Giorgia Meloni, papa Wojtyla e la scienza

Il governo Meloni promette di sostenere la scienza, ma nel concreto taglia i fondi pubblici, mostra scarso interesse per la ricerca ed eleva il Vaticano a “consulente”. Il chimico e divulgatore Silvano Fuso affronta la questione sul numero 3/2024 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Il giorno 5 aprile 2024, presso la sala Angiolillo di palazzo Wedekind a Roma, si è svolto l’evento “La Scienza al centro dello Stato”. L’iniziativa è stata promossa dall’Italian Scientists Association (Isa)1, un’associazione che riunisce oltre 500 tra top scientists e professori universitari le cui credenziali permettono loro di ricoprire l’incarico di commissario nella concessione dell’asn (abilitazione scientifica nazionale).

L’evento, moderato dalla giornalista Monica Maggioni, è stato patrocinato dalla presidenza del consiglio dei ministri e ha avuto lo scopo di presentare alle istituzioni e ai decisori politici il Manifesto della Scienza2, un documento elaborato dai soci Isa che affronta alcune tra le principali tematiche di attualità relative alla scienza e ai suoi rapporti con la politica.

La partecipazione all’evento era riservata solo ed esclusivamente agli invitati. I giornalisti hanno potuto assistere da una sala stampa collegata in audio-video e alcune emittenti radiotelevisive hanno trasmesso in streaming l’evento3.

Tra i partecipanti la ministra dell’università e della ricerca Anna Maria Bernini, il ministro della salute Orazio Schillaci, il presidente dell’Isa Antonio Felice Uricchio, il conduttore e divulgatore scientifico Alberto Angela e la professoressa Maria Irene Bellini, insignita nel 2022 del premio riservato alle 40 migliori chirurghe under 40 a livello mondiale dall’Association of Women Surgeons (Aws). In chiusura della prima sessione mattutina è anche intervenuta la presidente del consiglio Giorgia Meloni, alla quale è stata consegnata copia del Manifesto della Scienza redatto dall’Isa.

Nel Manifesto dell’Isa si legge testualmente: «L’auspicio dell’associazione è che il Manifesto avvii non solo un dibattito su questioni di interesse comune, ma anche la creazione di tavoli tematici dedicati all’approfondimento di argomenti specifici, attraverso un dialogo diretto tra scienziati e decisori politici. Un obiettivo ancor più ambizioso sarebbe l’istituzione di un ufficio scientifico e tecnologico che fornisca supporto alla presidenza del consiglio in alcuni ambiti strategici, per rafforzare e promuovere la scienza e la tecnologia italiane, collaborare con enti governativi locali e territoriali, per sviluppare strategie unificate e programmi efficaci nel campo scientifico e tecnologico, coinvolgendo industria, mondo accademico, associazioni e società civile, garantendo equità, inclusione e integrità in tutti gli aspetti della scienza e della tecnologia».

Di fronte a richieste così esplicite che coinvolgono direttamente lo stesso governo, era quindi quanto mai atteso l’intervento di Giorgia Meloni.

Dopo i ringraziamenti e i saluti di rito, e (con riferimento alla presenza di Alberto Angela) aver sottolineato l’importanza della divulgazione scientifica, la presidente del consiglio ha elogiato il Manifesto redatto dall’Isa. Ha poi ribadito la necessità di mettere in dialogo gli uomini e le donne di scienza da una parte con le istituzioni dall’altra, di fronte alle innumerevoli sfide che la società deve affrontare, auspicando un’alleanza tra il mondo della politica e quello della scienza. Ha poi citato la Costituzione che prevede la libertà di politica e scienza. Libertà che «impone e presuppone responsabilità». Scienza e politica, secondo Meloni, sono ambiti distinti ma incredibilmente complementari. Ciascuna deve riconoscere il ruolo dell’altra ed entrambe devono essere «alleate nel perseguire il bene comune». Per corroborare quanto appena sostenuto, a questo punto, Giorgia Meloni non ha trovato di meglio che citare «un grande santo, papa Giovanni Paolo II» che iniziò una delle sue più note encicliche, dal titolo Fides et ratio, affermando che «la fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità»4.

La Meloni ha inoltre aggiunto di essere convinta che: «La scienza e la politica siano come la fede e la ragione, ovvero due ali con le quali l’uomo può spiccare il volo e costruire il bene comune. Però, perché quell’uomo possa volare, le due ali devono riuscire a muoversi insieme, devono riuscire a muoversi in modo coordinato. […] Noi sappiamo che non è sempre accaduto e che si sono scontrate non di rado, per la volontà di dominio che, di volta in volta, ciascuna ha tentato di esercitare sull’altra».

La citazione di papa Wojtyla non è apparsa particolarmente felice. Forse la Meloni non lo ricorda, ma l’enciclica Fides et ratio, pubblicata il 14 settembre 1998, aveva suscitato delusione e perplessità nel mondo scientifico. Come aveva efficacemente sottolineato il fisico Tullio Regge (1931-2014) sulle pagine della rivista Le Scienze5, Giovanni Paolo II aveva mostrato sostanzialmente un atteggiamento di chiusura nei confronti della ragione. Regge sottolineò inoltre come l’enciclica rappresentasse un passo indietro rispetto alle sia pur parziali aperture nei riguardi della cosmologia e dell’evoluzionismo che la chiesa cattolica aveva manifestato in un recente passato. Inoltre, come osservò il matematico Piergiorgio Odifreddi, proprio sulle pagine dell’Uaar6: «Della scienza, Wojtyla parla poco. Non sorprendentemente, visto che egli ritiene che essa si basi sull’evidenza e sugli esperimenti, e che tutta l’attività speculativa dell’intelletto appartenga invece alla filosofia. Benché sembri impossibile, il papa dimostra dunque di non aver mai sentito parlare neppure di Einstein e della scoperta della relatività generale: una teoria completamente speculativa, apparentemente contraria a ogni evidenza, e le cui conferme sperimentali dovettero attendere molti anni! Naturalmente, in Vaticano è invece ben conosciuto Galileo. Sull’imbarazzante vicenda del suo processo, che ha offuscato la credibilità della Chiesa per secoli, la Fides et ratio mantiene il più rigoroso silenzio. Con un voltafaccia che appare francamente eccessivo, Wojtyla cita invece Galileo come un precursore delle posizioni del Concilio Vaticano II sulla compatibilità delle verità di fede e scienza! Salvo poi smentirsi immediatamente, reiterando la posizione del cardinal Bellarmino che molti scienziati, sbagliando, avevano pensato ormai superata: i fedeli non hanno il diritto di difendere come legittime le opinioni ritenute contrarie alla dottrina (ad esempio, il già citato evoluzionismo), e devono invece considerarle come errori».

Come dicevamo, la Meloni, nel suo intervento, ha affermato che «le due ali» della politica e della scienza «devono riuscire a muoversi insieme, devono riuscire a muoversi in modo coordinato». Dopo più di un anno e mezzo dal suo insediamento viene quindi naturale chiedersi se il suo governo si sia davvero mosso insieme alla scienza e in modo a essa coordinato. Purtroppo i fatti non sembrano confermare quanto auspicato a parole dalla presidente del consiglio.

Già nel maggio 2023 la professoressa della Statale di Milano e senatrice a vita Elena Cattaneo inviò al direttore del Corriere della Sera una lettera dal titolo Ricerca: i bandi e le occasioni perdute. Criteri di valutazione e attesa dei risultati: mantenere competitiva a livello internazionale la nostra ricerca scientifica è (anche) una lotta contro il tempo.

Nella lettera la senatrice a vita denunciava i gravi ritardi nella comunicazione degli esiti del bando per la ricerca fondamentale Fis (Fondo italiano per la scienza), finanziato con 50 milioni di euro, nonostante, all’epoca, fossero trascorsi ben diciassette mesi dall’ultimo giorno utile per partecipare al bando (27 dicembre 2021). Analoghi ritardi (per l’esattezza quattordici mesi) si sono verificati anche per il bando relativo ai Progetti di rilevante interesse nazionale (Prin) 2022, dal valore di circa 749 milioni, e di cui solo nei giorni precedenti alla data della lettera erano state pubblicate le graduatorie parziali relative ad alcuni settori.

Ritardi simili hanno inevitabilmente ripercussioni gravissime sulle attività di ricerca, sulla futura carriera dei giovani ricercatori e, in generale, sull’intero Paese.

Anche i criteri adottati nel nostro Paese per la valutazione dei progetti lasciano poi molto a desiderare, come evidenziò chiaramente la Cattaneo: «Quei numeri, combinati con le fragilissime procedure di valutazione di cui disponiamo, lasciano anche presagire che l’esito equivarrà al tiro di una monetina (non gioiscano, quindi, i vincitori, quando finalmente arriveranno gli esiti dei bandi, e non ne soffrano i perdenti). Perché, mentre le agenzie per la ricerca degli altri Stati affidano la valutazione dei progetti nazionali a esperti stranieri, retribuendoli in modo adeguato e richiedendo loro articolate motivazioni a giustificare gli esiti, in Italia – pressoché l’unico Paese europeo a essere ancora privo di un’agenzia per la ricerca – è spesso il collega dell’istituto accanto a farla, nei ritagli di tempo, con una riga di commento e il massimo del punteggio se vuole vedere il progetto vincere, tanti sono quelli che ha sulla scrivania».

Se i bandi fin qui considerati erano stati indetti dai governi precedenti, le cose purtroppo non sono andate meglio per quelli pubblicati dallo stesso governo Meloni o per quelli annunciati e mai pubblicati. Continuava infatti la professoressa Cattaneo: «In questo contesto, a fine 2022 il ministero dell’università e della ricerca (Mur) pubblicava un secondo bando Prin straordinario da 420 milioni, collegato al Pnrr. Anche questo ancora senza esito. A fine 2022 ha pubblicato anche il bando per il Fondo italiano per le scienze applicate (Fisa) 2022: 50 milioni di euro, con la previsione di poterne mettere a bando altri 250 entro il 2025. Sempre nel 2022 era prevista la pubblicazione del secondo bando Fis, valore 150 milioni, di cui tuttavia a oggi non si trova traccia».

Naturalmente le responsabilità non sono solo di questo esecutivo, ma le radici affondano in un sistema oramai sclerotizzato da tempo. Non sembra però che l’attuale governo abbia fatto alcunché per migliorare la situazione. Tutt’altro.

A conferma dello scarso interesse da parte del governo Meloni nei confronti della ricerca, si potrebbe citare il feroce taglio dei fondi attuato dall’esecutivo ai danni del centro Ebri (European Brain Research Institute) di Roma, istituto di ricerca fondato e voluto da Rita Levi Montalcini (1909-2012).

La legge di bilancio approvata dal governo ha infatti negato il contributo di un milione di euro all’anno che dal 2012 permetteva al centro di fare ricerca d’avanguardia. Gli studi da esso condotti hanno permesso di accrescere notevolmente le conoscenze sulla fisiologia cerebrale, fondamentali per lo sviluppo di nuove terapie per gravi patologie del cervello e dell’occhio. Tra queste il morbo di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative, la sclerosi multipla, l’epilessia, le malattie neuropsichiatriche, i disturbi dello spettro autistico, il glaucoma e le neuropatie ottiche.

Come ha dichiarato il presidente dell’Ebri, il professor Antonino Cattaneo, neuroscienziato docente di neurobiologia alla Scuola normale superiore di Pisa e membro dell’Accademia nazionale dei lincei: «La decisione del governo determina l’impossibilità di proseguire le ricerche e di sostenere i costi strutturali e l’implementazione e manutenzione dei laboratori e delle sofisticate apparecchiature. Sono costi che non possono essere coperti dai finanziamenti, in larga parte internazionali, per progetti di ricerca competitivi vinti dalle ricercatrici e dai ricercatori»7.

Come ha dichiarato il professor Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto Mario Negri: «Il problema è che in Italia abbiamo governi che ritengono che la ricerca sia una spesa e non un investimento. L’esecutivo attuale e quelli precedenti, perché è successo anche in passato, tagliano sempre in questo settore, ma senza risorse per la ricerca questo Paese non può compiere grandi passi avanti. L’economia e la salute dipendono in misura fondamentale dalla ricerca, alla quale in Italia viene dedicato circa l’1,2% del Pil, mentre la media europea è del 2,3%. Non solo: non sappiamo quando vengono pubblicati i bandi, emessi i risultati e finanziati, c’è una grande burocrazia a cui si accompagna una scarsa efficienza. Abbiamo la metà dei ricercatori per milione di abitanti rispetto alla media europea e si incontrano grosse difficoltà per effettuare la sperimentazione animale, perché c’è una burocrazia spaventosa. Bisogna attendere sei mesi prima di avere un’approvazione, contrariamente a quello che succede nei maggiori Paesi europei. Per farsi un’idea, per avvicinarci alla somma che la Francia destina alla ricerca dovremmo spendere circa 22 miliardi di euro in più all’anno. Manca completamente l’attenzione per questo ambito e per le sue potenzialità nel presente e nel futuro, perché ha una funzione strategica fondamentale. La ricerca viene realizzata dall’industria: manca quella indipendente, che ha maggior margine di manovra ed è effettuata nell’interesse dei pazienti. Quella industriale, invece, inevitabilmente tende a mostrare soprattutto i benefici dei propri prodotti»8.

Anche l’Istituto Mario Negri incontra le sue difficoltà finanziarie. Come lo stesso professor Garattini ha dichiarato: «L’Istituto Mario Negri cerca di essere indipendente anche se non è facile. Le risorse su cui si può contare sono poche: tutti gli enti di ricerca sono in difficoltà. Essendo Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico), riceviamo dei fondi pubblici, ma sono una parte molto piccola del totale di cui abbiamo bisogno. L’Istituto Mario Negri, considerando le sedi di Milano e Bergamo, per esempio, spende circa 33 milioni di euro all’anno e il sostegno pubblico non arriva a coprire nemmeno il 15% della cifra. Fortunatamente siamo molto aiutati da lasciti, eredità e donazioni dei privati, che rappresentano una buona parte delle entrate. Avremmo bisogno di maggior sostegno pubblico: non vogliamo riceverlo gratuitamente, basterebbe che venissero indetti più bandi di concorso per premiare i progetti migliori, ma ciò non avviene perché sono troppo poche le risorse disponibili. Il Paese senza ricerca in tutti i campi non può accrescere la sua economia e non ha futuro. Inoltre, la salute viene danneggiata perché dipende dalle conoscenze che si hanno sull’organismo e sul suo funzionamento. I progetti dei ricercatori e i loro risultati innescano procedimenti virtuosi, perché quello che si scopre su una patologia è utile per curarne altre. Le malattie rare, per esempio, costituiscono casi estremi che possono permettere di capire i danni causati da cambiamenti genetici o altri tipi di anomalie»9.

Non è sembrato inoltre che l’“ala” del governo si sia mossa in modo coordinato con quello della scienza quando il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, rispondendo a un question time svoltosi al senato il 17 novembre 2022, e commentando il recente via libera dato dalla Food and Drug Administration al consumo umano di carne coltivata negli Stati Uniti, affermò: «Garantisco che finché saremo al governo sulle tavole degli italiani non arriveranno cibi creati in laboratorio. […] Desidero sgomberare il campo da qualsiasi equivoco: il governo è contrario a cibo sintetico e artificiale e ha intenzione di contrastare in ogni sede questo tipo di produzioni».

Le sue dichiarazioni erano principalmente rivolte alla carne coltivata (impropriamente chiamata sintetica) che, come abbiamo già illustrato altrove10 e con buona pace di Lollobrigida, può rappresentare un’interessante e utile innovazione e una valida opportunità.

Il resto dell’intervento di Giorgia Meloni ribadisce la necessità di un controllo da parte dell’etica, e quindi della politica, sulle innovazioni scientifiche. E qui la presidente del consiglio mostra di fare un po’ di confusione tra scienza e tecnica. La scienza, intesa come conquista di nuove conoscenze, non dovrebbe infatti sottostare ad alcuna limitazione etica. Casomai sono le sue applicazioni, ovvero la tecnica, e richiederle. Non a caso Meloni cita la clonazione e l’intelligenza artificiale generativa, sottolineando come non si debba assolutamente «barattare la propria comodità con la libertà». A proposito di I.A. cita il concetto di algoretica, facendo riferimento esplicito, ancora una volta, al Vaticano e a un suo progetto del 2020. Il neologismo algoretica venne infatti usato per la prima volta nel 2018, con la pubblicazione del libro Oracoli. Tra algoretica e algocrazia di Paolo Benanti, frate francescano del Terzo ordine regolare e docente di teologia morale e bioetica alla Pontificia università gregoriana che, guarda caso, è stato posto da Giorgia Meloni a capo della cosiddetta “Commissione algoritmi”, in seguito alle dimissioni di Giuliano Amato.

Ricordiamo anche che Benanti, oltre a essere un religioso e quindi non certo adatto a presiedere un’istituzione che per sua natura dovrebbe essere laica, è un instancabile oppositore della fantomatica “ideologia gender”11. Tra le altre cose, Benanti ha definito «fenomeni da baraccone» quelli «che vediamo al Gay Pride» e, secondo lui, i termini queer e finocchio sono equivalenti12.

Giorgia Meloni conclude poi il suo intervento con una retorica autocelebrazione delle capacità scientifiche italiane, di cui però il Paese attuale sembra aver perso consapevolezza («Italia è convinta di aver perso la capacità di insegnare al mondo qualcosa»). Ribadisce l’importanza di costruire una società della conoscenza («è il sapere che in questo tempo fa la differenza») e la necessità di incentivare lo studio delle materie Stem, favorendo i ricercatori del nostro paese e rendendo l’Italia più attrattiva agli occhi di quelli stranieri.

Ancora una volta, però, le sue dichiarazioni contrastano con l’effettivo operato del suo governo che ben poco ha fatto finora in questo senso.

In definitiva dunque l’intervento della presidente del consiglio è apparso deludente, ma per nulla sorprendente, vista che l’attuale esecutivo in numerose occasioni ha mostrato di essere su posizioni oscurantiste e retrograde, ben lontane da quello che è lo spirito della scienza e dalle stesse richieste che il Manifesto redatto dall’Isa poneva al governo.

Silvano Fuso

Approfondimenti

  1. go.uaar.it/37n2hvx
  2. Il manifesto è disponibile qui: go.uaar.it/9yg5ygi
  3. È possibile visionare la registrazione video dell’intero evento qui: go.uaar.it/xtz4vfu
  4. La citazione di Giovanni Paolo II da parte di Meloni le è valsa l’assegnazione della “clericalata della settimana” da parte dell’Uaar: go.uaar.it/lkum1uj
  5. T. Regge, Il dialogo mancato, Le Scienze n. 364, dicembre 1998
  6. P. Odifreddi, La superbia teologica: go.uaar.it/cgkjbn3
  7. go.uaar.it/inskzz6
  8. Ibid
  9. Ibid
  10. S. Fuso, Novel food tra innovazione e oscurantismo, Nessun Dogma n. 1/2024: go.uaar.it/6go8tqw
  11. L. Bernini, Sugli usi e abusi del concetto di «gender»: go.uaar.it/0i0mx3e
  12. A. Capocci, Paolo Benanti, Il frate nerd fervente militante «anti-gender», Il Manifesto, 7 gennaio 2024: go.uaar.it/xbt77af

 


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15 commenti

giancarlo bonini

Giorgia Meloni non credo abbia mai letto l’enciclica “Fides et Ratio” e, se l’ha letta, non l’ha di certo capita. Resta il fatto che ormai in Italia risulta praticamente obbligatorio infilare un Papa ( uno a scelta) in qualsiasi argomento venga trattato e questo si verifica da entrambe le parti dello schieramento politico.

Diocleziano

Se si pensa al fatto che la maggior fonte di informazione sono i tg, non meraviglia che il ‘pensiero’ di un politico ricalchi la sua fonte: non c’è tg dove, almeno tre o quattro volte, non si citi il pappagallesco “papafrancesco-ha-detto”… Se poi argomenti vieti come quello delle ‘due ali’ – una stupidaggine che dovrebbe essere proibita dalla 1°elementare in poi – dovrebbero essere spiegati ai politici. Non meraviglia (o forse dovrebbe?!) che il nostro primo ministro incappi in simili svarioni considerando che, ormai vicina alla cinquantina, continui a coltivare il mito di Atreyu…

laverdure

“…..è un instancabile oppositore della fantomatica “ideologia gender”. ”
Affermare che una ideologia bislacca solo perche’ tale non esista,non e’ una mossa intelligente ( e nemmeno onesta ).
Il fatto che qualcuno ne approfitti per la sua propaganda non cambia la questione.
Come lo chiamate il comportamento “politicamente corretto ” delle autorita che in alcuni paesi occidentali hanno permesso a individui condannati a pene detentive di
“scegliersi” un carcere femminile,dove hanno commesso degli stupri ?
E non tiriamo fuori la solita solfa del “cherry picking”: sarebbe come dire che se un importante funzionario venisse sorpreso a ballare nudo per la strada ubriaco fradicio la cosa e’ perdonabile perche’ “e’ successo una sola volta !”

laverdure

(«Italia è convinta di aver perso la capacità di insegnare al mondo qualcosa»).
Il gran numero di manifestazioni di piazza di ogni genere di questi decenni,indirizzate a gravi situazioni internazionali (vedi ad es problema palestinese),come pure le dichiarazioni di innumerevoli piu’ o meno illustri personaggi sugli stessi argomenti,porterebbero a pensare il contrario.
Piu’ scarsa invece sembra la capacita di mantenere atteggiamenti imparziali,una lacuna che non risparmia certo nessuna forza in lizza nel paese.
Sarebbe opportuno se si prendesse in considerazione invece il crescente problema della sempre piu’ scarsa capacita di IMPARARE qualunque cosa a qualunque livello,
sia riguardo al mondo che ad argomenti piu’ “locali”.
“Analfabetismo funzionale” docet.

laverdure

Detta piu’ chiaramente : qui abbiamo un sacco di gente( a cominciare voi sapete da chi) convinta di avere addirittura la missione di “educatore” del mondo intero , e questo e’ un dato di fatto.
Che poi qualcuno di loro abbia davvero qualcosa da insegnare a checchessia,e’ lecito dubitare.

enrico

Diocleziano, è ragionevole pensare che Giorgia il documento delle due ali non l’abbia neppure letto e non gliene freghi una ceppa. L’importante era la marchetta andata puntalmente in porto. Isuoi sherpa hanno commissionato agli esperti vaticani la solita tesi che profuna di sacrestia secondo la quale scienza e teologia debbano camminare proficuamente appaiate, di buon grado per il bene dell’umanità. Non si rassegnano al fatto che la scienza abbia spazzato via senza pietà alcuna le bufale demenziali dell’antico testamento. Secondo il biblista don Paolo Farinelli in Vaticano risiede (percentualmente è chiaro) il maggior numero di atei. Ma loro hanno studiato, la plebe no e si fida di Giorgia e Matteo.

Diocleziano

Se la Meloni avesse frequentato questo sito una quindicina di anni fa, forse, oggi avremmo un pessimo politico in meno e un buon addetto al settore turistico in più! 😛

Abbinare scienza e teologia è una bestemmia laica, un insulto alla scienza.

GBK

La politica sarebbe come la fede o come la scienza? Entrambe le possibilitá costituiscono un paragone strampalato.

GBK

Oops, riformulo. La politica sarebbe come la fede o come la ragione? Entrambe le possibilitá costituiscono un paragone strampalato.

Diocleziano

La politica assomiglia alla fede nel desiderio di risultati generalmente impossibili;
e si capisce che fa uso della ragione dai risultati deludenti.
Toh, un po’ di ottimismo non guasta! 😛

RobertoV

La politica ha sicuramente punti di contatto con la fede, basterebbe vedere i comportamenti dei sostenitori di certi partiti nei confronti del capo venerato o l’agire come lobby e nel dividere il noi contro loro tipico delle religioni, l’uso della retorica e delle fake news, ma non ha a che fare con la ragione, anche se la fede cerca sempre di nobilitarsi citandola, che ha aspirazioni universali e strutture metodologiche aliene alla politica ed alla fede. Nella politica puoi dire tutto e il contrario di tutto, in modo opportunistico, puoi millantare e affermare il falso senza problemi. D’altronde, in modo particolare in Italia, basta vedere quanti sono gli avvocati in parlamento e le pessime leggi che riescono a fare e il loro livello culturale medio. Non offendiamo la ragione collegandola alla politica ed alla fede: sono i tipici trucchi retorici per cercare di nobilitare i propri discorsi di politica e di fede. Meloni che parla di scienza, come di economia, non può che far sorridere, sono argomenti al di fuori delle sue capacità di comprensione. Purtroppo è in buona compagnia. Ha già problemi a capire di politica.

pendesini alessandro

….. « In Italia – pressoché l’unico Paese europeo a essere ancora privo di un’agenzia per la ricerca…..
Come ha dichiarato il professor Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto Mario Negri: «Il problema è che in Italia abbiamo governi che ritengono che la ricerca sia una spesa e non un investimento. L’esecutivo attuale e quelli precedenti, perché è successo anche in passato, tagliano sempre in questo settore, ma senza risorse per la ricerca questo Paese non può compiere grandi passi avanti. L’economia e la salute dipendono in misura fondamentale dalla ricerca, alla quale in Italia viene dedicato circa l’1,2% del Pil, mentre la media europea è del 2,3%……Per farsi un’idea, per avvicinarci alla somma che la Francia destina alla ricerca dovremmo spendere circa 22 miliardi di euro in più all’anno ! »…..Dice chiaramente e giustamente l’articolo di Silvano Fuso. Questo la dice lunga su quello che si dice e quello che veramente succede in Vaticalia…

Non sono solamente le idee, o promesse per quanto buone possano essere o apparire, che qualificano la o le persone, ma sopprattutto i fatti ! E questo, sin dall’inizio, l’UAAR l’ha non solamente capito, ma anche puntualmente dimostrato ! Il metodo ? E’ semplice : anziché domandarsi « cosa puo’ succedere di sgradevole, disumano o intollerabile in un futuro prossimo ? » Rispondono « cosa posso, o possiamo fare per un cambiamento radicale di paradigma ? Ma anche come evitare brutte o intollerabili sorprese ? » Metodo che tutti possono capire e applicarlo per il benessere della biosfera, specie umana inclusa….Una utopia ? Evitando ovviamente l’idea, o concetto di una perfezione sociale che, più che probabilmente non avremo mai.

RobertoV

Sono quasi 40 anni che lavoro nella ricerca energetica e non ho visto grandi cambiamenti nell’atteggiamento dei vari governi italiani ed anche dell’industria. Quando ho iniziato pensavo che prima o poi le cose sarebbero cambiate e che anche l’Italia si sarebbe resa conto che in un mondo tecnologico lo sviluppo scientifico e la sua traduzione industriale sono un elemento importante dello sviluppo di una nazione moderna. Invece la ricerca ancora oggi in Italia dai governi, istituzioni e dalle stesse industrie viene vista come un argomento di discussione per cercare di nobilitare le proprie argomentazioni e spacciarsi all’avanguardia, fare propaganda, ma solo a livello di parole, non nei fatti concreti. Al massimo ci si fa belli con qualche situazione di nicchia dove alcune persone tra mille difficoltà fanno ricerca avanzata.
Per esempio alcuni colleghi di mio figlio recentemente laureatisi nell’IA si sono scontrati con la differenza tra le aspettative, il tanto parlarne e la realtà operativa. Non stupisce, quindi, che tanti giovani preferiscano andarsene all’estero in nazioni dove sono meglio pagati e più considerati. D’altronde la ricerca costa e può non dare frutti o darli molti anni dopo. E rispetto ad anni fa abbiamo pure smantellato centri di ricerca privati e pubblici, proprio perchè la ricerca costa, incapaci di vedere che possa essere un investimento, a maggior ragione se si è in grado di sfruttarne le conquiste.
Noi siamo nel paese dove ancora la cultura è rappresentata da quella umanistica e ci esaltiamo per il rinascimento ed affidiamo al Vaticano addirittura il controllo della ricerca scientifica e anche della medicina.
Basterebbe anche vedere le lauree dei politici, sempre che ne abbiano una, per capire quanto siano distanti da un mondo moderno e scientifico e dalla possibilità di comprenderlo, Lollobrigida docet. Per non smentirsi ai ministeri della cultura e dell’Università e della ricerca hanno messo due laureati in giurisprudenza, il primo imbarazzante e della Bernini non ricordo iniziative per un ministero che dovrebbe essere molto importante.
Dopo tutto quello di male che hanno detto sulla Montalcini in vita, non mi stupisce che abbiano tolto i fondi al suo centro di ricerca. D’altronde i pochi fondi vanno dati agli amici.

laverdure

Ricordo come un onorevole (non ha la minima importanza il suo partito,dato che certa mentalita e’ universale)se ne usci in pubblico con questa perla : “Non abbiamo bisogno di una industria( e quindi della ricerca per svilupparla),quello che ci serve possiamo comperarlo !”.
Spero che non gli avreste rinfacciato che per comperare occorrono soldi.
Chi ha tutto gratis,dalla carta igienica al barbiere all’auto con autista,come puo’
tenere in considerazione certi dettagli ?

laverdure

Val la pena di ricordare per l’ennesima volta quell’automobilista,citato in un vecchio
articolo di “Quattroruote”,rimasto in panne perche aveva aggiunto acqua alla benzina credendo di farla durare di piu’ ( e di far fesso il motore ).
E’ solo uno degli infiniti esempi ricorrenti in continuazione di una mentalita da noi diffusissima,che ovviamente non puo’ non riflettersi nella classe dirigente.
O forse credete che l’assioma :”Un paese ha la leadership che merita” sia solo uno stantio cliche’ ?

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