Vera Pegna*
“Il modo di concepire e di strutturare gli spazi pubblici ha un impatto decisivo sulla formazione delle identità religiose e culturali, sulla creazione dei rapporti interreligiosi e interculturali e sul contributo che tali identità possono offrire alla cittadinanza democratica e plurale. L’inclusione e la coesione sociale dipendono fortemente dalla misura in cui gli spazi pubblici forniscono ai diversi gruppi sociali, culturali e religiosi eque possibilità di esprimere le loro concezioni e stili di vita e di dimostrare il loro senso di appartenenza. L’esistenza di uno spazio pubblico dove le diverse identità politiche e religiose si sentano a casa propria è essenziale per la costruzione della cittadinanza in una società plurale” (Presentazione del Religare Project, promosso dalla Commissione Europea)
A proposito dell’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici, desidero rispondere alla domanda posta dall’OSCE: Quali sono i diversi modelli adottati nell’area OSCE? Il modello adottato in Italia, ma anche in altri paesi membri quali, per esempio, la Polonia e Malta, consiste nell’esporre il crocifisso in tutti gli edifici pubblici, comprese le scuole e, laddove è possibile, anche negli spazi pubblici aperti quali cimiteri, stazioni ferroviarie, cime di montagne.
L’UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti – socio italiano della FHE – ha dato il suo pieno appoggio alla Signora Soile Lautsi, una madre che si è rivolta ai tribunali italiani affermando che la norma amministrativa italiana che dispone l’esposizione del crocifisso in tutte le aule scolastiche – norma che risale al tempo di Mussolini quando la religione cattolica era la religione dello stato – viola il diritto dei genitori di “assicurarsi che i propri figli siano educati conformemente con le proprie convinzioni religiose e filosofiche” (articolo 2 del Protocollo 1 della Convenzione). Inoltre la signora Lautsi ha sostenuto che la presenza del crocifisso nelle aule utilizzate come seggi elettorali era già stata considerata una violazione del principio della laicità dello stato, che la loro esposizione era “una violazione del principio di laicità” nonché “una violazione del principio di imparzialità della pubblica amministrazione”. Dopo una lunga battaglia presso i tribunali italiani, la signora Lautsi ha sottoposto il caso alla Corte europea per i diritti umani.
La decisione della Corte di Strasburgo dello scorso novembre (Lautsi v.Italia) ha sostenuto il principio della neutralità dello stato rispetto alle convinzioni religiose e filosofiche – ovvero il principio di laicità. Tale principio viene progressivamente riconosciuto da istituzioni nazionali e internazionali e dalla stessa Corte di Strasburgo come il modo migliore – o forse persino unico – atto a garantire a tutti la libertà di religione. La laicità intesa come imparzialità o neutralità non è ostile alla religione ed è totalmente compatibile con il pieno esercizio dei diritti garantiti dall’articolo 9 della Convenzione europea. Tuttavia il governo italiano ha presentato ricorso sostenendo che la croce era diventata uno dei valori laici della costituzione italiana e rappresentava i valori della vita civile. All’appello si sono associati i paesi seguenti: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Principato di Monaco, Romania, Russia e San Marino. Siamo in attesa del giudizio definitivo della Grande Camera.
La reazione indignata dei leaders politici italiani davanti al giudizio della Corte è stata pressoché unanime.
Il ministro della difesa Ignazio La Russa ha sproloquiato per quattro minuti alla televisione, insultando e oltraggiando tutti coloro che si oppongono alla presenza dei crocifissi nelle scuole pubbliche, compresi i giudici della corte europea.
La ministra della gioventù Giorgia Meloni ha dichiarato: “Sono stufa di vedere burocrati europei che stanno lì a sindacare se si possa appendere un crocifisso nelle scuole e la maggioranza degli italiani lo vuole e questo vale anche per uno stato laico. Se qualcuno si offende, consiglio di prendere in considerazione l’idea di andare a vivere da qualche altra parte del mondo”.
Il ministro degli affari esteri, Franco Frattini, ha detto: “Non possiamo accettare che il Tribunale di Strasburgo ci tolga i crocifissi dalle scuole. E’ un principio non negoziabile. Se iniziamo a svenderlo ci incontreremo con la difficoltà anche di costruire le chiese per paura di offendere qualcuno”. Una difesa talmente acrimoniosa dei simboli religiosi appartiene a una cultura che disconosce i principi fondamentali dei diritti umani e che spesso finisce con l’esprimere incitamento all’odio. Quindi non sorprende che il ministro Frattini scriva su L’Osservatore romano, il quotidiano del Vaticano, che “l’ateismo, il materialismo e il relativismo sono fenomeni perversi caratterizzati da fanatismo e intolleranza che minacciano la società e che vanno sconfitti con l’alleanza fra cristiani, musulmani ed ebrei”.
In Italia e in altri stati membri dell’OSCE dove – sebbene in misura diversa – la Chiesa cattolica occupa una posizione dominante, la presenza del crocifisso è solamente uno dei numerosi sintomi della pervasività delle gerarchie vaticane nella vita quotidiana. Le reti televisive pubbliche e private ci mostrano il papa e altri membri del clero con la stessa frequenza del primo ministro; le madonne piangenti e i miracoli di padre Pio vengono annunciati quali fatti oggettivi che meritano la stessa attenzione di uno sciopero dei metalmeccanici. La tv informa che papa Benedetto esige dai farmacisti di astenersi dal vendere la pillola del giorno dopo, nonostante che per legge siano tenuti a consegnare i medicinali prescritti dai medici. Dunque il messaggio che viene trasmesso dalla televisione pubblica italiana è che le istruzioni date dal papa sono al di sopra della legge.
Questi esempi dimostrano che è sbagliato esaminare la presenza del crocifisso negli edifici pubblici facendo astrazione del contesto generale in cui ciò avviene. Questa e altre simili consuetudini che discriminano i cittadini e li rendono disuguali davanti alla legge esistono quando la separazione della chiesa dallo stato è offuscata al punto di violare lo stato di diritto e gli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia. Valga per tutti il Documento conclusivo di Vienna, con il quale gli stati s’impegnano a:
(16.1) …assicurare l’uguaglianza effettiva fra credenti e non credenti;
(16.2) favorire un clima di reciproco rispetto e tolleranza fra i credenti delle diverse comunità nonché fra credenti e non credenti.
Una riflessione particolare merita la presenza del crocifisso nelle scuole e l’effetto che esso può avere, in particolare sui bambini piccoli. Quando un bambino va a scuola, ma già all’asilo, vive – pur senza saperlo – il suo primo rapporto con un’istituzione pubblica. Se l’accoglienza che verrà riservata ai bambini consentirà a tutti di sentirsi a loro agio tanto da esprimere la propria personalità nel modo di vestire e di mangiare, se tutti saranno incoraggiati a condividere la propria cultura con gli altri, ciò concorrerà a determinare il sentimento di inclusione o di esclusione rispetto al loro gruppo di età e, più tardi nella vita, rispetto alla società nel suo insieme. Tale esperienza contribuirà a formare la loro idea di uguaglianza, dei diritti di cittadinanza e di una società pluralista.
In Italia, la presenza immancabile del crocifisso nell’atrio della scuola, nella classe, nei corridoi, nella sala da pranzo (è il caso, per esempio, della scuola materna del mio nipotino a Roma) trasmette il messaggio che questa scuola è cattolica e, dato che si tratta di una scuola statale, significa che lo stato promuove la religione cattolica. Se questa è la religione del bambino, egli si sentirà nel suo ambiente famigliare e si sentirà “più uguale” dei bambini che seguono altre religioni o che non ne hanno nessuna e penserà di avere il diritto di escluderli, se lo desidera. Gli altri bambini si sentiranno meno accolti, meno a loro agio. Accetteranno di avere meno diritti poiché la scuola vuole che sia così. Accetteranno di essere discriminati perché la discriminazione stabilita dallo stato sembrerà loro legittima. Insomma, l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici è una questione complessa e con numerose ramificazioni.
Se la sentenza della Grande Camera di Strasburgo dovesse venire incontro in qualsiasi modo al ricorso del governo italiano, ciò costituirebbe un colpo devastante al progresso costante compiuto negli ultimi anni per mettere fuori legge ogni discriminazione fondata sulla religione o la convinzione. Inoltre, comprometterebbe il diritto di essere liberi da ogni imposizione religiosa di quella ampia ma spesso invisibile minoranza, così spesso trascurata, composta da chi sceglie di vivere senza religione e la cui voce è debole perché, per definizione, la non credenza è moderata e rari sono i toni striduli a favore della scienza e della ragione.
* Socia UAAR e rappresentante della Federazione Umanista Europea presso l’OSCE. Il testo è la traduzione dell’intervento effettuato alla sessione dell’OSCE su Libertà di religione e di convinzione, Vienna, 8-9 dicembre 2010
Mi sembra un ottimo intervento.
Speriamo che l’imminente decisione della Grande Chambre porti un pò di luce in questa nostra “oscurata” nazione…
Sarebbe comunque bene promuovere una proposta di legge che prevedesse l’esposizione dell’emblema della Repubblica all’interno di tutte le sedi pubbliche, e inibisse nelle stesse sedi l’esposizione promozionale (o “celebrativa”) di simboli identitari di orientamenti politici, religiosi o filosofici.
d’accordo, il tema è complesso, ma il crocifisso dalle scuole pubbliche va tolto, poiché diventa una distrazione ed un orpello ideologico ingiustificato in un luogo scolastico di istruzione pubblica che deve considerare l’esistenza del fenomeno religioso, di tutte le religioni, ma senza farsi condizionare dalla tendenza discriminatoria presente nelle religioni, siano esse maggioritarie o minoritarie.
Forse che i principali risutati e conquiste delle scientifiche sono appannaggio della maggioranza della popolazione?
Certo che no, e quindi anche le religioni minoritarie siano riconosciute, e non si favorisca nessuno in particolare a causa della sua appartenenza religiosa.
Per questo ci sono le parrocchie e le chiese che già svolgono questo ruolo, e non certo a proprie spese, ma avvalendosi di finanziamenti pubblici.
Lo spazio didattico e pubblico va liberato dai simboli religiosi.
corrige per la frase qui sopra:
Forse che i principali risutati e conquiste scientifiche sono sempre state appannaggio della maggioranza della popolazione?
Certo che no, e quindi anche le religioni minoritarie siano riconosciute, e non si favorisca nessuno in particolare a causa della sua appartenenza religiosa.
bellissimo articolo
sul ricorso dell’Italia, purtroppo credo che verrà accolto
sono pessimista in merito e non mi faccio false speranze
i tempi non sono ancora maturi, il crocifisso verrà tolto, tra 5-10-15 anni
dubito che ciò possa accadere fino a quando almeno una piccola parte del mondo politico non sosterrà questa causa
Se la Grande Camera dovesse accogliere il ricorso, affermando cioè che soltanto i cattolici possono esporre i loro crocifissi negli uffici pubblici, questo equivarrebbe ad affermare che sarebbe altrettanto giusto che solo i “bianchi” e gli ariani possano entrare nei locali pubblici, mentre i “negri”, gli ebrei e i rom dovrebbero rimanere fuori. Si tratterebbe di una pronuncia talmente devastante da farci precipitare ai tempi in cui veniva praticato il razzismo nazi fascista (e non solo).
Che i giudici della Corte europea possano essere ignoranti (o venduti) al punto tale da accogliere l’aberrante ricorso dello Stato di Vaticalia mi sembra un’ipotesi fantascientifica.
Ed è assai illuminante la circostanza che quasi TUTTI i media di Vaticalia abbiano taciuto la notizia circa l’imminente deposito della sentenza, cioè della legnata che prenderanno.
Accolgo con rispetto l’ardore con cui il giudice Tosti esprime le proprie valutazioni in riferimento all’imminente sentenza.
Non sono, però, molto persuaso dell’argomentazione addotta:
come il giudice ben sa, anche per esperienza personale ;), ciò che viene opposto non è il carattere religioso-cattolico dell’oggetto crocifisso, ma il suo presunto valore storico-culturale. Sappiamo che questa _non_ è la considerazione del giudice, e di molti altri in Italia e all’estero.
Nondimeno, non è da escludere che la Grande Camera possa accogliere il ricorso del “nostro” Stato. E ciò non vorrebbe automaticamente significare che i giudici siano ignoranti o venduti.
Tosti impeccabile come sempre… 😉
Concordo con lei; mi sembra troppo grossa la accettazione del ricorso dello Stato Italiano, con una motivazione chiaramente strumentale per di più; però non mi sento tranquillissimo. Certo che gli agit-prop del Vaticano hanno alzato la cresta, con prudenza e discrezione sempre decrescente.
La mia solidarietà a lei, ns onore.
In questo momento l’italia è molto debole politicamente. Forse proprio per questo i giudici saranno più sereni nella decisione.
p.s. perchè continuate a scrivere chiesa cattolica con le iniziali maiuscole?? Non li merita!!!
😉
Suggerisco di abbandonare l’espressione ‘luoghi pubblici’ in favore del più appropriato ‘luoghi istituzionali’ dato che in più occasioni ho visto i fanatici lamentarsi che anche le strade e le piazze sono luoghi pubblici e di questo passo si vieterà anche di esporre le croci sulle chiese in quanto luoghi pubblici. Certa gente sembra possedere un dono speciale per equivocare e approfittare di ogni ambiguità linguistica, non prestiamo il fianco ed eviteremo tediose spiegazioni circa le differenze tra una strada ed un aula (scolastica, consigliare o di tribunale).
@Roby GOD non sono del tutto d’accordo però, nell’intervento di Vera si parla (giustamente) di luoghi pubblici proprio perchè a mio avviso si devono ritenere anch’essi facenti parte dello stesso discorso.
sicuramente non dev’essere presente in un luogo istituzionale, ma sinceramente trovo sbagliato anche che un crocifisso sia esposto su una cima montana o in un parco; se è un parco tuo privato sei libero di metterci quel che vuoi, se è un parco pubblico, ossia aperto a te cristiano, a lui ebreo e a me ateo…beh allora togli qualsiasi simbolo
In effetti il problema riguarda gli “uffici pubblici”, e non i luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Però mi pare che il problema riguardi anche i luoghi aperti. Non capisco perchè riempire di croci le cime delle montagne che sono di tutti.
Cosa diversa la Chiesa che essendo un edificio di culto, e come tale non di tutti, è normale che abbia su la croce.
io ho appeso il crocifisso alla catenella del wc del bagno di casa mia. Sono in regola?
…dopotutto quando sono costipato prego… …prego d’esser liberato dal male…
Ragazzi, spero tanto di sbagliarmi, ma qualche pessimistico timore non riesco a togliermelo.
Invidio l’ottimismo dell’amico giudice Tosti.
Max anche se la sentenza fosse favorevole alla laicità per l’Italia significherebbe:
opzione A
un’altra multa astronomica da pagare alla UE e il varo di leggi sempre più stile sharia-catto-salsa
opzione B
uscita dalla UE e ritorno immediato al ventennio o peggio.
Max, don’t worry…be happy! 😉
Ottimo articolo, lo condivido in pieno.
In ogni caso si deve vietare l’esposizione del cadavere con chiodi e spine perchè a me fa semplicemente vomitare.
Una croce asettica come quella delle farmacie non mi dà nessun problema, ma ancora non vedrei motivo per esporre un simbolo simile in un ufficio pubblico… ricorderebbe la cassetta del pronto soccorso…
e comunque è roba legata ad affari tristi e mortuari… meglio farne a meno, anche per i credenti.
In ogni caso, ottimo intervento, approvo e tengo le dita incrociate… anzi, stringo i pollici come i tedeschi…
La domanda fondamentale è: dopo, che fare?
Se il pronunciamento sarà contro il crocifisso nei luoghi istituzionali, cosa fare?
Se invece sarà a favore, cos’altro?
Qual è il compito della donna/dell’uomo ravveduto dinanzi a questi eventi?
La domanda è proprio questa!
E sarebbe bene chiarirsi le idee prima della sentenza.
Clonate Vera Pegna e dategli almeno la metà delle poltrone del Parlamento italiano!!
Un articolo entusiasmante che aiuta oltremodo a vedere le cose con l’ottimismo necessario. 😉
Bellissimo l’articolo di Vera Pegna, ho voluto leggere e aspettare prima di commentare l’argomento, ed esso si sta facendo molto caldo in Europa, l’Ue stessa non è giunta ad alcun accodo sul testo della mozione sulle libertà religiose, è saltato il testo e rinviato al prossimo consiglio europeo.
La Francia e il governo catto-talebano vaticaliano sono rimasti delusi e non son riusciti ad ottenere quel che volevano, segno che il resto dell’Europa ha tutt’altra concezione delle libertà religiose.
Queste frasi osno la chiave di lettura dell’iniziativa dell’UAAR, su cui si è dibattuto fino ad ora:
“La decisione della Corte di Strasburgo dello scorso novembre (Lautsi v.Italia) ha sostenuto il principio della neutralità dello stato rispetto alle convinzioni religiose e filosofiche – ovvero il principio di laicità. Tale principio viene progressivamente riconosciuto da istituzioni nazionali e internazionali e dalla stessa Corte di Strasburgo come il modo migliore – o forse persino unico – atto a garantire a tutti la libertà di religione. La laicità intesa come imparzialità o neutralità non è ostile alla religione ed è totalmente compatibile con il pieno esercizio dei diritti garantiti dall’articolo 9 della Convenzione europea.”
La CEDU si è già espressa con una sentenza molto chiara, era solo perchè ci fu un ricorso catto-talebano dei governi crocifissori a farci aspettare il verdetto finale.
La CEDU ha parecchie sentenze ancora da emettere su moltissimi casi e sempre più sono di ordine religioso, perchè questo argomento assorbe parecchio lavoro a Strasburgo? Beh, lopotete immaginare, c’è una vera lotta tra un passato che rivendica le radici cristiane dell’Europa e il presente che vuole far rispettare i principi laici, e in queste lotte, oserei dire ci diviltà.
I sudditi politici delle radici cristiane abusano dei loro ruoli istituzionali, che dovrebbero invece essere laici e neutrali verso qualsiasi religione, come han fatto i paesi che han sostenuto il ricorso del governo vaticaliano.
L’Europa è anche impegnata nelle questioni estere delle crisi del Nord Africa e Mediorientali, quindi, la mozione sulla difesa dei cristiani non è per il momento una priorità, anzi al momento della decisione l’UE rimanda sempre la decisione al altre date da destinarsi, è successo e succederà anocra.
Complimenti a Vera Pegna.
Vorrei ricordare la distinzione fondamentale fra pubblico e privato. Il privato è tutto ciò che mi appartiene e dove sono libero di comportarmi come credo. E luoghi privati sono anche la chiesa, il cinema, il sindacato dove mi riunisco con chi mi pare. Tutto il resto è res pubblica, ovvero appartiene allo stato quindi a tutti in modo uguale: dalle strade ai tribunali, dalle cime delle montagne alle scuole. Si tratta dei luoghi dove tutti i cittadini, senza distinzione alcuna, hanno (o dovrebbero avere) gli stessi diritti. Dunque l’esposizione permanente di un simbolo religioso in un luogo pubblico costituisce un’indebita occupazione la quale, se non impedita dalle istituzione preposte a salvaguardare l’uguaglianza dei cittadini, si trasforma in un privilegio. E simili privilegi, oltre a discriminare i cittadini che non vi si identificano, sono il migliore indicatore del mercimonio fra autorità statali e religiose.
Sono d’accordo di fare una distinzione fra edifici pubblici (luoghi istituzionali) dove lo stato svolge dei servizi a beneficio di tutti i cittadini: istruzione, sanità, giustizia e spazi pubblici quali piazze, montagne, ecc. La presenza di simboli religiosi negli edifici pubblici implica la volontà, quindi la responsabilità diretta delle autorità, mentre nel caso della loro occupazione permanente di uno spazio pubblico la responsabilità dell’autorità statale è indiretta. Trovate un bel articolo a questo proposito su:
http://www.cronachelaiche.it/2011/01/croci-in-montagna-ovvero-come-marcare-il-territorio/
Penso che allo stato attuale il modo migliore per combattere la “crocifissione” delle sedi pubbliche sarebbe, come accennavo, quello di promuovere l’uso dell’emblema della Repubblica, proponendo una legge di iniziativa popolare che ne obbligasse l’esposizione in tutte le sedi pubbliche, vietando, al contempo, l’esposizione di simboli identitari di partiti o movimenti politici e di enti promotori di culti religiosi o di orientamenti filosofici.
L’emblema della Repubblica (quello con la stella, la ruota dentata e i rami di ulivo e di quercia) riassume bene tutti i valori della Costituzione, e la sua promozione potrebbe raccogliere il consenso anche di tutti coloro che difendono il principio di unità dello Stato, contro gli aneliti separatisti della Lega, e contro abusi come quelli di Adro (vedi la scuola pubblica marchiata con il “sole padano”).
Tra l’altro l’emblema della Repubblica fu disegnato da un valdese, e bisogna dare atto che la chiesa valdese ha oggi il grande merito di essere in prima linea nell’attiva difesa del principio di laicità dello Stato.
Una proposta di legge di iniziativa popolare come quella sopra delineata incontrerebbe sicuramente il “black out” dei media di regime, ma considerando che anche molti cattolici riconoscono l’inopportunità e la prevaricazione insita nella semina di crocifissi nelle scuole pubbliche, nei tribunali e nei seggi elettorali, potrebbe comunque agitare le acque torbide del clericalismo e portare molti consensi all’UAAR.
Non ho il piacere di conoscere la Signora Vera Pegna, ma da quanto scrive deduco che è una persona di tutto rispetto, non vedo come non si possa essere d’accordo con le posizioni da Lei espresse, a meno che non si è condizionati da pregiudizi e fantasie religiose.
Beh, esistono persone che nell’analisi non sono d’accordo, pure approvando la battaglia per la laicità. Per esempio in mailing list, ma non li pubblico perché non sono miei interventi.