Quei privilegiati dei cappellani militari

Una recente riforma ha consolidato la posizione dei cappellani presenti nelle forze armate: li dovrebbe pagare la Santa sede, ma sono a carico nostro. Affronta il tema Daniele Passanante sul numero 4/2024 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Guido Notari era lo speaker ufficiale dei cinegiornali del fascistissimo Istituto Luce. Forse non tutti conoscono il suo nome, ma almeno una volta è capitato a tutti di sentirne la voce, simbolo di un giornalismo fatto di fonti e propaganda governativa. Non si può fare a meno di leggere, proprio con la voce di Notari nella mente, come se fosse il pezzo di un vecchio cinegiornale, un comunicato stampa della questura di Torino.

La velina è stata inviata ai giornalisti in occasione del “precetto pasquale militare interforze”, il tradizionale appuntamento liturgico dedicato al personale delle forze armate, delle forze dell’ordine e degli altri corpi, armati e non, dello Stato: «Questa mattina, presso la Basilica dedicata a Maria Ausiliatrice, si è svolta la celebrazione del Precetto Pasquale Militare Interforze con la partecipazione congiunta delle Forze di Polizia e delle Forze Armate. Gremita di Autorità civili e militari, la Basilica ha ospitato una cospicua rappresentanza di tutti coloro che, uomini e donne, si fanno portatori di retti valori, rinsaldati durante la sacra messa».

E questo tripudio di lettere maiuscole messe a casaccio non è un reperto storico risalente al ventennio o una nota della polizia morale di uno Stato teocratico, ma la comunicazione del 14 marzo 2024 inviata alla stampa dall’ufficio torinese del dipartimento di pubblica sicurezza, alle dipendenze del ministero dell’interno. Alla celebrazione religiosa era presente, insieme al prefetto e al questore di Torino, Sua eccellenza reverendissima (titolo riservato ai vescovi) monsignor Santo Marcianò, arcivescovo cattolico, dall’ottobre 2013 ordinario militare per l’Italia e quindi equiparato al rango di generale di corpo d’armata.

In questo clima anacronistico di titoli altisonanti e celebrazioni religiose, gestite direttamente da apparati della Repubblica italiana, la laicità dello Stato vacilla. Le forze dell’ordine sono infatti ancora fortemente intrise di clericalismo: basti pensare che in ogni caserma sparsa per il territorio nazionale esiste almeno una cappella. D’altra parte, celebrazioni come queste si richiamano alla libertà religiosa, ma può una forza armata moderna imporre un unico credo e ignorare le sensibilità di chi crede in altre religioni o di chi non crede?

È esattamente quanto accade per via degli accordi tra lo Stato italiano e la chiesa cattolica che regolano e integrano la presenza di personale religioso nelle forze armate. Dal 2021 secondo una nuova ratifica tra l’Italia e la Santa sede l’assistenza spirituale al personale di fede cattolica delle forze armate è garantita da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti, su designazione dell’autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l’organico e le modalità stabiliti d’intesa fra tali autorità.

«L’alta direzione del servizio di assistenza spirituale – specifica il testo dell’accordo – è devoluta all’Ordinario militare per l’Italia, il quale è coadiuvato dal Vicario generale militare e da tre ispettori che fanno parte della sua curia. L’Ordinario militare e il Vicario generale militare sono assimilati di rango, rispettivamente, al grado di generale di corpo d’armata e di maggiore generale. Gli ispettori sono assimilati di rango al grado di brigadiere generale». Insomma tutti i cappellani militari presenti nelle forze armate sono a tutti gli effetti degli ufficiali.

La riforma dei cappellani militari ha visto un lungo percorso, durato alcuni anni. Nel 2013 monsignor Marcianò aveva dichiarato a Luigi Pelazza della trasmissione tv Le Iene, in un servizio dal titolo Quanto ci costano i cappellani militari? che era disponibile a una riforma affermando: «Noi preti non siamo fatti né per i soldi, né per i gradi». E fa già ridere così. Infatti era emerso dall’inchiesta giornalistica di Pelazza che il costo per lo Stato italiano dell’Ordinariato militare è stato nel 2013 di 7 milioni e 600mila euro per 160 cappellani che, oltre a prendere uno stipendio da ufficiale, avevano altri benefit: caserma dove alloggiare, automobile fornita dal ministero della difesa e altri rimborsi spese, oltre a tutti i costi degli uffici.

Pelazza aveva poi fatto un nuovo servizio a un anno di distanza nel 2014 dal titolo I sacerdoti pagati dallo Stato e aveva rilevato che i costi, lievitati nel frattempo a oltre 8 milioni, sarebbero saliti ulteriormente a 10 milioni nel 2015 per via della decisione dell’Ordinariato di aumentare a 205 unità i cappellani militari. «Nessuno vuole vietare che ci sia una formazione religiosa, non si capisce perché debba essere a carico dello Stato» osservava l’allora vicepresidente della camera Roberto Giachetti, che auspicava che le spese dell’Ordinariato fossero pagate dalla Santa sede.

Ma la richiesta è caduta nel vuoto, anche in seguito all’interrogazione rivolta al ministro delle finanze e al ministro della difesa, presentata nel 2016 dai deputati di Sinistra italiana che chiedevano fosse la Santa sede a sostenere le spese dell’Ordinariato: 20 milioni di euro all’anno, considerati anche i cappellani congedati, con pensioni a carico dell’Inps a partire da 4mila euro al mese. Dopo l’attenzione mediatica dei due servizi delle Iene, si è aperta così un’interlocuzione tra il governo italiano e la Santa sede, grazie alla quale, nel quadro delle intese concordatarie, è stato avviato un processo di revisione della legge che regola il servizio dei cappellani militari.

Per capirne di più abbiamo chiesto un incontro con il capo dei cappellani militari Marcianò e via mail ci ha risposto il segretario particolare dell’arcivescovo don Santo Battaglia che: «La commissione paritetica, costituita da esperti in materia, ha lavorato per alcuni anni proponendo una radicale modifica della legislazione precedente tale che si andasse nella direzione di ridurre l’onere economico per lo Stato, cercando, al tempo stesso, di contemperare il rispetto della libertà religiosa con la salvaguardia della laicità delle istituzioni.

Il lavoro della commissione, concluso già nel 2018, ha poi passato il testimone al lavoro del parlamento. Dopo il previsto iter parlamentare si è giunti all’approvazione della legge 22 aprile 2021, numero 70. I 145 cappellani oggi in servizio sono regolamentati da questa nuova legislazione». Si dice nel documento finale che nel complesso la riforma è destinata ad alleggerire sensibilmente l’impegno finanziario dello Stato italiano, in ragione della riduzione dell’organico dei cappellani, dei gradi cui essi sono assimilati, della soppressione di tutta una serie di indennità e della cancellazione del lavoro straordinario. Non è dato sapere però quali siano i costi per lo Stato aggiornati al 2024 dell’Ordinariato militare.

I cappellani giustificano quindi la propria presenza sostenendo di fare anche qualcosa di utile per la collettività. Il segretario dell’Ordinariato aggiunge infatti che «in questi dieci anni sono stati realizzati numerosi progetti con le risorse per la carità, in collaborazione con enti e associazioni che operano nel territorio nazionale a sostegno di situazioni di povertà; al tempo stesso, grazie alla presenza dei cappellani presso le missioni all’estero sono stati realizzati progetti di cooperazione nelle aree dove i nostri militari operano (in particolare sud del Libano, Kosovo, Niger…). Ogni progetto ha avuto una sua storia e una sua configurazione che prevedeva la collaborazione di più enti».

Se è vero che secondo la nuova intesa il numero è stato ridotto a 145, i cappellani continuano tuttavia a essere inquadrati come ufficiali e non hanno quindi rinunciato ai privilegi. Chiunque ha fatto il militare sa che in caserma la mensa ufficiali è migliore di quella della truppa, per fare un esempio banale. La progressione economica a partire dal livello di assimilazione al grado di sottotenente di complemento è stata ridotta rispetto a quella degli ufficiali in servizio permanente effettivo.

Non sono previste più di dieci unità equiparate al grado di tenente colonnello, con il limite massimo della retribuzione al grado di maggiore. È stata anche esclusa ogni forma di retribuzione per attività espletate fuori dall’orario di servizio e sono state ridotte le indennità riconosciute ai cappellani, conseguenti alla funzione svolta.

Ufficiali sì, ma senza le responsabilità e i doveri previsti. I cappellani militari non sono infatti soggetti al Codice e alla disciplina militare, né alla giurisdizione penale militare, se non in caso di mobilitazione totale o parziale o di servizio all’estero.

Se il ruolo dei cappellani militari è quello di fornire assistenza spirituale ai militari cattolici, quale ne è stata storicamente la posizione sul servizio militare e sulla pace? Il 12 febbraio 1965 il quotidiano La Nazione pubblicò un comunicato dei cappellani militari in congedo contro l’obiezione di coscienza del servizio militare. Una reazione molto dura al dibattito in corso in quell’epoca relativo all’introduzione di una legge (poi emanata nel 1972) sul servizio civile: «Un insulto alla Patria, ai suoi caduti, […] estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà».

Pochi giorni dopo arrivò una replica memorabile da parte di don Lorenzo Milani: «Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri – scrive don Milani – allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri». Un anno dopo, il prete di Barbiana fu processato per apologia e incitamento alla diserzione e alla disobbedienza civile a seguito della pubblicazione della sua L’obbedienza non è più una virtù.

Come i cappellani ospedalieri e gli insegnanti di religione, così anche i cappellani militari per via del Concordato rientrano tra le figure di fatto imposte dalla Chiesa nei luoghi e nelle funzioni cardine dello Stato italiano: sanità, scuola e forze armate. Un concordato che oggi non ha più senso di esistere e che va abolito, rimuovendo privilegi e facendo valere concretamente il principio di laicità dello Stato.

Daniele Passanante

 

Approfondimenti


Iscriviti all’Uaar Abbonati Acquista a €2 il numero in digitale

Sei già socio? Entra nell’area riservata per scaricare gratis il numero in digitale!

4 commenti

GBK

A me fa sempre una brutta impressione, vedere le foto di un luogo di lavoro o una riunione di colleghi, spesso vestiti in uniformi e similari e poi una tonaca in mezzo al gruppo, che e’ un collega pure lui purtroppo. Chissá se i cittadini comuni “medi”, rigorosamente cattolici non praticanti, hanno un opinione sui cappellani militari o non gliene importa proprio niente.
Per quanto ne so io, molti italiani “medi” sono sconvolti e schifati dal concorso per gli insegnanti di religione. Anche se se ne sono accorti adesso dopo decenni del fenomeno.

Diocleziano

«Chissá se i cittadini comuni “medi”, rigorosamente cattolici non praticanti, hanno un’opinione sui cappellani militari o non gliene importa proprio niente».

Penso che, purtroppo, sia l’ultima che hai detto. La religione cattolica comporta alcune cose ovvie ma importanti, come tutto ciò che regola la civile convivenza: dal codice di Hammurabi al codice penale certe cose l’umanità le ha capite da tempo; senza scomodare il volere divino. Il decalogo di Mosè appare primitivo, inadeguato per una società evoluta; è adatto a una società rurale. Quindi sarebbe normale per il credente non praticante non porsi domande. Non se le pongono su questioni come la verginità della Maria, i miracoli, l’infallibilità del papa, il diluvio universale, le ricchezze della CdM, la presenza di Gegiù nell’ostia, elenco ad libitum… perché preoccuparsi per i cappellani stipendiati? Ah… dimenticavo i preti pedofili! 😛

laverdure

Ma almeno i cappellani militari sono tenuti a accompagnare i reparti operativi in zona operazioni ?
Perche’,vista l’aria che tira,non escluderei che anche in futuro i nostri miltari possano essere coinvolti,assieme alle altre truppe NATO, in operazioni non limitate all'”apertura di dialogo” (ma piuttosto all’apertura del fuoco).
Volete mettere il prezioso sostegno morale offerto dalla fede cristiana ?
Non si dice forse “Non ci sono atei nelle trincee ” ?

laverdure

Beninteso,se il Signore decidesse di richiamare a se’ qualcuno dei cappellani impegnati sul campo,(morto ammazzato insomma)scommetto che le decorazioni
“laiche” al valore si sprecherebbero,ancora piu’ facilmente di una beatificazione.

Lascia un commento