Shabana Rehman, una vita per la libertà di espressione

Shabana Rehman, attivista, giornalista e comica norvegese di origine pakistana scomparsa nel 2022, ha spesso affrontato nei suoi spettacoli temi come la diversità culturale, la discriminazione, il sessismo e l’omofobia. Loris Tissino la ricorda sul numero 2/23 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Shabana Rehman, attivista, giornalista e stand-up comedian norvegese di origine pakistana, è morta a fine dicembre 2022, e in suo onore il 10 gennaio di quest’anno è stato celebrato il primo funerale laico di stato della Norvegia, al quale hanno partecipato anche il principe ereditario Haakon in rappresentanza della famiglia reale, il presidente del parlamento Masud Gharahkhani e diversi ministri.

Rehman cominciò a soli ventitré anni a lavorare sui pregiudizi sociali e sessuali tra norvegesi e pakistani. Nel 2020 attirò un’attenzione particolare apparendo sulla copertina della rivista Dagbladet Magasinet in una foto in cui la si vedeva gettare via il vestito tradizionale pakistano e rimanere nuda con il corpo dipinto con la bandiera norvegese. Nel 2004 suscitò scalpore sollevando di peso il mullah Krekar durante un evento a Oslo.

Diventò, nel corso degli anni, la prima celebrità norvegese femminile con un background multiculturale. Sul palco, raccontando della sua vita, parlava delle nuove generazioni di immigrati, trattati dai genitori in base alle regole del paese d’origine e non ancora accettati nel paese di arrivo come norvegesi a tutti gli effetti.

Arrivò in Norvegia, a Oslo, quando aveva solo un anno. I genitori, nonostante fossero a favore dell’integrazione nel paese d’arrivo, cercavano comunque di applicare le regole familiari del paese di provenienza. Shabana, con tre fratelli e quattro sorelle, cominciò però presto a protestare contro il fatto che ci fossero regole diverse per i maschi e per le femmine della famiglia. I suoi genitori, ha raccontato, dovettero scegliere se essere felici o «preservare l’onore della famiglia». Scelsero lei e le sue sorelle (e fratelli), ma furono ostracizzati dal loro ambiente.

Rehman era nota per il suo umorismo tagliente e politicamente impegnato, e ha spesso affrontato nei suoi spettacoli temi come la diversità culturale, la discriminazione, il sessismo e l’omofobia. È stata anche un’attivista impegnata per i diritti delle donne e delle minoranze, e ha lavorato con numerose organizzazioni per la promozione dell’uguaglianza e della giustizia sociale.

Durante tutta la sua carriera, si è occupata dei gruppi sociali più deboli e ha sostenuto le loro ragioni. È stata a capo della fondazione Født Fri (Nati liberi), che, con il motto «libertà di amare, credere, esprimere, scegliere, vivere», ha lavorato contro la cultura dell’onore e della vergogna in campo sessuale e sociale. Nel 2020 venne nominata componente della commissione governativa sulla libertà di espressione.

Nel novembre 2022 le fu assegnato il premio Ossietzky dalla sezione norvegese di Pen, la più grande organizzazione di scrittori per la libertà di espressione.

Questa è la motivazione: Shabana Rehman (46 anni) ha arricchito per decenni il pubblico norvegese con humour, satira e saggezza. Come scrittrice, attivista e artista, è stata una praticante coraggiosa e importante della libertà di espressione, in modi creativi e sensazionali.
Rehman riceve il premio Ossietzky di Pen Norvegia per il 2022.

La critica della religione è una parte importante della libertà di espressione. Come cabarettista, scrittrice e drammaturga, Shabana Rehman è stata una voce coraggiosa contro l’oppressione religiosa e la cultura dell’onore per almeno una generazione. Negli ultimi venticinque anni, ha spianato la strada per una maggiore apertura su temi difficili. Ha scritto molti saggi, e tra questi Blåveis (2009), in cui ha trattato il tema dell’abuso sessuale da parte di persone fidate e sul modo per uscire da relazioni violente.

Come cabarettista, Rehman ha messo in discussione le condizioni sociali in modi innovativi e ha voluto esplorare e documentare che cosa provoca e come. Quando ha sollevato il mullah Krekar nel 2004, ha voluto rovesciare la relazione di potere tra lei e la figura di un’autorità religiosa. Quando ha esposto il sedere sul palco e quando ha dipinto il suo corpo con la bandiera norvegese, ha voluto mostrare che tutte le donne sono proprietarie del proprio corpo. Voleva vedere quali reazioni avrebbe provocato. E le reazioni non sono mancate!

Shabana Rehman ha condotto una difesa della satira senza compromessi. Su questioni grandi e piccole, si è impegnata per sé stessa e per altri, fosse per il supporto di altri comici o per la rivista scolastica di un liceo di Oslo. Negli ultimi anni, i suoi sforzi per il benessere degli animali hanno mostrato il suo approccio versatile e basato su sani principi.

La libertà di parola è costata molto a Shabana Rehman. La sua famiglia è stata attaccata a causa del suo uso della libertà di espressione. Rehman ha dato voce al principio che ogni persona è nata libera, e attraverso il suo lavoro ha spianato la strada per altre e nuove voci che, favorevoli o contrarie, vogliano entrare nel dibattito pubblico. Il consiglio di Pen Norvegia crede che Shabana Rehman meriti di ricevere il Premio Ossietzky per i suoi sforzi speciali e distinti per la libertà di espressione.

Vogliamo concludere ricordando Shabana con alcune citazioni tratte da suoi testi.

«Voglio rendere visibile l’invisibile. Mostrare come il modo musulmano di praticare la religione può sopprimere, abbattere e impedire ad altre persone – e in particolare alle donne – di avere una vita dignitosa».

«Ognuno nasce libero indipendentemente dalle posizioni sulla vita dei suoi genitori. Ogni generazione necessita di definire la propria lotta per la libertà. Nessuno è libero a meno che non siano tutti liberi. L’Associazione umanista norvegese rappresenta precisamente questo: il diritto individuale alla scelta.»

«Sì, amiamo gli ebrei. Sì, amiamo i musulmani. Sì, amiamo l’Europa. Sì, amiamo la libertà di pensiero e di espressione. Sì, amiamo Charlie. Tuttavia, non abbiamo alcun obbligo di amare l’islam, l’ebraismo o il cristianesimo. Non abbiamo il dovere di inchinarci a nessun dio, o in nessuna casa di culto. Quello che è nostro dovere ora è guardare nei nostri cuori e chiederci che cosa fa sì che la nostra mano colpisca. Abbiamo il dovere di conoscere i nostri concittadini, lavorare per l’unità e creare fiducia».

«Do per scontato che i musulmani, gli apostati, i dissidenti e gli immigrati in Europa siano persone pacifiche e laboriose, do per scontato che la maggior parte degli europei non sia razzista. Do per scontato che ci stiamo tutti dirigendo verso una società sempre più equa e che tutti dobbiamo lavorare per essa.

Quello che non do per scontato, e contro il quale dobbiamo schierarci uniti ora, sono le leggi sulla blasfemia. Sono quelle che danno a questi pazzi la licenza di uccidere. Dobbiamo rimuoverle. Sono le leggi sulla blasfemia da cui leader religiosi, politici e altri devono prendere le distanze. Dissociarsi dal terrorismo è facile. Un accordo riguardante le leggi sulla blasfemia non lo è».

Loris Tissino


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