Mentre l’idea di globalizzazione sfuma si affermano in tutto il mondo i nazionalismi di stampo religioso e identitario che minano diritti e laicità. Affronta il tema Valentino Salvatore sul numero 6/2024 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.
Con la fine del comunismo il mondo pareva avviarsi, nel nome dell’ottimismo liberale, verso una globalizzazione che avrebbe ridotto le distanze tra i popoli. La secolarizzazione, con un aumento dei non credenti come mai nella storia, avrebbe contribuito. Ma le polarizzazioni sempre più acute, lo spartiacque dell’11 settembre che evoca scontri di civiltà e la chiusura identitaria in diversi Paesi fanno temere, soprattutto ai laici, un’inversione di rotta. Il mondo si sta ripiegando su sé stesso? Sicuramente pesa il sempre più ingombrante nazionalismo religioso.
In tante parti del pianeta si alzano voci che rivendicano diritti e libertà, si mettono in discussione assetti tradizionali. La possibilità di connettersi oltre i confini e l’impegno di gruppi e istituzioni internazionali rilanciano queste lotte. Ma i conservatori, oggi in declinazioni populiste e sovraniste, reagiscono contro presunte élite senz’anima accusate di imporre diktat, scombussolare ruoli di genere, tradizioni e pure il concetto di umanità.
Nascono alleanze inaspettate tra Stati, think tank e lobby (comprese quelle religiose, altrimenti rivali) nel nome di una paradossale promozione globale del “fai da te” locale, per rimettere in discussione faticose conquiste di laicità e diritti. Lo abbiamo visto a Verona nel 2019 con il congresso internazionale delle famiglie. Tutti uniti per l’omogeneità fondata sulla roccia del sacro, il recupero di valori considerati perduti o annacquati, la lotta alle “invasioni” di estranei e l’esaltazione di un passato mitizzato.
Per costruire l’idea di nazione tanti governanti aggiungono il cemento della religione. La fede sembra un collante perfetto per costruire un’identità solida e arginare le ansie di un mondo complesso e imprevedibile. Ma il rapporto tra nazionalismo e religione è ambivalente. Si veda la relazione con la chiesa cattolica, con la sua natura sia terrena (locale) sia eterea (universale).
Il papato rivaleggia con nobili e re per mantenere le sue prerogative, come le investiture dei vescovi. I papi medievali inventano la teoria delle “due spade” (dal Vangelo, quando Gesù invita i suoi discepoli ad armarsi) – spirituale e temporale – per cui delegano la seconda all’imperatore, sentendosi comunque superiori perché vicari di Dio. Ma il papato assiste allo spezzettarsi della cattolicità in nazioni, poi è colpito dalla riforma protestante e dall’illuminismo.
La rivoluzione francese porta a compimento l’idea moderna di Stato-nazione, fondato su costituzione e cittadinanza e non più sull’autorità del re con investitura divina. Oggi il papato di Bergoglio, con afflato ecumenico, sociale e pacifista, prende le distanze da quel «nazionalismo esasperato che fa di se stesso un dogma, spesso adottando a proprio vantaggio simbologie e ritualità religiose», come scrive nel 2020 L’Osservatore Romano.
Ma quel nazionalismo religioso è animato dall’identitarismo confessionale spesso brandito dal clero, e si erge a difesa sacrale di una patria che verrebbe minacciata nella sua omogeneità da orde di migranti (spesso identificati come musulmani) e da sabotatori interni che ne tradirebbero i valori.
Fino al 1870 una teocrazia governa parte della nostra penisola da un migliaio di anni e ne ostacola l’aggregazione brigando tra potentati vicini e lontani. Un’annosa questione, come ricorda pure Niccolò Machiavelli, che sogna un “principe” spregiudicato capace di unire gli italiani. L’anticlericalismo risorgimentale di Garibaldi e Mazzini, in opposizione al papa re, è noto. Ma poi anche in Italia il nazionalismo si sposa con l’identitarismo religioso nonostante le divergenze, per il timore del socialismo e con il compromesso tra regime fascista e chiesa cattolica dei Patti lateranensi.
Crollato Mussolini, il Vaticano mantiene i suoi privilegi: il cattolicesimo è religione di Stato fino al nuovo concordato del 1984 e il principale partito al potere per decenni è la Democrazia cristiana. L’identità degli italiani è ridotta alla religiosità cattolica. Con la seconda repubblica, finita l’egemonia Dc ed esplosa la secolarizzazione di massa, il centrodestra recupera l’identitarismo (e l’elettorato) cattolico, contro la laicità e per le ansie suscitate da immigrazione e poteri esterni.
Emblematico il caso del crocifisso imposto negli uffici pubblici, evidente retaggio del fascismo: nonostante le iniziative per superare questo anacronismo partano soprattutto dalla nostra associazione, nell’opinione pubblica si diffonde l’idea che sia un attacco all’identità italiana e un cedimento verso l’islam.
Negli Usa si assiste a una fanatica riscrittura della storia, che vuole una compatta nazione cristiana fin dagli albori. Sebbene founding fathers come George Washington, artefici della rivoluzione che ispira quella francese, siano noti per una certa radicalità e l’idea di separare lo Stato dai culti, e il filone laico continui nell’ottocento con figure come Robert Ingersoll (“il grande agnostico”).
Poi guerre mondiali, grande depressione e guerra fredda riaffermano la religione cristiana come collante nazionale contro il comunismo “ateo”. Il presidente Dwight Eisenhower fa aggiungere nel 1954 «under God» al giuramento alla bandiera recitato a scuola. Nonostante il chiaro intento confessionalista, i ricorsi degli umanisti locali per togliere l’intrusione divina sono respinti perché è (ormai) tradizione.
I nazionalisti cristiani, sentendosi sotto assedio in un contesto sempre più secolarizzato e plurale, in questi anni si sono fatti più aggressivi e complottisti. Hanno trovato in Donald Trump, rieletto nel 2024 contro la dem Kamala Harris, il proprio alfiere per la resa dei conti contro lo spauracchio woke.
Altro modello di nazionalismo religioso è quello russo ortodosso, con la cosiddetta “sinfonia dei poteri” (simfonija vlastej). Nel VI secolo l’imperatore bizantino Giustiniano teorizza che da Dio discendano il sacerdotium e l’imperium, che devono operare in armonia, o consonantia, per il bene della società.
Idea che gli zar, proclamatisi eredi dell’impero bizantino, applicano in Russia. Persino il regime sovietico alterna la repressione antireligiosa all’uso della chiesa ortodossa a scopo patriottico, come fa Stalin nella seconda guerra mondiale. Archiviato il comunismo, Putin si allea con la chiesa ortodossa e spinge sul confessionalismo. L’invasione dell’Ucraina è l’apoteosi di questa “sinfonia” tra trono e altare, col patriarca Kirill che la esalta come guerra santa.
L’imperialismo anti-religioso comunista genera nei Paesi dell’est Europa un revanchismo nazionalista che esalta l’identità confessionale. Caso tragico è l’ex Jugoslavia, che esplode in una guerra civile nutrita da rivalità etnico-religiose non più contenute dal regime di Tito. Un altro è la Polonia: il sindacato Solidarność lotta contro il giogo russo con il sostegno del Vaticano e del polacco Giovanni Paolo II.
L’involuzione autoritaria e populista di Viktor Orban in Ungheria porta nel 2011 alla controriforma della costituzione, che oggi onora «la sacra corona di re Stefano» (fondatore del regno magiaro nell’anno mille), cita Dio e cristianesimo, protegge il feto «dal concepimento» e riconosce il matrimonio solo tra uomo e donna.
Il nazionalismo religioso non è esclusiva dell’occidente cristiano. L’India esce dal colonialismo britannico con una costituzione laica grazie a Nehru. Ma ora sperimenta un ripiegamento nel nome dell’ideologia hindutva coccolata dal conservatore Narendra Modi. La rivalsa degli ultrà induisti alimenta l’inimicizia verso la minoranza islamica, erede degli invasori e matrice della scissione del Pakistan, e anche con i cristiani.
Persino nelle lande buddhiste il culto è un collante nazionalista. Come nello Sri Lanka, dove è maggioritario il buddhismo theravada e i bonzi sono tra i più vocianti nella propaganda contro religioni ritenute estranee e colonizzatrici, ovvero islam e cristianesimo.
Il mondo islamico non è alieno da dinamiche simili, dove nazionalismo e afflato religioso si incastrano. Roso da guerre intestine (già tra sunniti e sciiti), dalla sudditanza coloniale e dai nazionalismi arabi quel contesto si frantuma. La nostalgia dell’unità della umma, la comunità dei credenti musulmani, e le antiche glorie dei califfati nati dall’espansione militare degli arabi unificati dal profeta Maometto però rimangono nell’immaginario. Spinti dalla modernizzazione, relativamente laici, quei nazionalismi degradano nel religioso.
Gran parte delle costituzioni proclamano l’islam religione di Stato: la laicità svapora, come diritti e libertà, soprattutto per donne, non credenti, apostati e minoranze, siano religiose o lgbt+. Nei Paesi musulmani – ma anche in quelli africani più cristianizzati – fa presa una retorica patriottarda e anticolonialista che schifa come importate o imposte dall’Occidente cose come omosessualità, aborto, femminismo o ateismo.
In Turchia oggi il conservatore Erdogan, con il consenso dell’Anatolia profonda, smantella il tradizionale impianto laico imposto da Ataturk dopo la caduta del sultanato. L’Iran con la rivoluzione del 1978 passa dall’autoritarismo modernista dello scià all’autoritarismo reazionario degli ayatollah, con la sua specificità sciita – che alimenta guerre contro i sunniti – e lo storico ruolo guida dei chierici.
Nel Medio Oriente il montante nazionalismo religioso di israeliani e palestinesi è il triste ripetersi di conflitti cronici che rafforzano uno speculare identitarismo. La mattanza del 7 ottobre 2023 e le stragi dell’invasione di Gaza riacutizzano vecchie ferite. Il sionismo storico concepito dall’ungherese Theodor Herzl a fine ottocento è una reazione al diffuso antisemitismo dei pogrom e di casi come l’affaire Dreyfus.
Il richiamo alla terra data da Yahweh al “popolo eletto” è chiaramente religioso, in bilico tra la speranza degli ebrei della diaspora e il sinistro sottofondo della sanguinosa conquista esaltata nella Bibbia. Il sionismo infatti si evolve in varie correnti: da quelle laiche e socialiste che animano i kibbutz a quelle filofasciste e terroriste.
Ma le vittorie portano soprusi e oggi in Israele si assiste a una involuzione identitaria. Solo nel 2018 il Paese si proclama “Stato ebraico”, indietreggiando su laicità, pluralismo e diritti (specie degli arabi) e ingigantendo il preferenzialismo istituzionale ebraico. Sotto la spinta della destra religiosa unita a Netanyahu la distanza tra questa democrazia e le democrature islamiche sembra accorciarsi.
Dal canto loro i palestinesi maturano un’identità nazionale dopo il crollo dell’impero ottomano in opposizione a quella ebraica, mentre gli insediamenti sionisti si espandono. La convivenza tra ebrei e palestinesi è sempre più difficile sotto il mandato britannico, anche per la sconsideratezza di leader arabi come il gran muftì Amin al-Husseini, che fomenta rivolte e si allea con i nazifascisti.
Dopo decenni di umilianti sconfitte e perdite territoriali, di amori e odi con “fratelli” arabi, di esilio e ricolonizzazione ebraica, l’identitarismo palestinese rischia di rimanere ormai incagliato nelle secche islamiste, oberato da terrorismo e antisemitismo, nell’utopia di una terra perduta da liberare per mandato divino, in questo caso di Allah.
Potremmo continuare, ma questa carrellata non può essere esaustiva. Una conclusione possiamo trarla: è sempre più rumoroso nel mondo il coro dei nazionalisti religiosi, tra pope ortodossi, cattolici integralisti, evangelici trumpisti, suprematisti sionisti, islamisti assortiti, monaci buddhisti su di giri, guardiani delle vacche induisti, esaltati predicatori africani o sudamericani. Nonostante voci stonate e scappellotti reciproci, questo coro nazional-confessionalista strepita all’unisono contro i principi laici, illuministi e universalisti. Al grido di «clericali di tutto il mondo, unitevi!».
Valentino Salvatore
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“Nei Paesi musulmani – ma anche in quelli africani più cristianizzati – fa presa una retorica patriottarda e anticolonialista che schifa come importate o imposte dall’Occidente cose come omosessualità, aborto, femminismo o ateismo.”
Ma non solo nei paesi musulmani, in occidente stesso le universita di scienze sociali pullulano di universitari “decoloniali” che in maniera più sofisticata dicono esattamente la stessa cosa per quanto riguarda le diaspore dei paesi musulmani. I termini “omonazionalismo”, “femonazionalismo” non sono nati nei paesi musulmani ma da universitari americani originari di tali paesi. L’odio nei confronti dell’illuminismo e del razionalismo non viene unicamente da ambienti conservatori religiosi, ma da tutta la galassia post-modernista molto ben rappresentata nelle università. Abbiamo avuto pure diritto alla secolarizzazione come responsabile del riscaldamento globale.
@Gigi
“..ma da tutta la galassia post-modernista molto ben rappresentata nelle università…”
La profondita dipensiero del post modernismo e dei suoi rappresentanti e’ ben esemplificata da questo :
https://it.wikipedia.org/wiki/Affare_Sokal
Come pure da quel giornalista che, dopo aver assistito ad una conferenza di un noto esponente del postmodernismo,dovette ammettere con quest’ultimo di non averci capito quasi niente.
Ed ebbe l’impressione che l’altro si compiacesse di questa risposta.
E ve ne meravigliate ?
Perche’ mai i laici dovrebbero rimunciare agli escamotage praticati da millenni dalle religioni ?
Vedi ad es la preghiera in latino totalmente incompresibile ai piu’
La padronanza che un “addetto ai lavori” ha di una certa materia si puo’ dedurre
dalla sua capacita di darne una descrizione comprensibile, anche se necessariamente semplificata, ad un profano.
Un fisico,ad esempio,tratta una materia complicata di per se,e deve fare grandi sforzi per esprimersi nel modo piu’ semplice possibile.(Ma,ammoniva Einstein,”Non piu’ semplice di cosi !).
Altri invece,come il personaggio “postmodernista” citato,sono “complessati” dall’idea che la loro materia sia relativamente semplice,per cui tendono a complicare volutamente le loro esternazioni fino a renderle incomprensibili,per
coprirle di un’aura di sacralita.
Il paragone con le preghiere in latino diventa istintivo.
@laverdure
Vero.
Il personaggio postmodernista citato sarà pure ben noto ma io non ho idea di chi possa essere.
Regola aurea:
“Ciò che si afferma senza prove si può negare senza prove”
Per esempio i dogmi…
@Mixtec
Credo si trattasse di Jacques Derrida.
Su Wikipedia del resto si legge :
“Il suo pensiero, esposto in uno stile difficile, è tuttora oggetto di notevoli controversie, polemiche e netti rifiuti “
@Mixtec
O forse si tarttava di Felix Guattari.
Nel suo libro :” Il cappellano del diavolo”,in un capitolo di critica al “postmodernsmo”,Richard Dawkins riporta questo piccolo estratto da un saggio di Guattari.(Sfortunatamene l’ho trovato solo in Inglese).
“We can clearly see that there is no bi-univocal correspondence between linear signifying links or archi-writing, depending on the author, and this multi-referential, multi-dimensional machinic catalysis. The symmetry of scale, the transversality, the pathic non-discursive character of their expansion: all these dimensions remove us from the logic of the excluded middle and reinforce us in our dismissal of the ontological binarism we criticised previously.”
Certo,se qualcuno pretende che solo la citazione fuori contesto rende il testo poco comprensibile,faccia pure.
Nello stesso libro,Richard Dawkins scrive :”Vedo i sintomi di una strisciante campagna contro la chiarezza.
In un articolo del Times Literary Supplement qualcuno suggerisce che pensieri confusi e tortuosi a causa della loro (sic) profondita,siano piu’ appropriatamente espressi in una prosa deliberatamente “oscura”.
Mi ricorda un addetto agli allarmi antiaerei a Oxford durante la guerra,che, quando i luminosi chiari di luna piena sfidavano l’oscuramento,ci raccomandava di portare occhiali scuri .
Ma lui ovviamente faceva del sarcasmo !”
Mi sembra giusto che alcuni paesi africani e asiatici schifino l’Occidente e ció che rappresenta. Basta copiare la Cina che ha cominciato a arricchirsi con il figlio unico per coppia. Crollerebbe subito la necessitá di inviare i figli ridondanti verso i paesi che disprezzano.
@GBK
“Basta copiare la Cina che ha cominciato a arricchirsi con il figlio unico per coppia. Crollerebbe subito la necessitá di inviare i figli ridondanti verso i paesi che disprezzano.”
Il grande impulso che negli ultimi anni le autorita cinesi hanno dato alle spese militari,dotandosi di materiali ultramoderni che in diversi casi superano quello occidentale,giustifica qualche dubbio su questo ragionamento.
In particolare la costruzione di potenti portaerei,che come e’ noto sono il principale strumento di “proiezione di potenza” a grande distanza dal proprio territorio metropolitano.
La stessa cosa del resto sta facendo L’india.
Ma temo che per il grosso pubblico questi dettagli siano completamente ignoti,
grazie beninteso all’indifferenza dei nostri media per tali fenomeni.
Noti solo a chi si degna di consultare la stampa specialzzata.
@GBK
“Mi sembra giusto che alcuni paesi africani e asiatici schifino l’Occidente e ció che rappresenta. ”
E'”giusto” allo stesso modo in cui era giusto che dopo il ’18 il popolo tedesco provasse rancore per gli altri popoli europei che gli avevano imposto gravose umiliazioni.
Di qui il successo del nazismo e le conseguenze che comporto’ per tutti,nessuno
escluso.
E ora analogamante il successo dei vari movimenti estremistici,islamici in particolare.
“Giusto” e “ingiusto” sono termini privi di senso in questo contesto,conta solo la fondamentale natura umana e la psicologia delle masse,che e’ notevolemente influenzata dalle diverse culture.
Quanto all’acutissima osservazione di Odifreddi :”C’e’ del marcio in Occidente”,mi ricorda un dialogo tra Arthur Miller e Oriana Fallaci .
Quest’ultima sbotto’ :”Insomma,qui in USA mettete il denaro sopra ogni cosa !”
Al che lui tranquillamente rispose : “E voi no ?”
Esempio insuperabile di saggezza condensata nel minimo di parole.
A Odifreddi si puo’ analogamente ribattere : ” E altrove no ?”
Oppure,rinunciando alla brevita : ” E in Russia no ?In Cina no ?In India no ?In Iran no ?Nei Paesi Arabi no ?………..”
Più o meno sarebbe: “Se tutti gli altri rubano, perchè non farlo anche noi?”
Ma i Cinesi non sono andati a rompere le palle in Europa, e nemmeno in Africa o America.
Fra i popoli non europei mi pare che solo gli Arabi e i Mongoli hanno avuto l’opportunità di estendere i loro confini per una certa grandezza, ma sono pure durati poco.
Teniamo presente anche che ai Continenti sono stati dati i nomi decisi dall’Occidente.
In altre parole, gli Indoeuropei occidentali, oltre a massacrarsi fra di loro, si sono ingegnati di andare a massacrare genti un po’ qua e un po’ là. Avete presente l’Impero Britannico? O quello Francese? O quello Spagnolo? O quello Portoghese? Quali altre famiglie, oltre quelle Occidentali, sono andate in giro per il mondo a chiedere il “pizzo”?
@Mixtec
Più o meno sarebbe: “Se tutti gli altri rubano, perchè non farlo anche noi?”
Ma caro Mixtec,e’ proprio il ragionamento che hanno fatto e fanno tutti,noi compresi.
Il nostro colonialismo e’ partito in ritardo rispetto a paesi come Spagna,Francia Gran Bretagna per il semplice fatto che quelle sono nazioni unite da molti secoli,mentre l’Italia lo e’ da poco piu’ di 150 anni,e prima non ne aveva la forza.
Abbiamo dovuto accontentarci dei “rimasugli” degli altri :Etiopia,Somalia,Libia,dove abbiamo saputo compiere anche noi le
nostre prodezze.
La Cina ha raggiunto il ruolo di potenza economica e militare da poco,e sta gia mostrando notevole spirito di iniziativa con la sua espansione in Africa, ad esempio, analogamente alla Russia di Putin che ha da poco riacquistato ( ma per quanto ?) la forza necessaria).
Come gia detto anche l’India promette bene.
Però la Cina ne ha mandati di cinesi in giro per il mondo. In Italia nel 2023 erano 285000, tra le comunità più numerose. Però 10 anni fa erano di più (320 mila), e quindi con lo sviluppo economico un po’ di loro ritorna in patria. E per lo sviluppo economico ha avuto bisogno dell’occidente (e ne ha bisogno ancora per vendere i suoi prodotti). Però anche l’occidente ha avuto bisogno della Cina, soprattutto dei suoi lavoratori a basso costo e senza “costose” sicurezze e diritti lavorativi. Ancora oggi parecchie aziende sono delocalizzate in Cina: recentemente ho scoperto che pure la Tesla ha fabbriche in Cina.
Anche il computer dal quale scrivo, americano che più americano non si può …
è tutto ‘made in Cina’. E poi si lamentano che i prodotti cinesi gli fanno concorrenza.
Ma chi è il baggiano che gli ha fornito tutta la tecnologia?
@Diocleziano
“Ma chi è il baggiano che gli ha fornito tutta la tecnologia?”
Forse gli stessi baggiani che li sottovalutano ritenendoli incapaci di raggiungere livelli di cultura, maturita e sviluppo tecnologico paragonabili all’Occidente.
E che tra l’altro ,per lo stesso motivi,gli facilitano il compito di carpire segreti con lo spionaggio industriale.
Ritenendoli pure incapaci di ambizioni imperialistiche pari a quelle attribuite
all’Occidente,sebbene i loro sistemi di governo godano di facilitazioni di fondo come la totale mancanza di movimenti critici.
Per inciso molti di quei baggiani sono gli stessi che insistono sul dialogo e la
comunione dei popoli ad ogni costo.
Il guaio di molti intellettuali di grande prestigio,come Noam Chomsky,e’ che a dispetto della loro spesso innegabile cultura ed erudizione cadono nell’imperdonabile errore che paradossalmente hanno rinfacciato agli altri : quello di attribuire all’Occidente e agli Usa in particolare il ruolo di “punto focale della civilta”.
Beninteso,nel loro caso,trascurandone i meriti ed esaltandone le indubbie responsabilita,un banale gioco di “mezze verita” ben poco originale,ma di indubbia presa nelle masse.
Trascurando completamente l’enorme sviluppo culturale,economico e beninteso anche militare avvenuto per decenni in paesi come Cina,India,Iran ecc.
Con la consegunte influenza crescente di questi ultimi nel mondo,con le relative responsabilita che comporta.
Basti pesare all’azione destabilizzante dell’Iran nello scacchiere mediorientale.
Quali che siano le cause di tale “ignoranza” da parte di tali illustri personaggi,e’ lecito il dubbio che siano spesso poco edificanti.