Thomas Hammarberg, commissario del Consiglio d’Europa per i diritti umani, ha sostenuto che vietare il burqa non contribuirebbe a liberare le donne oppresse, ma al contrario potrebbe renderle, all’interno delle società europee, ancora più alienate. Lo svedese Hammarberg, che in passato ha ricoperto posizioni di responsabilità in Amnesty International e Save the Children, ha dichiarato sul sito del Consiglio d’Europa che ogni imposizione del velo integrale dovrebbe essere condannata, ma che la proibizione di indossarlo potrebbe essere incompatibile con la Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
Il commissario del Consiglio d’Europa contrario al divieto di indossare il burqa
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E’ una faccenda spinosa. Io il burqa lo vedo come un’imposizione barbara (un argomento su tutti: niente burqa per gli uomini?).
Dovrebbero fare qualche ricerca oggettiva che stabilisse davvero cosa e’ piu’ efficace per il superamento di queste usanze medievali.
Visto in che maniera ottusa Hammarberg interpreta i diritti umani, questa sua posizione non mi sorprende per nulla…
Comunque, al di là del fatto che per me il burqa è un usanza barbara indegna di una società civile, sono convinto che debba essere bandito per il semplice fatto che non rende identificabile chi lo indossa, mi pare non abbia infatti senso riempire le città di telecamere se poi permettiamo alla gente di andare in giro copertamente coperta.
E se è vero che esiste una legge che vieta di girare per le pubbliche vie con il volto coperto, è giusto che la si faccia rispettare senza concedere eccezioni per ragioni religiose.
A chi invece obietta che così facendo molte donne finiranno per essere confinata in casa dai rispettivi mariti, rispondo che uno stato serio quando legifera (o tenta banalmente di far applicare le proprie leggi) non si dovrebbe far influenzare dalle possibili reazioni dei peggiori fanatici (religiosi e non).
Che poi si debbano comunque sostenere ed aiutare quelle donne islamiche che vivono in condizioni di semi-reclusione, garantendo loro i giusti strumenti legali (e culturali) per emanciparsi, è assolutamente fuori discussione.
Ecco, io farei a meno delle telecamere, roba da società ossessionata dalla sicurezza e dal feticcio della “identificabilità”…
Già che ci siamo chiudiamo pure le prigioni evviva l’anarchia. La sicurezza fisica e il primo diritto. Piuttosto la tua è roba da intellettuali da salotto che non capiscono il desiderio di sicurezza espresso chiaramente dai cittadini in questi ultimi ventanni.
E questo bamboccione svedese non si rende conto che non si possono alzare le mani e mollare in mezzo ad una battaglia, cosa sarà della maggioranza delle donne musulmane che vivono in Europa e meno male sono riuscite, grazie a loro o degli loro mariti poco propensi a coprirli, di rimanere senza il vello, capisce questo paladino degli diritti umani che se questa battaglia la vincono i pro velo sarà vita dura anche per i moderati che vedranno le proprie posizioni quasi deleggitimate davanti ai fanatici.
Questo è una battaglia, pretendere che non si faccia male nessuno e da ignoranti utopici.
Catastrofismo da apocalittici.
Nessuna battaglia, siamo in pace, e non vanno prese soluzioni da “tempo di guerra”, a scapito delle libertà individuali.
Il problema è che se vietano il burqa, molte donne saranno costrette in casa. Non solo da padri e mariti, ma anche dalla vergogna che proverebbero a farsi vedere in pubblico senza. Sono nate e cresciute con l’idea che la brava donna mussulmana deve indossarlo, e si sentirebbero delle sgualdrine senza. Più che vietarlo, serve educare le giovani generazioni. Vietandolo probabilmente si otterrebbe un effetto peggiore per le donne attuali, mentre i benefici si vedrebbero a lungo termine sulle loro figlie.
Sono, almeno in parte, d’accordo con Stefano.
L’emancipazione dovrebbe nascere da una maggiore consapevolezza.
Credo che dovrebbe vigere il principio della libertà individuale, compatibilmente con le esigenze di pubblica sicurezza(del resto non mi risulta che fino ad oggi siano state compiute rapine o attentati da individui mascherati col burka)per cui si dovrebbe vietare a un uomo di imporre il burka alla donna ma lasciare libera la donna di indossarlo se lo desidera, ed insistere sull’educazione della donna.
Dici che fino ad oggi non ci sono mai state rapine o attentati compiute da gente mascherata col burqa? beh c’è sempre una prima volta…
Ad ogni modo ricordo che qualche anno fa in Gran Bretagna un terrorista islamico si era proprio nascosto in un burqa per fuggire alla polizia, e chissà quante volte sono accaduti spostamenti simili senza che nessuno se ne sia accorto.
Anche perchè voglio vedere se ti fanno entrare in banca con il burqa..
In Francia è successo in posta due uomini vestiti in burqa hanno rapinato.
Si in teoria bisogna educare, ma come facciamo arrivare ad educare, a parlare, a discutere con una che tiene il velo e che in teoria li si è proibita a discutere con un uomo estraneo??
Chi di noi ha avuto la fortuna di parlare con una di loro, al massimo possono parlare solo le donne, ma pure le donne che non portano il velo non sono viste bene ne dalle donne velate ne da i loro uomini, considerate poco di buone.
bisogna vietare i burqa e similimobblighi per lo stesso motivo per cui si vientano le multilazioni sessuali
il problema è che comunque vada, a queste donne è vietato avere consapevolezza, sia dal marito che dalla cultura che dalla loro stessa mente.
fatevi un giro sui vari blog/siti/forum islamici per donne e capirete che far raggiungere loro consapevolezza sarebbe possibile solo con un secondo lavaggio del cervello.
col primo sono state rese impermeabili a qualunque dialogo. hanno una risposta preconfezionata a qualunque tipo di ragionamento.
A questo punto la scommessa è proprio sulle figlie. Una volta che si vestono come le coetanee occidentali, hanno conosciuto l’altra metà di mondo. Queste possono sì essere ancora soggette a proibizioni e imposizioni, ma avranno la mente un po’ meno impermeabile e avranno un’esperienza che potranno decidere di trasmettere o meno alla propria discendenza.
In quel caso si potrebbe parlare di scelta o di qualcosa che le somigli. Piccoli passi ma l’obiettivo è importante e va ottenuto.
Resta il fatto comunque curioso che c’è chi emigra in un paese occidentale e che fa di tutto per istituire una piccola colonia identica al paese d’origine, con tanto di legislazione propria.
Al di la del discorso religioso, secondo voi questo è accettabile?
Eppure questo pare essere permesso dalla stessa Europa.
bel rompicapo.
bel rompicapo.
Uno che vuole andare a fare una rapina, sa che OTTIMO indumento mettersi.
Non si vede il volto e sotto la larghissima veste ci mette
tutta la “ferramenta” che vuole.
Prima o poi capiterà.
Io sono per il divieto di coprire il volto.
Sono antiproibizionista, ma a volte la sgradevole parola “proibito” è necessaria.
Premesso che per me tutta la storia del volo non mi piace per nulla…
L’idea che le donne se ne vadano a spasso coperte da capo a piedi, mi disturba non poco…e non per una mera questione di sicurezza ma proprio perche’ e’ da pazzi scatenati farsi imporre da una religione, il modo di vestirsi.
Ma qualcosa che rispetti le loro amenita’ religiose, ma che risulti un po’ piu’ comodo, meno ingombrante e lecito dal punto di vista della sicurezza, non lo potevano inventare?!?!?
Insomma, a parte tutto il discorso sull’emancipazione della donna mussulmana e via dicendo, davvero non possono adattare i loro usi e costumi religiosi alla societa’ moderna occidentale???
Che ne so’…abaya, chador, haik e hijab, quantomeno sarebbero un compromesso, no?
Se passa il diritto di esporre il crocefisso nelle aule scolastiche come simbolo della cultura e della tradizione cristiana, come vogliono raccontarcela e propinarcela, dovremo necessariamente concedere anche alle donne islamiche il diritto di indossare certi abiti religiosi, in quanto simbolo della loro cultura e della loro tradizione.
IL RAGIONAMENTO NON FAREBBE UNA GRINZA!
Secondo me, la questione è complessa a partire dalla terminologia che si usa. Questo non significa che non se ne possa venire a capo.
Credo che sia opportuno fare una distinzione tra “precetto” e “simbolo”. Un “simbolo” è, tautologicamente, un simbolo: cioè un segno “riassuntivo”, emblematico, dichiarativo e al tempo stesso circoscritto, contestualizzato e contestualizzabile. Non ho niente contro i simboli (a parte quelli che rinviano a ideologie assassine): essi appaiono ovunque, sono anche utili (i segnali stradali), in ogni caso sono individuativi: chi li mostra si dichiara. Possono coesistere, possono essere esteticamente belli.
Un ragionamento diverso va fatto per i “precetti”. Essi non sono individuativi, ma vogliono cancellare l’individuo e le differenze. Difficilmente possono coesistere, e non sono contestualizzabili, perchè tendono a “colonizzare” e prevaricare il contesto.
Perciò, nella misura in cui il burqua è un precetto, non mi piace, se diventa un simbolo, può sopravvivere (magari reinventato in maniera meno coercitiva, come è successo per il velo domenicale delle devote); nella misura in cui il crocifisso è un precetto, non mi piace, se diventa simbolo tra i simboli, misurato e individuale, ci può anche stare. Ma ovviamente, non sui muri di un edificio pubblico.
Concordo pienamente.
Al primo impatto concordo più con Claudio che con Stefano.
Però….
L’anno scorso ero a Berlino con mia moglie; lì girano per la strada molte, molte donne musulmane rispetto a quelle che vedo in Italia, a Roma e a Milano in particolare: nessuna però portava il burqa. Portavano quei fazzoletti (non conosco i nomi) che coprono tutta la testa lasciando scoperto parte o tutto il volto ed erano infagottate in abiti assurdi (per come le coprivano).
Chiesi a mia moglie come, secondo lei, si doveva sentire una donna infagottata in quella maniera confrontandosi con le altre donne.
Ecco, secondo me è il confronto con il mondo che ci circonda che vale più di tradizioni che vengono imposte; pensiamo a come si comportavano gli emigrati italiani in America, specialmente le donne, le tradizioni comportamentali che avranno cercato di perpetuare ed in quanto tempo sono state abbandonate.
Certo, il burqa è una cosa diversa. Io però non l’ho mai visto, nemmeno in paesi arabi (moderati?) come Tunisia, Egitto, Turchia, Algeria.
Io ho girato diversi paesi arabi, oltre a Turchia ed Iran (non arabi) e non mi mai capitato di vedere una donna in burqa, probabilmente perchè non sono stato in Arabia Saudita ed Afghanistan. L’unica volta che ho visto una donna in burqa è stato in visita al Palazzo Ducale di Venezia, una coppia di turisti probabilmente sauditi od egiziani.
Mi ha colpito il fatto che gli addetti alla sicurezza di un così grande patrimonio l’abbiano lasciati entrare contravvenendo alle nostre leggi sulla sicurezza (divieto di volto coperto).
Ma quando sono entrato a vedere la basilica di S. Marco, sempre a Venezia ed in estate, gli addetti (alla sicurezza?) hanno chiesto alla mia ragazza di coprirsi le spalle “in segno di rispetto”.
In un paese baciapile qual’è l’Italia le leggi si piegano alle religioni.
Sai, credo che quelle donne guardino noi europee come delle poverine in “pericolo” di violenza da parte dell’uomo, un po’ come delle poco di buono ma anche con un pizzico d’invidia.
Le donne infagottate apprendono a proteggersi da sguardi indiscreti e non hanno nessun senso del gioco seduzione attraverso lo stile e gli indumenti poichè pericoloso per l’onore della donna.
L’abbigliamento di queste donne nasce dall’idea che il mondo occidentale sia privo di valori ed a rischio per la moralità delle donne.
Dalila cara, questo accadeva anche alle nostre donne fino a cinquant’anni fà. Nel meridione od anche al nord, nel mondo contadino, andavano vestite sempre di nero e con il capo coperto. Avessero visto una ragazza di oggi, le sarebbero corse dietro con la scopa. Dopo è arrivata la televisione, il cinema, il benessere che ha permesso di mandare i figli a scuola, il turismo che ha portato gente da fuori e di fare viaggi all’estero, l’emigrazione che tra tanti mali ha però fatto conoscere altre usanze e “lu pretu” è rimasto letteralmente spiazzato…………insomma, uno scambio culturale non indifferente. Tra i mussulmani sarà più lento ma sono sicuro che avverrà.
Mah, intanto nelle grandi città europee (dove l’immigrazione islamica è iniziata parecchio prima che da noi) i musulmani di seconda/terza generazione vivono spesso in ghetti, covano una forte ostilità nei confronti del paese che li ospita e sono mediamente più estremisti dei loro stessi genitori o nonni…
Innanzitutto questa del burka mi sembra più una questione di principio che non pratica dal momento che sia le donne che indossano il burka che gli uomini che glielo impongono sono per fortuna una minoranza estremamente esigua. Detto ciò questa usanza barbara và ovviamente combattuta solo che proibirlo non mi sembra per niente la strategia migliore. Anche perchè non è vero che il burka viene imposto anzi al contrario molto spesso sono le donne stesse che in seguito ai lavaggi del cervello ricevuti per anni lo vedono come una necessità. Bisogna puntare sulle nuove generazioni, sulla loro integrazione, sulla loro emancipazione perchè le generazioni attuali sono ormai gente persa dietro alla folle idea di un dio che si preoccupa per una cosa del genere. Bisogna offrire alle nuove generazioni gli strumenti affinchè possano costruirsi una coscienza critica razionale che un domani permetta loro di opporsi a simili follie! Se negli anni ’60 avessero proibito a molte donne del sud di mettere il fazzoletto in testa molto probabilmente ancora oggi vedremmo delle ragazze andare in giro così!!!
vietare il burqa avrebbe solo l’effetto di far rimanere preigioniere in casa le donne
non vietarlo avrebbe però l’effetto di mandare a spasso persone irrriconoscibili ed non identificabili, cosa proibita dalla legge (e per fortuna).
Il Burqa indossato per strada ed in luoghi pubblici è in contrasto con la legge italiana (si potrebbe estendere ad “europea”) e per questo motivo va vietato.
Ora provo a spiegare le mie ragioni con un’analogia:
negli ospedali europei non si pratica l’infibulazione poiché è contro la legge. Questo senz’altro spinge pazzi fanatice a farla “in casa”. Che facciamo, consentiamo l’infibulazione e intanto spingiamo su istruzioe ecc aspettando che la barbara tradizione sparisca?
Non ci siete ….!!
In Europa, la stragranza maggioranza delle donne con il Nihab ( Hchimar la tenuta completa : Nihab nero sulla faccia, vestito nero su testa e guanti neri )
sono o delle neo convertite europee, o delle giovane donne musulmane cresciute in Europa, all’origine poco o per niente praticante, che hanno “riscoperto” le loro ” radici ” islamiche . Dunque non si tratta di donne all’origine arretrate ma invece che hanno fatte una regressione ! Sono dunque delle fanatiche che forse avrebbero più bisogno di uno psichoanalista che d’ altro . Ci sono alcune che lo fanno per piacere di più al loro sposo, spesso un emigrato piuttosto smarito nella nostra civilta,che in fondo è la negazione delle valori islamiche .
Dunque non si tratta di integrazione non ancora fatta ma proprio il rifiuto, proclamato pubblicamente, di qualsiasi integrazione .
Se una si copre faccia, mani e intero corpo significa che rifiuta ogni contatto con il prossimo .
Per l’Islam integralista siamo impuri, miscredenti ( Kufar ) e perciò ogni contatto con noi viene sconsigliato .
Concordo con Gérard
Durante il socialismo in Albania era vietato qualsiasi velo o copricapo islamico essendo stato non molto popolare anche prima il divieto nessuno ne sentiva il bisogno e nessuno si lamentava, le donne anziane o le contadine, a prescindere se erano musulmane o cristiane, usavano un fazzoletto bianco o nero nel caso di lutto per raccogliere soli i capelli.
Quando ne 1991 la nuova costituzione non proibì più la religione, si sono avventati sopratutto su i giovani tutti i corvi religiosi; islamici sauditi, testimoni di geova, cristiani di tutti i colori ect ect. Spesso gli islamici sauditi pagavano le famiglie degli poveri perche obbligassero le donne giovane a coprirsi integralmente, dal altra parte molte famiglie benestante per salvarle dal pericolo della prostituzione mandavano le figlie in collegi privati turchi, la molte giovane ragazze pur non essendo obbligate ma per simulazione o influenza degli insegnamenti religiosi decidono di coprirsi a volte anche integralmente.
insomma una variante del rapporto master/slave
A me non interessa niente dell’identificabilità “sempre e dovunque”, liberalizzerei tanto il burqa quanto il passamontagna o la maschera di Paperino. Un “Carnevale che dura tutto l’anno”, come ha detto Michele Ainis.
Questo perlomeno in contesti non “sensibili”, tipo girare per la strada o al parco (è ragionevole pensare che invece tu debba essere identificabile in un’aula di tribunale, o in una scuola per un colloquio con gli insegnanti di tuo figlio).
Il terrore dei volti coperti sa tanto di tensione anni ’70.
Relax.
P.S. Il ragionamento “via libera al burqa -> crocifisso di stato nelle scuole” (e/o viceversa) non sta in piedi: il muro degli edifici pubblici è di tutti, il corpo di una donna è solo suo.
solo che ancora non lo sa
Ma poi, siamo davvero sicuri che il modello di donna nel mondo occidentale sia tanto più rispettoso delle donne rispetto al loro? ( loro sono gli islamici) Io penso che , in modo diverso, non lo sia nessuno dei due; Ho due figlie femmine che vengono quotidianamente bombardate dai mass media da messaggi aberranti, basta vedere l’uso del corpo delle donne in una qualunque tv o pubblicità, l’anoressia subliminale delle modelle, o anche l’esempo di carriere folgoranti di starlette, veline e calendarine varie. Forse dovremmo prima aiutare le donne a liberarsi nel mondo occidentale, anzichè metterci in cattedra.
era totalmente superfluo ( avrei sfondato una porta aperta) citare anche il modo in cui la cristianità tratta le donne.
Immagino tu stia confrontando il “velinismo” con il modello di donna proposto dagli islamici tradizionalisti in uno stato con parità giuridica tra uomo e donna. Se manca quel requisito, come nelle società tradizionaliste “a tutto tondo”, allora il confronto non ha più senso, visto che una coercizione di legge è cosa diversa da un modello proposto dai mass media.
Magar, oltre che illuminista sei ottimista; se davvero l’affermazione giuridica della parità uomo donna fosse realizzata non staremmo qui a discutere; come anche l’Uaar potrebbe anche sciogliersi se bastasse il principio costituzionale di laicità dello stato.:-(
Sto pensando all’Arabia Saudita, rispetto a cui le pur tante manchevolezze del nostro sistema diventano un nonnulla.
E questo vale sia per la laicità che per la condizione femminile.
Non ho mai visto un padre o un marito obbligare la figlia/moglie ad atteggiarsi a velina mezza nuda.
Ergo ci sono donne che hanno scelto di esporre il proprio corpo ed usarlo per far soldi o carriera, magari firmando anche dei contratti.
Ignobile, è probabile, ma scelta loro.
A volte penso che queste ragazze siano furbe e basta.
Credo che molti uomini, se domani si svegliassero in un bel corpo femminile, lo userebbero per far soldi probabilmente esponendosi allo stesso modo e magari pensando:
“Ma quanto sono scemi questi uomini che per vedere me in perizoma pagano pure e scendono a compromessi con me”.
E’ un concetto post-femminista già molto conosciuto e diffuso nei primi anni ’80: il corpo come ultimo elemento di controllo anche politico.
Guarda che ministre abbiamo e pensa a cosa le abbia portate a cariche cosi’ alte.
Non certo la preparazione o l’intelletto.
Ma rinunciare alla propria femminilità per mettere avanti le capacità intellettuali mi pare oltremodo esagerato.
Se le tue figlie, come credo, hanno sviluppato una loro personalità,
non avranno bisogno di questi modelli televisivi per essere se stesse ed affermarsi serenamente nella vita.
Hai mai visto il film “Bellissima” con Anna Magnani? e non è una cosa da italiani poveri anni 50. Prova a fare una ricerca su internet sui concorsi di bellezza per bambini.
Non ho mai visto un padre o un marito obbligare la figlia/moglie ad atteggiarsi a velina mezza nuda…
di solito sono le madri a gestire le figlie.
(scena avvenuta nella mia parrocchia: dimostrazione di body art (o qualcosa del genere), ragazzina di 14 anni -ovviamente in due pezzi, perché da pitturare, e fin qui, vabbè- e madre che girava con fare allucinato e occhi sbarrati cantilenando come in trance: “E’ bella mia figlia, vero? è bella mia figlia…”)
Anna Magnani non prostituiva la figlia, anche se lo scenario era un po’ umiliante;
il senso di quel bellissimo film era racchiuso nella scena finale in cui la madre, dopo aver preso botte dal marito diceva, disperata qualcosa come:
“Non voglio che mia figlia prenda botte come me e voglio che diventi qualcuno senza dover rendere conto a nessuno”.
Forse il fine giustificava i mezzi?
Comunque io queste “mamme” non le ho mai viste davvero.
Poi dire che la propria figlia sia bella non mi pare uno scandalo…
cosa c’entra la prostituzione?
@ ethan
Liberiamo la donna dal mondo occidentale?? Come? Perche? Quale modello vuoi proporre?
Di quel poco di storia che conosco escluso forse il matriarcalismo dalla nascita delle prime civiltà ad oggi la donna non ha mai avuto cosi tanto liberta e diritti come nel mondo occidentale, il fatto che è bombardata da messaggi significa proprio che lo vogliono convincere di qualcosa (giusta o sbagliata saranno le donne a deciderlo) si tenta di convincere un uomo libero i schiavi non serve a convincerli ti basta la frusta.
Si fa cosi tanto rumore sulle starlette e veline, ma perche mai non devono esistere, a parte che sono un esigua minoranza in confronto alla maggioranza delle donne, ma se non li obbliga nessuno a fare quel lavoro che male c’è?
Qualcuno di voi riesce ad immaginare un mondo senza il sesso e lo scambio del sesso per vari favori, quando lo trovate me lo ditte.
Secondo me hai ragione, Bardhi.
Purtroppo siamo ancora schiavi di stereotipi davvero duri a morire.
Nel caso specifico, “intelligente ma brutta” o bella ma scema”.
Hai detto una cosa giusta: giusto o sbagliato, saranno le donne a scegliere.
Quello che non capisco è come tante donne nel mondo siano ancora cosi’ malleabili dal punto di vista dell’opinione (religiosa) e dei modelli, ammesso che ce ne siano davvero.
vale anche per la guerra?
Semplificando….
Anche volendo posso spingere il concetto di libertà fino a giustificare anche la schiavitù?
Sono libero di essere schiavo?
NO, non più, perchè la cultura occidentale vecchia di millenni ha portato oggi a negare senza ombra di dubbio questa estensione.
Vuoi tu far parte di una società occidentale?
Si? allora non puoi schiavizzare la donna.
Non è poi così difficile……
Lo è, invece nella misura in cui, il rispetto per la cultura altrui ci porta ad ignorare che il contratto fra noi tutti è già stato scritto (le costituzioni moderne) ed il giudizio sulla schiavitù è già stato reso.
SIA CHIARO
Puoi sempre impegnarti a diffondere le tue ragioni ossia giustificare come il coprire la donna con un burqa NON equivale a schiavizzarla, e quando avrai ottenuto il consenso e fatto cadere un giudizio già reso…. coprirla.
Il relativismo etico NON equivale a fare ciò che ci pare ma ad esprimere consenso su valori da accettare ORA e non per sempre per la vita in comune. NON esiste una società in cui ognuno fa ciò che gli pare e l’uomo NON esiste da solo….
Da solo si fanno solo le pippe e forse neanche quelle
Ehm… e coprire il proprio volto con il burqa?
Perché, se c’è imposizione del burqa, stiamo parlando di maltrattamenti familiari (lo sarebbe anche l’imposizione della minigonna), ed è già reato.
Ma questo va provato caso per caso.
Il problema nasce perché ci sono donne che si vogliono mettere il burqa (a volte anche per i motivi esposti sopra da Gérard). Allora non puoi più leggere la cosa come “schiavitù”.
certo che si…..
oggi non puoi renderti schiavo di un altro, non sei libero di farlo.
Se la società sancisce che mettersi un burqa equivale a rendersi schiavo non è il punto di vista di quella dona che prevale. Quella donna può combattere perchè quel presunto diritto le venga riconosciuto ma deve argomentare per farlo e raccogliere il consenso degli altri al fine che il concetto di libertà possa non essere limitato in quel senso
“Se la società sancisce che mettersi un burqa equivale a rendersi schiavo”, la società dice boiate illogiche, e in tal caso l’individuo ha tutto il diritto di strafregarsene del consenso della massa irrazionale.
Non capisco nemmeno cosa voglia dire “rendersi schiavi”, uno schiavo è per definizione obbligato a fare cose contro la propria volontà: se invece c’è una volontà dell’individuo stesso, non si può parlare di schiavitù. Al massimo è una libera sottomissione, cosa ben diversa dalla schiavitù: in tale categoria rientrano pure determinate pratiche sessuali, a meno che non vogliamo vietare pure il femdom…
(E la prostituzione? Vietata anche quella scelta liberamente, come forma di auto-schiavitù?)
La reale schiavitù, per definizione, è imposta dallo schiavista allo schiavo, e perciò è già vietata dalle leggi vigenti.
si è schiavo anche dell’idea che la donna sia cioè impura e debba coprirsi agli occhi del suo Signore e dell’uomo…..
il velo viene da questa idea malsana che le società occidentali, le donne in primis, hanno del tutto rigettato. Sai benissimo che il velo cristiano tale funzione aveva: provati ad imporlo oggi nel nome dell’idea di impurità che ancora esiste nel cristianesimo (le suore)….
Il burqa, (il velo in generale) ha anche un contenuto positivo? proponilo… ma quella parte di significato NON puoi cancellarlo. E’ un pò come il crocifisso: comunque lo giri è sempre un simbolo religioso del cattolicesimo con una storia di atrocità alle spalle.
“Schiavo dell’idea” ???
In uno stato liberale, ognuno decide per sé a quali idee aderire e a quali no.
non c’è un’apposita commissione di stato per dirti cosa devi pensare.
Il significato simbolico del burqa è indifferente. Se io voglio girare con la scritta “Sono inferiore in quanto ateo” sulla maglietta non posso?
E dai….non un’idea qualsiasi ma l’idea dell’impurità della donna e della necessità che essa ha e DEVE provare di coprirsi. Ed è un coprirsi che non ha tregua….
Tu quella maglietta puoi toglierla quando vuoi oltre ad avere il plauso dei cattolici…… Ma se sentissi di doverla avere indosso sempre le cose probabilmente cambierebbero, ne saresti schiavo, questo comportamento avrebbe un che di patologico e probabilmente gli altri chiamerebbero la neuro….
Pochi giorni fa un famoso imam egiziano in un seminario tenuto all’università ha cacciato una ragazza col velo. Lei ha provato a difendersi invocando la famiglia ed i precetti religiosi, Lui ha fatto valere la sua autorità in materia.
Ora, quante egiziane si coprono col velo? tantissime, MA evidentemente sono libere di non farlo soprattutto in un contesto chiuso come un’aula scolastica.
Quando NON puoi farlo perchè l’altro te lo impone o tu te lo imponi hai superato il segno di quello che si definisce comune sentire….
comunque si avrà modo di riparlarne….
quoto gèrard al 100%
Concordo con l’ultima frase di Ethan, qualsiasi decisione si prenda lo si faccia senza l’intenzione di insegnare agli altri a vivere.
Non conosco questoa Hammarberg, ma credo che l’opinione di uno che ha lavorato con Amnesty e Save the children vada ascoltata con attenzione ( anche se non è certo obbligatorio condividerla).
Ovviamente non concordo con la frase sulla cristianità 🙂
Se il diritto dell’uomo impone o permette che vengano schiavizzate le donne è un bel diritto.
Sarebbe interessante capire allora perchè si vieta ai preti pedofili di violentare i ragazzini. I diritti dell’uomo prevedono una vita soddisfacente, e ciascuno si soddisfa come vuole e guai a chi volesse impedirne i diritti.
Si fa cosi ?
Dovrebbe esistere il diritto di professare qualunque religione, quindi anche di portarne addosso i simboli, semplicemente bisognerebbe proteggere gli individui, in questo caso le donne, contro l’imposizione di usi e costumi (nel vero senso della parola), garantendogli ANCHE il diritto di NON credere.
Solo che non si può granatire questo diritto, altrimenti la gente potrebbe arrivare a buttare alle ortiche anche gli usi ed i costumi di quella religione di pace e fratellanza le cui radici si intrecciano con quelle di ogni paese europeo
Mi sembra che fra tutti l’intervento di
sabre03 delle 10:58 è davvero un ottimo esempio di lucidità e lungimiranza.
Credo che abbia colto in maniera impeccabile il nocciolo della questione che in tal modo si scopre non essere più tanto spinosa.
…vietare l’ingresso dei mussulmani in Europa risolverebbe il problema.
l’europa comprende anche la ex jugoslavia
nella ex jugoslavia erano già presenti i “mussulmani”.
quindi erano già in europa da tempo…
(presente l’assedio di vienna del xvii sec?
mai letto “il ponte sulla drina” di ivo andric?
dei mussulmani tout court magari no,
ma di chiunque fosse “irriconoscibile”, perché no?
“vietare il burqa potrebbe renderle ancora più alienate”
Non si può fare la frittata senza rompere le uova.
“la proibizione di indossarlo potrebbe essere incompatibile con la Convenzione europea sui diritti dell’uomo”
Ok, mi sono già accorto da un pezzo che stiamo annegando nei nostri diritti
Io nei nostri diritti ci sto benissimo.
E della frittata faccio volentieri a meno.
ah beh, se a te sta bene il burka!
Se magari noi donne andassimo in giro un pelino più vestite, forse si eviterebbe queste reazioni.
Per far vedere un pelino di meno? A Napoli dicono: occorre sempre che a vincere siano il buon gusto ed il buon senso. Queste due cose se applicate da ambo le parti, risolvono da sole il 90% della giurisprudenza.
dany,’ste strzççç te le potresti evitare
SE i maschi usassero un pochettino di più il cervello…lau, se dell’irrealtà in arabo
“SE i maschi usassero il cervello …”
Frase ipotetica del settimo tipo, vero?
(e poi sei sicura che possano usare qualcosa che è molto dubbio che abbiano?)
(cmq adesso, con il clima che c’è, il problema non si pone)
@ Fri
Nessuno ti “obbliga” a fare la velina. Invece se il burka non lo metti, ti lapidano. C’è una bella differenza, ti pare? Tu fai l’esempio del film di Anna Magnani ed è un’esempio giusto perchè i condizionamenti da parte di una madre sono potenti; è anche vero che per potenti che siano non sono mai coercitivi come un’imposizione autoritaria che ti minaccia la vita.
Intendiamoci, Stefano, io sono assolutamente contraria al burka e a qualsiasi altro indumento che copra completamente il volto di una persona (uomo o donna che sia). Invece non sono d’accordo sulla proibizione di un semplice velo che copre capelli e collo, ma questo e’ un altro discorso.
Quello che intendevo sottolineare e’ che in realta’ in quanto a condizionamenti le societa’ occidentali non sono poi quello stinco di santo che molti vorrebbero farci credere. E’ vero che le donne non vengono lapidate qui da noi, ma quando una ragazza muore per anoressia non posso fare a meno di pensare che i meccanismi coercitivi siano simili. Sono piu’ sottili da noi, e la morte e’ piu’ lenta, ma anche quella e’ una sorta di lapidazione. La grossa, enorme, differenza fra noi donne occidentali e la maggior parte delle donne islamiche e’ che per noi e’ (forse) piu’ facile acquisire quegli strumenti che ci permettono di liberarci dai condizionamenti subiti.
Si, diciamo che è come se un uomo robusto ti prende e ti violenta. Non puoi ribellarti, mentre uno che ti ricatta dicendoti o vieni a letto con me o ti caccio dalla mia azienda, ti permette di mandarlo a quel paese e di cercare lavoro da un’altra parte anche se il ricatto è odioso al punto tale che un paio di forbici, almeno per come la vedo io, sarebbero eticamente appropriate.
via sto burka senza tante storie, sarà draconiana come posizione ma almeno la finiamo lì con sta cavolata.
E se da noi si mettessero a girare gli indigeni della nuova guinea con il cappuccio penico? Dobbiamo accettare qualsiasi cosa? E perché?
E perchè noi dovremmo poter girare nella nuova guinea o nel Congo in giacca e cravatta?
A parte però la (quasi) battuta, mi sembra una delle volte (è uno degli interventi in cui si sforza, riuscendoci pure, di fare il moderato) che concordo con
Stefano Grassino :
martedì 9 marzo 2010 alle 14:44
Per far vedere un pelino di meno? A Napoli dicono: occorre sempre che a vincere siano il buon gusto ed il buon senso. Queste due cose se applicate da ambo le parti, risolvono da sole il 90% della giurisprudenza.
Io non sono né moderato ne rivoluzionario ma uno che cerca di essere realista. Tu piuttosto (senza polemica) mica sarai un buonista veltroniano?
oh, bella, il cappuccio penico sarebbe da provare nell’ambito di un intenso e proficuo interscambio culturale con gli indigeni della Nuova Guinea.
Farei ridere anche i polli in un raggio di 250 km, ma tant’è, se proprio si deve…
Io non concordo per niente con la posizione assunta da questo commissario; fra i diritti c’è anche la parità di genere: non vedo perché le donne debbano avere degli obblighi che gli uomini non hanno, in questo modo non si aiutano certo coloro che, anche nei paesi islamici, e spesso a costo della vita, si battono contro il patriarcato oppressivo che le vuole sottomesse. Anche in Francia, all’inizio del divieto del velo (e altri simboli religiosi) a scuola, si usavano argomenti simili a quelli che ho letto qui, oggi si riconosce che quel divieto ha aiutato le ragazze a contrastare un forte condizionamento familiare e comunitario che le vuole ben incanalate, di cui il velo è un simbolo; togliere il quale non è certo sufficiente, ma è un buon inizio per sentirsi parte di una cittadinanza più vasta. Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo la legge sulla sicurezza che potrebbe aiutarci, la 152 del 1975; prima pensavo che non ci fosse bisogno di altre per impedire di girare col burqa, oggi ho cambiato idea perchè la stessa legge ammette delle eccezioni “per giustificati motivi” e, guarda caso, quali sono questi motivi? sono quelli religiosi: nel 2007 un prefetto di Treviso legittima il burqa in quanto «segno esteriore di una tipica fede religiosa» e una «pratica devozionale » http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_09/burqua_prefetto_veneto_bindi.shtml
Nonostante molti imam e il movimento di emancipazione femminile delle donne islamiche dicano che il corano non impone niente del genere, nemmeno il velo semplice, ma è frutto di una tradizione oggi fatta propria dall’islam più integralista, _diventa eccezione nell’applicazione di una legge italiana_ Io lo trovo inaudito, come trovo inaudito che non sia altrettanto per tutti i laici che vorrebbero vivere in un paese dove _la religione non sia eccezione per nessuna legge_, in base al principio della parità di tutti i cittadini. Mi spiace veramente che in questa lista si invochi un argomento pretestuoso come l’anti proibizionismo per avversare una ragionevole legge che andrebbe nella direzione della laicità, e in più aiuterebbe molte donne a riflettere, per sottrarsi a quella prigione ambulante; si dice che così le si rinchiude in casa: non possono mica stare agli _arresti domiciliari_ in eterno, vogliamo veramente assecondare le peggiori tradizioni patriarcali contro le donne in nome di una _presunta_ “libertà individuale”? quando sappiamo bene che il comunitarismo che pretende quello scafandro orribile è la tomba di quelle libertà? 🙁
L’altro danno di questo atteggiamento miope è che si delega totalmente a certa destra clericale a portare avanti un’istanza giusta, quando, spesso, lo fa in nome di un’altra sbagliata, cioè la difesa della così detta “civiltà cristiana”, guarda caso la stessa che difende il crocefisso nelle istituzioni., con i toni isterici che sappiamo. Antonietta Dessolis
p.s. All’inizio del secolo scorso, uno scrittore egiziano, Qàsim Amìn, con l’appoggio di riferimenti al Corano e ai hadìth, denunciava tutti i tabù misogini presenti nella società arabo-islamica, in primo luogo “il velo in quanto simbolo di segregazione femminile”, che una società con “un polmone malato” (vale a dire la donna) non fosse in grado di svilupparsi; constatava che ” il velo, come ci ha insegnato la storia, è una muraglia colossale eretta tra la donna e la sua libertà, tra il sesso femminile e il suo progresso “ I moderni movimenti femministi delle donne islamiche infatti si rifanno spesso a questo grande intellettuale, e noi dovemmo sentire il dovere di appoggiarle, anzichè lasciarle sole e arretrare contro le nostre stesse (poche) conquiste in casa nostra. (Dietro il velo, Laterza 1993) Altro consiglio bibliografico: Il prezzo del velo, Feltrinelli 2008 e Senza velo, Intra Moenia 2005
Sprechi fiato.
Ho scritto una sfilza di commenti e di consigli bibliografici per questo genere di notizie, da oltre un anno.
Mai NESSUNO si è sprecato a spendere degli euro per questi libri.
Molto più comodo invocare la “Libberrtà” di farsi schiava sexxuale, merce di scambio, imene ambulante integro o rotto dal marito-padrone…
Ogni volta la stessa storia: passamontagna = burqa, burqa = topless, burqa = volontà di indossarlo…
Fa cadere le braccia vedere che i discorsi si ripetono tutte le volte…
Quindi, che dirti?
Secondo me questo signore svedese eccede nella correttezza politica, di questo passo potrebbe anche giustificare l’infibulazione e altre delizie del genere.
Se avesse letto qualche scritto di Ayaan Hirsi Alì non farebbe queste dichiarazioni.
Una evoluzione dell’islam in senso laico e libertario può venire solo dalle donne, credo che sia dovere di uno stato democratico aiutarle e proteggerle.
Sono sempre stato un libertario e quindi niente burka!
Calma amico mio. Al ministro La Russa il burka andrebbe messo eccome……
Hai ragione, però lo si riconoscerebbe lo stesso. Dal rigonfiamento nasale………….
Comunque non gli impedirebbe di dire ca..ate! 🙂
A lui starebbe bene un burka a forma di preservativo.
Adesso basta altrimenti gli fischiano le orecchie tipo Dumbo che si ritrova.
E il diritto di girare abbigliati come ci pare e piace?
L’individuo ha diritto solo alle libertà che lo stato gli concede, libertario?
Come ho già scritto in passato, concedere l’usa di uno strumento di prevaricazione e di sottomossione femmenile, in nome di una “peculiarità” tradizionale o religiosa significherebbe rinunciare a tre secoli di lotte e conquiste sociali, nonchè aprire la strada a qualsiasi richiesta balzana in nome di una fantomatica par condicio salle “libertà” religiose.
Il mondo deve andare avanti, i culti si adegueranno. Altrimenti, c’è il codice penale.
Appunto. Posto che il burqa non è un simbolo religioso e non è previsto nel Corano (che al massimo prevede cose tipo Hijab o Chador), nemmeno la scusa religiosa possono invocare.
Fra l’altro il burqa è invenzione anche molto recente.
Fare concessioni privilegiando una o l’altra religione è suicida. A questo punto perchè non consentire le spose bambine (8\9 anni) dopotutto è una peculiarità religiosa che andrebbe tutelata…. se si considera il burqa diritto fondamentale dell’uomo (come se schiavizzare le donne potesse esserlo) allora qualsiasi barbarie e giustificabile in nome del diritto a professare religioni\usanze.
Il Burqa è come il Crocefisso e con ciò ho detto tutto !!!!!
Credo sia un pò peggio………..
Thomas Hammarberg è un maschio. Il burqa lo metta lui un paio di giorni in ufficio!
Ma come **** si fa a far rientrare nei “diritti umani” un fagotto che ne è la negazione? Che nega il primo: quello all’identità personale!
Secondo questo signore svedese se in un paese esiste la schiavitù, lo schiavo potrebbe essere sottoposto ad un trauma se viene liberato ?
Che bello! Che bello!
Burkiamo le islamiche, che di sconce donnacce occidentali ce ne sono già troppe…
E già che ci siamo, quei negretti e negroni che per secoli hanno detto “sì, buana”, volevano il sado-maso delle frustate e calzavano cavigliere di ferro o collanone con catenacci, devono poter tornare a servire i loro padroni in pubblico, perchè sennò la schiavitù resta nascosta in casa.
Meglio vederli girare per le strade coi padroni, così prendono aria…
Schiavitù libera per tutti e tutte!
W il burqa, W i negretti schiavi!
VERGOGNATEVI. Difendete la schiavitù sexxuale e proibite la schiavitù razziale senza capire che funzionano allo stesso modo, CON LA COLLABORAZIONE DELLO SCHIAVO.
VERGOGNATEVI.
Commento in moderazione…
Difendete gli schiavisti e non pensate alle schiave, che sono nate in schiavitù e non conoscono alternative, anzi sono felici della loro schiavitù.
Secondo il vostro ragionamento, ci sarebbe ancora la schiavitù in America: molti schiavi afroamericani erano contenti dei loro padroni, molti erano convinti che la schiavitù fosse voluta dal dio e fosse incontestabile. PERTANTO è stato SBAGLIATO LIBERARLI: dovevano continuare a portare il burqa, ops, le catene.
Beh, infatti quelli che avessero voluto rimanere al servizio dei loro ex “padroni”, perché ormai avevano acquisito la forma mentis del “sottomesso”, avrebbero potuto farlo, per quanto mi riguarda.
Solo che non sarebbero stati più sottomessi per legge, e avrebbero potuto in qualunque momento cambiare idea e mandare a remengo il parassita.
L’importare è dare a ciascuno libertà di scelta, difendere chi denuncia maltrattamenti e abusi, e lasciar vivere quelli che si fanno del male da soli.
hai reso esplicita la contraddizione, ti STRAquoto
hai reso esplicita la contraddizione ti straquoto era per lacrime e sangue, 9 marzo 20.48
Si continua a parlare della necessità di integrazione fra musulmani e italiani di qualunque religione o senza alcuna connotazione di tipo religioso, ma se non si cominciano ad abbattere le barriere come il burqa e il velo , non si fara’ mai passi avanti sulla strada dell’integrazione, gli italiani trovano gradevole il cibo arabo e anche i giovani affollano i locali dove si cucina il Kebab, ma i giovani musulmani non fanno altrettanto verso le nostre paninoteche, forse cominciando a imporre almeno alle donne di non mostrarsi intabarrate e ridicolmente isolate dalla società che le attornia, impedite all’opportunità di dialogare, di mescolarsi con gli altri senza barriere che destano anche diffidenza e creano persino sentimenti di intolleranza. Non considero una mancanza di rispetto verso le donne imporre l’abbandono di tale vestizione, ma un primo aiuto alla loro liberazione, anche perchè in tanti paesi musulmani come in Giordania o in Turchia le donne vestono all’orientale se lo desiderano, ma sono da anni libere di scegliere il loro look , frequentando scuole, università, ambienti di lavoro, Io mi chiedo come può una donna chiusa nel burka accedere alla scuola o entrare in un ambulatorio o in ospedale per un controllo o per delle cure. Purtroppo dove ancora governano col terrorismo i Talebani, le donne sono fantasmi , non hanno la libertà di mostrare le loro sembianze se non al capo di casa, padrone assolutodella loro vita di schiave. Sono convinta che sotto quel tabarro ci sia una creatura fragile , una psiche malata, certo più lacrime che sorrisi.
vestizione, ma
A me piace il kebab. non ho alcuna difficoltà a mangiare mussulmano ma loro non toccano la porchetta. Si può andare a senso unico?
A me dà molto fastidio, personalmente, sentir dire che la liberazione di un individuo può prescindere dalla sua attuale volontà.
Mi puzza tanto di paternalismo, mi ricorda la “vita come bene indisponibile” dei pro-life. Il tuo vero bene lo sappiamo noi, tu sta’ zitto.
In tutte le libertà ci sono dei limiti dovuti, soprattutto, al rispetto per gli altri. Il burqa è un simbolo dell’oppressione maschile sulla donna e, quindi non deve essere consentito.
Seguendo il tuo ragionamento un marito può pestare la moglie o incatenare la figlia al radiatore del riscaldamento ecc.
Tollerare l’intolleranza è intolleranza mentre tolleranza è non tollerare l’intolleranza.
Un simbolo di oppressione (posto che alcune donne ci vedono altro, ma vabbé) non è un atto di oppressione.
Non è nemmeno un incitamento esplicito alla violenza.
È solo l’espressione di un’idea retriva.
Quindi è protetto dal diritto alla libertà di espressione.
Seguendo il tuo ragionamento, sventolare un ritratto di Mao equivale a commettere i crimini delle Guardie Rosse.
E allora, caro Illuminista, fanno bene i preti a piazzare i loro crocifissi ovunque, anche in cima ai monti, loro ci vedono altro e poi non è un incitamento esplicito alla violenza.
E’ solo l’espressione di un’idea retriva….ecc.
Fanno bene?
Credo che su questo argomento sia piu’ importante quello che ne pensano le donne musulmane che aspirano alla libertà dei nostri discorsi teorici.
Saluti. 🙂
Saluti anche a te, ma il paesaggio di montagna è di tutti, un corpo è solo del suo proprietario.
La chiesa può piazzare tutti i crocefissi che vuole, sui propri terreni.
Certo Magar che sei testardo 🙁
Il corpo della islamica NON appartiene alla stessa.
Il corpo appartiene al padre, che può usarlo come vuole: vendendo la figlia ad un marito o uccidendola, picchiandola o lasciandola studiare.
Lui decide come deve vestire.
Quando passa al marito, lui decide come usarla, a letto, in cucina, per strada. E’ il marito che decide come deve vestirsi, come deve parlare, se deve parlare, se deve uscire, cosa deve vedere etc.
La donna non esiste. Il suo corpo non esiste.
Il corpo della donna è un’estensione di quello maschile.
Lacrime, so che tu sei una appassionata fautrice di tutte le esegesi coraniche dei teologi integralisti 😛 ma qui si stava discutendo dal punto di vista del diritto di uno stato liberale, non dal punto di vista della giurisprudenza coranica.
Il corpo di una donna islamica-salafita (cioè, convinta di quell’ideologia) è totalmente suo, anche se lei pensa di no, e lo sottomette interamente al volere del maschio di turno. Però allora è lei a decidere di farlo.
Il corpo di una donna vittima di un maschio-padrone è totalmente suo, e lo stato deve attivare ogni forma di supporto per consentirle di denunciare l’aguzzino e ristabilire la propria libertà.
Una domandina ai (quasi tutti maschi) irrazionalisti sostenitori della “libertà di burka” (cioè della “libertà di oppressione):
e se in Europa arrivano un tot di donne dell’Africa subsahariana,
tradizionalmente abituate ad andare in giro con le tette al vento?
Come la mettiamo (soprattutto se la “moda” prende piede tra le vostre figlie e mogli)?
Seconda domandina:
ma sapete dove vi manderebbero Salman Rushdie e Ayaan Hirsi Ali?
E dove vi manderebbero tutti i membri dell’ISIS, Institute for the Secularization of Islamic Society, Istituto per la laicizzazione delle società islamiche, affiliato a Center For Inquiry, la più grande associazione mondiale di atei e agnostici razionalisti?
Dove vi mando anch’io.
Affangasparri.
In India le donne andavano con le tette al vento, poi arrivarono gli Inglesi e le obbligarono a coprirselo. Regina Vittoria docet.
Di dove mi manderebbero me ne sbatte una cipolla, avrebbero torto. L’ipse dixit non vale nemmeno nel campo della laicità.
Consideriamo l’argomento serio: “Se proibiamo di andare in giro nudi, allora possiamo proibire anche di andare in giro a volto coperto.”
È fallace: nudità e volto coperto non sono sullo stesso piano, la nudità provoca uno shock molto maggiore. Tanto è vero che, nei periodi di Carnevale, è consentito mascherarsi, ma non è consentito denudarsi.
(Infatti il “vero” motivo per cui la gente è contro la copertura del volto non risiede nell’atto in sé, – vedere una persona mascherata non provoca rialzi di pressione alle vecchiette! – quanto piuttosto nel valore simbolico che un’ideologia gli attribuisce.)
@ monsignor Magar Binetti, bieco oscurantista per la “libertà di oppressione”
No comment.
Per inciso, non trovo nemmeno così giusto vietare la nudità, ma questo è un altro paio di maniche…
Prego, ayatollah Ruhollah Moretti Turri, ateo da Champions League, liberticida per la liberazione.
La nudità te la provvoca a te uno shock maggiore, infatti nelle spiagge si può girare in topless ma non per la strada. Ed esistono spiagge naturiste. Ma perché i naturisti devono essere messi in riserve mentre le donne in burqa possano tranquillamente andare ovunque? Perché tu hai deciso che la nudità è più scioccante? No sei di fronte ad una contraddizione mi dispiace magar benvenuto nel club.
Fino ad esso abbiamo resistito abbastanza bene al divieto di passamontagna ma vietare il burqa quello nooooooo diventeremo un regime totalitario. Sono basito.
Per me si potrebbe anche girare col passamontagna, volendo. Non sono libertario a senso unico.
La nudità non provoca shock a me, semmai temo che lo provochi a molta gente. Mentre non credo che la copertura del viso provochi shock emotivo nemmeno a te, altrimenti a Carnevale dovresti sempre svenire, sarai d’accordo con me.
Al più ti inorridisce il suo significato simbolico (anche a me repelle la chiusura ideologica che ci sta dietro, se è per questo), ma è una cosa diversa.
Scusate, ma quanno ce vò, ce vò!
Anche nel cosiddetto campo “laico” e campo “ateo” l’itaglia è mediovale e fatta da tanti, TROPPI itagliani… che magari sono pure itaglianatei (atei di serie B).
I baruba dell’Amazzonia sono culturalmente più avanzati.
Difatti le donne baruba vanno in giro con le tette al vento…
Che te credi…anche io al mare vado con le tette al vento.
@ Stefano Grassino
6 il solito moderato 😉 notare l’occhiolino…
Io sono nudista dal 1967…
chi sono i baruba dell’amazzonia? Uno che vive in amazzonia è automaticamente degno del tuo disprezzo?
pensi di essere razionale ma sei solo razzista
Non vedo dove sta il disprezzo sinceramente poi se non conosci queste usanze evita le etichette moralistiche che è meglio.
@ tutti i ciellin-atei “alla cacciari” (o alla giuliano ferrara?)
protettori del burqa e della “libertà di oppressione”,
una bella lezione (che comunque non capiranno):
Il velo islamico e i valori della sinistra
di Cinzia Sciuto, da MicroMega 5/08
http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-velo-islamico-e-i-valori-della-sinistra/
Si consiglia anche la lettura di
Giuliana Sgrena, “Il prezzo del velo”, Feltrinelli
su su, dai calmati.
la questione di per sé non è mai stata univoca ed è piuttosto spinosa, non è una di quelle cose su cui ci si può schierare senza ombra di dubbio.
prima di qualche mese fa io ero uno di quelli che tu definisci “ciellin-atei” dato che nella mia visione, il divieto avrebbe solo aggiunto altre situazioni difficili alle donne musulmane nei paesi europei. Per questo ero più per la libertà di espressione che non per il divieto.
Solo ultimamente ho preso una posizione diversa, grazie alla lettura di testi vari (tra cui anche forum islamici) e ai dibattiti in merito.
sono contento comunque che l’uaar abbia aggiunto una scheda dove esprime una posizione, considerabile ufficiale, in merito. Ovviamente non significa che tutti vi debbano aderire, ma almeno è uno spunto in più per riflettere.
Passando oltre la consueta bordata di insulti gratuiti, non bapisco quale sia il punto della Sciuto: sì, quelle donne possono avere una visione retriva e persino maschilista della vita.
E allora? Dobbiamo forse proibire l’espressione pacifica di ogni idea reazionaria? Mi deve essere proibito – puta caso – di girare con il cartello “Abbasso la democrazia, abbasso le libere elezioni, viva la monarchia assoluta!” perché ciò rimetterebbe in discussione secoli di lotte civili? Non la penso così.
Ti faccio un esempio. Tempo fa un video sulle Iene ha mostrato la storia di una ragazza in depressione che aveva tentato il suicidio più volte. Qualche giorno dopo il video, questa ragazza è riuscita nel suo intento.
Il video era stato inserito su youtube, ovviamente a fianco dei soliti commenti caustici o di persone che dicevano “dovevano salvarla, perchè l’ha fatto” come se vivessero nel paese delle meraviglie, c’erano persone che sbandieravano l’autodeterminazione e il diritto a suicidarsi se uno vuole farlo.
Qualcuno però dopo ha posto una corretta obiezione. Quanto di quella scelta era sua e quanto in realtà era frutto della depressione (che è una malattia)?
A quel punto, lasciarla fare sarebbe stato ignorare lo stato di malattia della ragazza che probabilmente ha espresso una scelta, che però era sicuramente influenzata (se non proprio dettata) dalla malattia stessa.
Bene, spostiamo l’esempio all’abito integrale mussulmano.
Quante delle donne che vanno vestite coperte possono dire di avere fatto una libera scelta? Hanno mai conosciuto altro? Sono loro che si mettono quegli abiti (anche d’estate!) oppure sono obbligate a farlo? Sono capaci di dialogo o sono in una situazione in cui l’obbligo e il divieto sono strumenti necessari?
Sarebbe opportuno e corretto lasciarle fare in quei casi dove l’autodeterminazione non è assicurata? Perchè alla fine anche la scelta dell’abito integrale potrebbe essere influenzata (se non dettata) dalla religione, dalla cultura, da un marito che ti prende a botte, da un padre che ha fatto lo stesso, da una madre che era coperta o magari dal semplice desiderio di una occidentale di vivere una storia d’amore un po’ diversa dal solito (rapporto slave-master).
Qui non si tratta di abolire espressioni pacifiche di idee reazionarie. Qui si tratta del fatto che se davvero tieni all’autodeterminazione non puoi prescindere anche da questi interrogativi.
Ma la depressione È classificata come malattia mentale, se viene diagnosticata abbiamo una prova solida del fatto che la persona in questione non è nel pieno possesso delle sue facoltà, e quindi siamo giustificati, se le impediamo di portare a termine i suoi progetti suicidi.
Invece quello che proponi tu è come, per fare un paragone, se vietassimo l’eutanasia a tutti, a priori, perché qualcuno potrebbe essere (anche) depresso e chiederla per questo.
L’autodeterminazione di una persona non può essere negata a priori, senza prove specifiche, solo su basi “probabilistiche”.
@ magar, bieco oscurantista
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, dichiarazione che rappresenta il minimo comun denominatore di tutto ciò che chiamiamo civiltà.
Tutto ciò che stà al di sotto di questo minimo comun denominatore, tutto ciò che non riconosce che tutti gli uomini nascono uguali e liberi, tutto ciò che crea discriminazione, può e deve essere considerato barbarie. Non a caso tale Dichiarazione Oniversale non è mai stata sottoscritta da paesi particolarmente incivili, come Corea del Nord, arabia saudita e vaticano. Ed è ampiamente disattesa da paesi culturalmente particolarmente arretrati che pur l’hanno solennemente sottoscritta, come stati uniti d’america, russia, cina, india, irlanda, italia e polonia.
Occorre pertanto aggiornare la famosa frase di Voltaire
“Non condivido la tua idea, ma sono pronto a morire
affinchè tu la possa affermare.”
Ai tempi di Voltaire, dominati dall’assolutismo totalitario, aveva un senso rivoluzionario, ma oggi tale frase appare anacronistica, per non dire stupidamente reazionaria e puerilmente iperdemocraticista.
Chi sarebbe disposto a morire affinchè un nazifascioleghista possa affermare che gli ebrei, i neri, le donne e gli omosessuali sono esseri inferiori ed è giusto che siano discriminati?
Occorre quindi ammodernare al XXI° secolo la frase di Voltaire,
come segue.
“Non condivido la tua idea, ma sono pronto a morire
affinchè tu la possa affermare,
SOLO ed ESCLUSIVAMENTE se tale idea è conforme
alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.”
Bruno Moretti Turri, conferenza “La filosofia di Giordano Bruno e Galileo”
http://uavarese6.altervista.org/galileotx.html
Sissignore, io chi propugna le discriminazioni lo metterei fuorilegge, condannandolo a pulire i cessi degli ospizi tutti i sabati e le domeniche e togliendogli il diritto di voto.
Da calderoli a gentilini, larussa, nazinger, bagnasco, binetti a magar, cacciari e ferrara.
Sono favorevole alla discriminazione dei discriminatori.
Democratico, ateo e anarchico, sì.
Min..ione, no.
In tutte le culture si coprono le “vergogne”, i Baruba o i Bonobo del Brasile vanno in giro poco vestiti perchè: a- fa abbastanza caldo, b- vedono il corpo in modo naturale, con poco da coprire…
In Arabia Saudita, che io sappia, fa molto caldo. Però le donne sono velatissime.
Sarà un caso, ma le società maschiliste sono quelle che coprono di più le donne, tipo, la minigonna era sconvolgente in Europa a suo tempo e vietatissima in sicilia, perchè?
Le società maschiliste che coprono di più le donne, sono anche quelle che ovviamente hanno un maggior numero di molestie sessuali e abusi vari nei confronti di donne (o addirittura bambine)…. uhm… Ma a nessuno qui puzza questo insieme di cose? Nessuno che lo vede stridere alla parola autodeterminazione? E, una cosa, ma nessun pio maschio ha mai indossato un burqa? Un comodissimo e agevole burqa? Come ti muovi sotto un burqa? Come ti difendi se qualcuno ti aggredisce? Con quella roba addosso non riesci nemmeno a scappare, e poi, tanto, vedresti male la strada, perchè con la retina davanti agli occhi, non si vede nemmeno dove si va (infatti le supercoperte sono generalmente obbligate da una legislazione apposita a girare con un parente maschio)
Altro fatto, biologico e naturale: gli umani, come tutti gli animali, si basano spesso su delle percettività immediate, tipo “la simpatia a pelle”, “il colpo di fulmine”…. uhm… ma… se una persona è trincerata dietro un fagotto, come fai a farci amicizia, e a riconoscerla in mezzo a mille altre? Che vedi? Che senti? Che percepisci? Il volto di una persona (di ogni etnia) produce almeno 10.000 microespressioni che manifestano stati d’animo, sentimenti…. e con cui, a volte inconsapevolmente, comunichiamo. Senza faccia, come si fa? Chi è privo della vista cerca comunque di “vedere” le persone, basandosi sul tatto che studia i lineamenti… (assolutamente naturale) sotto il fagotto come si fa? Non è una gran barriera tra un essere umano e l’altro? E a barriera, non ci sono amicizie, non ci si innamora, non c’è la paroletta che passa come la panacea di tutto il male: integrazione
Sprechi fiato.
I filo-burqa = libertà personale non ci sentono da quest’orecchio.
Li hai letti: perfino gli afroamericani potevano restare schiavi se lo “volevano” dopo la Guerra di secessione.
UNO SCHIAVO NON SA COME CI SI LIBERA
UNO SCHIAVO NON CONOSCE LA LIBERTA’ DI SCELTA PERCHè E’ IN MINORITA’ INTELLETTIVA
UNO SCHIAVO E’ SCHIAVO PROPRIO PERCHE’ NON SA DI ESSERLO.
LO RITIENE “NATURALE”.
@ Soqquadro
I bonobo (pan paniscus) sono gli scimpanzè nani e stanno in Congo, NON in Brasile.
Scusa. Volevo scrivere Bororo, non dire di questo incidente di dislessia linguistica in giro, soprattutto al mio docente di antropologia.
Se avessi la sabbia che mi entra in tutti gli orifizi, e se fuori ci fossero 60 gradi e sotto al burka (che pero’ in arabia e’ niqāb) ce ne fossero 40 sinceramente lo indosserei anche io! Non per niente i Tuareg, che di sole e sabbia se ne intendono, vanno in giro vestiti col “burka” tutti, donne e uomini!
Ma l’Italia non e’ il Sahara e le motivazioni tecniche di indossare il burka (o di andare in giro nudi) non sono applicabili per cui NO al burka (e al niqāb). Per il resto sono perfettamente d’accordo con te. A me danno anche un po’ sui nervi gli uomini con la barba e le donne plasticate (che spesso sono senza espressione)
Se è per questo i “baruba” non mi risultano esistere, al più ci sono i BaLuba che costituiscono una delle principali etnie della Repubblica Democratica del Congo.
Soqquadro, trovo anch’io assurda la scelta di piazzarsi addosso uno “scafandro” del genere, ciononostante qualche donna la compie. Se vediamo che ciò non fa male a nessuna terza persona, che diritto abbiamo di imporle la nostra visione del bene?
Ah, e le suore di clausura? Niente “simpatia a pelle”, niente “amore a prima vista” (anzi, niente amore per niente!), niente microespressioni. Nessuna volontà di integrazione con il resto della società. Intendi vietare i conventi di clausura?
P.S. Trattare gli altri individui come minorati intellettuali incapaci di badare a se stessi è la base del paternalismo dei pro-life. Povere donne che abortiscono, non sanno quello che fanno! Poveri malati terminali che chiedono il suicidio assistito, non sanno quello che fanno!
Le suore di clausura?
Ma perchè a te non fa assolutamente ribrezzo l’idea che esista un Dio che ti renda schiavo a tal punto?
Detto questo devo necessariamente prendere atto che esistono….. forse dimentichi i termini della questione: la costituzione è di fatto un atto di pace con la controparte cattolica che per 2000 anni non ha fatto altro che perseguitare il diverso ed imporre la sua visione del mondo (non che abbia smesso, sia chiaro).
In altri termini essa è riuscita ad accettarci, di più ad accettare l’idea stessa del confronto e della mediazione che è “cosa nostra” della nostra radice culturale di non credenti. L’islamico questo non lo accetta….. e non accetta noi. il burqa in questa ottica è solo un aspetto, la punta emergente di un problema più complesso. Rifiutare il burqa, strumento di oppressione della donna, è porre un paletto importante ad una relazione con noi in casa nostra. E’ una relazione che non può che partire dall’accettazione di ciò che noi abbiamo già stabilito, di più, dall’accettazione del confronto stesso. Se poi il tempo vorrà cambieremo ancora i termini dell’accordo e depureremo anche il burqa se gli argomenti a suo favore sapranno convincerci
Magar, non è affatto una questione di paternalismo, ma di individualità, di cui il burqa è la negazione in sè. Il burqa è nato come abbigliamento per le mogli di un principe particolarmente geloso, e già questo dovrebbe avere un significato, infatti nei Paesi ove è usato le donne sono tenute ad essere accompagnate da un uomo di famiglia che è quello che “culturalmente” ci mette la faccia per i loro comportamenti. (Nei Paesi che consideriamo “moderati” lo stesso è vietato per questioni di sicurezza, dato che una donna può almeno arrivare dal verduriere da sola e magari pure rapinarlo).
Una donna burqata chi è? (Che poi, sotto un burqa potresti esserci pure tu, anzichè una donna, e come di fa a dire che è Magar anzichè una donna X?). Metti che in una data strada in un dato momento ci siano 50 burqas, si potrebbe ammazzare tranquillamente qualcuno in pieno giorno, tanto anche chi non volesse essere omertoso non potrebbe dare nessuna descrizione dell’omicida.
O ti faccio un esempio un po’ più pratico, pacifista e concreto: in un supermercato di non so quale piccolo paese si sono levate delle proteste per una signora burqata. Bien, il direttore del supermercato ha subito preso le difese della signora, che andava spesso (ipotesi) lì a fare la spesa con il marito, ed era una cliente abituale. Beh, va da sè che il nostro direttore ovviamente riconosceva il marito, il fagotto accanto poteva essere chiunque altro. Ergo, il signore era un cliente abituale del supermercato, e si sa, i direttori difendono i clienti paganti, e non s’impicciano dei fagotti.
Anche il paragone coi Tuareg non regge perchè sono tribù che cavalcano nei deserti, mentre nelle città dell’Arabia Saudita c’è asfalto, cemento e locali di riparo e ci sono solo donne velate, gli uomini sono a volto scoperto, e non mi pare che i maschi siano più immuni dalla sabbia. E sui conventi, si, sono altrettanto folli, infatti sono luoghi a sè dove le persone sono assolutamente estromesse dal mondo. Cioè fuori dalla società, dai rapporti umani e anche dai vietatissimi colpi di fulmine e amicizie (che poi la natura umana si ribelli e quindi trasportino le stesse cose all’interno delle mura, durante sanzionate quando scoperte è la semplice dimostrazione che sono istituzioni folli). Ora, mi sembra che le donne con burqas non vivano in conventi isolati e asociali, ma in un contesto isolato e asociale. In mezzo a Parigi a Milano o a Rescaldina è del tutto fuori luogo. No?
Una per tutti comunque, perchè i maschi non portano burqas? (Eccetto quando fanno i trafficanti di armi o i rapinatori e usano lo stratagemma per sfuggire ai controlli)
PS: ma il fatto che le femministe dei Paesi islamici (quando possono esistere) si battano per scoprirsi e togliersi i fagotti, non ricorda le femministe degli anni 60-70 che rivendicavano la mini, i pantaloncini, il costume succinto (simbolicamente per altri ed importanti concetti)? E non credere che non ci fossero, allora come oggi, donne accollatissime che lo contestavano. E non suggerisce nulla a nessuno? Più una donna è coperta, meno è libera… il famoso potere patriarcale custode dei corpi delle sue donne. E si che qualcuno in questo posto dovrebbe avere un’età da ricordarsi di tutto questo.