[…] Ormai il campo è loro. I duri, gli irriducibili, i figli del vecchio nazionalismo della destra sionista che negli ultimi anni sono stati educati nelle yeshivot (le scuole religiose) cresciute come funghi nelle colonie della Cisgiordania. Nella maggioranza dei 21 insediamenti di Gaza hanno trovato una popolazione per lo più pragmatica. Certo delusa, risentita, rancorosa, gente che non esita a chiamare Ariel Sharon «traditore» e il suo gabinetto un «governo di kapò». E comunque ormai pronta a partire, a cercare di rifarsi un’altra vita fuori Gaza. Ma non a Kfar Darom. Lo sanno bene i dirigenti dello Shin Bet (il servizio segreto interno), che proprio qui hanno mandato decine di agenti e inviato i corpi speciali dell’esercito. Perché, se ci sarà battaglia nei prossimi giorni, senza dubbio Kfar Darom si troverà in prima fila. […] I bambini sono la loro arma segreta. «Quale soldato israeliano avrà il coraggio di strappare il figlio a una mamma ebrea? Voglio proprio vedere chi riuscirà a obbedire agli ordini sino in fondo e buttarci fuori di qui. Perché noi resisteremo. Dio solo sa quanto resisteremo», spiega con l’aria decisa Sarah Friedman, 26 anni, sposata con Nachshon, agricoltore di 2 anni più giovane, e soprattutto genitori di Hanah (4 anni), Avner (2 anni) e Maian, 2 mesi. A chi le chiede se non è una follia portare un bambino tanto piccolo nelle trincee di questa Fort Alamo dei coloni, lei risponde senza esitazione: «Se faranno male a Maian non sarà colpa mia, ma del traditore Sharon. Lui avrà Maian sulla coscienza». Forza dell’estremismo. Sarah è immigrata solo 8 anni fa dagli Stati Uniti, ora vive a Kfar Tapuah, la stessa colonia in Cisgiordania legata al movimento razzista Kach dove si era rifugiato il giovane soldato di leva che due settimane fa ha aperto il fuoco in un autobus di drusi, uccidendone 4, prima di essere a sua volta linciato. […] Che fare allora? «Resistere», dicono gli studenti di Kirat Arba e Hebron, gli irriducibili arrivati a decine. Molti di loro sono nati negli insediamenti, una generazione nuova, diversa dai padri. E rifiutano a gran voce di essere definiti coloni. «Noi siamo cittadini naturali di Cisgiordania e Gaza. Siamo nati qui, abbiamo diritto a questa terra almeno quanto i palestinesi. Anzi no, molto di più. Perché Dio ha promesso Israele agli ebrei. Gli arabi invece sono stranieri, venuti qui solo perché gli ebrei danno loro lavoro e uno standard di vita più alto», affermano. […]
L’articolo di Lorenzo Cremonesi è stato pubblicato sul sito del Corriere della Sera