Le serie storiche dell’8×1000 pubblicate dal Mef attribuivano alla ripartizione avvenuta nel 2009 il minor esborso di fondi pubblici a favore della chiesa cattolica, 968 milioni. I dati diffusi il mese scorso hanno ufficializzato il nuovo record: i vescovi hanno incassato infatti 911 milioni. Una cifra enorme, intendiamoci, ma ben al di sotto della media di 1,1 miliardi a cui erano abituati nel quinquennio 2019-2023. E visto che siamo in periodo di olimpiadi, andiamo a vedere dove i contribuenti italiani si sono impegnati maggiormente per battere il record.
Sempre il Mef mette a disposizione la ripartizione delle scelte dell’8×1000 regione per regione. L’oro per l’impegno laico va all’Emilia Romagna, dove tra chi esprime una scelta solo il 55,53% opta per la chiesa cattolica. L’argento va alla Toscana (59,06%) e il bronzo alla Liguria (59,54%). La coda della classifica vede la Puglia (85,38%), la Sicilia (85,54%) e infine la Calabria (85,83%).
Considerare le percentuali relative ai soli contribuenti che esprimono una scelta è una premessa fondamentale. L’ingannevole meccanismo dell’8×1000 prevede infatti che le scelte espresse determinino la ripartizione dell’intera torta a disposizione. È il famigerato sistema della redistribuzione dell’inoptato, che guarda caso non viene applicato per il 5×1000, dove la quota relativa a chi non esprime la scelta semplicemente resta alla fiscalità generale del nostro Paese e dove il Ministero limita anche l’effetto delle scelte espresse ponendo un tetto massimo di spesa.
Ad esempio è laicamente preferibile la situazione dell’Emilia Romagna, dove il 25,38% del totale dei contribuenti sceglie la Chiesa cattolica rispetto al 22,98% della Toscana, perché nella prima ci sono più contribuenti che firmano per lo Stato (17,34% in Emilia Romagna contro 13,35% in Toscana) o per confessioni di minoranza. Troppo complicato? Purtroppo sì, non a caso diciamo che l’8×1000 è fondato sull’inganno e auspichiamo la sua abolizione. Chi volesse saperne di più può consultare il sito Occhiopermille.it, mettersi alla prova con un quiz e non lasciare mai in bianco la casella dell’8×1000 quando arriva il momento della dichiarazione dei redditi.
Roberto Grendene
Avevo visto una interessante indagine Demos del 2008 in cui quasi il 79 % degli italiani allora si dichiarava cattolico, ma alla domanda perché lo erano, ben il 50,1 % rispondeva perché nato in una famiglia cattolica, il 32 % perché credente, l’8.6 % perché attaccato ai valori cattolici e l’8.8 % perché fa parte della cultura e della storia italiana. E la conclusione già allora era che la maggior parte dei cattolici interpretava a suo modo o non si atteneva alle indicazioni della chiesa cattolica.
Immagino che in questi 16 anni la situazione abbia continuato ad andare in questo senso e sarebbe interessante fare un sondaggio analogo e pubblicizzarlo. Avevo visto una indagine in Austria, paese di tradizione cattolica, dove anche li la maggior parte di quelli che si dichiarava cattolico, oggi scesi al 50 % del totale, non credeva addirittura a dogmi fondanti del cattolicesimo e vi si identificava più per abitudine o ragioni “storiche”.
Quindi si vedono gli effetti della propaganda cattolica e della religione di stato ed è quindi probabile che una parte consistente di chi sceglie l’otto per mille per la chiesa cattolica lo fa non perché crede alla chiesa cattolica, ma per abitudine, perché non conosce altre realtà o per un malinteso senso di appartenenza italiana, per scarsa conoscenza delle alternative, come per esempio l’alternativa stato: infatti è bastato che lo stato chiarisse un po’ le modalità del suo utilizzo per vedere aumentare la sua percentuale.
E dall’esame per regione si capisce dove la chiesa cattolica ha ancora un maggiore controllo e l’informazione è deficitaria, oltre alla minore fiducia nello stato.
Interessante notare che sul podio ci sono tre delle 5-6 regioni “Rosse” di storica memoria. Le altre erano la Liguria e l’Umbria, con Marche e Lazio che facevano capolino di tanto in tanto. ✊
Forse ci sarà stata una maggiore diffusione/comprensione dell’ateismo marxista, o degli studi storico-critici sulle religioni.
La mia regione, il Lazio, si pone in ottima posizione, inaspettatamente. Al di lá dei meccanismi di ripartizione, mi compiaccio del risultato.