Le istituzioni italiane hanno da sempre un rapporto complicato con i non credenti. I loro diritti non sono espressamente menzionati nella Costituzione, e per avere il riconoscimento dell’uguaglianza con i credenti si è dovuto attendere il 1979 e la Corte Costituzionale. Da allora sono passati altri 34 anni senza che uno straccio di legge raccogliesse quanto stabilito per via giuridica: e dire che le questioni aperte sono veramente tante. La richiesta dell’Uaar di avviare trattative per la stipula di un’Intesa sono state regolarmente respinte dai vari governi succedutisi negli ultimi vent’anni, peraltro con modalità che per ben due volte la stessa giurisprudenza ha giudicato illegittime. Pesa l’ostracismo delle gerarchie ecclesiastiche (che del resto non vogliono nemmeno che un principio costituzionale come quello della laicità dello Stato sia menzionato in una legge ordinaria) e l’assoluta incapacità della classe dirigente di opporvisi. Risultato: ancora oggi, per il governo, atei e agnostici non esistono. O quasi.
Un buon esempio di questo atteggiamento è costituito dal compendio sulla libertà religiosa diffuso dall’ufficio del segretario generale della Presidenza del consiglio dei ministri. L’esercizio della libertà religiosa in Italia è stato realizzato con la consulenza di Paolo Valvo, assegnista di ricerca presso l’Università cattolica e culture di materia diversa dal diritto ecclesiastico. Nel testo i non credenti semplicemente non esistono, figurarsi i loro diritti. E dire che il più autorevole studioso della libertà religiosa che l’Italia abbia mai avuto, Francesco Ruffini, sosteneva che la libertà religiosa comprendesse anche la libertà di non credere. Altri tempi: era il 1901.
Il ministero dell’Interno ha a sua volta diffuso di recente il vademecum Religioni, dialogo e integrazione, con lo scopo di favorire il dialogo interreligioso. Il testo è stato caldeggiato dalla Direzione Centrale degli affari dei culti – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale. È frutto del lavoro di alcune realtà che si occupano di dialogo tra religioni (come Com Nuovi Tempi e il Centro Studi e Ricerche IDOS) e di alcuni docenti universitari diretti da Paolo Naso, come Carmelina Chiara Canta, Marco Ventura, Francesco Zanini.
In questo caso c’è, timidamente, anche l’invito al dialogo con atei, agnostici e non credenti, una presenza sempre più visibile nonostante la difficoltà nelle stime. “Poiché le differenze religiose saranno sempre più parte dell’Italia”, scrivono i redattori del dossier sull’immigrazione, “è necessario accompagnare con responsabilità di incontro e dialogo tra fedeli di religioni diverse, e tra questi e i non credenti“.
Interessante il dato sui cittadini stranieri regolari in Italia (poco più di 5 milioni): oltre a 2,7 milioni di cristiani, 1,6 milioni di musulmani, 297mila seguaci di religioni orientali (come buddhismo e induismo), 51mila che seguono culti “tradizionali”, abbiamo 310mila tra ebrei, atei/agnostici e “altri” (da ritenere che di questi la maggior parte sia formata appunto da non credenti). Si fa notare che l’incidenza dei cristiani anche tra gli immigrati “mostra quanto sia improprio in Italia agitare lo spettro di una ‘invasione’ di persone di diversa religione”. In Italia ormai la pluralità religiosa, “accentuata dall’immigrazione, è ormai un fattore strutturale”. E l’islam è la “seconda grande religione in Italia dopo il cattolicesimo”.
Dal canto suo Carmelina Chiara Canta, docente dell’università di Roma Tre, parla di “dialogo” come “cifra simbolica” della post-modernità, meno caratterizzata da un approccio religioso esclusivista, e scrive: “il riconoscimento e il rispetto dell’uomo integrale costituiscono anche oggi la base per il dialogo tra i credenti delle diverse religioni e tra i credenti e gli stessi non credenti”. Anche l’Uaar viene citata, tra le “esperienze e buone pratiche” del settore Sanità e i protocolli di assistenza sanitaria negli ospedali, in particolare per l’accordo con il Sant’Anna di Ferrara volto a gestire una “stanza del silenzio”, “nello spirito dell’art. 17 comma 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che tutela lo status delle associazioni filosofiche non confessionali”.
Un documento che apre qualche spiraglio, dunque, ma che si caratterizza per la ricorrente valorizzazione del ruolo delle religioni nella società e nella cosa pubblica e per la richiesta di prerogative che può far storcere il naso ai laici. Sicuramente il quadro italiano, caratterizzato dalla condizione privilegiata della Chiesa cattolica (con il Concordato) e un multiconfessionalismo multilevel per alcune religioni cui viene concessa con il contagocce l’intesa, va cambiato all’insegna di una maggiore eguaglianza, visto che ormai è la società è mutata. Ma ci permettiamo di far notare che è difficile dialogare, come prospettato, se non si viene coinvolti o interpellati. E se, soprattutto, si parla di dialogo tra chi dispone di (talora cospicui) privilegi e chi invece è discriminato.
Ricordiamo ancora una volta che il peso dei non credenti, nel nostro paese, supera sensibilmente la somma di tutti i fedeli delle religioni di minoranza. E rappresenta anche una quota non trascurabile dei migranti, spesso provenienti da paesi con regimi confessionali dove la libertà di non credere o di abbandonare una religione viene violata. Gli stessi stranieri, poiché giungono in un territorio sconosciuto, sono spesso giocoforza portati a legarsi alla comunità religiosa di origine e costretti a seguirne le tradizioni. Anche quando non sono osservanti, non trovando chi possa tutelarli (come si faceva notare per il ramadan, che cade proprio in queste settimane). Non mancano nemmeno casi di leader religiosi particolarmente integralisti che rendono più difficile l’integrazione, fomentando odi e divisioni. Ma tale aspetto viene costantemente sottaciuto.
La nostra associazione è del resto critica nei confronti del multiculturalismo comunitarista, un approccio che pare trasparire in alcuni passaggi del documento e che ha già prodotto effetti disastrosi in paesi quali la Gran Bretagna. Preferiamo una laicità che parli di persone riconoscendone i diritti individuali, non di comunità che talvolta rischiano di trasformarsi in ghetti e finiscono per dettare regole e comportamenti agli individui, limitandone la libertà. L’arrivo di immigrati e il diffondersi di altre culture apre nuove prospettive e problematiche nella gestione della convivenza civile. Le religioni possono fare la loro parte come veicolo di integrazione, ma occorre sempre ricordarsi che bisogna puntare alla difesa dei diritti delle persone in quanto tali, non in quanto credenti in questa o quella divinità.
La redazione
L’ostacolo (in verità un muro che appare insormontabile) è sempre il medesimo: la ricerca del facile e stabile consenso; la via più facile e remunerativa per manipolare, raggirare e usare masse più ampie possibili di individui ideologicamente vincolati.
Al di là del tentativo di indicare gli atei come appartenenti ad un “altro” credo, vuoto e negativo -una visione in larga parte autenticamente spontanea, dettata dall’angustia di prospettive intellettuali dei credenti-, le gerarchie ecclesiastiche e politiche intuiscono l’inafferrabilità e indipendenza dello scettico, del non credente.
Queste sono riflessioni che risultano superflue in verità, perché già acquisite nell’ambito dei non credenti; come la certezza che le concessioni che da un “fronte” ideologico religioso si offrono -almeno a parole- ad un altro, sono strumentali ad esercitare le proprie rivendicazioni di sovranità sugli uomini e le donne considerati appartenenti al proprio gruppo. Per esempio: sollevando la questione della prevaricazione dei diritti di un minore al quale venga imposta la circoncisione da parte di una comunità religiosa, esporrebbe l’altra ad ammettere le proprie prevaricazioni rituali e istituzionali sui minori cooptati forzosamente nella propria comunità.
In realtà un ateo agnostico o credente in altro ivece di occuparsi di questo dovrebeb lavorare perchè lo Stato sia veramente laico e non si occupi di dialogo o altro.
A me ad esempio turba molto che Boldrini che si occupa ora di rai e servizio pubblico non abbia niente da dire sulla continua presenza nel servizio pubblico del papa , uno spazio ben maggiore di quello di qualsiasi capo di Stato estero, ma anche superiore ai fatti di politica interna. volendo qui http://liberelaiche.wordpress.com/2013/07/22/boldrinerie/ la mia opinione su boldrini
che ci sia un dipartimento alla presidenza del consiglio che si occupa di affari religioso a me sembra molto molto illeggittimo , tra l’altro sfornano pubblicazioni a rotta di collo con l’apporto di esterni , quindi molto costose per noi
Il “servizio pubblico” della Rai è stato ridotto a una chimera, dovrebbe chiamarsi “servizio privato di vaticano e governo”, a volte mi sembra che sia semplicemente una emanazione della sala stampa di Lombardi.
Come se non bastasse, pensate che si sono inventati pure “RAI VATICANO”:
http://it.wikipedia.org/wiki/Rai_Vaticano
che ha anche tanto di sito internet:
http://www.raivaticano.rai.it/dl/portali/site/page/Page-028b5925-66d2-4284-b68f-7ef9002dd380.html
Inoltre, ecco pure il “sito RAI dedicato alla religione cattolica”, con dentro anche molti links ad altri media cattolici e/o che parlano di cattolicesimo:
http://www.religionecattolica.rai.it/dl/portali/site/page/Page-58dd3eb8-c894-405f-8e6b-e6ad4b4ec3a2.html
non se ne può più, papa dappertutto! Dobbiamo fare qualcosa per protestare, ho scoperto il tuo sito, tornerò a trovarti.
“papa dappertutto!”
Fa parte della pubblicità.
Senza pubblicità, la “chiesa” scomparirebbe in pochi anni per mancanza di “fedeli” 🙂
“Prendete” esempio dai tedeschi
http://www.giornalettismo.com/archives/1040433/unondata-di-sbattezzi-colpisce-ancora-la-chiesa-tedesca/
e “dedicatevi” alle cose che possono creare cambiamenti di costume, invece di star lì a rompere i maroni con la solita ossessione!
“Sbattezzati e fai sbattezzare” questo potrebbe essere il “vostro” motto!
@Engy
Beh, spezzo una lancia a favore dell’attività condotta qui. Il corrispettivo alla scelta tedesca di sbattezzo, qui da noi semmai è non pagare l’8 per mille. Battaglia che effettivamente viene fatta. Lo “sbattezzo” nel senso di cancellazione dai registri battesimali è più una cosa di facciata che altro.
Mica tanto di facciata; se teoricamente si sbattezzassero tutti quelli che realmente non aderiscono ai regolamenti imposti dalla fede cattolica, sarebbe sorprendente se si continuasse a privilegiare e dar tanta importanza a una consorteria che rappresenta una infima parte della società. L’importante è contarsi. Sono realistico e so che certe lobby (quasi) invisibili hanno più peso anche di certi partiti in parlamento. Ma intanto proviamoci.
@Diocleziano
la battaglia sullo sbattezzo a me sembra utile come fatto di costume, Però io che non sono mai stata battezzata subisco in questo paese il peso del cattolicesimo. L’Uaar invece di fare concorrenza alle religioni chiedendo per sè l’otto per mille o promuovendo l’ora alternativa all’ora facoltativa di religione cattolica sarebeb meglio (ovviamente secondo me che in effetti non sono iscritta all’uaar anche per questo motivo) che si spendesse per l’eliminazione dell’articolo 7 della Costtuzione. Battaglia lunghissima, ma qualcosa ai nostri pronipoti la dovremmo lasciare.
@Tiziana
Ovviamente sulla battaglia mi troveresti sulla barricata opposta, ma il tuo post, lo ammetto, non fa una grinza.
@Diocleziano
Se teoricamente… sì. Ma visto che siamo (cioè siete 🙂 ) lontani… beh la posizione di Tiziana, mi sembra più forte.
@PMC
non è forte purtroppo è razionale però
Tiziana,
penso che i dirigenti dell’Uaar abbiano ben presenti quali
siano le priorità e che abbiano tempo e forza per portare
avanti più di un progetto.
Chiedere l’8×1000 non è fare concorrenza alla chiesa, ma
sarebbe anche un segnale importante per sminuire lo status
di sacralità che si arrogano, oltre che permettere
la realizzazione delle strategie.
PMC
Né teoricamente, né lontani: sarebbe bastata una persona
onesta che avesse inserito il quesito nell’ultimo censimento
e la chiesa sarebbe rimasta in mutande in mezzo alla piazza.
@Diocleziano
Non saprei, in mancanza di dati potremmo parlare per ore… del nulla 🙂
@ PMC
Questo mi ricorda altro…
Anche a me, ma non diciamolo in giro 🙂
PMC
Complimenti per la tua onestà intellettuale:
i dati mancano per mancanza di persone oneste…
quindi affanc… i dati!
caro PMC :-),
non posso giurarci (anche perchè non si giura, soprattutto in casa di atei razionalisti) però, mettendomi nei panni di un ateo consapevole e veramente laico, mi vien da pensare che, sommando uno “sbattezzo” dietro l’altro, le cifre potrebbero diventare consistenti, dunque arriverebbe per forza il momento in cui qualcuno, anche i mezzi di informazione, ne prende atto
C’è ben poco poco da sperare nelle sentenze italiane, perlomeno fino a che ci saranno giudici che banchettano con i monsignori: “Il giudice De Bernardi, secondo gli investigatori, mostrava un particolare occhio clinico, in grado di soppesare economicamente chi bussava alla sua porta. Il 25 febbraio scorso si siede al tavolo di un lussuoso ristorante romano del quartiere Parioli, invitato da Giorgio Cerruti. E’ un pranzo a quattro con due ospiti d’onore: un monsignore con un ruolo importante in Vaticano e l’ex presidente della Banca popolare di Spoleto Giovannino Antonini.” http://bit.ly/1bVXNM2
Giovannino Antonini, quello che oggi è stato arrestato.
http://roma.repubblica.it/cronaca/2013/07/22/news/corruzione_7_arresti_a_roma_in_manette_giudice_e_avvocato-63445446/?ref=HREC1-5
E Giorgio Cerruti. Tutti dentro anche se ci resteranno poco.
“Per evitare il passaggio diretto di quella che per i giudici sarebbe una tangente, viene coinvolto un monsignore, che avrà la funzione di intermediario. Secondo i magistrati il prelato sarebbe il salesiano Manlio Sodi (non indagato), presidente della Pontificia Academia Theologica.” http://bit.ly/12bSR3U
Beh, visto che la religione è “l’oppio dei popoli”, noi atei dovremmo essere considerati dei virtuosi da prendere come esempio in quanto ci siamo disintossicati da questa droga.
La religione: se la conosci, la eviti! 😀