Il promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Charles Scicluna, durante la presentazione del simposio ‘Verso la guarigione e il rinnovamento’ organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana, è stato interpellato dai giornalisti sul tema della pedofilia clericale.
“Negli ultimi tempi”, ha affermato, “ho notato una grande consapevolezza” tra i vescovi e la “volontà di dare una risposta adeguata”. Alla domanda se vescovi siano tenuti a denunciare gli abusi di cui vengono a conoscenza, mons. Scicluna ha detto non hanno un “obbligo normativo”. C’é però, ha aggiunto, una “responsabilità morale” perché seguano “pratiche migliori” per proteggere i minori. Mentre i giudici italiani propendono per l’obbligatorietà della denuncia da parte dei vescovi, i giuristi consultati dalla Cei ritengono sufficiente che il vescovo raccomandi le vittime a denunciare gli abusi, senza sostituirsi a loro nella denuncia.
Comunque, “vale anche per l’Italia la nostra raccomandazione agli episcopati di recepire con spirito di collaborazione la legislazione civile attuale”, comprese “le sentenze più recenti”, ha chiarito Scicluna. La “comunità cristiana” e il clero, ha aggiunto, devono essere educati a riconoscere i segni di ogni “abuso di potere a sfondo erotico”, perché ogni abuso provoca un “trauma” che può portare ad “uccidere nell’anima del cristiano la fede”.
Valentino Salvatore
“Alla domanda se vescovi siano tenuti a denunciare gli abusi di cui vengono a conoscenza, mons. Scicluna ha detto non hanno un “obbligo normativo”.”
Ma come no? Sono forse state abrogate la “Crimen sollicitationis” e la “De Delictis gravioribus”? Non credo proprio!
Penso che quella di Scicluna sia sono una “finta”, ne’ la prima ne’ l’ultima “finta” di questa associazione a delinquere che è la chiesa cattolica!
Se tutti i vescovi (e perchè no anche i preti, i cardinali, i diaconi, gli arcivescovi, i chierichetti, eccetera?) denunciassero tutto quello che sanno, uscirebbe l’iceberg di cui ad oggi abbiamo visto solo la punta, e la disfatta mediatica per la chiesa sarebbe colossale e probabilmente definitiva.
In realtà, anzi, in verità, in verità vi dico che i vescovi prima di tutto dovrebbero comunicare le loro personali propensioni sessuali ed elencare tutte le azioni toccate ai loro organi sessuali nel corso di loro vita ecclesiale; stessa cosa dovrebbero fare i preti e, naturalmente , anche il papa, perchè nessun sano di mente può credere che uomini di una certa età abbiano sempre seguito una strada di castità sessuale, il che significa di astinenza da rapporti e manipolazioni sessuali di varia e poliedrica natura. Essendo io un profondo conoscitore della letteratura cristiana, cioè di quel centinaio di libri di profonda saggezza scritti di sua mano personalmente da Gesù e dai suoi apostoli, devo dire che in essi la questione sessuale è trattata, come del resto tutte le altre che fanno parte dello scibile umano, con assoluta completezza, e vi vengono elencate tutte le violazioni che assicurerebbero la discesa all’inferno di qualsiasi prete vi incorresse in vita sua. Gesù fu veramente un dio di cultura e nei suoi poderosi e ponderosi volumi di saggistica fisioteologica descrisse con divina precisione tutte le conquiste che in seguito l’uomo di scienza raggiunse, ed in futuro raggiungerà, per dare al mondo il progresso scientifico e la stabilità morale e filosofica. E’ lì che ci si deve abbeverare per conoscere tutto quel che si deve fare, è lì che risiede l’intelligenza di un dio ignorante e analfabeta, quella che appunto è riservata agli uomini di buona volontà, in parole povere ai babbei di ogni paese.
“La “comunità cristiana” e il clero, ha aggiunto, devono essere educati a riconoscere i segni di ogni “abuso di potere a sfondo erotico”, perché ogni abuso provoca un “trauma” che può portare ad “uccidere nell’anima del cristiano la fede”.”
capito? non sono preoccupati del fatto che un abuso distrugge psicologicamente la vittima, oltre che essere un atto di tremenda malvagità, sono preoccupati del fatto che il trauma può spingere la vittima a perdere la fede…..che uomini di m……
Esatto!
praticamente è come se un dirigente della kellogg’s dicesse che i dipendenti devono denunciare gli abusi sessuali fatti dagli altri dipendenti nei confronti dei clienti più indifesi perchè la cosa può portare a perderli come clienti…..farlo perchè è un atto criminale (oltre che barbaro e orribile) no?
Concordo, sono solo gente di emme.
E poi: “Gestire gli abusi”? E da quando gli abusi vanno gestiti? Gli abusi vanno denunciati, punto e basta.
ma quando mai li hai visti preoccupati per le vittime delle loro azioni scusa?
anche quando chiedono scusa, mica chiedono scusa alle vittime.
chiedono scusa “a dio” -_-
Spero che un giorno queste belve vengano trattate come meritano.
Sono d’accordo con SuaEccellenza.
nascondere & negare?
@ Alecatt.:
…perchè di assennatezza tu sei senza!
Eccellenza de che ?
“i giuristi consultati dalla Cei ritengono sufficiente che il vescovo raccomandi le vittime a denunciare gli abusi, senza sostituirsi a loro nella denuncia.”
Dialogo tra vescovi
“Avanti diglielo prima tu.”
“No, prima tu.”
“Allora andiamo in caserma e facciamo il conto alla rovescia partendo da dieci e ci autodenunciamo insieme.”
“Sai che ti dico lasciamo perdere.”
“Hai ragione poi quando saremo morti la chiesa chiedera’ scusa per noi.”
Mostruoso!
La prima preoccupazione di questi orrendi figuri è salvare la loro organizzazione (e quindi loro stessi). Poi, si preoccupano che le vittime possano perdere la ” fede”, concedendo che qualcuno ( se proprio vuole metterli in difficoltà) possa denunciarne i crimini.
Come corollario, si potrebbe sostenere che se una vittima non avesse la “fede”, allora non perderebbe nulla.
Veramente una delle cose più disgustose mai lette.
Vescovi facciano denuncia che poi ci pensano le autorità preposte a seguire il caso.
Anzi la denuncia la facciano soprattutto le vittime e la polizia si sbrighi a prenderli altro che fare le cacce alle streghe su internet.
> perché ogni abuso provoca un “trauma” che può portare ad “uccidere nell’anima del cristiano la fede”
eccoli ammettere candidamente la loro unica preoccupazione… questa è perversione.
trovo che siano persone orribili
strana la necessità di questa specificazione, parrebbe quasi sottoindere che finora venisse utilizzato il codice di diritto canonico
Parrebbe
Per loro il problema sarebbe che l’abuso provoca un “trauma” che può portare ad “uccidere nell’anima del cristiano la fede?” . Il problema non sarebbe la vita rovinata per sempre di un bambino e della sua famiglia, ma il fatto che loro possono perdere dei fedeli?
Non ci sono parole per dire quanto mi fanno schifo loro e soprattutto quelli che li appoggiano.
“Mentre i giudici italiani propendono per l’obbligatorietà della denuncia da parte dei vescovi..”
una delle tante cose che non ho mai capito, ma forse qualche competente in materia giuridica può illuminarmi.
Quando ho chiesto precisazioni a pretesi esperti mi hanno sempre confermato le notizie che vengono anche sintetizzate da wiki
“L’obbligo giuridico di denunciare un reato vige per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio (art 357-358 cp.) nell’esercizio delle loro funzioni o per i reati di cui vengono a conoscenza in ragione dell’esercizio che essi svolgono. In caso di violazione oltre all’applicazione della fattispecie incriminatrice prevista per i cittadini sarà applicata anche una pena accessoria.
Inoltre, l’obbligo di denuncia vige anche nei confronti del cittadino in tre ipotesi:
* chi, ai sensi dell’art. 364 del codice penale “… avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, per il quale la legge stabilisce l’ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all’Autorità indicata nell’art. 361, è punito . . .
* chi venga a conoscenza di fatti e circostanze riguardanti il sequestro di persona, anche solo tentato, ai sensi dell’art 630 del Codice Penale e del Decreto Legge n° del 15 gennaio 1991
* chi venga a conoscenza di detenzione di armi o di esplosivi da parte di persone che non possiedono l’autorizzazione della questura del luogo in cui le armi sono tenute.”
Mi sono poi informato su cosa è delitto contro la personalità dello Stato e ho capito che non c’entra nulla con abusi sessuali e pedofilia
http://it.wikipedia.org/wiki/Denuncia
Se qualcuno può spiegarmi mi farebbe un grande servizio
sai, ci sono categorie di persone che vengono a conoscenza di determinate cose più di altre.
tra queste, psicologi e preti.
ora, che io sappia i primi hanno obbligo di prendere provvedimenti se il paziente mette a repentaglio la sua vita (tipo minaccia di suicidio credibile) o quella degli altri (va a dire che stanotte ammazzerà la suocera o lascia comunque intendere che potrebbe fare qualcosa).
perchè i secondi non dovrebbero avere quest’obbligo?
si tratta sempre di un rapporto di estrema fiducia.
capisco che a te dei bambini non freghi niente, ma almeno non difendere così smaccatamente l’omertà. anche solo a livello morale dovresti provare ribrezzo.
invece sembra che la cosa ti vada bene
Non vi è nbessun obbligo di denuncia in Italia dei crimini sessuali, è ovvio. E questo per i preti significa che non sono obbligati a denunciare i loro colleghi crimianli.
E difatti non lo fanno.
grazie. mi hanno spiegato bene allora.
immagino che tu sia contento che possano continuare a insabbiare e nascondere.
tanto delle vittime chi se ne frega?
Kaworu scripsit:
No, è contento che un ateo fieramente anticlericale[1] abbia per una volta scritto il vero su qualcosa che riguardi la Chiesa e i suoi ministri.
[1] come si evince dal link inserito tra i suoi dati.
purtroppo per la legge italiana il crimine peggiore, nonchè l’unico che meriti una legge che obblighi a denunciare chi si sà che probabilmente lo compierà, è l’omicidio. una concezione del crimine piuttosto retrograda, che considera cose come stupri e torture roba da poco conto che si può anche evitare di denunciare, quasi come se fossero semplici furtarelli o truffe….
@ Hysteron Proteron
Nella verità che ho scritto (non c’è obbligo di denuncia per i crimini pedofili e le gerarchie cattoliche non l’impongono) vi è la assoluta condannata degli ecclesiastici cattolici che si avvalgono di questa lacuna per proteggere i preti criminali.
Intendo sottolineare che il clero cattpolico è proteso verso l’impunità dei propri membri criminali.
Non ci può essere condanna più forte di questo atteggiamento omertoso di gran parte del clero cattolico.
L’Italia è una nazione arretrata nella lotta alla pedofilia. Solo dal 1996 esiste una legge contro gli abusi sessuali, integrata da una legge del 1998 ed aggiuntive. Diversi avvocati ritengono la legislazione italiana più adatta a combattere la pedofilia on-line (dove infatti risultiamo ai primi posti nel mondo: lo siamo anche per il turismo sessuale, ma nessuno finora in Italia è stato condannato come in Germania), che per combattere la pedofilia tradizionale, dove infatti le denunce sono poche anche se in crescita (nel ’90 praticamente nessuno veniva denunciato ed il fenomeno veniva ignorato).
Qualche settimana fa è stato presentato in Germania il rapporto conclusivo dell’incaricata del governo Bergmann sulla pedofilia ed abusi sessuali: questa è effettivamente l’unica indagine realmente indipendente anche se senza poteri, ma solo con possibilità di dare indicazioni su come operare.
Ha registrato 15000 denunce dall’anno scorso (2000 pervenute per lettera), di queste il 45% sono relative alla chiesa cattolica.
Dal link si può scaricare l’intero rapporto, ovviamente in tedesco.
http://www.sueddeutsche.de/politik/abschlussbericht-zu-kindesmissbrauch-ein-unangenehmer-appell-1.1101065
@hysteron
io mi riferivo a teologo eh
@night
anche a me risulta quello che dici.
per questo non capisco quanto riporta l’articolo sopra, come ho già detto: “.. Mentre i giudici italiani propendono per l’obbligatorietà della denuncia da parte dei vescovi”
L’articolo- se ho ben capito- mette sotto questione se la denuncia sia solo scelta morale o obbligo giuridico. Il vescovo parla di obbligo morale e non giuridico. Altri dicono che vi è obbligo giuridico.
Da quanto ho capito, sia tu, sia wiki, sia @riK siete d’accordo con il vescovo Scicluna.
naturalmente se qualcuno conosce norme che vanno in senso opposto potrebbe precisarle.
é importante chiarire la questione, perchè spesso si sostiene che un prete che conosce di un avvenuto abuso deve denunciarlo, altrimenti rischa a sua volta una denuncia (non mai i genitori dell’abusato…).
ad esempio mi ricordo una notizia data dal blog dell’uaar che riportava:
“Don Silvio Grilli, parroco di Bogliasco e direttore del settimale della Curia Il Cittadino, avrebbe detto che i parenti di don Seppia e le forze dell’ordine “potrebbero denunciare” proprio don Casassa e l’ex perpetua “perché non avete denunciato i fatti prima”.
Mi sembra vi sia una certa ignoranza sullìargomento
http://www.uaar.it/news/2011/06/10/caso-don-seppia-un-parroco-chiesa-mi-emargina-perche-ho-denunciato/
@ teologo cattolico
Io non sono daccordo affatto con mons Scicluna! Io voglio che i preti crimianli siano sbattuti in galera anche dalle denunce dei vescovi.
Scicluna ha detto che non c’è una norma vativcana che impone ai vescovi di denunciare i criminali. Io invece vorrei che ci fosse.
La mia osservazione sull’inesistenza di un obbligo giuridico di denuncia nella legge italiana non si riferisce certo alle norme vaticane, volte alla protezione dei preti criminali!
Ma perché distorci il mio pensiero? Perché fai confusione tra legge civile e norme ecclesiastiche? Queste falsificazioni si possono fare durante una messa, una predica, non in un luogo di dibattito pubblico. Alla predica nessuno può rispondere.
@rik
Mi sfugge il tuo pensiero, forse per questo rischio di distorcelo..non farmene una colpa.
In ogni caso- per ora- tutti condividono le precisazioni che ho trovato riportate anche da wiki: non vi è obbligo giuridico per la legge italiana di denuncia da parte dei Vescovi e preti in caso di conoscenza di un abuso sessuale, non maggiore almeno di quello che vale per ogni altro cittadino. Sono certo che qualcuno desidera delle leggi appposta per i preti, ma in Italia, almeno per adesso, sono considerati cittadini come gli altri.
@teologo
specifichiamo cosa significa “un prete deve denunciarlo”:
giuridicamente, non è costretto per legge
moralmente, persino uno sconousciuto sarebbe vincolato ad denunciare, uno che non lo fa sarebbe mioralmente complice. uno che si professa portavoce della verità e del Sommo Amore dovrebbe essere vincolato 100 volte di più.
se il mancato soccorso nel caso si investa qualcuno sarebbe forse moralmente accettabile da parte di qualcuno, se questo crimine non fosse punito per legge? ci vuole forse una legge per fare quello che è platealmente giusto per tutti? specie se si è preti o vescovi? se è così, ringrazio il cielo che il mancato soccorso sia un reato, altrimenti chissà quanti preti incontrando qualcuno morente per strada si limiterebbero a scavalcarlo….tanti quanti sono quelli che non denunciano gli abusi…..
Per teologo
Dal mio punto di vista, che parte dal fatto che io considero la chiesa come una associazione a delinquere, il comportamento dei vescovi che non essendo costretti da nessuna legge a denunciare i casi di pedofilia e’ del tutto naturale.
Ma chi crede che queste persone siano addirittura chiamate da dio e che dovrebbero avere una morale superiore alle persone normali come puo’ giustificare un comportamento simile? Queste persone non dovrebbero pretendere da loro un comportamento morale piu’ irreprensibile rispetto alle persone comuni?
Purtroppo in quasi tutte le nazioni la chiesa cattolica gode di vari privilegi, retaggio del passato e dei concordati, che le consentono di comportarsi come stato nello stato, con regole proprie. Solo in Francia c’è l’obbligo di denuncia per gli ecclesiastici ed infatti un vescovo era stato condannato per non aver denunciato un prete pedofilo.
E’ curioso come da un lato la chiesa svolga una funzione pubblica e prenda spesso finanziamenti pubblici per questa attività, mentre dall’altro le è concesso di derogare alle regole del servizio pubblico, come nel caso dell’obbligo di denuncia o come nel privilegio concessole di poter essere lei a fare indagini su se stessa con commissioni spacciate per “indipendenti”.
Se hanno responsabilità pubbliche e si ritengono un’autorità morale dovrebbero avere un codice deontologico come i medici o i pubblici ufficiali e sottostare alle stesse regole.
@night
Infatti la questione è sulla obbligatorietà giuridica, secondo le leggi del Paese, per noi l’Italia. Il che vuol dire che nei paesi in cui vi è l’obbligo giuridico si deve procedere obbligatoriamente alla denuncia, dove non c’è non si è necessititati giuridicamente dalla legge di quel paese (è una mera tautologia)
“L’abuso sessuale di minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguito dall’autorità civile. Sebbene i rapporti con le autorità civili differiscano nei diversi paesi, tuttavia è importante cooperare con esse nell’ambito delle rispettive competenze. In particolare, va sempre dato seguito alle prescrizioni delle leggi civili per quanto riguarda il deferimento dei crimini alle autorità preposte, senza pregiudicare il foro interno sacramentale. Naturalmente, questa collaborazione non riguarda solo i casi di abusi commessi dai chierici, ma riguarda anche quei casi di abuso che coinvolgono il personale religioso o laico che opera nelle strutture ecclesiastiche.”
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20110503_abuso-minori_it.html
Moralmente anche il vescovo Scicluna a domanda ” nei casi in cui i vescovi non hanno questo obbligo per legge?”, risponde
“In questi casi noi non imponiamo ai vescovi di denunciare i propri sacerdoti, ma li incoraggiamo a rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti di cui sono state vittime ”
http://www.avvenire.it/Chiesa/intervista+pedofilia+scicluna_201003130801409170000.htm
La ragione è evidente:
1. non si può obbligare un genitore (e un bambino) a denunciare un reato che non vuole, deve essere fatta salva la libertà del singolo a denunciare o meno. questo vale per qualunque reato in genere (tranne quelli indicati sopra). Io devo poter essere libero di denunciare o meno il furto di un portafoglio.
2. il vescovo potrebbe anche denunciare che un bambino è stato abusato (anche se i genitori non sono d’accordo), ma poi nel processo il bmabino e i genitori dovrebbero comunque confermare, per dare seguito all’iter processuale. e se non sono d’accordo non si può andare avanti.
Per una trattazione legale, andando su questo sito: http://www.cismai.org/ è possibile scaricare il rapporto fatto nel 2011 con il patrocinio del ministero della salute “L’abuso sessuale nei bambini prepuberi. Requisiti e raccomandazioni per una valutazione appropriata”. E’ patrocinato anche da:
Associazione Culturale Pediatri (ACP)
Società Italiana di Ginecologia dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SIGIA)
Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SIMLA)
Società Italiana di Pedatria (SIP).
Da pag 77 si riporta una trattazione sulle modalità di denuncia e sugli articoli di legge e la situazione legislativa italiana.
Per chi abbia una veste pubblica – come si verifica per tutti i medici che operino alle dipendenze o in convenzione del Servizio Sanitario Nazionale – la segnalazione è obbligatoria, così come per gli esercenti
un servizio di pubblica necessità (tra cui rientrano i medici) e va indirizzata al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni.
Art. 331 cod. procedura penale
Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio
1. Salvo quanto stabilito dall’articolo 347, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di reato perseguibile d’ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito.
L’interpretazione che viene data è che per esempio i presidi di una scuola abbiano l’obbligo di denuncia. Anche in Germania nel pubblico c’è l’obbligo di denuncia, non nel privato. Invece in entrambi i concordati il giudice deve informare il vescovo che ci sono delle denunce a carico di un suo dipendente.
In Francia c’è dal 2000 l’obbligo per un vescovo di denunciare ed infatti un vescovo era stato condannato (quello con cui il cardinale Hoyos si era complimentato di non aver “tradito” un suo prete pedofilo).
http://www.opp-psi.it/Deontologia/ObbligoDenuncia.pdf
anche questo mi sembra piuttosto chiaro.
chissà come mai solo i preti non sentono la necessità di una deontologia che li obblighi a una denuncia rapida ed efficiente dei loro colleghi pedofili.
@kaworu
Se ti fossi presa l’impegno anche di leggere l’articolo, oltre che a linkarlo, avresti incontrato i due passi sotto:
“Per coloro che esercitano, anche soltanto per poche ore settimanali, un’attività che si inquadra come incaricato di pubblico servizio – l’articolo porta come esempi le attività di convenzione con Comune/Scuola/AUSL- diventa, pertanto fondamentale conoscere approfonditamente quanto previsto dalla legge a riguardo dell’obbligo di denuncia
ed in particolare l’art. 331 del Cod. Proc. Pen. e gli artt. 361 e 362 del Codice Penale (sono quelli ricordati anche da wiki)”
“Nello specifico momento in cui, invece, si opera come libero professionista NON SI DEVE RISPETTARE NESSUN OBBLIGO DI DENUNCIA, se non nel caso (riferito però a tutti i cittadini) in cui si venga a conoscenza di reati “contro la personalità dello Stato” (eversione, attentato, ecc) o comunque di reati che prevedono come pena l’ergastolo.”
Seguire la legge civile non significa assolutam,ente niente. Tutti dobbiamo seguire la legge. In mancanza sarebbe istigazione a delinquere.
E siccome in Italia non vi è obbligo di denuncia dei crimini sessuali è ovvio che il Vaticano non vuole che i vescovi denuncino i preti criminali.
I preti devono limitarsi a non ostacolare la legge (cosa che in verità non fanno sempre), non a denunciare.
E difatti in Italia si riscontra un solo caso di prete denunciato dal vescovo per abusi sessuali, a Bolzano, il prete nazionalista altoatesino Martin Steiner.
Quando qualche prete ha effettivamente collaborato con la magistratura è stato fatto fuori, come nei casi di don ruggero Conti e don Nello Giraudo.
La direttiva vera è sempre la stessa: proteggere i preti criminali e soffoare lo scandalo.
Vorrei che i vescovi seguissero, tanto per incominciare, le leggi dei Vangeli. Così facendo non infrangerebbero ad ogni piè sospinto le leggi dello Stato, le leggi dela natura e quelle della propria evoluzione interiore. Basterebbe conoscere e seguire la biologia moderna:
I.
LE LEGGI DELLA VITA
IN 60 AFORISMI
Pp. 16
Francesco Colombera senior
INTRODUZIONE
Benché le leggi della fisica, della chimica e della matematica siano spesso difficili da comprendere, tanto che non vengono quasi mai considerate e praticate in prima persona, oggi fanno parte integrante della moderna cultura occidentale.
Al contrario le leggi della vita, scoperte dai nostri naturalisti, botanici e biologi negli ultimi trecento anni, benché siano facili da comprendere razionalmente, risultano spesso così sgradevoli e dure da accettare, così contrarie ai nostri più inveterati dogmi esistenziali, primo fra tutti la preminenza dell’uomo sugli altri viventi, per cui ci sentiamo al di fuori e al di sopra delle leggi della natura. Non a caso sfruttiamo soltanto quelle scoperte biologiche che ci permettono di incrementare il business della produzione agricola, della medicina e del potere politico-economico, mentre volutamente ignoriamo le leggi della etologia, della ecologia e della evoluzione, che ci costringerebbero a rivedere i nostri dogmi culturali.
Ricordo però che, se ignoriamo le leggi dell’economia, per male che vada, facciamo bancarotta; se ignoriamo i comandamenti della nostra religione, forse andremo all’inferno; se trasgrediamo le leggi dello Stato, talvolta finiamo in galera. Ma se ignoriamo le leggi della vita, descritte dalla biologia moderna, i nostri desideri, le nostre necessità esistenziali e perfino le nostre strategie di vita, ci spingono verso l’estinzione.
Pertanto questo libriccino ha la funzione di evidenziare e colmare questa intollerabile lacuna culturale, divulgando le leggi della vita e indicando come valutare in prima persona e in termini adattativi, esistenziali ed evolutivi, tutti gli aspetti della nostra civiltà, dalle religioni alla scienza, dalla giurisprudenza all’etica e dall’economia alla politica.
Mi rivolgo soprattutto colori i quali intuiscono che oggi c’è qualcosa che non va nel rapporto uomo-ambiente e si danno da fare per cambiare le cose in meglio. Qui trovate le indispensabili conoscenze biologiche (che di certo vi mancano, in quanto non appartengono ancora alla cultura occidentale), che vi permetteranno di affrontare le vostre problematiche in termini scientifici.
Ai ricchi e ai potenti della Terra, che sono quelli che hanno più da perdere se l’attuale degrado ambientale continua, avverto che la ricchezza, come la intendiamo oggi, è una funzione che tende a zero, quando l’inquinamento supera certi limiti.
A tutti ricordo che, se i compiti prospettati in queste pagine vi sembrano immani, consolatevi, in quanto; I, abbiamo a disposizione tutte le conoscenze necessarie per affrontare gli attuali problemi che ci sovrastano; II, nella lotta per la sopravvivenza, anche vantaggi infinitesimi sono decisivi.
III, in particolare qui trovate una nuova disciplina interiore, lo yoga evolutivo, che vi permette di risolvere il problema che sta a monte di tutti gli altri: recuperare la razionalità e la piena funzionalità della mente.
IV, quanto potete fare a livello personale, nel vostro piccolo, è determinante per il futuro di tutti.
In particolare sono lieto di presentare una nuova disciplina interiore, dedotta dalle leggi della biologia moderna, che è di gran lunga la più semplice ed efficace tra tutte quelle che conosco (vedi hatha, tantra, karma, bhakti e raja yoga, meditazione Vipassana, induismo, taoismo, cristianesimo, sciamanesimo messicano).
Benché basato su leggi scientifiche, non prendete questo libriccino come fosse una Bibbia, primo, perché potevo scriverlo solo in modo che fosse comprensibile per me e non per l’eventuale lettore.
Secondo, perché le soluzioni più adatte per recuperare una evoluzione adattativa, vanno inventate di volta in volta e non possono che variare da habitat ad habitat.
Terzo, perché non mancano errori e omissioni dovuti alla mia ignoranza, ai miei condizionamenti culturali e carenze intellettuali.
PARTE PRIMA
Le caratteristiche fondamentali dei viventi.
I aforisma. Definisco come vivente un’entità la cui struttura chimica è basata sul carbonio ed è capace di produrre lavoro (metabolismo basale, riproduzione, reazione agli stimoli e alimentazione), di avere memoria e, forse soltanto nei più evoluti, sentimenti, raziocinio e perfino autocoscienza.
Comunque trovate una discussione sulla definizione di vivente in qualsiasi trattato di biologia e comunque, qualunque sia la conclusione, che può non essere sempre facile e unanime (vedi virus, globuli rossi, PPLO, ecc..), non tocca i temi di questo libriccino.
Per alcune culture, questa definizione limitata alla chimica del carbonio, non esaurisce tutte le possibilità di esistenza di entità capaci di autocoscienza e sentimenti.
Può sembrare strano, ma gli atomi e le molecole costituenti il corpo dei viventi vengono rinnovati di continuo, per cui le funzioni e non i costituenti materiali del vivente hanno una continuità nel tempo. Prima verità inaspettata
II aforisma. Per gli esseri viventi esiste solo l’attimo presente.
Il vivente è una macchina che non può mai fermarsi, è una macchina che muore se si arresta e che muta in modo irreversibile ad ogni istante. Tale affermazione non è valida soltanto per cellule surgelate improvvisamente a bassissime temperature.
Pertanto, non ciò che abbiamo, non ciò che siamo, ma come agiamo ad ogni istante, è quello che conta per le nostre vite.
Nel caso dell’uomo, è necessario mantenere la più elevata concentrazione in ogni istante presente, altrimenti non controlliamo al meglio le nostre nicchie e i nostri comportamenti vengono dominati da livelli mentali inferiori, con conseguente grave pericolo di involuzione ed estinzione (vedi aforismi su evoluzione adattativa).
III aforisma. Ciò che è bene a un livello di organizzazione del vivente (p.e. fisico), è positivo a tutti i suoi livelli (mentale, emozionale, percettivo, sociale, ecc.).
Questo assioma ha un valore determinante per la sopravvivenza dell’uomo moderno, in quanto esso ci permette di verificare con i soli mezzi della razionalità e del buon senso se una filosofia, una economia, una religione e una cultura sono valide in termini evolutivi ed esistenziali.
Questo assioma rende inoltre possibile per tutti verificare in prima persona e con metodo scientifico il valore adattativo ed esistenziale dei propri e altrui comportamenti. (Seconda verità inaspettata).
IV aforisma. Tutti gli esseri viventi sono felici per loro natura. (Terza verità inaspettata)
A priori ciò è verosimile, perché la felicità è uno stato emotivo che ottimizza tutti i nostri comportamenti. A posteriori ciò si nota negli animali e pure nell’uomo, quando non viva in una società degradata.
Pertanto coltiva sentimenti ed emozioni positive e considera come suicide quelle culture che provocano infelicità esistenziale.
Ricordo che i viventi, quando diventano incapaci di esprimere le loro potenzialità più elevate, sono condannati all’estinzione (vedi evoluzione biologica).
V aforisma. Il dolore è indispensabile per sopravvivere, in quanto ci segnala la presenza di un qualche problema fisico o psichico.
Pertanto è deleterio eliminare il dolore sempre e comunque, eccetto casi particolari. Di norma non siamo abituati ad aggredire le sue cause e non si tiene conto del suo ammonimento: riposati e curati.
Avanzo inoltre l’ipotesi di lavoro, che sia un grave errore prevenire quelle continue piccole infezioni, dovute a lesioni, abrasioni, tagli epidermici, malattie infettive a bassa mortalità eccetera, che erano inconvenienti comuni in Europa sino a qualche tempo fa e che certamente rafforzavano il nostro sistema immunitario.
D’altra parte, quando il sistema immunitario è sottoposto a stress eccessivi, (come avviene per le foche del mare del nord, che vivendo in acque altamente inquinate, sono colpite da una forma di AIDS,), il sistema immunitario cessa di essere una difesa.
Depressione, irrazionalità, irrequietezza, angoscia, ansia, ecc., sono gli stati d’animo che indicano la presenza di gravi malesseri psichici. Nel caso dell’uomo moderno le cause prime di tali guai sono dovute a carenze culturali, ecologiche e sociali.
Ricordo infine che le capacità di percepire, di sopportare e di reagire alla percezione del dolore dipendono molto dal tipo di vita che si conduce.
VI aforisma. Tutti i viventi sono delle realtà dinamiche irreversibili che possiedono soltanto due opzioni: o evolvono o regrediscono. Pertanto la lotta per l’esistenza non può mai cessare, pena il regresso fisiologico prima e genetico poi. (Quarta verità inaspettata)
Noi abbiamo la sensazione di essere delle realtà stabili, persino immortali e rifiutiamo ogni evidenza contraria. Ma lo studio dell’evoluzione ci dimostra che, in mancanza di un’adeguata pressione selettiva ambientale (troppo scarsa o troppo elevata), qualsiasi individuo di qualsiasi specie tende e degenerare ed estinguersi. Ciò è ovvio a priori ed è dimostrato a posteriori sia per l’evoluzione ontogenetica (quella che va dal concepimento alla morte) che per quella filogenetica (iniziata con l’origine della vita).
VII aforisma. L’evoluzione adattativa è resa possibile dalla selezione delle inevitabili mutazioni casuali subite dai genomi, tramite la competizione infra- e interspecifica. Tale evoluzione, assumendo via via tutte le forme possibili, produce sia un aumento delle capacità percettive e operative di ogni essere vivente, che una loro maggiore indipendenza dall’ambiente.
Se il codice genetico non fosse così imperfetto e difettoso, ma perfetto e stabile, come desideriamo siano le nostre macchine, non ci potrebbe essere alcuna evoluzione adattativa. L’evoluzione adattativa in tempi lunghi necessita il mantenimento di un grande numero di opzioni e possibilità future di sviluppo, non l’adattamento perfetto, che si impone sul primo, ma ha valore soltanto in tempi brevi.
La diversificazione delle specie è frutto dell’evoluzione adattativa, che continuamente produce nuove forme di competizione in continuo rinnovamento.
Ciò però non toglie che una competizione evolva pure verso forme di collaborazione (trovo in tutti i maggiori phyla animali la comparsa di società, talvolta interspecifiche, che sono spesso più evolute della nostra).
Poiché la competizione è necessaria per la nostra stessa sopravvivenza, è errato coltivare il mito di un mondo senza conflitti. La lotta dei singoli e delle specie non può mai cessare, pena l’accumulo di geni recessivi dannosi, ed è pertanto errato considerare l’antagonista come il “Male”, da eliminare quanto prima e quindi sperare nella battaglia definitiva.
Ecco giustificata in termini evolutivi la presenza del Male e dei Demoni sulla Terra. Per quanto ne so, soltanto nelle tradizione hindù si trova il concetto che la vita è sostenuta dal conflitto equilibrato tra “Demoni (gli altri) e Dei (noi)”(Quinta verità inaspettata).
Pertanto ritengo che le vittorie militari degli USA contro gli indiani del Nord America e l’isola di Grenada, alla lunga e in termini evolutivi abbiano il valore di una sconfitta.
Ricordo a questo punto che non esistono specie nocive in termini assoluti, ma soltanto relativi. Le zanzare sono una maledizione per l’uomo ma una benedizione per le rondini.
Nel caso di una specie sociale come l’uomo, è importante che la collaborazione prevalga sulla competizione, incominciando per lo meno dalla famiglia, per arrivare alle comunità più estese, Stati e Associazioni di Stati. In caso contrario la stessa struttura sociale diventa controproducente.
VIII aforisma. Per sopravvivere in tempi lunghi, tutti i viventi debbono evolvere realizzando una maggiore indipendenza dal loro ambiente. (Sesta verità inaspettata)
Tale imperativo rappresenta una condizione necessaria per la sopravvivenza della vita sulla Terra. Evolvere verso un maggior numero di nicchie è una condizione sempre necessaria e spesso sufficiente per la sopravvivenza in tempi lunghi di qualsiasi specie.
Poiché tale processo si riferisce alle nicchie e non agli habitat, ciò è vero anche per l’evoluzione verso forme di parassitismo o di estrema specializzazione.
Poiché tale evoluzione implica sia una riduzione quantitativa dei consumi pro capite, che un aumento delle capacità di sfruttare qualsiasi risorsa ambientale, ne segue che l’ambiente diventa capace di nutrire un maggior numero di individui e di specie. Ripeto, in tempi lunghi tale evoluzione non è favorita da una qualche “perfezione funzionale”, ma dal mantenimento di un elevato numero di opzioni evolutive.
L’uomo, sembra essere l’unica specie capace di comprendere le leggi della vita e quindi di adeguare le sue leggi, economie, filosofie e religioni all’unico imperativo categorico per la sua sopravvivenza: lottare per la sola libertà che conta: quella che ci permette di superare i nostri limiti e condizionamenti.
IX aforisma. L’evoluzione verso una maggiore libertà dai parametri che descrivono il nostro ambiente (spazio, tempo, energia, ecc..) esige un continuo miglioramento delle nostre capacità fisiche, sensoriali e mentali.
Nel caso dell’uomo, ricordo le varie discipline educative, le pratiche yoga, le varie forme di concentrazione e di meditazione, che ci assicurano sia il progressivo sviluppo di tutte le nostre potenziali capacità percettive, che la massima indipendenza da tutti gli ambienti possibili. In particolare è necessario conoscere il proprio habitat, costi quello che costi e l’alta mortalità infantile lo dimostra per molte specie.
Nel caso dell’uomo attuale, la conoscenza dell’ambiente è ridotta a causa delle inadeguatezze del linguaggio, della bassa pressione selettiva, della specializzazione delle nostre nicchie e dell’incapacità di forgiare ciò che usiamo e di produrre il cibo che mangiamo.
Se la società tende a opprimere le nostre più elevate potenzialità fisiche e mentali, uniformando e banalizzando la nostra realtà e degradando i nostri habitat, vuol dire che viviamo in una società suicida, che ci spinge verso una evoluzione regressiva e quindi verso l’estinzione.
X aforisma. Poiché l’evoluzione ontogenetica ricapitola, soprattutto durante le fasi embrionali, e sempre indirizza (dalla nascita alla morte) quella filogenetica (che si realizza passando da una generazione all’altra), ogni nostro comportamento deve essere finalizzato a raggiungere una maggiore libertà dalle nicchie nelle quali viviamo. (Settima verità inaspettata)
In altre parole, scegliendo un certo comportamento, scegliamo pure una nicchia all’interno dei nostri habitat e pertanto optiamo per un tipo particolare di pressione selettiva sui nostri genomi, che fatalmente porterà a un determinato indirizzo evolutivo filogenetico.
A questo punto propongo ai nostri genetisti di verificare sperimentalmente le due seguenti ipotesi di lavoro,: “è più probabile perdere un gene inattivo che uno attivo. Un gene super attivo ha una maggiore probabilità di duplicarsi.” Se esistesse un meccanismo cellulare di questo tipo, il lamarckismo sarebbe compatibile col darwinismo e anzi ne spiegherebbe alcune ipotetiche carenze temporali.
XI aforisma. I perdenti nella lotta per l’esistenza che non soccombono, per sopravvivere si sono adeguati a vivere in un maggiore numero di nicchie. (Ottava verità inaspettata)
Per esempio, devono adattarsi a mangiare cibi prima rifiutati, sopportare temperature prima evitate, confrontarsi con una maggior numero di predatori, ecc…
Lo studio dell’evoluzione condanna il mito banale ma erroneo, che la vittoria rappresenti sempre un vantaggio. Infatti sono proprio i perdenti (costretti a vivere in nicchie più selettive e meno produttive e quindi in un numero maggiore) quelli che riescono a portare avanti una evoluzione adattativa “generalizzata” (meglio saper fare tutto, anche se non nel migliore dei modi, piuttosto che una cosa sola in modo ottimale) e quindi vincente in tempi lunghi. L’uomo è un ottimo esempio di specie di grande successo, che nel passato si è adattata al maggior numero di nicchie possibili, pur riuscendo meno efficiente delle specie più specializzate. Nuotiamo peggio dei pesci e dei mammiferi acquatici, corriamo meno dei cavalli, dei leoni e delle gazzelle, saltiamo meno bene di molti corridori, ci arrampichiamo peggio delle scimmie, ecc., però abbiamo colonizzato tutti gli habitat della Terra.
Oggi però la nostra specie mostra una chiara tendenza evolutiva verso la specializzazione, la degradazione e il parassitismo, com’è dimostrato dal fatto che non sappiamo più produrre quello che mangiamo e usiamo, ricerchiamo nicchie ottimali e invece di “vivere”, ci accontentiamo di gratificazioni virtuali o sostitutive.
XII aforisma. Tale evoluzione, estesa ad un maggior numero di nicchie, si rivela sempre vincente in tempi lunghi.
E’ chiaro che in tempi brevi tale percorso evolutivo è più rischioso di quello dei vincenti.
Ne segue che la strategia evolutiva corretta, essendo la meno gradita, non viene mai scelta dagli animali, di qualsiasi specie siano, ma viene imposta dalle necessità contingenti che di volta in volta ci capitano. In altre parole, siamo al paradosso che, potendo, tutti i viventi tenderebbero ad attuare comportamenti suicidi.
L’uomo è forse l’unica specie che ha sviluppato culture, scienze e “religioni” che insegnano come reagire ai propri istinti e praticare strategie esistenziali in armonia con un’evoluzione vincente.
Pertanto non perdiamo questa occasione, già tardiva per quanto riguarda il percorso dell’evoluzione adattativa.
XIII aforisma. I vincenti nella lotta per l’esistenza specializzandosi, diventano perdenti nella “gara evolutiva” a lungo termine.
Un adattamento a nicchie meno competitive e di minor durata e la realizzazione di strutture evolutive meno flessibili comportano maggiori pericoli di estinzione in tempi lunghi.
La perfezione non è una condizione vincente nell’evoluzione adattativa.(Nona verità inaspettata).
XIV aforisma. Sia errori che vantaggi infinitesimali sono determinanti per la nostra evoluzione adattativa verso una maggiore libertà.(Decima verità inaspettata).
Per questo motivo e per la correlazione tra attenzione cosciente e blocco dell’attività inconscia della mente, sarebbe necessario controllare il valore adattativo di tutti i nostri comportamenti e pensieri, ad ogni istante, tramite un autocoscienza continua.
XV aforisma. Una specie incapace di evolvere (di adattarsi geneticamente ai cambiamenti dell’ambiente, tramite la selezione delle inevitabili casuali mutazioni geniche che caratterizzano qualsiasi genoma) non può sopravvivere a lungo.
È facile dimostrare come una specie incapace di evolvere non possa sopravvivere a lungo.
Per quanto riguarda i così detti fossili viventi, nessuno creda che essi siano sopravvissuti immutati sino ad oggi. Nei casi in cui l’architettura generale di una specie animale non possa più evolvere, si è visto che l’evoluzione procede a livello cellulare e molecolare.
XVI aforisma. Quando l’ambiente cambia in tempi troppo veloci per le capacità di adattamento dei genomi, si ha una evoluzione catastrofica.
Ciò può avvenire per una guerra, per una catastrofe naturale ( terremoti, eruzioni vulcaniche, improvvisi cambi climatici) ma pure per l’accumulo di cataboliti e di sostanze inquinanti nell’ambiente, per l’eccessivo consumo delle risorse rinnovabili, ecc.. Anche le iterazioni tra habitat diversi (vedi guerre, economia globale, commerci, ecc.), producono evoluzioni di tipo catastrofico.
Le catastrofi, alla fine, sono sempre caratterizzate da una casuale ma consistente riduzione del numero di individui e perdita di informazione genetica per tutte le specie che ne sono colpite.
XVII aforisma. Le conseguenze indirette di ogni catastrofe sono un accumulo di geni recessivi nei sopravvissuti e conseguente loro degenerazione.
Poiché una catastrofe può portare all’estinzione di intere specie, le popolazioni sopravvissute si possono trovare in condizioni di ridotta pressione selettiva e quindi possono sopportare l’accumulo di geni recessivi, con conseguente riduzione delle loro funzionalità e potenzialità evolutive.
XVIII aforisma. Le specie tra loro antagoniste (ogni specie è antagonista per qualche altra) da vecchia data, sono necessarie l’una per l’altra, per quanto riguarda la loro evoluzione corale verso una maggiore libertà. (Undicesima verità inaspettata)
Comprendendo come la lotta sia necessaria per l’evoluzione di tutti i viventi verso una maggior libertà, conoscenza e coscienza, è tempo di distinguere tra il disagio individuale che porta ad una catastrofe, quindi negativo in termini evolutivi e quello, benefico per la vita, che assicura una sana pressione selettiva.
Il male in assoluto è l’inquinamento, la selezione contro la naturale variabilità individuale, la vita facile, il degrado ambientale e alimentare, la riduzione a nicchie semplificate e ottimali, le guerre moderne, la condanna all’estinzione di intere culture per effetto della competizione economica globale, in quanto producono una evoluzione ontogenetica degenerativa.
I guai positivi sono quelli dovuti una competizione equilibrata che evolve nel tempo, favorendo l’incremento d’indipendenza dall’ambiente di tutti i competitori.
XIX aforisma. tramite la riproduzione, tutte le specie esprimono un’economia capitalistica (vedi aumento del numero di individui ad ogni generazione), la quale ha due significati: mantenere alta la pressione selettiva su tutte le specie e fornire cibo ai propri predatori.
(Dodicesima verità inaspettata)
Si è visto più volte nella storia naturale, come l’assenza improvvisa dei predatori naturali renda inevitabile l’aumento esponenziale del numero degli individui delle specie non più predate e ciò porta fatalmente alla distruzione dell’ecosistema, con catastrofe finale delle specie in questione.
Soltanto tramite un controllo delle nascite e dei consumi si potrebbe eliminare tale pericolo per la specie pomposamente autodefinitasi come Homo sapiens sapiens, mentre per il momento è meglio che si accontenti di essere un Pan nudus insanus.
XX aforisma. La morte degli individui e l’estinzione delle specie sono fenomeni rispettivamente necessari e conseguenti ad ogni evoluzione adattativa.
Oggi viviamo in una cultura che non accetta più l’invecchiamento e la morte come fatti naturali, necessari per la sopravvivenza della nostra specie. Pertanto è tempo di considerare l’invecchiamento come il passaggio a nicchie meno competitive e la morte individuale come un evento positivo a tutti i livelli (vedi III aforisma).
XXI aforisma. Quando malattie e malesseri esistenziali sono diffusi, questi sono gli effetti di degrado culturale e morale, oppure dipendono da fenomeni catastrofici, come ad esempio un’invasione di specie aliene, inquinamento ambientale, guerre, ecc..
Poiché non è possibile essere competitivi se non si è felici, è tempo di affrontare la cause della infelicità esistenziale che si ritrova così diffusa nei paesi più industrializzati.
PARTE SECONDA
Le Religioni come Scienze Evolutive
XXII aforisma. Le cause delle nostre attuali infelici ma normali condizioni mentali sono dovute al fatto che, in assenza di una elevata pressione selettiva, che ci è venuta a mancare sin dai tempi delle civiltà più antiche, la mente normale diventa succube del proprio subconscio (vedi i nostri normali condizionamenti, abitudini, egocentrismi e irrazionalità) e quindi diviene incapace di affrontare al meglio il proprio presente.
Basta un minimo di introspezione per verificare la validità delle due famose affermazioni indù, vecchie di migliaia di anni: la mente normale è come quella di una scimmia, matta e morsa da una tarantola e il corpo è un amico che tradisce. Per aggiornare tale definizione, a tanto dobbiamo aggiungere: oggi l’uomo normale è pure un malato cronico, in quanto affetto da inquinamento fisico e culturale.
Se ci troviamo in queste condizioni, quale speranza abbiamo di poter praticare una fede valida, sviluppare una scienza che non sia controproducente, proporsi dei fini sociali e culturali, in modo che abbiano un valore evolutivo?
La validità di tale dubbio è confermata a posteriori sia dalla storia antica che da quella più recente.
Se vogliamo realizzare le nostre finalità più elevate, prima dobbiamo sviluppare una disciplina con la quale poter controllare la nostra mente e le nostre emozioni.
XXIII aforisma. Tutti i testi sacri delle religioni più evolute (Cristianesimo, Islamismo, Induismo, Buddismo, Taoismo, ecc..) insegnano (in modi diversi, per farsi capire da persone di diversa cultura) come prevenire quei comportamenti, errati in termini esistenziali, evolutivi ed ecologici, che diventano usuali in condizioni di ridotta pressione selettiva (vedi comparsa della vita stanziale, sviluppo di un’organizzazione politica e crescita della tecnologia), tramite sofisticate discipline fisiche e mentali.
Pertanto (Vedi IIII aforisma), non c’è da meravigliarsi se troviamo nei più antichi testi sacri insegnamenti con un’alta validità igienica ed ecologica, che sono da millenni in perfetto accordo con quelle leggi della vita, che sono state scoperte in tempi relativamente recenti dai biologi moderni.
È interessante notare come, qualsiasi sia la religione e la cultura di partenza, coloro i quali praticano con intensità e per anni una ricerca interiore, arrivino sempre alle stesse esperienze trascendentali, alle stesse conoscenze e agli stessi poteri.
XXIV aforisma. È stato sperimentato per millenni che, tramite la totale soppressione di ogni attività mentale inconscia (vedi discipline dell’attenzione cosciente e della meditazione), l’uomo può eliminare sia i propri difetti caratteriali che mentali, che allargare la propria coscienza individuale, sino a congiungerla con quella universale.
Considerate pure tale assioma come un’ipotesi di lavoro da sperimentare in prima persona, con il conforto che, da migliaia di anni e nelle culture più diverse, i mistici più avanzati hanno provato la validità di quest’esperienza.
In questo modo l’uomo può diventare cosciente delle proprie “infinite”potenzialità percettive e creative.
Poiché anche l’attenzione e la concentrazione che conosciamo, fermano l’attività della mente inconscia, l’uomo occidentale pratica senza saperlo numerosi comportamenti che sopprimono l’attività delle mente inconscia. Purtroppo, nelle civiltà moderne, queste discipline non hanno quasi mai lo scopo, la durata e l’intensità necessaria per realizzare la libertà dai propri condizionamenti.
XXXV aforisma. Per iniziare una valida disciplina interiore non ti serve un maestro perfetto. Come discepolo non sei perfetto per definizione. Pertanto accontentati di apprendere dal tuo maestro, persona o libro, quel poco che comprendi e ti convince. Inoltre, se oggi incontri un vero maestro, non sei di certo capace di riconoscerlo. Abbandonalo quando non ti serve più e prima o poi rassegnati a diventare il maestro di te stesso. In altre parole non rinunciare mai alla tua libertà di giudizio e mai accontentarti a priori dell’autorità di chi parla. Umiltà vuol dire affrontare con deferenza le difficoltà della ricerca interiore, non rinunciare alla propria facoltà di giudizio.
XXVI aforisma. Tutte le religioni sono didatticamente vere, quando suggeriscono i mezzi per arrivare alla verità ultima. Poiché mai possono regalarti tale Verità, questa deve pertanto essere considerata come un’ipotesi di lavoro, da ricercare in prima persona.
Tutte le religioni possono essere vissute come false, quando gli insegnamenti dei testi sacri vengono distorti da falsi profeti.
Poiché le verità religiose appartengono ad una realtà della quale l’uomo comune non ha esperienza alcuna, sino a quando rimane in condizioni “normali”, l’uomo tende a confondere l’assoluto col relativo e diventa settario, intollerante e superstizioso.
L’affermazione “la mia religione è vera e la tua è falsa o meno valida della mia”, è un’ opinione soggettiva ed errata, che può essere fatta soltanto da una persona ignorante.
Ricordo infine che la ricerca interiore è: primo, la più difficile delle discipline e benché tutti ne possano beneficiare, soltanto pochi eletti riescono accedere alla “conoscenza ultima”. Questa dura verità è forse superata dalle attuali conoscenze biologiche (vedi XXXVIII aforisma), ma manca ancora una verifica sperimentale su grandi numeri.
Secondo, è la più necessaria delle discipline anche in termini esistenziali in quanto :“Nessuno ti può fare tanto male quanto tu stesso”.
XXVII aforisma. Poiché tutte le religioni vanno incontro ad involuzioni ed evoluzioni, il confronto tra religioni diverse e tra scienze e religioni è necessario per correggere eventuali errori interpretativi dei testi sacri.
Nulla aiuta scoprire gli errori insiti nella propria cultura e nella propria religione meglio del confronto con altre esperienze e tradizioni. Pertanto nulla danneggia la corretta comprensione di una religione più della indifferenza culturale verso le scienze e le altre confessioni. Ne segue che il vero ricercatore della verità, quando si trova in difficoltà per dubbi o incomprensioni, ricorre alle conoscenze ottenute tramite le scienze e altre trafile religiose, perché possono essere fonte di comprensione e illuminazione. Sono falsi profeti, quelli che temono la scienza e le ricerche interiori che appartengono ad altre trafile culturali.
XXVIII aforisma. Le religioni più elevate, possono essere considerate come scienze essenziali e più importanti, a livello esistenziale, di quelle accademiche (tredicesima verità inaspettata) in quanto:
I, ci insegnano ad evolvere, fino a realizzare la percezione diretta di una realtà allargata, che prima o poi trascende i limiti della razionalità.
II, curano la pazzia e l’irrazionalità della mente “normale” del praticante nel modo più efficiente.
III, recuperano la felicità insita nella natura umana e ci costringono a vivere in armonia con la natura.
IV, esprimono la più alta moralità e salute interiore.
A differenze delle scienze accademiche, si basano su una ricerca gestita in prima persona e inoltre sono alla portata di tutti e a costo nullo.
XXIX aforisma. A livello subatomico e a livello psichico, la realtà è fatta da proposizioni contrastanti (quattordicesima verità inaspettata).
A posteriori si è verificato sperimentalmente che a certi livelli (vedi: natura della luce, delle particelle subatomiche, delle esperienze trascendentali) la realtà non può essere più descritta con i nostri usuali paradigmi mentali. Pertanto gli Dei non possono essere compresi in termini razionali e tanto meno descritti con un linguaggio.
Con ciò non si suggerisce di trascurare la propria razionalità nella vita di ogni giorno, ma di essere pronti a rivedere i propri paradigmi mentali, quando si percepisca una realtà allargata a livelli percettivi inusuali o si indaghi la realtà a livelli subatomici.
XXX aforisma. Tramite l’attenzione, la concentrazione e la meditazione, praticate in prima persona, l’uomo può fermare l’attività inconscia della propria mente, raggiungere una più ampia libertà dall’ambiente e percepire quella realtà, dove i miracoli sono ovvi.
Migliaia di anni di esperienze religiose nei più diversi paesi ha dimostrato la validità di tale asserzione.
Osservo infine che qualsiasi esperienza, quando risulti incomprensibile in un certo contesto culturale, viene considerata come un miracolo e pertanto il miracolo è una misura dell’ignoranza soggettiva di chi giudica, piuttosto che un fatto alieno alle leggi della natura.
XXXI aforisma. Il miracolo di per se non dà alcuna garanzia di essere frutto di una disciplina interiore, perché può derivare da una particolare e rara condizione genica, può essere ottenuto per via chimica, con i mantra o l’auto suggestione e può essere il risultato di una truffa.
Inoltre il miracolo non può essere mai utilizzato per garantire l’infallibilità di un profeta o la validità di una religione, in quanto la capacità di far miracoli, anche se ottenuta tramite una ferrea disciplina interiore, si realizza ben prima di aver superato del tutto i propri condizionamenti mentali (quindicesima verità inaspettata).
Qualsiasi serio e maturo praticante di una disciplina interiore può confermare questa affermazione.
Concludo questo capitolo osservando che la ricerca interiore presenta due pericoli da evitare.
Primo, inorgoglirsi per i risultati raggiunti e sentirsi superiori agli altri. In questo caso non si raggiungerà mai il fine ultimo della ricerca interiore:superare la propria egoicità.
Secondo, dare un eccessivo valore alle esperienze”miracolose”e alle esperienze e gioie eccezionali che la ricerca interiore può procurare, invece di mantenersi sobri, obiettivi e sereni, controllando gli effetti di tali esperienze a più livelli: fisico, esistenziale e mentale. La comprensione e l’evoluzione interiore hanno bisogno di sobrietà e non di emotività.
Poiché la ricerca interiore è sempre stata una faccenda di grande difficoltà e di lunga durata, quindi per pochi, mentre oggi abbiamo la necessità di poter disporre di una disciplina alla portata di tutti, di rapido realizzo e senza la necessità di dipendere da guru e profeti, propongo una nuova disciplina interiore, basata sulle conoscenze della biologia moderna, quindi laica e propria della nostra cultura, che possieda i requisiti di cui sopra (Vedi XXXVIII aforisma).
Trovi la descrizione dettagliata di questa disciplina in “UNA DISCIPLINA EVOLUTIVA DEDOTTA DALLA BIOLOGIA MODERNA”.
PARTE TERZA
I fondamenti biologici per una vita mondana felice e vincente.
XXXII aforisma. Assicurarsi una socialità positiva tramite un’etica che sia valida in termini biologici.
Per ora noto che in Occidente l’etica è un’erba che non cresce nei partiti politici e nei consigli di amministrazione delle multinazionali. Peggio ancora, ci manca perfino il concetto di un’etica basata sulle leggi della vita, in quanto il termine bioetica è usato in modo improprio.
In generale, una vera bioetica dovrebbe essere basata su:
la conoscenza delle leggi della vita, una prassi scientifica con la quale gestire le proprie vite e l’utilizzo dell’assioma della correlazione dei caratteri (vedi III aforisma).
L’esperienza dimostra come sia molto difficile per l’uomo mantenere un alto livello etico (vedi la funzione delle discipline “religiose” e della ricerca interiore) se la pressione selettiva si abbassa, indipendentemente da quelle che possono esserne le cause. E se i comportamenti etici degenerano, la stessa struttura sociale diventa controproducente (vedi la storia europea dal medioevo ad oggi).
Poiché l’evoluzione culturale risulta molto più lenta rispetto a quella tecnologica e malgrado le difficoltà intrinseche che l’uomo comune incontra nell’affrontare una disciplina interiore, si dovrebbe comunque tentare di realizzare quanto prima una coscienza bioetica collettiva, divulgando le leggi della vita a tutti i livelli.
XXXIII. aforisma. Il primo, irrinunciabile comportamento bioetico è quello di difendere l’evoluzione adattativa (sempre corale) di tutti i viventi e quindi proteggere l’integrità dei loro habitat.
Per difendere la sopravvivenza della vita, non bisogna sorpassare i livelli di inquinamento e di degrado ambientale che danneggiano la sopravvivenza di qualsiasi specie, compresi gli unicellulari, gli appartenenti alla fauna edafica e marina, gli insetti e persino quelle specie che sono considerate dall’uomo come intrusi da eliminare.
È vana ipocrisia preoccuparsi per la salvezza delle singole specie, se così facendo non si protegge l’integrità dei loro habitat.
È pazzia pura preoccuparsi della sopravvivenza delle varie specie, vedi l’istituzione di quei parchi nazionali, dove gli habitat sono del tutto integri, senza mai includervi l’uomo. E’ sciocca disonestà chiamare parchi nazionali quei territori dove l’uomo è ammesso, ma l’evoluzione adattativa no.
XXXIV aforisma. Una legge eguale per tutti è errata in termini biologici.
Per l’altissima variabilità e instabilità mentale ed emotiva che si ritrova anche tra individui della stessa comunità, è del tutto insensato pretendere di comminare punizioni basate su di una valutazione “etica” di “colpe oggettive”.
Sarebbe molto più ragionevole e facile, accontentarsi di far pagare ai “delinquenti” i danni che hanno causato.
Inoltre, sarebbe ora di verificare se i delinquenti che affollano le nostre prigioni non siano altro che i minus varianti e, o le vittime di una società ipocrita e degradata.
XXXV aforisma. La legge che impone castighi, non ha alcun valore adattativo.
I castighi non fanno altro che aumentare il danno che un comportamento criminale ha prodotto: le pene detentive obbligano criminali e secondini a vivere in habitat degradanti; la pena di morte duplica i danni che una popolazione ha subito per causa di un assassinio.
XXXVI aforisma. Pratica una igiene che sia capace di ridurre il pericolo di ammalarsi, senza per questo degradare l’ambiente.
L’igiene deve rispettare le leggi della competizione adattativa e della integrità ambientale, mirando ad aumentare le difese dell’organismo piuttosto che eliminando agenti patogeni e unicellulari in genere. Sterminare, o tentare di sterminare, “erbacce”, insetti e parassiti tramite la chimica, è un macroscopico errore ecologico.
XXXVII aforisma. Non eliminare le malattie con valore igienico.
Le malattie infettive hanno tutte un valore igienico e talvolta curativo (vedi cure del cancro basate su infezioni controllate) e pertanto è importante rispettare il decorso normale della malattia, perché in questo modo si rinforza il sistema immunitario.
Ricordo che le abituali malattie che si riscontrano in un certo contesto geografico, altro non sono che un aspetto di quella naturale e inevitabile competizione interspecifica tra preda e predato, che è sempre necessaria per realizzare un’evoluzione adattativa.
XXXVIII aforisma. Evitare le nicchie a bassa pressioni selettiva (vita comoda), perché in tali condizioni il corpo diventa un amico infido e la mente impazzisce.
In tutte le civiltà troviamo discipline laiche e religiose con significati igienici più o meno evoluti, mirati a risolvere i problemi dovuti al calo della naturale pressione selettiva.
Nel caso non siate devoti, poco male. Se rispettate la vostra razionalità, vivete da artisti, perseguire un’economia valida in termini esistenziali ed ecologici e soprattutto se praticate la seguente igiene mentale, essere atei o credenti non fa alcuna differenza per quanto riguarda la vostra evoluzione interiore.
Nella biologia moderna (evoluzione ed etologia) ho individuato per caso, e sperimentato con successo, un disciplina ottimale e “laica”, più adeguata di tutte quelle “religiose” che conosco, per realizzare una avanzata evoluzione ontogenetica. Si articola in tre esercizi:
I. Attento a quello che fai nell’istante presente. Percepirai frazioni di tempo infinitesime.
II, quando uno stimolo ti spinge a cambiare attività, fermati per sette respiri e riconsidera tale motivazione. Diventerai il padrone e lo stratega della tua vita.
III, muoviti con armonia, rilassando i muscoli antagonisti e mantenendo, quando possibile, un respiro piacevole ma più profondo e lento. Faciliterai di molto il primo esercizio e ringiovanirai.
Questa disciplina è di particolare interesse perché:
I, è l’unica che conosco che nasca nella nostra cultura scientifica.
II, ottimizza qualsiasi azione e scopo.
III, non richiede (quasi) tempi extra. Quindi è ottimale per gli indaffarati occidentali.
IV, è alla portata di tutti, credenti e atei, ricchi e poveri, giovani e anziani, mentre è risaputo, che il fine ultimo di tutte le tradizionali religioni e discipline interiori rimane inaccessibile ai più.
V, offre risultati esistenziali immediati e quelli evolutivi richiedono settimane, o mesi, non anni di impegno.
VI, è scientifica nella prassi ed è, in parte, sostenuta da antichissime discipline tantriche e karmiche.
VII, per quanto riguarda l’ottimizzazione delle proprie strategie di vita, si completa con la pratica del Wei Qi, inteso come disciplina interiore.
XXXIX aforisma. Popolazioni umane di centinaia di migliaia di individui, o peggio, e di habitat troppo densamente popolati, sono da evitare, perché l’uomo è una specie adattata a vivere in piccoli gruppi, più o meno isolati tra di loro in termini “economici, culturali ed esistenziali”, ma non genetici.
È risaputo che le condizioni di sovraffollamento che si verificano nelle grandi città esprimono un grave regresso ambientale e sociale, favoriscono l’insorgere di criminalità ed epidemie, causano degrado fisico e mentale e per di più inquinano l’ambiente e distruggono gli habitat vicini.
Se potete fare una scelta di vita più sana, andate a vivere in campagna o in un piccolo villaggio.
Una società che spinge i contadini ad abbandonare le campagne per trasferirsi nelle città non ha alcun valore adattativo.
XL aforisma. Il galateo ha la funzione di proteggere e migliorare i rapporti sociali e pertanto ha un alto valore etico ed evolutivo.
Un comportamento “educato” è più evoluto di uno “maleducato”, in quanto comporta un notevole risparmio energetico, una riduzione dei rischi personali, una migliore qualità di vita e una più efficiente socialità.
Tale raccomandazione è tanto più valida se viviamo in società ossessionate dalla competizione.
XLI aforisma. La funzione originaria del pudore è stata quella di ridurre i pericoli che corriamo nelle situazioni in cui siamo più indifesi.
In termini adattativi, il pudore consiglia di occultarsi quando siamo meno attenti verso i pericoli esterni, in particolare durante il sonno, i pasti e il coito, ecc.. Tale comportamento viene fortemente influenzato dalla cultura e dagli habitat in cui si vive e non è sempre certo che mantenga un valore positivo.
XLII aforisma. Le scienze hanno la funzione di evidenziare i nostri errori sensoriali e culturali, migliorando e aumentando la nostra conoscenza dell’ambiente.
I nostri scienziati ci insegnano come correggere i nostri errori percettivi (il Sole che gira attorno alla Terra), psichici (la scarsa razionalità della mente normale), e culturali (inadeguatezze del nostro linguaggio, dei nostri dogmi e dei nostri miti).
Sia chiaro che tutte le scienze sono condizionate dalla cultura in cui nascono e pertanto potete valutare il degrado di una società dallo presenza o meno di tecnologie nefaste per l’uomo e per l’ambiente.
XLIII aforisma. Le scienze vanno impiegate anche per affrontare i propri problemi esistenziali.
È tempo di insegnare a tutti come praticare un atteggiamento scientifico in prima persona, in modo da poter ridurre i propri errori esistenziali, riconoscere gli inganni dei falsi profeti e del linguaggio e valutare la validità dei propri comportamenti in termini strategici.
Anzitutto suggerisco di praticare la ricerca interiore riportata nell’aforisma XXXVIII, in quanto ci consente di eliminare le cause dei nostri errori comportamentali nel più rapido e facile dei modi.
Poi ricordo l’antica scienza cinese della fisiognomica, in quanto vi permette di giudicare a vista la personalità di una persona di una certa età. Potrete così evitare di votare politici corrotti e ignoranti, di seguire preti scellerati e tollerare falsi maestri. D’altra parte, anche praticando una qualsiasi meditazione, acquisite la capacità di percepire sia la vostra vera personalità che quella del prossimo.
Ricordo inoltre che, per il principio che: “quanto è valido ad un livello di esistenza è valido a tutti i livelli”, la ragione ci permette di valutare in prima persona se una legge, una scienza, una religione, una economia vengono praticate in modo corretto. Per esempio, se scopriamo che c’è un rapporto inverso tra ricchezza (PIL) di un Paese e la felicità dei suoi abitanti, perché tollerare che politici e operatori economici insistano su strategie basate sull’aumento di ricchezza, quando è provato che questa comporta miseria esistenziale e degrado ecologico.
Concludo con una osservazione sulla didattica delle discipline interiori. In Oriente, conoscere una disciplina interiore, tanto da poterla insegnare, vuol dire averla praticata sino ad ottenere i benefici e l’evoluzione che questa promette, altrimenti si è dei falsi profeti. In Occidente, per insegnare una disciplina interiore, non occorre averla praticarla, sino ad aver realizzato una qualche evoluzione interiore, basta conoscerne la descrizione pratica e le finalità. In questo caso la trasmissione del sapere è impossibile, in quanto, ad un certo punto, questa didattica richiede il superamento della comunicazione verbale.
XLIV aforisma. Le arti ci offrono una grande gratificazione emotiva e inoltre, tramite le scienze possiamo apprezzare la bellezza come espressione di alta funzionalità.
Non si vive di solo pane e praticare un’arte con disciplina, vuol dire avvicinarsi alla perfezione interiore.
Inoltre, tramite l’amore per il bello, possiamo arrivare alla comprensione emotiva delle radici della vita. Che “bello” significhi “funzionale” è vero sia per i nostri manufatti e comportamenti, che per le forme degli esseri viventi. È vero che certi animali non ci sembrano belli per niente, ma in questi casi si tratta di specie parassite, che pertanto hanno scelto un’evoluzione adattativa poco promettente in tempi lunghi.
Concludo osservando come nella specie umana la donna sia molto più bella del maschio, in quanto esprime sia un maggior numero di funzioni (vedi maternità e allattamento) e una più avanzata evoluzione filogenetica (vedi l’ipotesi della evoluzione pedogenetica nella specie umana).
XLV aforisma. Per avere successo nella vita mondana, è necessario: primo, coltivare la propria capacità di amare, perché colui che non ama, non può esprimere il coraggio necessario per affrontare la vita. Secondo, evitare la schiavitù delle abitudini, per poter reagire in modo ottimale ad ogni novità. Terzo liberarsi dal proprio egocentrismo, così bene interpretato dalla nostra importanza personale.
La capacità di amare un altro essere umano ci dà la più grande forza interiore. Se non sapete amare il prossimo, incominciate a far pratica con un fiore, una pianta, un animale.
Le abitudini vanno evitate, perché vi suggeriscono strategie superate, che forse hanno funzionato in un contesto passato, ma il presente rappresenta sempre novità che vanno affrontate con fantasia e la necessaria fluidità per cogliere al volo le occasioni favorevoli.
L’importanza personale è da evitare, per due motivi: primo, perché ci rende difficile valutare la realtà in termini obiettivi. Secondo perché è la nostra principale fonte di perdita di energia vitale e di disagio esistenziale.
XLVI aforisma. E’ necessario imparare ad affrontare le cause e non soltanto gli effetti dei propri malesseri.
Purtroppo siamo più propensi a curare gli effetti di un comportamento errato che ad eliminarne le cause. Per esempio, ci imbellettiamo quando siamo pallidi, ci illudiamo di poter eliminare gli scarti inquinanti, invece di tentare di produrne di meno, tentiamo di combattere il cancro ma non di prevenirlo.
XLVII aforisma. I lavori che degradano l’ambiente vanno eliminati.
Non impegnatevi in lavori che inquinano e non producete ricchezze che aumentano il degrado degli ambienti naturali. Non dimentichiamo mai che la più grande e reale ricchezza che possediamo, che possiamo spendere in gioia di vivere, guadagnando salute fisica e mentale, è quella rappresentata da una natura incontaminata.
Pensare che la natura sia “res nullius”, oggi è un atto criminale, perché per la prima volta nella storia dell’uomo, siamo nelle condizioni di poter spegnere la vita sulla Terra, a causa della nostra involuzione etica, della tecnologia e industria moderna e della nostra deliberata ignoranza delle leggi della vita.
XLVIII aforisma. I lavori che degradano l’uomo vanno evitati.
Lavori che qualsiasi invertebrato potrebbe fare, che debilitano la mente e il corpo, perché troppo faticosi o troppo banali, vanno evitati.
Ricordo che nessuna specie può sopravvivere a lungo senza far un ricorso continuo alle sue potenzialità più evolute.
XLIX aforisma. Il lavoro e le culture che non permettono all’uomo di evolvere vanno evitati.
Non si vive per lavorare, ma si lavora per poter vivere pienamente.
Certo che non mancano discipline (Tantra, Raja e Karma yoga, per citare soltanto alcune di quelle che conosco), che insegnano come evolvere anche nelle peggiori condizioni ambientali, ma già in condizioni ottimali è difficile superare la propria limitata visione del mondo.
L aforisma. Soltanto praticando una disciplina interiore, volta a ridurre progressivamente la preponderanza dell’inconscio, i tuoi bisogni inutili e limitazioni culturali, potrai cambiare il tuo mondo in meglio.
È assurdo sperare di risolvere i propri presunti problemi esistenziali, se prima non si hanno eliminato i propri difetti mentali e caratteriali. Infatti, soltanto così facendo, migliorerai il tuo comportamento e quindi le nicchie di coloro i quali vengono in contatto con te.
È stato dimostrato che, fissare la propria attenzione sui difetti degli altri, ti fa regredire, in quanto prima o poi ti adegui a pensare come loro. Questa è una legge universale, ben provata a posteriori, che vale sia per laici che per religiosi.
LI aforisma. Il piacere dei sensi è come nettare all’inizio ma, quando crea dipendenza, diventa come veleno alla fine.
È difficile godere del piacere dei sensi senza farsi condizionare da essi. Comunque le abitudini sono sempre negative, perché creano fissazioni che rendono difficile affrontare al meglio la propria vita, in quanto l’evoluzione è sempre irripetibile e imprevedibile.
LII aforisma. Il piacere della meditazione è sempre come veleno all’inizio e come nettare alla fine.
La più dolorosa e difficile impresa che l’uomo può realizzare è quella di liberarsi dalle proprie abitudini e condizionamenti. Non c’è impresa più difficile e più lodevole di quella di domare la propria mente.
LIII aforisma. Il progresso verso la libertà interiore è un processo segnato da alti e bassi.
Poiché il nostro subconscio si ribella quando pratichiamo una disciplina mentale, capita spesso che esso possa riprendere un certo sopravvento sui nostri pensieri. Tale regresso dura per tempi limitati, se siamo perseveranti. Pertanto, se cadi cento volte, per cento volte rialzati.
Soltanto quando si è raggiunta l’ultima conoscenza, non si decade più a livelli inferiori di coscienza.
LIV aforisma. L’ignoranza del significato esistenziale ed evolutivo della nostra economia, delle religioni e dell’etica, è la causa di tutti i nostri mali attuali.
Ignoriamo che tutti gli esseri viventi sono capitalisti e quindi non conosciamo il primo significato di questo capitalismo naturale: mantenere alta la pressione selettiva su tutti i viventi. I guadagni di tale capitalismo si misurano in millenni. Soltanto nel caso che vengano a mancare i competitori e i predatori naturali di una specie, questa riesce ad esprime un capitalismo a rapida crescita esponenziale, che però porta il suo habitat al tracollo e conseguente catastrofe.
Delle religioni spesso trascuriamo il loro significo igienico (sia fisico che mentale) ed evolutivo. Infatti, non abbiamo neppure il concetto di cosa, come e perché sia la ricerca interiore.
LV aforisma. L’umanità può sostituire la spietata selezione naturale con una selezione a misura d’uomo, tramite le scienze e la ricerca interiore.
Tale scienza è ancora tutta da sviluppare e il tempo a disposizione è poco. Comunque in questo testo trovate sia i principi che i criteri necessari per affrontare il risanamento della società e dell’ambiente.
LVI aforisma. Vivi nel mondo e per godertelo al massimo, coltiva l’arte, le scienze e la meditazione in prima persona.
Non trascurate le gioie della la vita mondana (vedi il “Kama Sutra 2000”), perché così facendo accumuli esperienze, evolvi e affini le tue capacità. Non il piacere ma la dipendenza dal piacere sono da evitare. Inoltre, sulla base delle mie esperienze personali, peraltro condivise, ritengo che si affina e si ritempra lo spirito molto meglio affrontando, con la dovuta disciplina, i problemi della vita mondana, che meditando nella serenità di un ashram.
Coltiva l’arte in prima persona e ridurrai i tuoi stress esistenziali e ricorda che c’è una correlazione diretta tra l’evoluzione verso una maggiore libertà e un incremento di bellezza. L’arte del Go ( Wei Qi) è particolarmente adatta, per formare una mentalità vincente, se viene praticata tenendo conto delle strategie che richiede.
Utilizza il metodo scientifico in prima persona ed eviterai molti errori, ad incominciare da quelli dovuti alle emozioni. In particolare è necessario operare con razionalità, onestà culturale e buon senso, perché qualsiasi insegnamento può essere travisato in buona o mala fede.
Dedicati poi ad una qualche meditazione (consiglio di incominciare con lo hatha yoga, se hai problemi fisici e lo yoga evolutivo se hai problemi esistenziali) per liberarti da vincoli e bisogni inutili e creare i presupposti per una vita felice e un’evoluzione adattativa vincente, sia ontogenetica che filogenetica.
Se la tua religione, la tua cultura e la tua scienza non ti aiutano ad evolvere, può darsi che: I, siano errate; II, vengano praticate male: III, siano vissute con impegno insufficiente: IV, non siano più adeguate ai tempi: V, siano finite sotto il controllo di falsi profeti.
LVII aforisma. Attento che la crescita di una qualsiasi ricchezza, non sia una funzione direttamente correlata col degrado ambientale, perché tale funzione tende a zero, quando il degrado ambientale supera certi limiti.
Quindi valuta gli effetti economici a lungo termine della globalizzazione economica, della crescita industriale, dell’inquinamento ambientale e della distruzione delle risorse naturali.
Non è un caso che l’infelicità esistenziale vada di pari passo con l’aumento del PIL.
LVIII aforisma. spendi il tuo denaro, in modo da favorire la tua evoluzione interiore e proteggere l’evoluzione adattativa di tutti i viventi.
Le cose che contano di più nella vita non costano, o non dovrebbero costare, nulla. Fai un esame di coscienza, cosa ti sono costate le tue esperienze più edificanti ed entusiasmanti, come l’amicizia, l’amore, un tramonto, un gioco, le bellezze della natura, un libro, e si potrebbe continuare all’infinito. Una bonsai colto in natura può dare più gioia di un quadro che costa milioni. Vivere al presente poi, che è il solo modo valido di esistere, non costa che un po’ di attenzione.
LIX aforisma. Non tollerare i disonesti e gli ignoranti nella politica ma ricorda che è inutile eliminarli se non distruggi pure la nicchia dove prosperano. Tale legge ha un valore universale e vale anche per profeti, scienziati, insegnanti, ecc..
Fa politica in prima persona e spiega al prossimo, che non si possono tollerare i disonesti, perché degradano la nostra socialità.
Non tollerare gli ignoranti, perché non sono in condizioni di individuare i problemi della società.
Ricorda poi che non basta eliminare una classe dirigente ignorante e corrotta, se non si mutano le nicchie che l’hanno prodotta, perché in tal caso si ottiene soltanto la comparsa di una classe dirigente più scadente di quella di prima.
La prassi corretta è:”Non cambiare niente, se vuoi cambiare tutto” e non viceversa, come si fa abitualmente. Faccio un solo esempio: i servizi segreti sono deviati? Bene, si cambia il nome al “servizio”, si punisce con delicatezza un capro espiatorio e i responsabili rimangono ai loro posti.
LX aforisma. Per realizzare pienamente qualsiasi attività umana, dalla ricerca interiore alla vita mondana, è necessaria una conoscenza biologica praticata a tutti livelli.
Per creare una nuova cultura, che abbia il potere di risolvere le cause dei mali esistenziali ed ecologici che ci affliggono, è anzitutto necessario che le scienze biologiche vengano divulgate a tutti i livelli. Dopodiché sarà sufficiente rivedere e correggere gli aspetti evolutivi, adattativi ed esistenziali della propria cultura, cercando di ridurre le catastrofi ecologiche in corso, senza subire troppi traumi esistenziali, economici e genetici.
Sia chiaro che sarebbe catastrofico applicare le leggi della vita, tutte e subito, nelle moderne culture industriali. Nei paesi più avanzati si potrà tentare il recupero dell’evoluzione adattativa, soltanto tramite la programmazione di un regresso energetico, per altro ormai inevitabile, che sia compatibile con la sopravvivenza dell’economia.
a volte penso che non sarebbe una brutta idea un limite di caratteri ai commenti 😆
a volte penso anch’io che non sarebbe una brutta idea un limite di caratteri ai commenti.
Fai le cose con più calma Dario .
basta un link tante volte 😉