Si sono svolte nella gremita cattedrale di San Cristobal de las Casas, in Chiapas, Messico, le esequie del vescovo Samuel Ruiz Garcia, scomparso all’età di 86 anni il 24 gennaio scorso. Esattamente un anno prima, il 25 gennaio 2010, nella stessa cattedrale, Ruiz aveva festeggiato il cinquantesimo di sacerdozio. Era stato nominato vescovo di San Cristobal da papa Giovanni XXIII, a soli 35 anni, e rimarrà in quella diocesi fino al 2000, quando per raggiunti limiti di età, verrà pensionato, rimanendone vescovo emerito.
Insieme a Oscar Romero, Hélder Camara, Raúl Silva Henríquez, Leonidas Proaño – tutti scomparsi prima di lui – è stato probabilmente uno degli ultimi vescovi latinoamericani che hanno fatto della teologia della liberazione il perno del loro impegno pastorale, in controtendenza rispetto all’opera ‘normalizzatrice’ del Vaticano che ha privilegiato vescovi conservatori e ha premiato con il cardinalato quelli più avversi a quell’indirizzo teologico e vicini a movimenti come l’Opus Dei, come il card. Lopez Trujillo (anch’egli scomparso di recente), il card. Lozano Barragán e il card. Castrillón Hoyos, solo per citare quelli più famosi.
Vezzeggiativi ed epiteti con cui Samuel Ruiz veniva chiamato si sono sprecati: dai più affettuosi come quello usato dagli indios Tatic – cioé ‘Padre’ – a ‘vescovo degli indigeni’, ‘padre della chiesa latinoamericana’ – così la rivista Concilium – fino a quelli più ingiuriosi come obispo rojo – ‘vescovo rosso’ – od ‘ispiratore di una teologia della violenza’ o ‘capo dei rivoltosi’.
A portare alla ribalta Ruiz, oltre all’elaborazione di una teologia ‘indigenista’ rispettosa dei costumi e della lingua locale e favorevole all’uscita dall’apartheid imposto agli eredi dei maya, fu la sua opera di mediatore, dal 1994 al 1998, tra il governo messicano del presidente Zedillo e gli insorti dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale del subcomandante Marcos, attraverso la Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai), prendendo parte alla firma, il 16 febbraio del 1995, degli Acuerdos de San Andrés, poi completamente disattesi dal governo.
Accusato dal governo federale di essere colluso con gli insorti, scampato a due attentati, Samuel Ruiz continuò nella sua opera di fondazione di una Chiesa autoctona e nella sua pastorale e divenuto troppo ingombrante per il Vaticano, da Roma decidono di ‘commissariarlo’ affiancandogli un vescovo, Raul Vera Lopez, che però delude le aspettative e diventerà il suo braccio destro; ciò gli costerà la mancata successione alla diocesi, quando raggiunti i 75 anni, Ruiz viene ‘confinato’ nella lontana diocesi di Queretaro, continuando a fare da portavoce agli indios e lavorando al Centro dei diritti umani Fray Bartolomé de las Casas, da lui fondato nel 1988, grazie al cui lavoro ricevette numerosi riconoscimenti e persino una candidatura al Premio Nobel per la Pace.
Appresa la scomparsa di Samuel Ruiz, il subcomandante Marcos, leader zapatista, ha voluto ricordare la sua figura, interrompendo un lungo silenzio. Nel comunicato firmato dallo stesso Marcos e dal ‘tenente colonnello Moises’ si legge, tra l’altro: ‘L’opzione per i poveri non muore con dom Samuel. Vive e agisce in tutto quel settore della Chiesa Cattolica che ha deciso di essere coerente con quello che predica’.
Ruiz amava ripetere: ‘ Continuano a chiedermi della teologia della liberazione. Ma io dico loro, che non esiste un’altra teologia. Non c’è una teologia dell’oppressione. Cristo non è venuto forse a liberarci?’.
Il destino ha voluto che la sua morte avvenisse sotto il pontificato di Joseph Ratzinger, che da prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede, ha scritto le due istruzioni – Su alcuni aspetti della teologia della liberazione e Libertà cristiana e liberazione – che condannano senza appello la teologia uscita da Medellin.
Stefano Marullo
“non esiste un’altra teologia”. Che viva il ricordo di Ruiz Garcia, uomo e cristiano degno di rispetto.
‘Continuano a chiedermi della teologia della liberazione. Ma io dico loro, che non esiste un’altra teologia. Non c’è una teologia dell’oppressione.’
un po’ come quando parlano di sana laicità: c’e’ solo laicità, o laicismo, che e’ la stessa cosa, e che non e’ affatto una parola avvelenata come invece diventa laicità con quel “sana” davanti
Dopo averlo emarginato in tutte le maniere, non passerà molto che la stessa santa egglesia lo porterà come esempio e lo farà santo.
(Beh un prete è sempre un prete, anche Don Gallo è simpatico, ma sono sempre gli alleati di Voldemort.)
Ma non dispiaceva a Marcos, quindi non sarà stato proprio una schifezza.
RIP
Anche io saluto l’uomo e il militante.
Sui preti democratici e dissidenti e la loro funzionalità alla CCAR abbiamo le nostre riserve, ma credo che sia difficile negare che se quasi tutto il Sud America è uscito dal periodo buio delle dittature clerico fasciste e presenza forme di democrazia anche sociale impensabili ai tempi di Wojtyla che appoggiava i nemici del sandinismo, Pinochet, Videla &co una parte di merito sia anche di questi cattolici della liberazione.
Il popolo sudamericano ha un forte sentimento religioso e ha saputo trasformare questo sentimento in un’istanza sociale, contrariamente a quel che avviene qua.
Il problema è che i preti dissidenti nostrani non hanno le stesse possibilità perchè gli italiani sono religiosi nella forma e conservatori nella sostanza, per cui la religione in nessun modo potrebbe produrre spinte di quel livello.
Ma a me non dispiace che ci siano, anche se so che molti non saranno d’accordo, perchè sempre meglio avere qualche sponda alle nostre istanze anche tra le file del nemico piuttosto che non averne e avere preti spretati che non contano più nulla a livello di opinione pubblica perchè è proprio l’essere preti (dissidenti) che li caratterizza.
Se poi un giorno li riadatteranno per mostrare un volto più democratico, beh…sta alla memoria di noi anticlericali s p u t t a n a rli in questo giochetto…tanto se non ci fossero stati non avrebbero nemmeno bisogno di riadattarli, giacchè noi atei/laicisti e chi più ne ha più ne metta per loro non contiamo nulla.
Meglio un prete dissidente che un ateodevoto a parer mio.
Sottoscrivo il tuo intervento. Posso solo augurarmi che aumentino sempre più uomini come Ruiz Garcia.
“Meglio un prete dissidente che un ateodevoto a parer mio.”
Concordo ed aggiungo: meglio un grand’uomo come il vescovo Samuel Ruiz Garcia che un’ateo indolente.
Inoltre sostengo che il non riconoscere i meriti “dell’avversario” vuol dire essere ottusi e l’ottusità è un’aspetto della vita contrario alla razionalità.
anche un con l’apostrofo è contrario alla razionalità
@ Alberto.
No, è solo contrario alla grammatica. Un errore da matita rossa, via.
Invece, iniziare i periodi SENZA la lettera maiuscola (come il tuo) è un errore un tantinello più grave, e anche finirli SENZA il punto.
Così, tanto per mettere a te i puntini sulle i….
Non avevo mai sentito parlare prima d’ora di questo vescovo (ammetto la mia quasi totale ignoranza sugli uomini e le situazioni di cui si parla, forse in parte scusabile con la mia età), però dall’articolo mi pare di capire che fosse un grande uomo, meritevole di rispetto.
E’ stato pur sempre un rappresentante della superstizione, ora che è morto la sua eredità in ogni caso, come con Romero, Rosmini ecc. passerà alla ccar.
Non ci vedo nulla di positivo nella sua figura, ha perpetuato sempre la superstizione.
Bando ai facili moralismi e piagnistei, ha pur sempre lavorato per una organizzazione il cui operato è ampiamente negativo e questo non va mai dimenticato.
Bismarck
La tua è una posizione che ha le sue ragioni, ma che a mio avviso risente di un’impostazione di base viziata da un certo manicheismo che tende evidenziare un solo punto della questione.
1) Sì, il cattolicesimo è fondamentalmente una superstizione. Tendo però a distinguere chi propaganda questa superstizione con consapevolezza e per trarne profitto e chi ci crede lui stesso in buona fede e da questa superstizione riesce a trarre spunti di miglioramento sociale. Ruiz credo sia indiscutibile che appartenga alla seconda fascia.
2) Si tratta il Sud America e i suoi abitanti come fosse l’Europa o l’Italia. Se in alcuni posti una superstizione produce movimenti sociali come questi vuol dire che in certi contesti è una superstizione meno pericolosa per l’umanità, oppure che anche le superstizioni possono non prendere vie reazionarie.
3) La tua posizione, per inciso, non è in linea con l’UAAR la quale non è interessata a distruggere la superstizione ma evitare che i capi e gli adepti di questa superstizione godano di privilegi statali e discriminino di fatto tutti gli altri. Volesse ditruggere la superstizione e non evitare che essa goda di privilegi immotivati avrebbero ragione i clericali che ci accusano di estremismo e intolleranza. I membri della teologia della liberazione sono nemici dei privilegi clericali.
4) Domanda fondamentale: avrebbe potuto costui contribuire meglio al bene del suo Paese uscendo dalla CCAR? A me pare di no e pare di no anche agli indios e agli zapatisti che più di me e te hanno il polso della situazione.
5) Il rischio che la CCAR ne strumentalizzi i meriti è strettamente correlato alla mancanza da parte di noi laicisti di evidenziare attraverso queste figure le contraddizioni della CCAR stessa. D’altronde lo stesso gioco lo tentano con tutti, anche con gli atei: ormai anche Marx e Nietzsche, Leopardi ta tempo anche più lungo, sono stati in certo qual modo edulcorati nel gioco tipico della chiesa di musei f i c are il passato per negargli una continuità col presente, ed è qua che la si può contrastare sul piano dialettico e informativo.
Per questi motivi una valutazione positiva di questa persona non è un moralismo facile nè un piagnisteo, ma la constatazione che anche tra i nostri avversari ideologici esistono persone di pregio. Con tutte le riserve del caso, ma anche con una certa elasticità.
Faranno come con Romero: odiato ed ostacolato in tutti i modi da vivo, ne faranno un simulacro pubblicitario per la loro dottrina fallita appena raffreddatosi il corpo.
Spero che la “teologia dell’oppressione” di Nazinger salti in aria quanto prima.
mah i preti progressisti oramai sono degli emarginati. Sarebbe stato molto interessante pensare a cosa sarebbe successo se ci fosse Carlo Maria Martini al posto di Ratzinger
“Ruiz amava ripetere: ‘ Continuano a chiedermi della teologia della liberazione. Ma io dico loro, che non esiste un’altra teologia. Non c’è una teologia dell’oppressione. Cristo non è venuto forse a liberarci?’.”
Caro Ruiz, non abbiamo ancora visto nessun cristo che vi abbia salvato dalla vostra ignoranza su voi stessi e dalla vostra incoerenza con il suo presunto messaggio divino, cioè, quando, si è pigri intellettualmente e non si vuole conoscere se stessi con metodi razionali ci si affida a teologie cerchiobottiste opportuniste e a promesse paradisiache.
Ma quando entrerà in testa a qualcuno che più si conosce se stessi, la propria natura umana, e più si smetterà di credere al sopranaturale? Poichè la sopranaturalità prevede l’oblio della ragione, la negazione della propria libertà di pensiero per abbracciare la volontà di un dio inesistente a cui supinamente si affida e si sacrifica la propria vita nella speranza di essere da lui salvati.