Leo Igwe, attivista umanista nigeriano, denuncia l’indifferenza globale verso le violenze contro le persone accusate di stregoneria in Africa e chiede all’ONU di intervenire. Pubblichiamo la traduzione di un suo articolo sul numero 2/2020 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.
Uno dei compiti principali dell’autorità statale è la protezione dei cittadini. Uno stato moderno deve raggiungere questo scopo, o almeno essere messo nelle condizioni di raggiungerlo. L’autorità deve assicurare la sicurezza delle vite e delle proprietà. I dibattiti riguardo la responsabilità di proteggere le vite umane si focalizzano in genere su quattro aree chiave: il genocidio, i crimini di guerra, la pulizia etnica e i crimini contro l’umanità.
Nel 2005 le Nazioni Unite accettarono la responsabilità di agire nelle situazioni in cui gli stati falliscono nel loro dovere di proteggere i cittadini. L’Onu è impegnata nell’affrontare questi problemi e nel prendere misure protettive e preventive. Ma c’è un fenomeno che richiederebbe maggior attenzione e maggiori contromisure a livello internazionale: le cacce alle streghe.

Sfortunatamente, mai nessun accenno è stato fatto al riguardo di questo problema e di tutte le atrocità commesse in nome della stregoneria o delle paure connesse all’occulto e all’esoterismo. Non è mai stata affermata la necessità di aumentare l’impegno politico per proteggere le persone accusate di stregoneria e per prevenire la violenza collegata a credenze occulte, manifestate o no. In altre parole, i membri delle Nazioni Unite non hanno mai ritenuto degni di attenzione ai più alti livelli i crimini commessi contro le persone accusate di stregoneria. Questo fallimento morale globale, questa imperdonabile disattenzione devono essere affrontati al più presto.
È evidente a tutti che i singoli stati non sono in grado di proteggere le persone accusate di stregoneria. Le Nazioni Unite devono entrare in gioco per rimediare a questa mancanza e per riportare sui giusti binari gli stati membri. Come i criminali di guerra e i responsabili delle pulizie etniche, i cacciatori di streghe compiono azioni che mettono a rischio la pace e la sicurezza in parecchi stati. Le cacce alle streghe si concretizzano in palesi violazioni dei diritti umani e in crimini orrendi che rimangono quasi sempre impuniti.
Gli accusatori colpiscono le presunte streghe nel mezzo della notte, picchiandole o uccidendole a sangue freddo. Gli esorcisti incatenano, bastonano e fanno morire di fame le persone accusate di stregoneria. Le vittime sono uomini o donne, bambini o anziani, comprese persone disabili. Le case delle vittime vengono distrutte e le presunte streghe vengono sottoposte a sommari processi popolari. Questi si risolvono spesso nella costrizione a ingurgitare intrugli velenosi che conducono alla morte o a malesseri gravi.
Mentre scrivo questo articolo, per esempio, la sorte della settantenne Auntie B, una donna nigeriana dalla provincia Edo, è a rischio. Auntie B è una vedova da Irrua, un villaggio nei pressi del delta del Niger. È stata accusata di essere la responsabile della morte di un bambino. Secondo fonti del posto, la donna è stata “processata” due volte per aver maledetto bambini con riti occulti.
Nel primo caso il bambino aveva detto, prima di morire, che la donna gli aveva dato qualcosa da mangiare; la gente aveva subito sospettato che si trattasse di qualche sostanza magica che avrebbe poi portato alla morte del bimbo. Il caso era stato portato all’attenzione degli anziani della comunità, che però lo avevano respinto perché avrebbe dovuto essere sollevato mentre il bambino era ancora vivo.
Poco tempo dopo questi eventi, un altro bimbo si ammalò e anch’egli affermò che la donna gli aveva dato qualcosa da mangiare. La questione venne subito comunicata agli anziani. Questa volta, il consiglio decretò che alla donna doveva essere somministrata una pozione magica contenente tossine. Coloro che dovevano preparare l’intruglio però chiesero agli accusatori il pagamento di 50.000 naira (corrispondenti circa a 150 dollari), e gli accusatori non furono in grado di pagare. Questo sta tenendo Auntie B fuori pericolo, almeno per il momento.
La donna però vive nel terrore perché potrebbe essere in ogni momento attaccata o uccisa dai suoi accusatori. Uccidere una donna accusata di stregoneria è considerato, in quelle comunità, un servizio alla collettività, un modo per neutralizzare le fonti di pericolo. Il villaggio di Auntie B, Irrua, è vicino alla comunità di Ozalla, dove dal 2004 sono morte almeno venti persone per aver ingurgitato pozioni velenose. I responsabili di queste morti non sono mai stati accusati di nulla, anche perché dietro le cacce alle streghe c’erano personalità locali potenti (tra cui un ex ufficiale militare).
In Ghana e in Burkina Faso esistono rifugi di fortuna dove le persone accusate di stregoneria possono trovare protezione. Ci vivono centinaia di persone, in prevalenza donne, fuggite di casa dopo essere state accusate di crimini occulti. In Ghana questi rifugi, popolarmente noti come “campi delle streghe”, esistono da prima dell’epoca coloniale. In tempi recenti il governo del paese ha minacciato di chiuderli anziché preoccuparsi delle violenze che spingono così tante persone ad abbandonare le loro comunità. Le persone accusate di stregoneria non sono considerate degne di alcuna protezione in Zambia, Zimbabwe, Malawi, Sudafrica, Kenya, Uganda e Tanzania.
Gli stati stanno fallendo nel proteggere i propri cittadini accusati di stregoneria non solamente in Africa. Nel subcontinente indiano e in Oceania le “streghe” subiscono trattamenti molto simili. Le persone accusate di traffici occulti sono bersaglio di violenze di gruppo e di uccisioni extragiudiziali. In India è stato testimoniato che quattro persone accusate di praticare stregoneria e magia nera sono state uccise in un villaggio del distretto di Gumla, nello stato del Jharkhand. Gli uccisori hanno attaccato le case delle vittime alle prime luci dell’alba, le hanno trascinato nella piazza del paese dove sono state linciate dalla folla. Persone accusate di stregoneria subiscono gli stessi orribili abusi anche in Nepal e in Papua Nuova Guinea.
In molti casi, questi crimini atroci avvengono nei pressi delle stazioni di polizia o degli uffici delle autorità locali. In verità i sospetti di stregoneria spesso nascono proprio in seno alle forze di polizia o di pubblica sicurezza, quindi non viene fatto ovviamente alcun arresto. E nei rari casi in cui qualcuno venga arrestato, molto raramente il processo conduce a dei risultati. I testimoni sono terrorizzati dall’esporsi contro i cacciatori di streghe, che spesso sono personalità importanti a livello politico o socio-culturale. In molti stati, le accuse di stregoneria “vincono” contro la necessità di proteggere i cittadini.
Senza un meccanismo efficace che permetta di affrontare i cacciatori di streghe e gli orribili crimini collegati alle credenze occulte, l’epidemia transnazionale di caccia alle streghe continuerà. Le Nazioni Unite devono agire con rapidità per proteggere le persone accusate di stregoneria e per prevenire in tutto il mondo i crimini contro di loro. L’Onu ha bisogno di una procedura per sanzionare gli stati che non sono in grado di proteggere i loro cittadini accusati di crimini occulti da assalti, uccisioni, processi sommari, esilio, tortura e in generale da tutti i trattamenti inumani.
Questo permetterà alle Nazioni Unite di penalizzare gli stati membri che rifiutano di agire contro gli incitatori di violenza, siano loro santoni, sciamani, pastori e altri presunti esperti religiosi. Le agenzie dell’Onu devono avere come priorità di fermare le pratiche violente collegate alle credenze occulte in tutti i settori, così da affrontare davvero i trattamenti degradanti messi in atto contro bambini, donne, persone anziane e con disabilità.
La caccia alle streghe ha avuto fine, in Europa, molti secoli fa, ma ha continuato a sopravvivere in molte parti del mondo. Questo tema rappresenta una sfida a livello globale. È un problema di carattere insieme religioso, sanitario, ambientale, collegato ai diritti umani e allo sviluppo economico. Le Nazioni Unite devono guidare gli sforzi per porre fine al fenomeno in questo secolo e per far sì che gli stati proteggano le persone accusate di stregoneria in tutto il mondo.
Leo Igwe
Leo Igwe è un attivista laico-umanista nigeriano. È impegnato per la promozione dei diritti civili e contro le cacce alle streghe, l’omofobia, gli omicidi rituali e le discriminazioni basate sulle caste in Africa. Ha fondato l’Advocacy for Alleged Witches (AfAW), che difende le persone accusate di stregoneria.
Traduzione di Mosè Viero
Per gentile concessione del Center for Inquiry, articolo pubblicato in inglese sulla rivista Skeptical Inquiry (novembre-dicembre 2019 / N. 6).
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In occidente non ci sono più la streghe, però si ‘coltvano’ gli esorcisti…
per non farsi trovare impreparati. 😛
Per i clericali che sostengono che dobbiamo al cristianesimo la nostra civiltà occidentale ed i nostri valori, faccio notare che le varie nazioni elencate in cui è ancora forte la caccia alle streghe sono in prevalenza paesi a maggioranza cristiana: Zambia, Zimbabwe, Malawi, Kenya, Uganda, Tanzania, Sud Africa, Ghana, Papua Nuova Guinea, mentre altri paesi quali Burkina Faso e Nigeria hanno una presenza consistente di cristiani e l’India ha subito tre secoli di colonizzazione cristiana. Ed in genere non sono democrazie. L’Uganda ha negli ultimi anni inserito anche il carcere e la pena di morte per gli omosessuali (come Kenya, Tanzania e Zambia) senza che la chiesa cattolica e le altre chiese cristiane protestassero.
Di certo questi paesi non hanno conosciuto l’illuminismo, la secolarizzazione e la scolarizzazione di massa e la rivoluzione industriale che ha messo in crisi il dominio delle religioni e delle superstizioni che se avessero ancora quel potere ci terrebbero ancora all’epoca della caccia alle streghe.