Il governo Meloni ha portato a 750 milioni di euro i fondi pubblici per le scuole paritarie, confermando l’interesse a sostenere gli istituti cattolici. Tra i benefici, anche l’aumento delle detrazioni fiscali per le rette. Mentre la scuola pubblica resta penalizzata da risorse limitate e tagli al personale. Il giornalista Federico Tulli affronta il tema sul numero 2/2025 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.
Da decenni governi di ogni colore fanno a gara a chi elargisce più soldi alle scuole private che notoriamente in Italia fanno in gran parte capo direttamente alla chiesa cattolica. Ma mai nessuno si era spinto tanto in là quanto il governo Meloni. Dopo i 676 milioni di euro stanziati nella legge di bilancio del 2024, di per sé già un record, l’esecutivo composto da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia è riuscito a superarsi nel 2025 mettendo a bilancio per l’anno scolastico in corso 74 milioni in più, toccando quota 750 milioni.
A febbraio il ministro dell’istruzione Valditara ha firmato i due decreti «che prevedono, complessivamente, uno stanziamento di oltre 750 milioni di euro a favore delle scuole paritarie per l’anno scolastico 2024/2025» si legge sul sito istituzionale. «Le risorse sono così ripartite: oltre 500 milioni di euro destinati a tutte le scuole paritarie, 163 milioni e 400mila euro per il sostegno agli studenti con disabilità, con un aumento di 50 milioni di euro rispetto allo scorso anno, e 90 milioni riservati alle scuole private dell’infanzia».

Per farsi un’idea, nel 2012 (governo Monti) il finanziamento era stato di 286 milioni; nel 2017 (governo Gentiloni) i milioni erano stati 500; con Draghi al governo il finanziamento era salito a 556 milioni nel 2021, e a 626 nel 2022; la prima Finanziaria targata Meloni nel 2023 ha innalzato la quota a 676 milioni. E quest’anno, come detto, è stata raggiunta la vetta di 750 milioni, «con un incremento rispetto all’anno scorso di 50 milioni di euro» precisa la nota del ministero.
«Con questo stanziamento, il ministero dell’istruzione e del merito conferma il proprio impegno a sostenere e valorizzare le scuole paritarie, che rappresentano una componente fondamentale del nostro sistema educativo nazionale. Il nostro obiettivo è garantire a tutti gli studenti l’opportunità di una formazione di qualità, indipendentemente dall’istituto in cui studiano.
In particolare, le risorse destinate alle scuole dell’infanzia e agli studenti diversamente abili confermano la nostra attenzione a rendere l’educazione accessibile e inclusiva per tutti», ha dichiarato il ministro Valditara per chiarire meglio, se mai ce ne fosse stato bisogno, l’interesse che ha il governo a foraggiare i privati cattolici.
E non è un caso se “Agorà della parità” abbia espresso il suo vivo apprezzamento giacché si tratta di un movimento che racchiude varie associazioni di gestori e genitori di scuole paritarie cattoliche e d’ispirazione cristiana: AGeSC, Cdo Opere Educative-Foe, Ciofs scuola, Faes, Fidae, Fism, Fondazione Gesuiti educazione, Salesiani per la Scuola-Cnos Scuola Italia.
In Italia, secondo l’ultimo censimento che risale all’anno scolastico 2023-24 sono poco più di 800mila i bambini e i ragazzi che frequentano scuole paritarie, pari a circa il 10% degli studenti totali. Oltre la metà (più di 450mila, fonte Eurispes) risultano iscritti alla scuola dell’infanzia; circa 160mila alla scuola primaria, più di 132 mila alle superiori e intorno a 70mila sono gli iscritti alle scuole medie.
In totale gli istituti sono poco più di 12mila, di questi circa il 70% sono asili e circa il 60% sono scuole cattoliche. Nel 2024 l’agenzia stampa dei vescovi Sir ha censito 7.528 scuole cattoliche per un totale di 515.135 alunni. La Cdo da sola – il braccio «operativo di Comunione e liberazione» – è proprietaria di ben 900 istituti in tutta Italia.
Tra le regioni è in testa la Lombardia dove sono iscritti circa il 25% di tutti gli studenti delle paritarie e le strutture sono 2.460. Segue la Campania, molto staccata, con 100 mila studenti e poco più di 1.600 scuole; poi ci sono il Veneto con circa 92 mila iscritti in 1.300 scuole e il Lazio con quasi 89 mila alunni e 1.200 scuole.
Una retta mediamente si aggira intorno ai 4.500 euro l’anno. Sempre secondo quanto riporta Eurispes, il contributo per alunno che viene dato alle scuole paritarie dal ministero è in media di 1.000 euro all’anno a studente per le primarie (19mila euro per classe), di 500 euro per la secondaria di primo grado, di 500 euro per il biennio delle scuole superiori.
L’altro capitolo da tenere in considerazione sono i contributi per gli alunni con handicap (circa l’1,7% del totale; nella scuola pubblica la percentuale è pari al 2), che per la primaria corrispondono a quelli dati alla scuola statale e si assottigliano arrivando a una media di 4.500 euro per alunno all’anno, a prescindere dalla gravità (con un importo di questa entità si possono pagare al massimo 2 ore di insegnante di sostegno l’anno).
Un altro regalo inserito nel decreto di Valditara riguarda l’aumento delle detrazioni fiscali per le rette scolastiche a mille euro, il precedente tetto massimo era pari a 800 euro. Resta al momento fuori dai giochi di potere l’eliminazione dell’Imu per le scuole paritarie, da anni cavallo di battaglia soprattutto della Lega.
Nel 2022 sulla questione si è espressa anche la Corte di cassazione. Nel respingere un ricorso l’Alta corte ha ribadito che «per beneficiare di tale agevolazione le attività devono essere svolte gratuitamente o dietro versamento di corrispettivo di importo simbolico». Nel novembre scorso un emendamento della Lega alla manovra (a prima firma Gusmeroli) ha provato a bypassare la delibera della Corte stabilendo che «i comuni possono decidere di esentare dall’Imu gli immobili adibiti a scuole paritarie sede di nidi, materne ed elementari che svolgono un servizio pubblico di istruzione». L’emendamento è stato successivamente ritirato.
In tutto questo la scuola pubblica cosa ha ottenuto dalla legge di bilancio 2025? Per gli stipendi degli insegnanti sono stati stanziati 93,7 milioni di euro pari a un aumento medio dello stipendio dello 0,22%. Miseria nella miseria, dal provvedimento sono state escluse le 204mila unità del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) che, come i docenti, garantisce la funzionalità dei servizi nelle scuole.
Inoltre a partire dal prossimo anno scolastico è stato pianificato un drastico taglio di 5.660 docenti e l’anno successivo il taglio di 2.174 unità di personale Ata. Infine è stata disposta l’istituzione di un fondo di 386 milioni destinato a una non meglio precisata «valorizzazione del sistema scolastico». Sembrano tanti soldi ma sono la metà di quelli stanziati dallo stesso governo per le paritarie.
Federico Tulli
Iscriviti all’Uaar Abbonati Acquista a €2 il numero in digitale
Sei già socio? Entra nell’area riservata per scaricare gratis il numero in digitale!
Purtroppo non ci sono solo le sovvenzioni statali, ma ulteriori contributi variabili che possono essere complessivamente dello stesso ordine o addirittura il doppio che arrivano da regioni, provincie e comuni, oltre a tutta una serie di agevolazioni che incrementano ulteriormente i contributi.
Per non parlare di contributi una tantum statali per le rette, tipo il bonus scuole paritarie che può arrivare fino a 1500 euro per alunno per ISEE inferiore a 40000 Euro per il 2025.
Inoltre queste scuole ricevono riduzione o esenzione per l’IMU se praticano una retta inferiore al prezzo medio statale (calcolato su tutto il sistema scolastico e quindi non rappresentativo della realtà locale con cui le scuole paritarie sarebbero a concorrenza e che contemplano offerte scolastiche più costose di quelle minimali delle paritarie), perché vengono considerate senza fini di lucro, ma con tutti i contributi e le agevolazioni che ricevono anche con rette inferiori a tale valore possono tranquillamente fare utili.
Oltre al fatto che gli stessi sindacati di settore riconoscono che gli stipendi degli insegnanti sono inferiori del 20-30 % a quelli statali e che possono utilizzare personale definito “volontario”, cioè non pagato fino al 25 % del totale, con regole sindacali non democratiche, riducendo quindi notevolmente i costi di tali scuole, tenendo conto che gli stipendi degli insegnanti rappresentano circa la metà dei costi di una scuola.
Va detto inoltre che la scusa del dover sovvenzionare tali scuole perché starebbero fallendo e devono chiudere viola la libertà di mercato ed il criterio di evoluzione culturale, cioè si vuole legare al passato cattolico di stato impedendo la nascita di nuove offerte educative. Se poi le regioni o i comuni addirittura si accordano per impedire la nascita di scuole pubbliche in concorrenza o alternative non cattoliche, dove sarebbe la presunta libertà educativa? Ci sono situazioni in cui l’unica possibilità di scelta è per un’asilo cattolico ed in questo caso non ho mai sentito parlare di libertà educativa negata da parte dei clericali.
Hai notato nella foto il sorrisino compiaciuto del cardianale Zuppi. Gioca facile nell’Italia clericale con il il ministro della povera Italia. Ha girato il mondo senza concludere nulla ma appena rientrato si è ampiamento rifatto. Immagino che per pietà non hai sottolineato che il livello professionale di questi poveri insegnanti sottopagati è modesto, non affrontano selezioni di alcun tipo, i requisiti richiesti sono limitati al loro stato. Credenti, coniugati, praticanti e almeno una volta alla settimana il rosario recitato alla sera. Comunque da non trascurare il “diplomificio garantito” con rette dai cinquemila bigliettoni in su…!
Ahh… il mitico Zuppi: ricordo quando fu proposto come mediatore tra Zelensky e Putin, furono entrambi d’accordo su una sola cosa: “Noooo, Zuppi noooo!”.
Purtroppo gli insegnanti nella paritarie vengono sfruttati e schiavizzati, sottopagati, perchè servono i punteggi per poter poi partecipare ai concorsi per il pubblico. Inoltre il pubblico continua a tagliare riducendo le possibilità di impiego. Da loro è negato il diritto di sciopero e vari diritti sindacali normali in Italia, possono essere tranquillamente licenziati per cose inammissibili nella democratica Italia, tipo se divorziano, hanno relazioni omosessuali, abortiscono, cioè il datore di lavoro può interessarsi della vita privata di tali insegnanti. E nonostante dicano di essere così attenti ai bambini licenziano pure madri o padri con bambini piccoli, ecc.
Gli studenti devono passare perchè pagano una retta, così vedi ragazzi incapaci nel pubblico (ovviamente per colpa dei “cattivi professori”) che diventano dei “geni” nel privato, tanto che riescono a fare anche tre anni in uno (bontà loro pare che il governo quest’anno abbia posto il limite di due anni in uno).
Ed una retta di 5000 euro viene considerata senza scopo di lucro perchè inferiore al costo medio del pubblico, dimenticandosi che con tutte le sovvenzioni (parlano sempre e solamente di quelle statali) e le agevolazioni anche con quella retta fanno utili.
Zuppi ha tanti motivi per sorridere quando ha a che fare con le istituzioni italiane. E’ l’insabbiatore della pedofilia ecclesiastica in Italia con una indagine farsa, nega indennizzi alle vittime, cosa che in tutte le altre parti del mondo invece la chiesa ha fatto (o dovuto fare).
E poi ha avuto il suo momento di popolarità come presunto mediatore per la guerra in Ucraina, proprio molto credibile.