Un saggio di Carlo Augusto Viano, dal titolo “la libertà dalla religione”, è stato pubblicato sul numero 2/2006 del mensile “Micromega”. Il contenuto è ben esplicitato già nel sommario: “Come tutelare i cittadini italiani dalla propaganda religiosa, tramite cui si tenta di spacciare imposture, cioè credenze private, come base accettabile per decisioni pubbliche? Basta rifarsi ai ‘rimedi’ storicamente disponibili, l’inglese e l’olandese? O c’è bisogno di qualcos’altro? La questione – ineludibile – non riguarda la libertà religiosa. Riguarda la libertà senza aggettivi”.
Secondo l’autore, “la libertà religiosa è certamente uno degli indici del grado di libertà di cui gode una comunità”. Ebbene, “la Chiesa cattolica ha sempre considerato la libertà religiosa una forma superiore di libertà, da non mettere sul medesimo piano delle altre libertà civili: per questo ha ridotto la difesa dei diritti umani, che soltanto dall’ultima fase della guerra fredda ha preso ad apprezzare, alla rivendicazione della libertà religiosa, senza intervenire contro la violazione degli altri diritti e anzi appoggiando regimi dittatoriali in proporzione ai margini di libertà che le assicurano. […] La Chiesa cattolica non ha mai neppure inteso la libertà religiosa come libertà per tutte le religioni e ha sempre difeso le proprie posizioni di potere e i propri privilegi dove ha potuto ottenerli. Il presupposto di questo atteggiamento è la tesi che la libertà religiosa autentica è la libertà per la religione vera”.
Viano prosegue con una presentazione delle teorie della libertà vera (che “danno un’interpretazione irenica della libertà, come di un dominio tenuto in ordine da una gerarchia di attività, e celano conflitti e tensioni che possono sorgere tra le libertà, se queste sono intese in modo plurale”), soffermandosi quindi sul rapporto tra individui e ‘agenzie di idee’ (politiche e religiose). “Per le società liberali la presenza di agenzie illiberali è un problema […] Spesso movimenti e partiti politici che agiscono in una società liberale non hanno ordinamenti liberali e la cosa è ancora più comune con le agenzie religiose. Che cosa fare con le agenzie, che operano accanto agli individui, quando non sopra di essi?”.
Difficile, in questi casi, l’applicazione delle regole che tutelano la libertà di espressione degli individui, perché “le agenzie possono configurarsi come minacce per le libertà individuali”. Peraltro, “pare che in questo momento le minacce costituite dalle ideologie non siano le più gravi […] le minacce più preoccupanti vengono dalle religioni”. Trattare del “caso Italia” diventa a questo punto inevitabile. Dopo aver ripercorso due secoli di rapporti Stato-Chiesa, Viano si/ci pone questo problema: “La libertà religiosa, giustamente reclamata in un ordinamento liberale, esige che le Chiese possano liberamente predicare: come si potrebbe impedire al papa o al cardinal Ruini di lanciare fulmini contro l’aborto e di raccomandare un certo tipo di famiglia?” Il vero problema risiede però nella constatazione che “quelle religiose sono preferenze esterne, che riguardano il più delle volte non soltanto i seguaci di una religione, ma anche gli altri” e che “nel mondo cattolico questa pretesa è aggravata dal fatto che la Chiesa tende a sostenere le proprie richieste appellandosi alla «ragione naturale», che dovrebbe essere indipendente dalle credenze religiose”.
Secondo l’autore, “i rimedi storicamente disponibili nei confronti delle religioni sono di due tipi. Uno è il modello classico della tolleranza religiosa, collaudato in Inghilterra a partire dal Seicento, nel quale le Chiese non possono esercitare coazioni neppure sui propri membri”. Il secondo invece nacque in Olanda, all’interno della Chiesa riformata, nella controversia tra rimostranti e controrimostranti. Lì le autorità politiche “cercarono di applicare quello schema in una versione particolare, arrogandosi il potere di proibire le prediche e le dispute pubbliche”: in sostanza, “una forma di tolleranza autoritaria e protettiva”, ripresa in parte dallo Stato francese, ma che sembrerebbe di difficile applicazione nei tempi nostri. “Il pluralismo religioso, quando c’è, può essere un buon antidoto alle pretese delle religioni, ma soltanto se un ordinamento esterno alle Chiese impone un regime di concorrenza religiosa, perché i gruppi religiosi di solito non apprezzano il pluralismo in quanto tale”. Deve esserci quindi “qualcosa di esterno alle comunità religiose che tuteli i cittadini dalle religioni, i credenti come i non credenti”.
Viano formula l’ipotesi che si potrebbe applicare “una «versione minore» della tolleranza protettiva all’olandese. Anziché sui temi e sui modi della propaganda religiosa si può intervenire sui luoghi nei quali la propaganda viene esercitata. I predicatori devono poter liberamente rivolgersi a tutti, credenti e non credenti, nei luoghi deputati al culto”, mentre negli spazi pubblici “devono accettare di poter essere contraddetti. Invece i cittadini devono essere tutelati dalla predicazione religiosa nei luoghi nei quali sono costretti a recarsi per l’esercizio di qualche funzione”. Ad esempio se ai volontari del Movimento per la Vita fosse consentito di agire nei consultori, ma il concetto “potrebbe essere esteso alla scuola e all’esibizione di simboli religiosi in luoghi pubblici”.
L’ultimo capitolo del saggio si richiama non casualmente a un “programma culturale”: quello di Ruini, che è riuscito a rendere più accomodanti giornalisti, politici e intellettuali. Ma anche quello che servirebbe alla cultura indipendente, che “dovrebbe avere il coraggio di dire che credenze private proposte come base per decisioni pubbliche sono imposture; e le imposture possono essere propagandate, ma senza costringere nessuno a subire la propaganda […] Pretendere di essere difesi dalla propaganda religiosa indebita significa anzitutto riconoscere che quella religiosa è propaganda e impegnarsi a smascherarla come tale, mettendone in luce i presupposti gratuiti e surrettizi”, frutto di “un sapere fittizio” e ispirati “a precetti attinti da libri pieni di falsi. È ora di dirlo”.
Il testo integrale del saggio di Carlo Augusto Viano è stato pubblicato sull’ultimo numero di MicroMega