Cresce il numero di studenti che dice no alla religione cattolica

Nella scuola pubblica italiana cala il numero di studenti, ma cresce ancora (oltre 82 mila in più) quello di chi dice no all’Insegnamento della religione cattolica (Irc): nell’anno scolastico 2022/23 i non avvalentisi sono infatti 1.096.846 mentre nel 2020/21 erano pari a 1.014.841, con un balzo laico in avanti di un punto e mezzo percentuale, dal 14,07% di due anni fa al 15,5% di oggi.

È questo il quadro tratteggiato dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar) a seguito della richiesta di accesso civico ai dati presentata al Ministero dell’Istruzione.

«Già due anni fa, in collaborazione con l’associazione OnData del progetto #DatiBeneComune, abbiamo presentato una richiesta di accesso civico ai dati, in base a quanto previsto dal decreto legislativo 33/2013. Ne era emerso che in quell’anno scolastico gli studenti che avevano detto no all’Irc erano più di un milione. Poiché sul Portale Unico dei dati della scuola continuano a mancare le informazioni circa la frequenza e non frequenza dell’Irc, con datiBeneComune abbiamo deciso di reiterare la richiesta e di liberare così i dati relativi agli ultimi due anni, analizzandoli e rielaborandoli per metterli a disposizione di tutti», racconta il segretario dell’Uaar, Roberto Grendene.

«La campagna #DatiBeneComune, a cui abbiamo aderito da tempo, sostiene ancora una volta questa nostra azione e le dedicherà un numero dell’iniziativa “Liberiamoli tutti!“», aggiunge Loris Tissino, che per l’Uaar si è occupato dell’analisi dei dati. «Questa ha l’obiettivo di individuare, ottenere, riformattare, pulire, documentare, pubblicare e diffondere dati di interesse pubblico, come questi sugli studenti che hanno scelto di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica».

«Dall’analisi dei dati che abbiamo liberato emerge che in ben sei province è stata superata la soglia del 30% di non avvalentisi», spiega Tissino: «Si tratta di Firenze (37,92%), Bologna (36,31%), Trieste (33,37%), Prato (33,19%), Gorizia (32,51%) e Aosta (30,74%). A livello regionale è la Valle d’Aosta a guidare la classifica (30,74%), seguita da Emilia Romagna (27,48%) e Toscana (27,12%). Confermato il divario Nord-Sud: le regioni fanalino di coda per numero di non avvalentisi sono infatti Basilicata (2,98%), Campania (3,11%), Calabria (3,41%), Puglia (3,67%), Molise (3,87%) e Sicilia (4,57%)».

«Abbiamo scorporato i dati anche per tipo di scuola», prosegue Tissino. «Ne è emerso che sono gli istituti professionali a presentare il maggior numero di non avvalentisi (25,52%), seguono gli istituti tecnici (23,87%) e infine i licei (17,51%). Nella scuola secondaria di primo grado a non avvalersi è il 14,67% degli studenti, nella scuola primaria l’11,74%, nella scuola dell’infanzia l’11,3%. I numeri sarebbero ancora più alti se avessimo utilizzato i dati ministeriali così come forniti, ma abbiamo prudenzialmente escluso circa il 6% delle scuole perché mostravano fluttuazioni anomale nelle percentuali di non avvalentisi da un anno all’altro».

«Una importante novità è rappresentata dal fatto che, per ciascuna provincia, sono ora disponibili i dati relativi alle singole scuole», aggiunge Grendene. «Pensiamo possa essere utile ai genitori alle prese con le iscrizioni (quest’anno dal 18 gennaio 2024 al 10 febbraio 2024, utilizzando la Piattaforma Unica) i quali spesso nutrono il timore che i propri figli siano gli unici a non avvalersi, rischiando dunque di ritrovarsi soli. Dal confronto dei dati è emerso che campione assoluto di laicità è lo storico Istituto Professionale Statale per l’Industria e l’Artigianato Massimo Olivetti di Ivrea (To) con 86 non avvalentisi su 95 (90,53%). Per i licei in vetta alla classifica c’è l’Enriques Agnoletti di Sesto Fiorentino, con l’80,41% di studenti che sceglie di non subire l’Irc. Non lontano, a Firenze, vince per la categoria degli istituti tecnici il Sassetti-Peruzzi (tecnico per il turismo) con 209 su 244 studenti (l’85,66%) che non si avvalgono. Per le primarie ci spostiamo ad Ancona, dove alla Leonardo da Vinci l’83,50% dei bambini frequenta solo lezioni laiche. A Torre Pellice (To) c’è invece la secondaria di primo grado I.C. Torre Pellice – Rodari, con record di no all’Irc: 148 su 175, pari all’84,57%. Vincitrice nella categoria ‘infanzia’ con l’87,50% di non avvalentisi è invece la scuola dell’infanzia Idria, di Comiso (Rg)».

«Nonostante la pluriennale decrescita del numero di studenti, i dati che la nostra associazione ha liberato mostrano una richiesta sempre crescente di scuola laica. Una buona novella con cui iniziare questo 2024», conclude il segretario dell’Uaar.

Per maggiori informazioni: https://www.uaar.it/non-frequenza-irc-nelle-scuole-italiane/

Comunicato stampa

17 commenti

RobertoV

E per risposta il governo assume con un nuovo bando ben 6400 insegnanti di religione, proprio quello che ci voleva. Cioè diminuiscono gli studenti, diminuiscono quelli avvalentisi e loro prendono e regolarizzano sempre più insegnanti di religione che rimarranno a carico del sistema scolastico italiano.
https://www.repubblica.it/cronaca/2024/01/10/news/concorso_prof_religione_tutti_assunti-421844351/?ref=RHLF-BG-P11-S2-T1

Sarebbe anche interessante presentare i dati per città e campagna, perchè al di fuori delle città il potere di controllo e di conformismo della chiesa cattolica è ancora notevole. Qui a Milano nei licei almeno la metà dei ragazzi non fa religione. E se le scuole ed i governi non ponessero ostacoli e non facessero propaganda contro i non avvalentisi sarebbero ancora di più.

Diocleziano

“… il governo assume con un nuovo bando ben 6400 insegnanti di religione…”

Più calano i condizionati e più insegnanti di irc vengono assunti.

La plastica rappresentazione dell’AI secondo il governo.

•Oggi sua Banalità, al raggiungimento dei 150kg., ha festeggiato lanciando un anatema contro i golosi. Giudiziosamente riportato dal tg-dio-due-rai 😛

Diocleziano

Non ci sono più i papi teologi di una volta: ora abbiamo i papi dietologi… 😛

laverdure

“Qui a Milano nei licei almeno la metà dei ragazzi non fa religione….”
Sarebbe interessante valutare che “religione fa” l’altra meta.
Credi davvero che molti di loro si lascieranno condizionare a diventare veri”soldati di Cristo”,pronti a marciare contro l’aborto,la promiscuita sessuale ed altre eresie analoghe?
O piuttosto non praticheranno l’ormai famosa “ora del parrucchiere”,dedicata a chiacchiere molto laiche ?
Sarebbe interessante conoscere tra l’altro la preparazione e la professionalita didattica di quei 6500 insegnanti,dato che i loro stipendi,che esconod alle nostre tasche,contano molto di piu’ di una statuetta appesa al muro.

Arta

Bisogna anche dire che la stragrande maggioranza di questi insegnanti già lavora nelle scuole italiane con incarichi annuali, il cui peso economico è paragonabile a quello di chi ha in tempo indeterminato. Non sono d’accordo con un nuovo concorso ma se proprio si deve fare si dovrebbe calibrare il numero dei posti anche sulle reali esigenze d’organico e, soprattutto, riservare parte di quei posti a insegnanti o a professionisti che si occuperebbero dell’orientamento alternativa.

G. B.

«Ne è emerso che sono gli istituti professionali a presentare il maggior numero di non avvalentisi (25,52%), seguono gli istituti tecnici (23,87%) e infine i licei (17,51%)»
Il dato è interessante, in quanto sembra smentire il luogo comune secondo il quale la laicità sarebbe “roba da ricchi”.

G. B.

@ laverdure
Non solo i docenti scelti dai vescovi sono pagati con i nostri soldi, ma, per un meccanismo che non so se ho capito bene, mi risulta che siano anche pagati un po’ di più degli altri insegnanti (di lettere e di matematica compresi, ma questi in cambio hanno il privilegio di dover preparare e correggere una valanga di compiti ogni anno!)

laverdure

@G.B.
Mi deludi.
Non ti rendi conto che solo individui dotati di adeguata spiritualita sono adatti per un compito fondamentale come l’insegnamento della religione.
E una dote rara come la spiritualita non si puo’ averla gratis,no ?

Diocleziano

“… solo individui dotati di adeguata spiritualità…”

A volte ho la bizzarra curiosità di sapere se mai si è dato il caso di un prete che non riuscisse nell’eseguire certi esercizi magici come effettuare benedizioni che abbiano reali poteri benefici o transustanziare la falda del torrone… Se riesce a tutti, che miracolo è? O forse non riesce a nessuno, ma nessuno vuol fare la figura di quello che non capisce?… 😛

laverdure

@Diocleziano
Incompetente,quelli che citi sono effetti materiali,oggettivi,inconfutabili per chiunque,mentre la vera fede consiste nel credere senza nessuna prova,addirittura in presenza di prove oggettive contrarie.

GBK

Ancora bassa, nel centro-nord; la percentuale di chi non si iscrive all’ora di religione. Ma le percentuali del sud e delle isole sono veramente assurde. Non trovo spiegazioni razionali e non voglio scrivere giudizi inopportuni, senza prove valide.

laverdure

@gbk
“Ma le percentuali del sud e delle isole sono veramente assurde. Non trovo spiegazioni razionali e non voglio scrivere giudizi inopportuni, senza prove valide.”

Temo che ti sfugga l’ovvio : si tratta semplicemente di un “fatto culturale”,vale a dire l’effetto che la cultura di una zona esercita inevitabilmente su chi vi sia nato e cresciuto.
E per rispondere a chi pensa che un “fatto culturale” in quanto tale sia al di sopra di ogni critica,basta ricordate che sono fatti culturali anche la mafia,camorra,n’drangheta endemiche da quelle parti.
Come lo erano fascismo,nazismo e stalinismo.
“Cultura” in questo contesto non ha niente a che vedere con istruzione e competenza,indica solo l’insieme di regole ufficiali o ufficiose,piu’ o meno antiche, che regolano la vita di una comunita,e che derivano da cause geostoriche,non certo da verita rivelate.

RobertoV

E’ riconosciuto che la religiosità e la pratica religiosa sia maggiore al sud. I dati Istat indicano per il 2022 che il 17 % va regolarmente a messa al nord, con un 36 % che non ci va mai, mentre al sud oltre il 23 % va regolarmente a messa, con un 20.5 % che non ci va mai. I dati più bassi al sud sono per Abruzzo e Sardegna. Anche per il presepe mentre al nord secondo Coldiretti lo fa il 46 % della popolazione al sud il 68 %.
Quindi è attendibile che al sud vi siano più adesioni all’ora di religione, anche se non c’è proporzione sia al nord che al sud tra credenti e studenti avvalentisi dell’ora di religione che sono molti di più ed al sud le percentuali dei non avvalentisi sono veramente minime, in genere tra il 2 ed il 4 % (solo Ragusa raggiunge stranamente il 10 %).
Io penso che questi risultati così bassi dei non avvalentisi rispetto al reale sentire religioso delle persone sia dovuto in parte ai numerosi ostacoli pratici nelle scuole che favoriscono l’ora di religione (e mi aspetto che questi siano ben maggiori al sud), alla propaganda contro attuata sia dalla chiesa che da politici e media che fa credere a molti che comunque la religione abbia una valenza positiva (resto sempre stupito da quelli che si dichiarano non credenti, ma si affrettano subito, quasi a scusarsi, a dire che loro comunque hanno grande rispetto della religione, oppure quelli che temono che i loro figli si sentano discriminati), ad una certa abitudine o tradizione conformista, al potere clientelare che ritengo al sud molto più forte (ed il prete rappresenta probabilmente ancora al sud un potere da non scontentare o che può raccomandare nel trovare il lavoro o iscriversi ad una scuola o favorire assistenza).

Francesco S.

Secondo me bisognerebbe incrociare i dati con la percentuale di studenti di origine straniera per valutare meglio se c’è un effettiva consapevolezza di laicità o effetto dell’immigrazione, perché la cartina sembra riproporre il secolare (ormai) divario socio-economico Nord-Sud Italia. Io ho qui una mappa dei minori stranieri aggiornata al 2019 con picchi del 18% al Nord.

https://www.openpolis.it/i-minori-stranieri-nelle-scuole-italiane-tra-disuguaglianze-e-diritto-allinclusione/

Arta

Insegno in una scuola primaria di provincia (Roma) e devo dire che la situazione è piuttosto ambigua. Oggi è obbligatorio da parte della scuola presentare un progetto di OA a inizio anno e la mia in particolare, essendo grande, ha anche dei progetti piuttosto strutturati ma questi sono quasi sempre calibrati su quelle che si presume siano le esigenze di chi non fa IRC, ovvero I figli degli immigrati extraeuropei. Quindi si fa intercultura ma anche potenziamento della lingua italiana, dando per scontato che nessun ragazzino italiano da generazioni e senza problemi di apprendimento possa evitare l’IRc. Si dice che le regioni con alti tassi di rinuncia all’ora di religione siano quelle con più immigrati musulmani e probabilmente è vero ma è anche vero che i dirigenti tendono a venire incontro alle loro esigenze (sono i più convintie irremovibili insieme ai testimoni di Geova) e a far desistere eventuali famiglie di non credenti. Gli ortodossi, numerosissimi, solitamente fanno fare religione ai figli perché pensano che sia più o meno la stessa cosa e ci tengono al fatto che i figli non siano considerati “diversi”. Nella mia classe in prima c’erano due alunni non iscritti all’IRC ma la notizia è stata accolta con grande stupore in particolare dall’insegnante di IRC, trattandosi di 2 bambini italiani. In seguito sono stati iscritti entrambi: nel caso di un alunno in particolare non si trattava nemmeno di una famiglia di non credenti ma semplicemente i genitori pensavano che l’OA fosse più stimolante per lui. Si sono resi conto poi che si trattava di una lezione uno ad uno, con un insegnante che il più delle volte era impegnato a coprire supplenze. – di contro mia figlia, appena arrivata in prima media, mi riferisce che sono in molti nella sua classe a non fare religione e che spesso è una decisione degli alunni stessi, che preferiscono andare nell’aula di alternativa per disegnare e fare “cose divertenti”.

Arta

Insegno in una scuola primaria di provincia (Roma) e devo dire che la situazione è piuttosto ambigua. Oggi è obbligatorio da parte della scuola presentare un progetto di OA a inizio anno e la mia in particolare, essendo grande, ha anche dei progetti piuttosto strutturati ma questi sono quasi sempre calibrati su quelle che si presume siano le esigenze di chi non fa IRC, ovvero I figli degli immigrati extraeuropei. Quindi si fa intercultura ma anche potenziamento della lingua italiana, dando per scontato che nessun ragazzino italiano da generazioni e senza problemi di apprendimento possa evitare l’IRc. Si dice che le regioni con alti tassi di rinuncia all’ora di religione siano quelle con più immigrati musulmani e probabilmente è vero ma è anche vero che i dirigenti tendono a venire incontro alle loro esigenze (sono i più convintie irremovibili insieme ai testimoni di Geova) e a far desistere eventuali famiglie di non credenti. Gli ortodossi, numerosissimi, solitamente fanno fare religione ai figli perché pensano che sia più o meno la stessa cosa e ci tengono al fatto che i figli non siano considerati “diversi”. Nella mia classe in prima c’erano due alunni non iscritti all’IRC ma la notizia è stata accolta con grande stupore in particolare dall’insegnante di IRC, trattandosi di 2 bambini italiani. In seguito sono stati iscritti entrambi: nel caso di un alunno in particolare non si trattava nemmeno di una famiglia di non credenti ma semplicemente i genitori pensavano che l’OA fosse più stimolante per lui. Si sono resi conto poi che si trattava di una lezione uno ad uno, con un insegnante che il più delle volte era impegnato a coprire supplenze. – di contro mia figlia, appena arrivata in prima media, mi riferisce che sono in molti nella sua classe a non fare religione e che spesso è una decisione degli alunni stessi, che preferiscono andare nell’aula di alternativa per disegnare e fare “cose divertenti”.

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