[…] Ci sono madri e purificatrici, che con i loro rozzi coltelli tagliano il sesso e mutilano le ragazzine per purificarle, portandole spesso alla morte. Eppure l’escissione che ancora oggi sfregia 120 milioni di donne è ancora soprattutto il segno del potere degli uomini, che si fanno forza della tradizione per imprimere attraverso la carne viva l’impronta della loro autorità. C’è tutto questo in Moolaadé, il bel film di Sembene Ousmane (nella foto), già premiato a Cannes nel 2004 nella sezione “Un certain reguard”. Dall’8 marzo è nei cinema italiani, distribuito dalla Lucky Red e con il patrocinio di Amnesty International. […] Donne che ad ogni parto dovranno farsi riaprire e poi cucire di nuovo il sesso sfregiato, mettendo a repentaglio la vita propria e quella del bambino. Collé ha il coraggio di rifiutare alla figlia tutto il dolore che è stato imposto a lei e di segnare, con un cordone di tessuto colorato, il confine invalicabile – dell’onore e della superstizione – che vieta di infrangere il diritto di asilo. Difenderà contro le loro stesse madri quelle bambine che le hanno chiesto aiuto, come se fossero sue. O come avrebbe voluto che qualcuno avesse difeso lei, quando un coltello le aveva inciso la carne. […] Film senegalese, girato nel Burkina Faso, con attori del Mali e della Costa d’Avorio, Moolaadé è una sintesi voluta di quell’unità africana che il regista auspica ma che è ancora di là da venire ed una testimonianza dell’«eroismo quotidiano» nel continente. Lo stesso che nell’ottobre scorso – come ha ricordato ieri Emma Bonino – è approdato al Protocollo di Maputo sui diritti delle donne africane, che definisce le mutilazioni genitali come una violazione dei diritti della persona. Anche in Italia, dal 22 dicembre scorso, c’è una legge che vieta questa pratica e la punisce con pene che arrivano a 12 anni di carcere: era questo uno degli obiettivi della campagna “Mai più violenza sulle donne” promossa da Amnesty.[…]
L’articolo è apparso sull’Unità