Tesoretti dimenticati: 8×1000 statale e Ici non pagata dalla Chiesa

Un ennesimo tesoretto, stavolta di due o tre miliardi, sarebbe stato messo a disposizione della legge di bilancio nella scorsa riunione del Consiglio dei ministri. Se ne compiace la presidente Giorgia Meloni, perché così si potranno «ridurre le diseguaglianze». E così, forse con qualche aggiustamento, sembra prendere il via la tassa sugli extraprofitti, mentre trovano nuova linfa vecchie ipotesi di tassare i giganti del web. Eppure di tesoretti dimenticati ce ne sono di pronti per essere colti, con l’indubbia caratteristica di ridurre disuguaglianze. Dovrebbe però venir meno la sudditanza dell’intera classe politica nei confronti del più grande big, l’unico finora intoccabile.

Un tesoretto di almeno quattro miliardi è rappresentato dalla cartella esattoriale che il governo deve recapitare in Vaticano per l’Ici non versata dalla chiesa cattolica relativa agli anni 2006-2011. I richiami della Corte di giustizia europea sono iniziati nel 2018 e cinque mesi fa è arrivata la conferma definitiva della Commissione von der Leyen: l’Italia non può far finta di niente, ha concesso aiuti di Stato illegali e la scusa del sistema catastale non aggiornato non può reggere; abbia almeno la decenza di una riscossione parziale di questo tesoretto che rappresenterebbe davvero una riduzione delle diseguaglianze, visto che il destinatario degli aiuti di stato illegali è anche il più grande proprietario immobiliare del mercato.

Un altro tesoretto che ogni anno la politica ha colpevolmente e silenziosamente sempre lasciato nelle tasche dei vescovi giace sepolto nelle relazioni sulla ripartizione della quota dell’8×1000 a diretta gestione statale. L’assegnazione delle somme per l’anno 2021 è disponibile dal 13 giugno scorso sul sito del governo. Limitiamoci a considerare una sola delle destinazioni tra le cinque previste, quella per le “Calamità naturali”. La somma totale per lo Stato è risultata di circa 215,8 milioni, ma salta subito all’occhio come dividendo per cinque non si ottengono certo i 14,4 milioni con cui sono stati finanziati i nove progetti di messa in sicurezza del territorio presentati dai Comuni di Cirigliano, Armento, Strongoli, Scandale, Colledimezzo, Caccuri, Cutro, Locana e Atri. Per capirci qualcosa occorre armarsi di pazienza e leggere, magari aiutati da qualche esperto, il dossier pubblicato lo scorso 27 febbraio dagli uffici dei servizi studi di Camera e Senato. Si scoprirà che la parte più consistente dell’8×1000 statale è assorbita da voci fisse: 64 milioni per la flotta aerea della Protezione civile più altre voci di minore entità di riduzione della spesa pubblica. Si scoprirà anche che per tanti anni non si è proceduto affatto alla ripartizione della quota dell’8×1000 a diretta gestione statale: le suddette voci fisse avevano esaurito le disponibilità.

Le cose sono però cambiate negli anni recenti, che hanno visto un continuo calo di preferenze per la chiesa cattolica e un altrettanto continuo incremento di quelle per lo Stato. Il tesoretto dell’8×1000 statale passerà dai 215,8 milioni del riparto 2021 a 330,4 milioni di quello dell’anno fiscale 2023. Non solo, il riparto 2021 sarà l’ultimo con la divisione in parti uguali per le singole destinazioni: a partire dall’annualità 2022 la categoria di intervento sarà infatti determinata dalle scelte espresse dai contribuenti. In parole povere nel totale e assordante silenzio della politica ai Comuni che chiedono fondi per far fronte ai danni e ai pericoli del dissesto idrogeologico arriveranno 42 milioni invece di 14. Il triplo di investimenti per far fronte alle calamità naturali. Una cifra che potrebbe arrivare agevolmente a 500 milioni con conseguenti aiuti a 500 Comuni invece che una decina, se solo le istituzioni della Repubblica organizzassero serie campagne pubblicitarie per invitare i contribuenti a scegliere “Stato” e illustrando le possibili destinazioni. Visti i danni provocati dalle alluvioni di maggio in Emilia Romagna ancora più irreale del silenzio del governo è quello del presidente Bonaccini: perché non ha speso una parola per fare un appello, assieme ai sindaci dei Comuni colpiti, per chiedere ai contribuenti di scegliere “Stato / Calamità naturali” nell’8×1000? Proprio la tragedia vissuta da vicino doveva sensibilizzare sulla necessità di agire e prepararsi per il futuro anche in altre parti del Paese.

Di tesoretti volutamente dimenticati da maggioranza e opposizione per non dare dispiacere alle gerarchie ecclesiastiche ce ne sarebbero ancora tanti. Per un ammontare di 6,7 miliardi ogni singolo anno, come documenta l’inchiesta I costi della Chiesa. E visto che al peggio non c’è mai limite, gli stessi politici così smemorati quando si tratta di fare qualcosa di laico hanno invece riflessi prontissimi quando devono esaudire i desideri dei capi della chiesa: il contatore dei costi pubblici per l’evento cattolico del giubileo ha superato i 3,4 miliardi. E continua a salire, come anche la rabbia di chi ha subito catastrofi e vede i soldi pubblici dirottati su raduni religiosi di un altro stato.

Roberto Grendene

Un commento

Diocleziano

La ‘Città del Male’ ormai è travolta dalla sindrome di ‘dio Paperone’: accumulare denaro pur non sapendo che farsene. Quelli al governo hanno confermato che l’Italia si farà carico della ricostruzione di una chiesa abbattuta dai russi in Ucraina: vuoi mettere la goduria di spendere un botto di denaro e, a cose fatte, lo Zuppi di turno che va a benedire il manufatto ringraziando dio? E lo Stato dove li prenderà i fondi per la nobile causa: dall’8×1000 per le calamità naturali? E papafrancesco muto…

Commenti chiusi.