una scuola elementare di Ofena (Aquila). Nel 2008 accadde la stessa cosa in una scuola di Ivrea (Torino). La Corte europea emise una sentenza in relazione all’episodio di Abano Terme. Altrettanto fece il tribunale dell’Aquila con l’ordinanza di una giudice, subito annullata dall’avvocatura dello Stato.
Quando andai per la prima volta a scuola (intitolata a Giovanni Antonio Raineri, tuttora esistente nel corso Valentino, ora Marconi) figurava sulle pareti scolastiche soltanto una fotografia del re Vittorio Emanuele III. Nell’anno 1924, l’anno dell’assassinio di Giacomo Matteotti, il regio decreto n. 965 imponeva l’esposizione del crocifisso nelle scuole, ordine ribadito con la circolare 3 ottobre 2002 del ministero della pubblica istruzione che chiedeva ai dirigenti scolastici di assicurare l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.
D’altra parte, l’11 febbraio 1929 fu firmato da Mussolini e dal cardinale Gasparri il Concordato fra Stato e Chiesa, che sostituì la festa civile del XX settembre 1870 allorché il capitano Giacomo Segre (fratello di mio nonno) aveva aperto con la sua artiglieria la Breccia di porta Pia, attraverso la quale i bersaglieri entrarono a Roma, abolendo lo Stato pontificio e fondando la capitale del Regno d’Italia.
Personalmente sono contrario all’affissione del crocefisso sia nelle aule scolastiche che negli altri spazi pubblici (ospedali, tribunali, eccetera) che è un privilegio accordato alla religione cattolica, come altri iniqui provvedimenti quali la delega ai sacerdoti delle varie religioni di diventare pubblici ufficiali nella celebrazione e nell’annullamento dei matrimoni.
Per coerenza uno Stato che ha tolto dal Concordato (1984) il concetto di “religione di Stato”, deve tenere conto che una simile cancellazione deve pur avere un suo significato e un risvolto pratico. Ci si deve rendere conto che esiste un mondo in cui tutte le religioni, finché dureranno, hanno pari dignità e senza privilegi.
È vero che i cristiani rappresentano la maggioranza della popolazione italiana, ma è altrettanto vero che le minoranze debbono essere tutelate mediante la parità di esposizione. Non essendo concepibile che accanto al crocefisso appaiano la stella ebraica di Davide, la mezzaluna dei musulmani e altri simboli, risulta necessario rimuovere il crocifisso che è laicamente una presenza divisiva, un odioso simbolo di potere, di sopraffazione da parte di una religione che si ritiene superiore alle altre per via di privilegi diversi. Insomma la rimozione del crocefisso appare indispensabile per coerenza con la parità dei diritti di libertà.
Eventualmente la bandiera tricolore, la cui dignità è riconosciuta dalla Costituzione potrebbe sostituire il crocefisso quale simbolo dell’unità e parità nazionali, mentre il crocefisso ci riporta ai tempi dell’Inquisizione allorché furono condannati al rogo Giordano Bruno, Tommaso Campanella e costretto all’abiura Galileo Galilei. Avverso la Chiesa della Controriforma lottarono i liberali e gli autori dell’unità d’Italia, i crocifissi furono rimossi dagli uffici statali e dalle scuole perché influenzavano l’identità delle nuove generazioni.
Purtroppo oggi l’Italia è dominata dalla Chiesa, anche se le statistiche riferiscono un continuo declino della maggioranza cattolica della popolazione. In definitiva chiedo, in nome della laicità dello Stato, la rimozione del crocefisso dalla “Sala Rossa” del consiglio comunale di Torino e dagli altri luoghi pubblici.
Bruno Segre
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“Fu quindi considerato ebreo dai non ebrei e dal fascismo, invece non ebreo dagli ebrei per il rifiuto della circoncisione, del cibo kasher, del riposo sabbatico, del digiuno e degli altri riti tradizionali.”
Non avendo la madre ebrea, infatti, non era ebreo per diritto naturale. Infatti i rabbini riconoscono automaticamente come ebreo chi ha la madre ebrea. Che il padre sia ebreo o no non ha importanza. Stando così le cose, Bruno Segre non avrebbe diritto alla cittadinanza israeliana (cui ogni ebreo riconosciuto come tale ha diritto).
“… In definitiva chiedo, in nome della laicità dello Stato, la rimozione del crocefisso dalla
“Sala Rossa” del consiglio comunale di Torino e dagli altri luoghi pubblici…”
Personalmente chiedo che venga rimosso il tetro patibolo collocato sul tetto del Quirinale,
tra le bandiere dello Stato e dell’Europa.
Forse quella ha una valenza storica essendo stata residenza dei papi. Mi accontento che non ne vengano poste di nuove e levate dagli uffici pubblici.
A maggior ragione. Credo che nemmeno il comune di Roccasbrisolona tollererebbe una croce sul municipio solo perché ci abitava il prete. Qui si tratta della sede dello Stato, un po’ di dignità, no? Non si può nemmeno invocare l’opera d’arte: è solo un triste patibolo come se ne trovano a bizzeffe nei cimiteri di campagna.
Indubbiamente l’Italia è un paese dominato da secoli dal cattolicesimo, in modo assolutamente non democratico, grazie allo stato pontificio e re cattolici, la libera scelta non era contemplata ed ancora è ostacolata. Facile spacciare uno stato così per cattolico, dopo essersi costruiti vantaggi e privilegi non democratici. Che ancora oggi gli italiani vengano presentati come in maggioranza cattolici andrebbe dimostrato con dati concreti, non per affermazione o dandolo per scontato. Oltre al fatto che dovrebbe essere garantita a tutti gli effetti la libertà di scelta e di informazione, non ricattando gli italiani con un pretestuoso passato non democratico. Sarebbe come dire che siccome siamo stati governati ed influenzati dai Savoia dobbiamo a loro eterna riconoscenza e riconoscerci monarchici e “savoiardi”, cioè sentirci in debito con chi ha tutelato esclusivamente i propri interessi di potere. Una cosa è riconoscere la storia, un’altra è pretendere di perpetuarla in un regime democratico e di libertà di scelta.