Uzbekistan: 8 anni di carcere a chi osa parlare di religione

Chi parla ad altri della sua fede religiosa commette un crimine, punito anche con 8 anni di carcere. Lo prevede una nuova legge all’esame del legislatore uzbeko.  La proposta è stata resa nota il 4 agosto a un incontro dei leader religiosi, convocato a Tashkent dal Comitato statale per gli affari religiosi. Presenti tutte le organizzazioni religiose riconosciute dallo Stato: l’Amministrazione spirituale degli islamici in Uzbekistan, la diocesi Russo-Ortodossa per l’Asia centrale, la Chiesa cattolica di Tashkent, la comunità Ebrea, l’Unione battista e la pentecostale Full Gospel Church. Gli altri gruppi non sono riconosciuti e lo Stato considera la loro attività “illegale”. Il Comitato ha detto che non si deve parlare della propria religione fuori dei luoghi di devozione riconosciuti dallo Stato. Per chi lo fa, la proposta di legge prevede la multa da 200 a 600 volte il salario minimo mensile (ora pari a circa 10 dollari Usa).  Dopo la prima infrazione, il “recidivo” si prenderà da 3 a 8 anni di carcere, e con lui sarà condannato il capo della sua comunità per  una sorta di responsabilità oggettiva.  Nessuno dei religiosi presenti si è opposto alla nuova legge, per paura – ritengono esperti – di rappresaglie: nel Paese da tempo le comunità religiose sono colpite in vario modo.  […]  Il divieto di “parlare” di religione è una violazione dell’art. 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dalle Nazioni unite e approvata anche dall’Uzbekistan come membro: prevede, tra l’altro, piena libertà “a manifestare la propria religione”, “da solo o insieme con altri sia in pubblico che in privato”. Costituisce, inoltre, ulteriore violazione dei diritti personali che Tashkent deve rispettare come membro dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Ocse).  […]

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