La nostra associazione si impegna nel denunciare invadenze confessionaliste nelle istituzioni e nelle strutture pubbliche, come scuole e ospedali. Talvolta il nostro attivismo laico viene minimizzato, se non ridicolizzato, da chi non ha passato certe esperienze o derubrica alcune questioni come poco importanti. “Esagerati!” Ci sentiamo dire. Ma intanto continuiamo a ricevere una montagna di segnalazioni di persone che ci chiedono supporto, segno di quanto il problema della laicità in Italia sia vivissimo. E continuiamo a ricevere tantissimi (preziosi) messaggi di stima da quelle persone, che ci danno la spinta per proseguire.
Il confessionalismo sistemico si infiltra con la sudditanza e l’inazione della politica, sebbene la popolazione sia sempre più secolarizzata e insofferente dei privilegi religiosi. Spesso, mascherato da sussidiarietà o da “libertà religiosa”, invade anche gli ospedali.
Gli assistenti religiosi (o “preti in corsia” come li abbiamo chiamati) sono presenti in tutti gli ospedali. Per ogni assistente religioso, scelto dal vescovo, il Sistema Sanitario Nazionale rimborsa l’equivalente dello stipendio di un infermiere. Stimiamo un costo pubblico a livello nazionale di circa 35 milioni l’anno. Dalle nostre indagini le convenzioni stipulate tra aziende sanitarie e diocesi variano a seconda dei territori, ma sono in generale simili. Ad esempio viene pagato un prete in corsia ogni 200 posti letto. A volte oltre al rimborso equivalente allo stipendio di infermiere vengono riconosciuti altri benefit come l’uso di uffici e appartamenti, la gratuità delle utenze e convenzioni riservate al personale sanitario per i pasti o altri servizi.
Diverse persone ci hanno fornito testimonianze di queste forme di invadenza, e alcune le abbiamo pubblicate, come quella di un degente in una struttura per malati di Covid-19 e un’altra persona che era stata ricoverata d’urgenza. Ora riportiamo l’esperienza di Renzo (preferiamo usare un nome fittizio per tutelarne la riservatezza), che sta assistendo una familiare ricoverata. C’è da riflettere sul perché sia considerato normale che sacerdoti possano avere l’autorizzazione di aggirarsi tra i reparti sembrando degli operatori sanitari e senza nemmeno essere richiesti dai diretti interessati.
Vi scrivo perché giorni fa è capitato qualcosa che mi ha lasciato stranito e spero possiate aiutarmi a capire.
Sto assistendo una familiare ricoverata per un intervento in ospedale. Prima dell’intervento si è palesato un signore con camice bianco dal quale spuntava un collarino da sacerdote. Ha cominciato a fare domande sulla situazione del degente e solo alla fine si è presentato («sono il cappellano dell’ospedale») prima di augurarci buona fortuna e salutarci.
Non metto in dubbio la buona fede del sacerdote e sono certo che possa essere di conforto ai fedeli che affrontano avversità. La cosa che ci ha lasciati interdetti è che un sacerdote possa girare liberamente per un ospedale, entrando nelle camere (la degente è donna, oltretutto) e facendo domande alle quali si è naturalmente portati a rispondere, presentandosi lui con tanto di camice.
Lasciamo perdere poi l’abitudine di cercare contatto fisico con l’interlocutore, cosa già non sempre gradita ma quanto più sconveniente in contesto ospedaliero. Noi ci siamo comportati quanto più educatamente possibile, cercando di dissimulare il forte imbarazzo.
In conclusione, viene da domandarsi se questa figura sia diffusa in ogni ospedale (purtroppo li frequento da decenni e non mi era mai capitata una esperienza simile) e, ovviamente, quali siano le posizioni di queste figure in relazione all’Azienda Sanitaria.
Ma ciò che più mi preme è proprio sottolineare, come già detto sopra, la sensazione (direi perturbante) che abbiamo provato nel veder entrare qualcuno che ai nostri occhi poteva essere un medico o un infermiere, il quale, senza presentarsi, ha proceduto a informarsi su situazioni potenzialmente delicate e certamente degne di privacy.
Vi chiedo se potete chiarirmi se è la norma sul territorio nazionale e quali siano i rapporti con le Asl. Aggiungo che qualora voleste commentare pubblicamente questo mio breve aneddoto, non ho nulla in contrario ma vi chiedo cortesemente di rimanere anonimo, benché stia valutando se scrivere personalmente al direttore dell’ospedale in questione.
Renzo

Di solito negli ospedali vi è un agente di PS, segnalare all’agente tutti gli episodi di invadenza.
E se si ripetono gli episodi, ripetere la segnalazione.
L’illuminato legislatore, nel momento in cui elaborava questa porca†a del prete in corsia, avrebbe dovuto prevedere anche una firma di accettazione o rifiuto per una simile sciocchezza.
Firma valevole anche per la presenza o meno del lugubre patibolo: i degenti non sentono il bisogno di essere ulteriormente angosciati.
La materia è regolata da un accordo internazionale fra Vaticano e Italia, intervenuto con la revisione del Concordato del 1984, e recepito dallo Stato italiano con la legge 25.3.1985 n. 121. All’art. 11 l’accordo prevede “1. La Repubblica italiana assicura che l’appartenenza alle forze armate, alla polizia, o ad altri servizi assimilati, la degenza in ospedali, case di cura o di assistenza pubbliche, la permanenza negli istituti di prevenzione e pena non possono dar luogo ad alcun impedimento nell’esercizio della libertà religiosa e nell’adempimento delle pratiche di culto dei cattolici 2. L’assistenza spirituale ai medesimi è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell’autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l’organico e le modalità stabiliti d’intesa fra tali autorità”.
Da qui discendono norme di rango inferiore, legislativo e amministrativo, che disciplinano l’istituzione e il mantenimento dei servizi religiosi cattolici in specifiche strutture pubbliche italiane, quali: caserme, carceri, ospedali, case di cura, ricovero e assistenza.
E’ da notare che il dispositivo dell’Accordo, così come recita il citato art. 11, prevede che l’assistenza spirituale è assicurata ai cattolici nell’esercizio della libertà di coscienza e nell’adempimento delle pratiche di culto cattolico. Ciò significa che l’assistenza spirituale è data a richiesta (altrimenti non ci sarebbe esercizio della libertà di coscienza) e limitatamente all’adempimento delle pratiche di culto.
Accade per contro in non poche strutture pubbliche che l’assistenza cattolica sia proposta o rivolta non solo ai cattolici ma a chiunque, come è accaduto nel caso descritto, nel quale sembrerebbe non esserci stato previamente l’esercizio della libertà di coscienza e tanto meno che l’assistente si sia limitato alla propria competenza cultuale, essendo intervenuto con le sue domande in una sfera protetta, quale è quella personale e sanitaria.
In questi casi è possibile in prima istanza proporre reclamo alla Struttura in cui opera l’assistente spirituale e contemporaneamente al Vescovo competente per territorio.
Più in generale merita però riflettere sul fatto che lo Stato italiano, di propria iniziativa – anche se dovrebbe in forza del principio di laicità che lo informa – non si occupa di istituire nelle Strutture interessate condizioni di parità di accesso a Soggetti che chiedono un assistente spirituale di altre religioni o confessioni o visioni filosofiche o d’altro tipo.
Purtroppo il problema difficilmente si riesce ad affrontare e risolvere in prima battuta contestando il privilegio cattolico, garantito da un accordo internazionale; occorrerebbe piuttosto organizzare una mobilitazione sociale (ad es. attorno ad una proposta di legge di iniziativa popolare o altro) che impegni lo Stato, le Regioni e le Strutture pubbliche, che ospitano cittadini per motivi di salute, privazione della libertà o lavoro e residenza, ad assicurare loro l’assistenza spirituale che ritenessero liberamente di chiedere ai rappresentanti delle diverse confessioni religiose o di varie visioni filosofiche. UAAR potrebbe essere ottima promotrice di queste iniziative.
Da un punto di vista logico la proposta potrebbe anche andare, ma la vedo difficile da realizzare al lato pratico perchè porterebbe ad un aumento di rappresentanti religiosi, e non, in ospedale, magari a tutte le ore, il che non faciliterebbe il lavoro di medici ed infermieri, oltre ad aumentare il rischio di contagi visto che potrebbero interagire con più malati. Se si pensa che i parenti hanno forti limitazioni di orario e di presenza in ospedale e credo che questi in genere siano la migliore assistenza psicologica per i malati, perchè in nome della libertà di religione dovremmo garantire l’accesso a tanti estranei? Forse l’unico effetto positivo potrebbe essere di far mettere in discussione i privilegi anacronistici dei cattolici (a maggior ragione a fronte della loro diminuzione nel tempo) per l’esplosione di questa assistenza spirituale se garantita a tutte le confessioni e ai non credenti. E rendere evidente la disparità di trattamento: i cappellani cattolici pagati, gli altri volontari.
In realtà l’assistenza spirituale non cattolica è già presente in molti ospedali, l’Uaar stessa anni fa aveva messo su un servizio di Assistenza Morale Non Confessionale, ma a differenza di quanto viene concesso ai cattolici si va per chiamata, su base volontaria e al di fuori dei reparti di degenza. Quella cattolica è l’unica che prevede la presenza di una cappellania e un certo numero di assistenti retribuiti dal SSN, cosa che non discende affatto dal Concordato il quale si limita a dire che tale servizio dev’essere garantito, non che dev’essere a spese dello Stato. In molti casi vengono anche istituite le cosiddette “stanze del silenzio”, cioè dei luoghi dove i degenti possono andare per pregare, meditare ed eventualmente essere ricevuti dall’assistente spirituale del loro culto.
Tra le cosiddette “opere di misericordia” vi è la ‘visita agli infermi’.
Che misericordia è se per una simile: come vogliamo chiamarla… ipocrisia? finzione?…
ci si fa pagare!?
Ops… dimenticavo: non sarà anche che ci tengano a svolgere quel gravoso còmpito per la possibilità di individuare quelli che sono prossimi alla dipartita e quindi convincerli che un lascito testamentario a favore della CdM possa garantirgli una sistemazione nel loro resort nell’al di là?… 😛