Al peso delle prove inutile contrapporre la leggerezza delle bugie. Così don Stefano Ciacca, quarantatrè anni, perugino, parroco da circa dieci anni, un viso tondo e pacato, una collezione di filmini porno nascosta in casa, il ricordo dei suoi migliori amici di persona corretta e caritatevole, una scia di cocaina di almeno un chilo, po’ Jeckyll dei buoni e Hyde dei cattivissimi, metà don Abbondio e metà Lucifero, ha confessato: «Dio mi assista, devo dirvi tutto tutto: il pacco di cocaina fatto arrivare dal Costarica era anche per me. Sì, è vero, assieme a Michele avevamo deciso di fare questa cosa. I soldi? In verità non so cosa avremmo fatto con questi denari. Non so, davvero, non so cosa mi sia capitato. Ma adesso voglio dire tutto. Posso dirvi anche da chi abbiamo preso la cocaina, chi ci ha spedito quel mezzo chilo…». […] ieri mattina davanti al magistrato Dario Razzi, don Ciacca, già responsabile delle vocazioni, una sorta di trainer dei futuri sacerdoti, ha smentito quella versione così stonata che lo voleva involontario-destinatario-intermediario («il pacco non era per me») e ha raccontato un’altra storia buffa. Ma stavolta vera. […] Una verità buffa la sua, perché farsi spedire un pacco di mezzo chilo di cocaina dal Costarica come fosse una friggitrice del Postal Market, con destinatario la Curia arcivescovile e pensare di farla franca non è da tutti.
Il testo integrale dell’articolo di Claudio Bianciardi è stato pubblicato sul Messaggero