[…] Agli sponsor, ancor prima di vederla, non è piaciuta per niente la mostra “Darwin”, la più vasta mai organizzata sulla vita e l’opera dello scienziato, che si è aperta sabato all’American Museum of Natural History (Amnh) di New York. E così non un’azienda statunitense si è fatta avanti per finanziare almeno in parte i tre milioni di dollari che l’esposizione è costata. Per paura che ciò fosse interpretato come una scelta di campo a favore dell’evoluzionismo nel feroce dibattito che, di questi tempi, lo oppone al creazionismo. D’altronde il mercato non è un’opinione. Ben il 51 per cento degli americani, in un sondaggio di Cbs del mese scorso, ha dichiarato di rifiutare la teoria della selezione naturale preferendole quella per cui Dio avrebbe creato, nei famosi sei giorni, il mondo così come lo conosciamo. Che da allora non avrebbe fatto alcun passo avanti. Quindi, invece di finanziare una mostra di “minoranza”, era meglio mettere i propri soldi – e il proprio marchio – accanto alle tesi vincenti. Ed è così che il Museo creazionista di Cincinnati, in Ohio, ha raggranellato di recente ben 7 milioni di dollari di donazioni aziendali. Come d’abitudine l’Amnh aveva spedito il calendario degli eventi alle corporation che di solito sono ben liete di sovvenzionarli. Ma per la gigantesca retrospettiva in vista del bicentenario della nascita (2009) del padre della biologia moderna nessuno aveva manifestato interesse. Non la Bank of America, assai munifica in occasione della precedente mostra su Leonardo da Vinci. Non la finanziaria Tiaa-Cref che aveva spalancato il portafogli a favore di quella su Albert Einstein. “Non posso dire quali e quante compagnie abbiamo contattato” ha detto al Sunday Telegraph Steve Reich, uno dei portavoce del museo. […]
L’articolo di Riccardo Staglianò è stato pubblicato sul sito di Repubblica