Non solo clericalate. Seppur spesso impercettibilmente, qualcosa si muove. Con cadenza mensile vogliamo darvi anche qualche notizia positiva: che mostri come, impegnandosi concretamente, sia possibile cambiare in meglio questo Paese.
La buona novella laica del mese di novembre è la decisione della Cassazione di annullare con rinvio a una Corte d’appello civile la sentenza di assoluzione per i quattro medici coinvolti nella morte di Valentina Milluzzo, 32enne deceduta nel 2016 all’ospedale Cannizzaro di Catania a seguito di complicazioni legate a un mancato aborto terapeutico. La decisione della Corte è inerente l’aspetto civile – non penale – dato che è stata appellata solo dalla parte civile, e non dalla Procura generale di Catania. I medici erano stati condannati in primo grado per omicidio colposo a sei mesi con pena sospesa dalla terza sezione del Tribunale penale monocratico di Catania, ma nel novembre dell’anno scorso erano stati assolti in appello “perché il fatto non sussiste”.
La donna, incinta di due gemelli alla diciassettesima settimana, venne ricoverata perché a rischio di aborto spontaneo. La tragica storia di Milluzzo descrive tristemente le tragiche conseguenze del dilagare dell’obiezione di coscienza contro l’aborto nelle strutture ospedaliere. I medici del reparto, tutti obiettori, non le prospettarono la possibilità dell’interruzione terapeutica di gravidanza né il rischio di una infezione fatale. Milluzzo venne tenuta a letto per almeno due settimane con le gambe alzate per evitare l’espulsione spontanea dei feti, e i medici effettuarono l’asportazione dei feti solo una volta morti, tanto che la donna a sua volta morì a causa della sepsi il giorno successivo.
Il Comune di Genova ha deciso di avviare un progetto pilota sull’educazione sessuale e affettiva in alcune scuole, per 300 bambine e bambini dai tre ai cinque anni, che prevede un’ora alla settimana per insegnare il rispetto, la gestione delle emozioni e il riconoscimento dei confini personali. L’iniziativa è stata fortemente voluta dalla sindaca Silvia Salis.
La Lega ha presentato un emendamento alla Camera per cancellare il divieto di insegnamento dell’educazione sessuo-affettiva alle scuole medie, introdotto con un emendamento al disegno di legge del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara firmato proprio dalla deputata leghista Giorgia Latini e approvato in commissione lo scorso 15 ottobre. La responsabile scuole del Pd Irene Manzi ha fatto notare che «alla fine, la destra è stata costretta a tornare indietro», «dopo settimane di polemiche, critiche da parte del mondo della scuola, delle associazioni, degli psicologi e chiunque avesse a cuore la formazione dei ragazzi». Manzi però ha avvertito: «Non basta un correttivo a cancellare l’errore di fondo», cioè «pensare che la scuola debba tacere su tutto ciò che riguarda la crescita emotiva, relazionale e sessuale degli adolescenti. L’educazione affettiva e sessuale non è un capriccio ideologico: è prevenzione, è cultura del rispetto, è protezione per i nostri giovani».
La deputata Daniela Morfino (M5s) ha detto: «la maggioranza si è svegliata di colpo sull’educazione affettiva e sessuale con un correttivo dell’ultimo minuto non per convinzione, ma per pure pressione», «ma non illudiamoci: il requisito del consenso dei genitori resta una clausola che permette ai contrari di negare ai propri figli un diritto essenziale».
L’emendamento alla legge di bilancio di Maria Stella Gelmini (Noi Moderati) per regalare un voucher di 1.500 euro per ogni figlio iscritto alle scuole paritarie ha destato le critiche dell’opposizione. Ad esempio Barbara Floridia, esponente del Movimento 5 Stelle in commissione Cultura del Senato, ha denunciato: «ancora una volta, nella manovra spunta un voucher per chi manda i figli alle scuole private, mentre sulla scuola pubblica piovono tagli, persino sull’edilizia scolastica che già versa in condizioni critiche». E ha aggiunto: «È una scelta politica precisa. Si chiama voucher, ma significa sottrarre risorse alla scuola che accoglie tutti per destinarle a chi ha già alternative. È l’ennesimo tradimento della scuola pubblica, mascherato da libertà educativa. Una libertà che però paga sempre la stessa parte del Paese».
La dirigenza dell’istituto comprensivo “Vittorio Bodini” di Arnesano (LE) ha chiesto, in occasione della festa nazionale del 4 novembre, che gli studenti partecipassero alla sola commemorazione civile e che non fossero obbligati a prendere parte alla messa. La dirigente Antonella Augenti, rispondendo alle polemiche sollevate dal sindaco Emanuele Solazzo che voleva imporre la partecipazione di tutti alla messa per rispetto ai caduti, ha spiegato: «Ho assunto una posizione istituzionale a garanzia della pluralità, equità e laicità della scuola», «non potevo chiedere ai docenti, liberi di professare qualsiasi confessione, di accompagnare gli studenti ad una celebrazione religiosa». La dirigente aveva anche dato disponibilità, ai genitori che l’avessero voluto, di accompagnare i figli alla cerimonia religiosa.
Infine qualche buona novella laica dall’estero.
La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che gli Stati membri dell’Ue devono riconoscere il matrimonio tra due cittadini Ue dello stesso sesso contratto in un altro Stato comunitario. La sentenza riguarda il caso di due cittadini polacchi sposati in Germania che avevano richiesto la trascrizione dell’atto di matrimonio nel registro di stato civile della Polonia. Le autorità polacche si erano rifiutate e ne era nato un contenzioso, arrivato fino alla Corte in Lussemburgo. I giudici precisano che l’obbligo «non viola l’identità nazionale né minaccia l’ordine pubblico», poiché non implica la necessità di introdurre le nozze lgbt in quello Stato. Va però garantito il «diritto di condurre una normale vita familiare» anche nello Stato di origine, in caso di ritorno, perché altrimenti c’è il rischio di «seri inconvenienti amministrativi, professionali e privati, costringendo i coniugi a vivere come non coniugati», perdendo di fatto dei diritti acquisiti altrove.
In Polonia un governatore provinciale è stato assolto dall’accusa di offesa al sentimento religioso per aver rimosso il crocifisso da un ufficio pubblico. I giudici fanno notare che un «ufficio pubblico non è una chiesa». Il caso riguarda Krzysztof Komorski, nominato da Donald Tusk governatore (wojewoda) della provincia di Lublino, che per tutelare la laicità dello Stato aveva tolto un crocifisso da una sala istituzionale. Il gesto aveva scandalizzato i conservatori clericali, tanto che un membro del partito Diritto e Giustizia, Tytus Czartoryski, l’aveva denunciato assieme a una residente per abuso di potere e offesa ai sentimenti religiosi.
Il tribunale ha però evidenziato che non esiste alcuna legge in Polonia che imponga il crocifisso negli uffici pubblici (un po’ come in Italia, dove gli unici riferimenti sono regi decreti di epoca fascista), che la Costituzione menziona come simbolo nazionale solo lo stemma polacco (quello con l’aquila incoronata), che lo Stato include tutti i cittadini a prescindere dal credo e che non c’è stata alcuna offesa alla religione né la profanazione in quanto «un ufficio pubblico non è una chiesa e la Sala delle Colonne non è un altare». «Il fatto che i querelanti si sentano offesi da un atto del genere non significa che, oggettivamente, ci sia stato un qualche tipo di insulto a un oggetto di devozione religiosa», conclude il tribunale.
La Corte Suprema del Regno Unito ha riconosciuto che l’educazione religiosa nelle scuole dell’Irlanda del Nord non rispetta la legge, dando così ragione a un padre e a sua figlia. La famiglia, non religiosa, aveva fatto ricorso a causa del modo in cui veniva offerto l’insegnamento di quella materia (Religious Education, che è obbligatoria nel Regno Unito), che di fatto scadeva nell’indottrinamento, e per la pratica dei riti religiosi a scuola, quando la bambina aveva dai quattro ai sette anni e frequentava un istituto statale. La sentenza riconferma quanto stabilito dall’Alta Corte di Belfast nel 2022.
Nel 2019 il padre aveva protestato e la scuola gli aveva risposto che quell’insegnamento, impostato come cristiano ma non di una confessione particolare, era «basato sulla Bibbia».
La Corte ha evidenziato che il programma non era svolto in «maniera obiettiva, critica e pluralista», sebbene abbia voluto mettere le mani avanti sostenendo che la sentenza «non riguarda la laicità del sistema educativo» e «nessuno suggerisce che RE [Religious Education] non debba essere offerta nelle scuole dell’Irlanda del Nord». Ma, in un Paese largamente secolarizzato come il Regno Unito, è paradossale che l’insegnamento religioso sia impostato in senso confessionalista: qualcosa potrebbe cambiare.
La Corte Suprema Usa ha bocciato il ricorso per cancellare il diritto alle nozze per le persone dello stesso sesso, legalizzate con una sentenza del 2015. A presentarlo era stata Kim Davis, proprio la funzionaria del Kentucky che per motivi religiosi aveva negato la licenza per un matrimonio gay e per questo era stata condannata a risarcire una coppia. Le lobby integraliste puntavano sull’attuale maggioranza conservatrice dei giudici supremi per ribaltare la sentenza, come avvenuto per l’aborto.
L’Europarlamento ha aperto alla campagna “My Voice, My Choice” per garantire l’accesso all’aborto libero e sicuro in tutta Europa, iniziativa che ha raccolto più di un milione di firme ed è stata sostenuta da una rete di associazioni tra cui l’Uaar. La Commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere del Parlamento Europeo ha adottato un progetto di risoluzione da sottoporre alla plenaria e un’interrogazione rivolta alla Commissione.
La redazione

La vicenda del mancato aborto, non lo ricordavo e mi ha scosso parecchio. Anche il fatto che i medici siano liberi e stipendiati per rifare lo stesso. Per me e’ omicidio volontario.