“Lascia stare i santi”: intervista a Guido Barbujani

Guido Barbujani, genetista e scrittore, ha lavorato alla State University of New York a Stony Brook (New York) e alle Università di Padova e Bologna. Dal 1996 è professore di genetica all’Università di Ferrara. Tra i suoi libri più noti Dilettanti. Quattro viaggi nei dintorni di Charles Darwin e Sono razzista, ma sto cercando di smettere (con Pietro Cheli). La sua ultima opera è Lascia stare i santi. Una storia di reliquie e scienziati (Einaudi).

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barbujani

“Lascia stare i santi” è un libro originale, a cavallo tra racconto, autobiografia, storia e divulgazione scientifica, sempre accompagnato da una narrazione ironica. Come le è venuto in mente di impostarlo in questo modo?

Per chi, come me, ha fatto lo statale per tutta la vita, il viaggio in Siria, con i suoi imprevisti e le sue difficoltà magari previste, ma nei fatti superiori all’attesa, poteva solo essere un’esperienza memorabile. Mi sembrava una bella storia e sono partito da lì, ma presto ho capito che, per farlo bene, dovevo parlare di tante cose (dal culto dei morti agli effetti delle Crociate) a cui all’inizio avevo prestato poca o nessuna attenzione. Quindi ho cominciato a leggere, a documentarmi, e così mi sono infilato in territori sconosciuti, per i quali dovevo leggere e documentarmi ancora di più; mi sono lasciato prendere la mano e a un certo punto non capivo bene io stesso dove sarei andato a parare. E poi, per gradi, mi sono reso conto che i diversi capitoli stavano insieme, giravano tutti intorno a uno stesso tema, che li legava e li giustificava. Ho cercato di spiegarlo nella citazione iniziale di Vasilij Grossman e nella dedica al mio amico Ivaldo Vernelli.

Al centro del racconto c’è un corpo, custodito a Padova, che i fedeli ritengono quello dell’evangelista Luca. Ha dedicato diverse pagine al fenomeno delle reliquie, dalla geografia dei resti attribuiti a Luca fino al prepuzio di Gesù o all’anulare di santa Caterina da Siena. False attribuzioni e trafugamenti erano all’ordine del giorno, fino a pochi secoli fa. Com’è cambiata la sua opinione sul fenomeno, in seguito a questa particolare esperienza?

Non è cambiata. Leggendo, soprattutto il bel saggio di Pat Geary Furta sacra, ma anche testi della tradizione cristiana, come gli Acta sanctorum online, ho solo avuto occasione di rendermi conto da un lato della vastità del fenomeno, e dall’altro di come una parte del mondo cattolico sia ben al corrente di quanto di grottesco si muove intorno al traffico delle reliquie, e sia disposta a parlarne con laico scetticismo.

Da non credente dichiarato, quale giudizio dà della collaborazione scientifica con una diocesi?

Ottimo. Il vescovo Mattiazzo ha dimostrato un’apertura mentale — e una capacità di comprendere sia i potenziali sia i limiti della scienza — superiori a quelle di molti che la pensano come me.

Il testo contiene una digressione sul diventare scienziati, anzi sul “diventare distruttori di reliquie”. È autobiografica, ma contiene riflessioni agrodolci sulla scienza e su chi ci lavora. Perché ha ritenuto che un libro di questo tipo ne fosse il contenitore ideale?

Non so se questo libro ne fosse il contenitore ideale. Però, insieme al classico pregiudizio antiscientifico di origine crociana che tanti disastri ha portato al sistema scolastico nazionale e direi anche alla società italiana nel suo complesso, mi è capitato di incontrare un pregiudizio opposto, quello secondo cui la scienza sarebbe dispensatrice di certezze. Ecco: io non solo penso che si tratti di un’idea ingenua, o al massimo di un’aspirazione infondata, ma anche che il bello di questo mestiere stia proprio nel contrario: nel doversi muovere costantemente nell’incertezza, senza sapere dove si va a finire e sicuri che qualunque risposta si troverà sarà comunque incompleta e susciterà altre domande. E, arrivato alla fase della vita in cui non si ha più vergogna a riconoscere quanto di buono ci hanno trasmesso i padri, mi è venuto spontaneo tradurre questi pensieri in forma narrativa.

La ricerca sul campo si è svolta in Siria, tra i cristiani d’Oriente. Una nazione guidata da un regime autoritario su cui sono (o forse si dovrebbe dire “erano”) puntati gli occhi del mondo. Quali sentimenti prova ascoltando le notizie? E come vede il futuro di quel paese?

In Siria ho passato solo una settimana, non sono certo un esperto. Non sono in grado di fare previsioni, ma sono desolato per la sorte di Aleppo, città magnifica, oltre naturalmente che per i suoi abitanti, con alcuni dei quali ho stabilito un rapporto breve ma intenso, durato più della nostra capacità di mantenere i contatti. Però qualche impressione forte l’ho riportata e la più forte, raccontata anche nel libro, è che tutte le minoranze con cui ho avuto a che fare preferissero il regime di Assad (all’epoca Hafez, il padre), corrotto e violento, ma tollerante delle differenze religiose, a qualunque realistica alternativa (e sottolineo realistica). Molti me l’hanno fatto capire, altri me l’hanno detto esplicitamente, qualcuno mi ha addirittura confessato di pregare per Assad. Per sgradevole, e anche destabilizzante, che sia questo pensiero, non posso non tenerne conto. Dunque sono confuso, e assisto con inquietudine a un dibattito nel quale esponenti politici con cui di solito sono in sintonia esprimono solidarietà con gli insorti.

81 commenti

alessandro pendesini

…..una parte del mondo cattolico sia ben al corrente di quanto di grottesco si muove intorno al traffico delle reliquie, e sia disposta a parlarne con laico scetticismo…..Dice l’articolo !
Sarebbe comunque interessante conoscere l’incidenza (%) dei cattolici (ma non solo) che NON CREDONO al potere delle reliquie, miracoli, preghiere, ecc..senza dimenticare il loro dio ! Da come conosco gli italiani, che ho avuto occasione di frequentare in Italia, posso affermare che ben oltre il 50% credono in queste buffonate ! A torto ? -Ho anche avuto l’occasione di conoscere cattolici “opportunisti” che non credono in dio e ancora meno alle baggianate che lo definiscono. Uno di questi mi disse che se voleva conservare il suo posto di altolocato in una nota banca lombarda, non aveva altre alternative che fingere…..

John

@ Alessandro
“…cattolici (ma non solo) che NON CREDONO al potere delle reliquie, miracoli, preghiere, ecc..”

“Presente”. Credo di poterlo dire. Come, fortunatamente, non pochissimi credenti (una minoranza? Forse si, ma nelle minoranze in genere si sta meglio).
Però devo fare un’osservazione. La parola “preghiera” ha molte accezioni. Se la intendevi nel senso dell’atto superstizioso, come ingenuo credere ad un rapporto di botta-risposta con una divinità antropomorfizzata dotata di ufficio-miracoli (e penso che tu intendessi questo), allora mi associo pienamente. Se per ” preghiera” intendiamo un qualcosa di più maturo, una dimensione di meditazione in cui ci si relaziona nel proprio intimo con quello che si ritiene un assoluto insondabile, posso dirti che prego, ma che lo considero un fatto puramente personale e interiore. Parlo di un tipo di preghiera che si trova al confine con forme di riflessione e di meditazione che anche un ateo può praticare, non so se mi spiego. Certo, anche solo per questo qualcuno di voi potrà irridermi: chi fra voi pensa che anche il solo fermarsi a meditare in silenzio, un po’ “schiacciati” tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo (come accadeva a Charlie Brown) sia un’inutile perdita di tempo in un mondo che esige concretezza e senso pratico. Una posizione che è legittimo avere, che non condivido, ma rispetto.

bruno gualerzi

@ John
Capisco il senso della tua distinzione a proposito della ‘preghiera’… ma credo che ci sia pur sempre una differenza sostanziale tra la preghiera di un credente e la eventuale meditazione di un ateo. L’ateo può certamente ‘meditare’ su tante cose, cercare di rapportarsi a dimensioni che lo trascendono come in individuo e come specie (dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo), oppure sul mistero dell’esistenza stessa, sulla vita e sulla morte ecc…. ma, in quanto ateo, non avrà come ‘oggetto’ della meditazione un’entità che trascende l’esistenza di ognuno ma che si ritiene pur sempre essere causa prima e senso ultimo di tutto ‘il creato’ (‘creato’, appunto, cioè opera di ‘Qualcuno’ col quale si può venire a contatto, farne l’esperienza), come invece è per il credente.
Personalmente poi… sia pure con motivazioni molto diverse e molto distanti tra di loro… ritengo che la preghiera del credente sia in ultima analisi di natura superstiziosa, in quanto la religione stessa – a mio parare – ha il suo zoccolo duro nella superstizione, intesa come modo per ‘salvarsi’ dal destino che la condizione umana riserva ad ognuno.

Diocleziano

John
Non avevo mai pensato alla preghiera nel senso che gli dài nella
seconda accezione: non riesco a pensarla come una riflessione
e una meditazione in quanto per me il discorso ‘preghiera’ si è
interrotto nell’infanzia, quando la preghiera era la ripetizione
automatica di frasi imparate a pappagallo senza (spesso)
comprenderne il significato.
Resta sempre valido il primo tipo di preghiera,
quello ”ufficio miracoli e raccomandazioni”.
Cosa differenzia la meditazione di un ateo da quella del
credente? Quella dell’ateo può prendere qualsiasi strada
segnata dai suoi interessi e dalle sue esperienze, quella del
credente è pilotata da un insegnamento?
In un caso e nell’altro penso che la profondità della
meditazione sia correlata alla profondità degli interessi personali,
mentre l’intensità ne è indipendente: abbiamo sia ıgnorantı
sia dotti che possono diventare pericolosi visionari.

Sergio

Una volta incontrai una mia conoscente cattolica che stava aspettando qualcuno. Le chiesi cosa stesse facendo e mi disse che stava pregando. Le chiesi cosa fosse questa preghiera, in che cosa consistesse. Mi rispose: nel non pensare. Ci rimasi e me ne ricordo ancora dopo oltre dieci anni.
Non snocciolava avemarie, non chiedeva una grazia. Ricorda certe pratiche orientali di svuotamento del pensiero che mi sembrano pratiche salutari. Cosa ne pensi? Quella cattolica era comunque una credente adulta, intelligente.

Laverdure

@Sergio
“…in che cosa consistesse. Mi rispose: nel non pensare.”
Perche’,durante una preghiera,QUALUNQUE tipo di preghiera ,pensi che un individuo usi davvero il cervello a
livello di veri pensieri profondi ?
Basti pensare a come per secoli milioni di cristiani analfabeti hanno pregato in latino,vale a dire senza capire,letteralmente,cio’ che dicevano ad alta (o bassa) voce.
E sembra che ancor oggi molti fedeli mussulmani pregano in arabo in paesi dove la lingua locale,l’unica che conoscono,e’ del tutto diversa.
Senza dubbio un utilissimo esercizio per la mente e il ragionamento,vero ?

FSMosconi

@John

Mi accodo agli altri: preghiera ha primariamente il significato di “chiedere per avere” “raccomandarsi”, almeno etimologicamente:
ht tp s:/ /en .wiktionary. o rg/ wiki/pre cor#Latin
ht tp :/ /ww w.etimo.it/ ?term =pregare
Poi va be’, se anche l’Inferno o il Paradiso smettono di essere luoghi perché imbarazzante, anche questo ennesimo camuffamento è comprensibile…

bruno gualerzi

@ FSMosconi
“(…) se anche l’Inferno o il Paradiso smettono di essere luoghi perché imbarazzante, anche questo ennesimo camuffamento è comprensibile…”

No, no, fanno bene i cristiani a pregare per la salvezza eterna perché l’inferno esiste, e come! E vuoi sapere chi ne ha garantito l’esistenza? Nientemeno che papa Francesco in persona il quale così si è rivolto ai mafiosi: “Smettete di fare il male perché altrimenti finirete tutti all’inferno!” E se non lo sa lui che rappresenta dio in terra 🙂

John

@ Bruno Gualerzi
Sono d’accordo sulla differenza sostanziale; in ragione di ciò dicevo “si trova al confine”, perché la linea di confine ovviamente esiste.
Sul fatto che la preghiera del credente sia sempre e comunque superstiziosa, invece, non concordo: mi sembra una semplificazione un po’ troppo superficiale.

@ Diocleziano
“Cosa differenzia la meditazione di un ateo da quella del credente? … quella del
credente è pilotata da un insegnamento?”. No, almeno non nella mia esperienza personale. La differenza forse è che il credente riconosce una soggettività all’«altro da sé» su cui medita, per cui ritiene di relazionarsi con «qualcuno», ovviamente non nel senso dell’»amico immaginario» che spesso citate, ma nel senso di una soggettività che trascende quella del singolo; l’ateo che medita, invece, vede l’«altro da sé» come «qualcosa», e la meditazione come percorso interiore piuttosto che relazionale. Questo forse è il discrimine fondamentale.

@ Sergio
penso, personalmente, che la preghiera del credente possa essere intesa anche in quel senso, non necessariamente come un “pensare” ma anche come un “non pensare”. Io sono molto legato all’idea dell’inesprimibile di Wittgenstein, ed è a ciò che mi riferisco. Per me (ribadisco: per me, non astraiamo) anche il fare vuoto può essere un modo per realazionarsi con l’assoluto, e il fatto che altre filosofie orientali pratichino ciò è un punto di convergenza che mi fa piacere.

@Laverdure:
hai sostanzialmente ragione secondo me; è ciò che dicevo io prima sull’accezione di preghiera ingenua e meccanica. Salvo la tua generazione di quel “qualunque” che hai scritto in maiuscolo; come dicevo prima, essa è, come ogni generalizzazione, un po’ affrettata a mio avviso. Io penso che ci siano persona che usano “davvero il cervello a livello di veri pensieri profondi “: pochissime, forse si contano nelle dita di una mano, ma ci sono.

@FSMosconi
Ridurre tutto al significato etimologico mi sembra un irrigidimento eccessivo. La lingua è fluida, “pregare” per molti cristiani vuol dire “relazionarsi”. Se vogliamo portare il discorso ad una rigida categorizzazione etomologica, facciamolo; se però ci accordiamo su qusesta impostazione, rinuncio a tutto ciò che ho scritto fino ad ora e sono d’accordo con te; ritorniamo alla prima accezione di “preghiera” che ho indicato nel mio primo commento, sulla quale mi associavo a voi.

@tutti
Scusate per prima, nella mia citazione di Charlie Brown di cui non citavo la fonte. Immagino che abbiate capito di cosa parlavo, ma se ci fosse qualcuno meno propenso ad avere i peanuts nel proprio bagaglio culturale, mi riferivo a questa: http://img151.imageshack.us/img151/5476/peanuts3bigow9.jpg

Frank

Per Bruno Gualerzi.

Scusami ma hai commesso un grave errore, no è la religione ad avere il suo zoccolo duro nella superstizione ma la superstizione ad avere la sua zoccola (anche dura ma aumenta la tariffa) nella religione. 😆

Giorgio Pozzo

In effetti, la differenza sostanziale tra religione e superstizione, pur essendoci ampie convergenze, è che nella prima si coinvolge (almeno) una entità soprannaturale che nella seconda non viene considerata.

Per quanto riguarda invece la differenza tra meditazione del credente e meditazione del non credente, direi che nel primo caso si abbia piuttosto del misticismo, totalmente assente dalla meditazione nel secondo caso. E, di nuovo, la componente mistica comprende qualcosa di soprannaturale, che viene completamente trascurato dai non credenti.

alessandro pendesini

@John
La preghiera e la meditazione possono probabilmente procurare un sentimento di sollievo, anche se momentaneo, per avere la mente in pace, attenuando l’ansia, paure irrazionali, sentimenti di colpa, ecc… Queste pratiche ancestrali conducono a fenomeni soggettivi, sovente puramente illusori (see autosuggestione), permettono di evacuare (anche se non sempre) certi pensieri sgradevoli, problemi esistenziali che, a volte, sono la causa di un profondo malessere (see stati depressivi). Di tutte le religioni, il buddismo (che dovrebbe essere considerato una filosofia) è quella che fornisce una migliore comprensione di questo processo, anche se tutto porta a credere che non c’é niente di soprannaturale, ma trattasi di un processo puramente fisico. E nessuno fin’ora ha potuto dimostrare razionalmente il contrario !

bruno gualerzi

@ Giorgio pozzo
Misticismo, tu dici. Dipende da cosa si intende per misticismo. Se si intende vivere l’esperienza, per esempio, del non senso della vita… oppure affrontare quegli enigmi che la scienza quanti più ne scioglie quanti più se ne trova sempre di nuovi da sciogliere… oppure, in definitiva, ‘fare filosofia’, cioè spingere il pensiero fin dove può spingersi per poi magari ripiegare su se stesso (cioè non concludere niente, ma solo dopo averne saggiato tutte le possibilità che si è in grado di saggiare)…
beh, credo che anche un ateo possa fare un’esperienza ‘mistica.
Mentre il misticismo inteso come una sorta di fuga da se stessi per perdersi in un tutto nel quale si crede di annullare la propria identità e di entrare in questo modo in contatto con un altro piano di realtà necessariamente trascendente, quale che sia l’emozione che si prova, per intensa che sia, sarà sempre e solo alienazione della propria umanità. Non a caso questo mistico (quello ‘classico’, religioso) chiede di essere creduto al di là della possibilità di comunicarlo con argomenti. Cioè fa appello alla fede.

Stefano ™

@ John

Con tutto il rispetto che ho per te cosa sia la preghierà è chiaro dall’interèretzione “autentica” datane da Gesù in più episodi e da quello che è considerato il prototipo di essa: il Padre Nostro. Che poi alcuni cristiani siano imbarazzati da preghiere e inferni e cerchino di riformulare i concetti in maniera più consona al loro sentire è altro.

john

Stefano:
personalmente non sono imbarazzato dal “padre nostro”. Al limite potrei essere imbarazzato da chi lo ripete a pappagallo, come diceva efficacemente Diocleziano. Sono due cose diverse. (ma in realtà non sono imbarazzato… è un problema loro).
Il “padre nostro” in sé non è stato insegnato come preghierina da ripetere a memoria, senza badare al significato, e penso invece che, riportato al suo significato evangelico, come tu giustamente dici che si debba fare, rappresenti la quintessenza della preghiera che dicevo prima, di relazione con l’assoluto, dove la dimensione del quotidiano (“il nostro pane…”) si relaziona all’insondabile… un concetto secondo me molto profondo.
Aggiungo, sempre in riferimento a me stesso (perché ci tengo a far prevalere il mio pensiero su qualunque omologazione), che “riformulare i concetti in maniera più consona al mio sentire” è una cosa che faccio spesso e volentieri, non capisco che cosa ci sia di male. Io sono una mente libera, e la mia autonomia di pensiero prevale su tutto… non vedo che cosa faccio di male se cerco la formulazione dei concetti più consona al mio sentire. Da come ne parli mi sembra quasi che vedi questa autonomia come qualcosa di negativo, e che preferisci chi invece accetta in blocco un sistema di pensiero in modo acritico e con la paura di esser mandato via se sgarra di un millimetro. Fai pure, io la penso diversamente. Mi dirai che per questo non sono cristiano? Potremmo discuterne, ma ti dico che la mia libertà di pensiero prevale anche sulle etichette e sulle appartenenze, quindi ciò mi interessa davvero poco o niente. Mi sembra che tu veda molto rigidamente il fatto che ad un sistema di pensiero si debba aderire o non aderire in blocco, e releghi un fenomeno positivo (“alcuni cristiani” che pensano con più autonomia e libertà), che secondo me è il centro di tutto, come un fenomeno quasi negativo, marginale e dettato dall’imbarazzo… per me è proprio l’inverso.

bruno gualerzi

@ Joun
“Sul fatto che la preghiera del credente sia sempre e comunque superstiziosa, invece, non concordo: mi sembra una semplificazione un po’ troppo superficiale.”

Sul fatto che tu non fossi d’accordo ero più che certo… ma lascia che ti spieghi cosa intendo io – in quanto ateo – per preghiera, meditazione e superstizione. La preghiera, ogni preghiera in tutte le sue accezioni è – come richiamava FSMosconi – un ‘chiedere per avere’… e se si tratta della preghiera di un credente in quanto credente essa è rivolta a dio per ottenere ciò che evidentemente non si ha, che si desidera avere e che solo dio può esaudire veramente. Dov’è l’aspetto superstizioso? Nel fatto che ciò che si chiede al dio è qualcosa di concreto, tangibile, sperimentabile personalmente, è la richiesta al dio di rivelarsi direttamente, esplicitamente, quale che sia l’oggetto della richiesta: dalla vincita al lotto, alla guarigione da una malattia, alla pace nel mondo, alla richiesta di poter testimoniare la propria fede con più convinzione e più forza… Tutte cose che il credente, anche il più ‘esigente’, non considera necessariamente negative, purchè non siano dettate da puro egoismo… il che è però poi difficile, per non dire impossibile, sia soggettivamente che oggettivamente, da verificare.
Altra cosa è, o almeno dovrebbe essere, la meditazione, in quanto di per sé non è un ‘chiedere per avere’… Ma se è la meditazione del credente in quanto credente, questa non può avvenire, in ultima analisi, al di fuori della sfera religiosa quale che sia l’oggetto della meditazione, per cui si basa su un rapporto più o meno privilegiato (caso limite il misticismo, lasciando stare adesso la questione della sua vera origine) col dio che è pur sempre il rapporto con chi si ritiene la causa prima e il fine ultimo di tutto ciò che esiste e per come esiste, ma soprattutto con chi deciderà del proprio destino individuale, è il rapporto con colui in cui si è riposta la fiducia (la fede) della salvezza eterna. Cioè per ‘avere’ il massimo che un credente può desiderare di conseguire individualmente, vale a dire la richiesta, nel senso detto prima, superstiziosa per antonomasia.
Naturalmente ciò vale per chi, come me, considera la religione la risposta – dettata dalla paura e dal desiderio insieme – all’esigenza di superare i limiti propri della condizione umana. Per esorcizzarla, per allontanare da sé il destino che riserva ad ognuno di noi.
Ed altrettanto naturalmente non posso certo pretendere che per te la religione sia basata su questo che per me rappresenta la superstizione nella sula accezione più esistenzialmente radicale.

Stefano ™

@ John

Mi sembra che tu veda molto rigidamente il fatto che ad un sistema di pensiero si debba aderire o non aderire in blocco

I confini e le eresie li definiscono le religioni. Io mi propongo di essere un libero pensatore quindi, ovviamente, non posso giudicare negativamente chi pensa autonomamente. Confronta piuttosto le tue idee e i problemi di “aderenza” con chi ne ha…
Stabilito questo, uno può definirsi cristiano, tuttavia esiste una moltitudine di chiese che pretende di definire chi lo è e chi no.
Il problema è tra lui e quelle.
Quanto a me, dopo averti fatto notare questo “problema” mi/ti chiedo dove finisca la tua “autonomia” di pensiero…

RobertoV

John
Perchè come la chiesa cattolica identifica il termine cattolico con cristiano?
Esistono tanti cristianesimi, anche molto differenti tra loro, ma per la chiesa cattolica esiste un solo cattolicesimo, il suo, diversamente dal campo protestante dove si accettano le interpretazioni personali dei fedeli.
Quindi potrà essere non un buon cattolico nel senso della chiesa cattolica, ma sicuramente è un cristiano.
Diverse sue posizioni mi sembrano più vicine all’ambito protestante, tipo i valdesi, che alla chiesa cattolica.

Il padre nostro protestante presenta alcune differenze rispetto a quello cattolico, quindi la formulazione che si utilizza indica anche l’appartenenza.

Engy

Frank,
vedo che non perdi occasione per dare il meglio di te, con la consueta leggerezza, particolare ironia e assoluto rispetto nei confronti degli altri.
Ad ogni buon conto era solo per dirti che nell’altro post, quello sul fanatico morto, ti ho risposto con esempi stamattina, ma ancora non si vede traccia di quanto ho postato….

Frank

Engy vedo che continui a giudicare gli altri partendo dal presupposto che il tuo modo di pensare sia l’unico ad essere corretto. Ti ho già risposto nell’altro post, tu sostieni che “la tesi prevalente dei commentatori è che il genitore credente “travi” con la propria fede i propri figli irrimediabilmente, ottenembrandone per sempre il cervello”, per cui, come ti ho già detto, non devi portarmi esempi ma la prova che quello che dici è vero . Perchè, come ti ho già spiegato prima, è facile far diventare l’eventuale eccezione la regola. Io ad esempio sono un frequentatore abituale e posso dirti che non la penso così e che conoscendo gli altri frequentatori abituali non posso ritenere vero quello che hai detto e non posso certo postarti tutti i commenti delle news degli ultimi anni quindi, se non sei in malafede, leggiti tutte le news passate sull’argomento e i relativi commenti e vedi poi se la tua conclusione è corretta.

fab

Resto sempre della stessa idea: scherza coi santi e lascia stare i quanti.

Enrico

Sulle reliquie dei santi si sà che i pataccari medioevali erano molti.

Comunque esiste una reliquia sconvolgente e molto diffusa che mi sconvolge:l’eucarestia.

Diocleziano

Anch’io resto sconvolto ogni volta che mangio un pezzo di torrone:
ostia sopra, ostia sotto e in mezzo una delizia di miele e mandorle…
e poi quello al cioccolato… e quello morbido… ahhhh 🙂 🙂 🙂

Paul

Bravo Enrico! Stai iniziando a capire che i simboli hanno solo il potere che noi decidiamo di dar loro. 😉

Aristarco

Anche io quando compio il mio sacrificio quotidiano al Mostruoso Spaghetto Volante vado in estasi.
Specialmente se si tratta di ravioli di magro con funghi porcini.

Laverdure

@Enrico
Ce n’e’ un’altra,associata alla prima, che mi pervade e mi prende la mente ancora di piu,quando sono in vena mistica:il vino.
E non sono certo il solo ,da sempre procura delle vere estasi di
spirito (etilico)a delle vere moltitudini.

Gerard

E tutto al tuo onore da cattolico credente .
Ti chiedo : perche ci sono tanti ” credenti cattolici ” ai quali questo ” miracolo ” non basta e vanno a cercarne alti come per esempio a Medjugorje ? Fosse questo tipo di miracolo non li convince ???

Enrico

Perchè l’eucarestia è difficile da comprendere e apparentemente non si vede sempre la presenza reale di Gesù nelle due speci a Medjugorie sembra tutto a portata di mano.

Diocleziano

”… apparentemente non si vede sempre la presenza reale di gesù…”
A te capita di vedere la presenza reale di gesù?!
La prossima volta che la vedi, facci un favore: mettila su Youtube.
Siamo curiosi!

Rinfrescami la memoria. quali sono le due ‘speci’ di gesù?

nightshade90

“apparentemente”……e “non si vede sempre”…..perchè alle volte invece si vede, e chiaramente. più o meno come di notte in una stanza buia quel gatto nero che non c’è ma che la teologia afferma di trovare…..

Florasol

a medjugorie è tutto a portata di mano: rosari, santini, immaginette, ricordini, ed altre idiozie e souvenir assortiti. Mica gratis, sia chiaro, se no perché i sei visionari avrebbero recitato per anni? E’ il business, baby…

Enrico

I rosari si possono comprare anche non a Medjugorie e comunque non creda che io difenda il baraccone bosniaco e i suoi frati ribelli al vescovo nonchè frati nazionalisti.

fab

E certo, a noi premeva particolarmente proprio dei frati che si ribellano al vescovo. Bravo, Enrico, come centri tu le questioni nessun altro.

Mario 47

Che differenza c’è fra un pataccaro che prende una scheggia di legno e afferma che è un frammento della croce e un pataccaro che prende una cialda e afferma che – a seguito di determinati gesti e rumori – diventa il corpo di dio?

mario

Laverdure

@Mario
Mario,fai cascar proprio le braccia con la tua ingenuita.
La differenza sta negli introiti che gli procura,e’ lapalissiano.

whichgood

E’ più meno come la differenza di chi vende teste di cinghiale da appendere al muro come eccentricità decorative e chi vende salamelle. Affari intorno a un prodotto grezzo comune.

whichgood

Oh, non volevo fare il parallelismo, ora che ci penso… c’è anche qualche religione che appende al muro il corpo di quello che si mangiano a messa…

Aristarco

Molto interessante, penso che lo leggerò.
E’ da notare che l’ adorazione delle immagini è tuttora molto diffusa, specialmente in certi ambienti, con il supporto oltretutto di pseudo scienziati capaci di mettersi sotto i piedi il cervello pur di dimostrare l’ indimostrabile.

Stefano ™

@ Enrico

Tu non l’avessi capito la risposta di Florasol è esattamente nel merito…
E concordo assolutamente.

Stefano ™

@ Enrico

Per quanto il video faccia schifo si vede che tra le due “ostie” si forma una bolla (00.13) che fa dondolare quella superiore fino a quando si stabilizza, rimanendo in contatto con quella inferiore al centro e separata ai lati.
Si vede abbastanza bene a 00.53: sui lati si può vedere il paramento sacro del sacerdote in mezzo no. Non si tratta di levitazione ma al massimo di cattiva lievitazione.
Ora puoi capire perché la risposta di Florasol sia del tutto appropriata. Quel che c’è di miracoloso è la tua dabbenaggine.

Enrico

Quindi anche se l’ostia appoggia al centro riesce a stare in equilibrio senza muoversi?

FSMosconi

@Enrico

Fisicamente, stare in equilibrio è stare senza muoversi.
E ciò che a te par tanto assurdo non è che lo stesso principio che ti fa rimanere i fogli il attaccati alle dita quando premi tanto e hai le mani sudate.

Ritenta, sarai più fortunato.

Diocleziano

È vero che non frequento le chiese, ma ostioni
così grandi non li avevo mai visti.
Vedo due dischi convessi poggiati uno sull’altro.
dio deve essere veramente molto vecchio per
trastullarsi con simili bischerate.
Più penoso delle barzellette del nanotubo.

Stefano™

@ Enrico

A 00.53 puoi vedere quanto è grande la bolla. Dopo aver oscillato e aver raggiunto l’equilibrio se non sollecitata, certo che non si muove. Anche perché la bolla non è una perfetta semisfera. Le due superfici sono abbastanza irregolari, considerato si tratta di due “focacce”. Enrico guarda e ragiona.

Stefano ™

@ Enrico

In questo caso abbiamo un documento che ci consente di verificare cosa sia successo. Insieme ad almeno due soggetti pieni di spirito santo e privi di spirito critico che sono pronti a gridare al miracolo non appena se ne dà l’occasione: Enrico e l’autore del video (posso avere riserve sul secondo, di sicuro sul primo no).

Ebbene, se l’episodio non fosse stato (seppur male) documentato o fosse avvenuto in un’epoca in cui non era possibile girare un video, oggi ci troveremmo con la “testimonianza” di “n” “Enrichi” pronti a giurare di aver assistito ad un miracolo, con l’Enrico contemporaneo pronto a citarli a sostegno della sua mancanza di spirito critico.

Signori, un “miracolo” servito sul piatto.

Ermete

Ottimo Stefano! Una perfetta operazione di debunking.
Magari poter documentare i ‘miracoli’ antichi… 😉

Paul

Ammetto di aver guardato distrattamente il video, ma……. questo sarebbe un miracolo, cioè la prova dell’onnipotenza di dio? o.O o.O o.O o.O

Giuliano

Dice Barbujani: Il vescovo Mattiazzo ha dimostrato un’apertura mentale — e una capacità di comprendere sia i potenziali sia i limiti della scienza — superiori a quelle di molti che la pensano come me.
In effetti l’ottusità e ben distribuita anche tra sedicenti atei.

whichgood

Almeno i sedicenti atei non si spacciano per mediatori fra gli uomini e gli dei, cosa che reputo il massimo dell’arroganza e la sfacciataggine.

Giorgio Pozzo

In effetti, il vescovo, come tutti i preti, è piuttosto furbo. Riconoscere i limiti dell’avversario equivale all’ampliamento, o addirittura all’eliminazione, dei limiti propri.

SilviaBO

Comunque, sono convinta che esistano atei e agnostici anche tra preti e vescovi. Per essere buoni venditori non è necessario essere convinti della bontà del prodotto che si propone agli altri.

Frank

Papa: Ma allor estos ateos son fissati co los scimmies….
Segretario: Barbujani non Babbuini.
Papa: Ahhhh me sono confuso, allora es el volatile.
Segretario: Barbujani non Barbagianni!!!
Papa: Como sei encazzoso.

giuseppe

Da non cre­den­te di­chia­ra­to, qua­le giu­di­zio dà del­la col­la­bo­ra­zio­ne scien­ti­fi­ca con una dio­ce­si?

Ot­ti­mo. Il ve­sco­vo Mat­tiaz­zo ha di­mo­stra­to un’a­per­tu­ra men­ta­le — e una ca­pa­ci­tà di com­pren­de­re sia i po­ten­zia­li sia i li­mi­ti del­la scien­za — su­pe­rio­ri a quel­le di mol­ti che la pen­sa­no come me.

Basta questa dichiarazione per capire come stanno le cose, cioé la serietà della gerarchia della chiesa nel valutare certi fenomeni, libera da ogni forma di pregiudizio ideologico. Imparate.

fab

E da chi dovremmo imparare, da te o dal tuo gruppo di fresconi? 😆

alessandro pendesini

….”Io sono una mente libera, e la mia autonomia di pensiero prevale su tutto”…
…., “ma ti dico che la mia libertà di pensiero prevale anche sulle etichette e sulle appartenenze”,…. John Dixit !

Considero queste affermazioni due eccellenti esempi di auto-illusione e/o auto-convinzione generati non dalla cognizione (corteccia frontale) ma dall’emozione (amigdala, epicentro del cervello limbico)- Ed è proprio quest’ultimo -e non il cognitivo o razionale- che decide !
Noi agiamo sempre sotto la pressione della necessità, che sa bene come nascondersi nelle ombre della nostra ignoranza.
La stessa ignoranza dell’inconscio che ci guida, quella dei nostri istinti/pulsioni (innati) e il nostro tipo di apprendimento sociale (acquisito).

bruno gualerzi

@ alessandro
“Considero queste affermazioni (di John)due eccellenti esempi di auto-illusione e/o auto-convinzione generati non dalla cognizione (corteccia frontale) ma dall’emozione (amigdala, epicentro del cervello limbico)- Ed è proprio quest’ultimo -e non il cognitivo o razionale- che decide !”

Non voglio difendere John col quale ovviamente sono in disaccordo su tante cose… ma non vedo perché quanto sostiene, condivisibile o meno che sia (per me non lo è), debba essere ‘autoillusione e/o autoconvinzione generati non dalla cognizione (corteccia frontale) ma dall’emozione ecc.” cioè in definitiva non razionale? Come fai a stabilire che si tratta di pura emozione, qual che sia la parte del nostro cervello che la produce? Non prevale su tutto un tuo giudizio (o pregiudizio) ‘ideologico’?. O comunque di natura culturale? E, soprattutto, operando una separazione tra razionalità ed emozione come se non ci fosse un continuo rimando dall’una all’altra, un condizionamento reciproco?

alessandro pendesini

@Bruno
Infatti, le illusioni non sono solo soluzioni che trova il cervello a dei conflitti o ambiguità, ma vere decisioni ! (vedi le illusioni di Kanizsa, dovute alle viste prospettiche e non solo !) -In altre parole : l’illusione è una soluzione ad un conflitto o ambiguità. L’impressione che ha il soggetto di dirigere i suoi pensieri è pura illusione ! -L’illusione finale del nostro encefalo consiste nel mascherare inconsciamente qualsiasi legame con il mondo, fisico e sociale, ed inventare un sè autonomo….
Il potere proiettivo del nostro cervello non consiste solo nel raccogliere i dati del mondo, ma costruisce il mondo sensibile in funzione ai suoi progetti, chiave delle sue allucinazioni… -Va anche notato che i problemi spirituali dipendono dalle emozioni (in cui l’epicentro è una sensazione di una certa tonalità e intensità) : conseguentemente si situano fuori dalla portata dell’indagine cognitiva. -Quello che in fine decide, non è il cervello “razionale” bensi l’”emozionale” !

bruno gualerzi

@ alessandro
“Quello che in fine decide, non è il cervello “razionale” bensi l’”emozionale” !

Ma – ribadisco – questa distinzione tra cervello ‘razionale’ e cervello ’emozionale’… per quanto riconducibile alla fisiologia di due distinte parti del cervello che ne sarebbero all’origine… non riesco a concepirla, se non in modo puramente strumentale, utile per ragioni terapeutiche. Se – come a me sembra inevitabile, e proprio per i meccanismi da te illustrati – c’è interazione tra le due parti, esistono scelte… che i credenti chiamano spirituali e io esistenziali… che sfuggono a questo reciproco condizionamento dei due ‘cervelli’? Credere o non credere è sempre anche un”emozione’.

(Per quanto mi riguarda poi – richiamandomi a Schopenhauer – noi interpretiamo il mondo attraverso una sua ‘rappresentazione’, non in quanto siamo puro specchio riflettente, per cui ‘oggettiviamo’ il mondo, non lo riscontiamo come ‘oggettività’… ma questo è un altro discorso)

alessandro pendesini

…..esistono scelte… che i credenti chiamano spirituali e io esistenziali… che sfuggono a questo reciproco condizionamento dei due ‘cervelli’?….

Non credo avere negato che non esistono scelte, sarebbe assurdo sostenerlo, cosi come credere in un dualismo cartesiano ! Quello che intendo dire, e ripetere, è che le nostre scelte non sono libere, contrariamente a quello che crediamo, ma interamente determinate. Il senso del verbo “potere” che ha una dimensione morale, non è quello in cui ciò che “possiamo” (possiamo che ?) dipende dall’indeterminismo !
Va inoltre notato che più una decisione è complessa, più avviene automaticamente, inconsciamente. A tal punto che il neuropsicologo Ap Dijksterhuis presso l’Università di Amsterdam conclude il suo studio su questo tema spiegando che dovremmo sempre affidare all’inconscio la gestione dei pensieri complessi…..

Ermete

1) Se la nostra coscienza, che è -ovviamente qua concordo- la risultante di una rete neurochimica non ha alcun margine di indeterminatezza (che invece sappiamo essere possibile nella materia), che senso hanno secondo te le parole di Diksterhuis, che invece, almeno se sono le sue e non sono una tua interpretazione (cosa per me probabile vista l’ingenuità) presentano due contraddizioni in due frasi, che sono queste? a) Noi non possiamo scegliere di affidarci all’inconscio, visto che non scegliamo liberamente ma è già l’inconscio che sceglie, e b) d’altronde, contraddizione successiva, se siamo determinati non possiamo comunque scegliere.
2) Se anche il primigenio istinto di risposta viene dalla parte emozionale, essa è sempre parte di un cervello e di una rete neurale, e non di un cervello a compartimenti stagni come lo descrivi tu, altrimenti non avremmo un unico cervello e un unico io ma ne avremmo due. Ti chiederei di approfondire meglio questo punto, visto che una distinzione così schematica e secca è contraddittoria ad ogni materialismo serio.
3) Una decisione complessa avverrebbe in modo anche più inconscio ed automatico? Dunque, se io devo decidere se e come investire la pensione e ci penso mesi prima di sceglierei sarei ad un livello ancor più determinato di quando sento un buon odore da una pietanza e mi viene di mangiarla (qui, concordo, la parte razionale è minima o inesistente, ma perchè siamo su scelte istintive sensoriali)? Mi dici a quale esperimento ti riferisci, in modo da documentarlo?
Pregherei, giacchè siamo su un forum di libera discussione, di rispondere con tue idee e parole e non invitare, come l’ultima volta, a tenzoni e a conferenze a tue spese, perchè si arriverebbe al ridicolo. Il tuo modo di essere determinato, come ho notato l’altra volta, non te ne fa rendere conto, ma il mio mi dice questo, e visto che siamo tutti determinati ad ognuno le sue preferenze! 😉

Ermete

Faccio anche presente che l’esperimento di Ap Dijksterhuis sulle scelte complesse riguarda sempre scelte di distrazione o meno; non mi risulta aver operato su scelte durate mesi, che, come ti dicevo l’altra volta, è il fattore discriminante.
Se sbaglio e ci sono state questa o altre esperienze su tempi così lunghi, linkami pure l’esperimento.

alessandro pendesini

Caro Ermete

Rispondero’ a tutte le tue domande quando sapro’ con chi parlo ! Per me Ermete X è solo uno sconosciuto. Punto ! -Inoltre sei anche avantaggiato poiché tutti chi ti leggeranno sapranno chi sei e potranno apprezzare i tuoi pertinentissimi commenti, e dare -eventualmente- dell’asino al sottoscritto….Aggiungo che l’italiano non è la mia lingua ! lo conosco solo a livello elementare, per cui le mie risposte potranno essere in lingua francese, con eventuale traduzione su richiesta.
Sperando di essere stato chiaro !

alessandro pendesini

Ermete scrive: martedì 25 marzo 2014 alle 12:06
1) Se la nostra coscienza, che è -ovviamente qua concordo- la risultante di una rete neurochimica non ha alcun margine di indeterminatezza (che invece sappiamo essere possibile nella materia),
A.P. L’indeterminismo non riguarda la materia barionica e circuiti chiusi come l’encefalo ! Alcuni autori, come Roger Penrose, ritengono che gli effetti quantistici potrebbero svolgere un ruolo importante nella coscienza, questo metterebbe fortemente in discussione la tesi di Ruse (che dice che la libertà umana è un’illusione, tutto il suo modo di pensare non è altro che un gioco di meccanismi). Personalmente non seguo questa strada perché credo, al contrario e prova a sostegno, che la meccanica quantistica non ha nulla a che fare con il problema in discussione! Detto diversamente, il formalismo quantistico non è apparso pertinente per affrontare questi fenomeni che la fisica classica e chimica descrivono in modo soddisfacente !
Ermete scrive :
Noi non possiamo scegliere di affidarci all’inconscio, visto che non scegliamo liberamente ma è già l’inconscio che sceglie, e b) d’altronde, contraddizione successiva, se siamo determinati non possiamo comunque scegliere.
A.P. -Noi non possiamo scegliere di affidarci all’inconsio ??? Non mi risulta avere scritto frasi des genere !
Ermete scrive : Se anche il primigenio istinto di risposta viene dalla parte emozionale, essa è sempre parte di un cervello e di una rete neurale, e non di un cervello a compartimenti stagni come lo descrivi tu altrimenti non avremmo un unico cervello e un unico io ma ne avremmo due. Ti chiederei di approfondire meglio questo punto, visto che una distinzione così schematica e secca è contraddittoria ad ogni materialismo serio.
A.P. -Ti faccio notare che non ho mai detto e neanche pensato che il cervello ha COMPARTIMENTI STAGNI !!!. Il nostro encefalo, dal punto di vista evolutivo, è il risultato di un assemblaggio di più “cervelli” che lavorano in concerto gli uni con gli altri, anche se alcune tensioni antagoniste esistono tra di loro, non esistono compartimenti stagni ! -Trattasi del cervelletto, il cervello limbico e la corteccia frontale. Evititeremo di coinvolgere delle parti ancora più antiche che lo costituiscono.
N.B. Per il resto aspetto i tuoi connotati : nome e cognome prima di rispondere; che ti piaccia o no !

Ermete

-Pendesini scrive: ‘Non mi risulta avere scritto frasi des genere !”, avendo poco sopra scritto: “il neuropsicologo Ap Dijksterhuis presso l’Università di Amsterdam conclude il suo studio su questo tema spiegando che dovremmo sempre affidare all’inconscio la gestione dei pensieri complessi2.
Per cui, se non ti risulta, risulta nero su bianco.
-Sull’indeterminismo: è verissimo che esso finora è conosciuto solo in ambito quantistico, ma il determinismo stretto pone talmente tante e tali contraddizioni logiche, che emergono ad ogni tuo intervento, per cui io riprenderei il concetto di epifenomeno. Un giorno in cui, se il giorno ci sarà, la rete neurochimica cerebrale sarà perfettamente spiegata e conosciuta, sarà altro discorso, ma finora non possiamo mantenere una tesi come il determinismo stretto che è più problematica, e si vede, di quel che spiega.
-Bel discorso sul fatto che neghi i compartimenti stagni, ma localizzare le aree come hai fatto fino adesso è proprio dividerlo in compartimenti stagni. Probabilmente sei determinato e non ti accorgi dei tuoi errori, o io sono determinato a non concepire il determinismo stretto e sbaglio io…ma, ripeto, se ogni posizione mentale è determinata è insensato dire che qualcosa sia vero o falso, dunque è insensato anche dare valore veritativo al determinismo stretto, con grande contraddizione di chi lo divulga e se ne fa predicatore.
-Vedo peraltro che hai allegramente omesso, come l’altra volta, la domanda più imbarazzante: in quanti casi abbiamo esperimenti che monitorano decisioni prese dopo lunghi mesi di riflessione? Il tuo silenzio mi suggerisce che non ce ne sia nessuno, e dunque hai un altro problema Houston 🙂

Sul nome e cognome: guarda, a me con questa insistenza nella vita lo hanno chiesto solo i carabinieri, ma siccome tu non hai l’autorità ed io ti ho spiegato che è tutto un assurdo, e siccome in un forum contano le posizioni espresse, fai un po’ come vuoi: se non vuoi più rispondere, non rispondere.
Ah, dimenticavo…non puoi scegliere di fare nulla, quindi da ente determinato da fuori, continuerai all’infinito a domandare i documenti e a rispondere lo stesso, e io, da ente determinato quale sono, non potrò che pensare sempre le stesse cose, cioè che è una tattica dovuta alla carenza di argomenti logici 😉
Ma, in fondo, se tutto è determinato…che senso ha il dibattere se una posizione sia vera o falsa? E qua, amico mio, vai incontro alla contraddizione delle contraddizioni.

bruno gualerzi

“Un giorno in cui, se il giorno ci sarà, la rete neurochimica cerebrale sarà perfettamente spiegata e conosciuta, sarà altro discorso, ma finora non possiamo mantenere una tesi come il determinismo stretto che è più problematica, e si vede, di quel che spiega.”

Ma io ritengo che quel giorno non arriverà mai, almeno nel senso che si possa arrivare a conoscere a tal punto cause ed effetti dell’attività del nostro cervello tali da poter costruire – come si ipotizza (o profetizza) – un’intelligenza artificiale cui affidarsi per ogni decisione… se non altro perché bisognerà almeno avere ben chiaro cosa si deve intendere per ‘intelligenza’. In altre parole, quali gli input che si dovranno inserire nella macchina in modo che proceda poi… deterministicamente e intelligentemente?
Ma anche se si arrivasse a quel giorno… nel frattempo cosa facciamo, in base a cosa operiamo le nostre scelte, diamo i nostri giudizi, stabiliamo i criteri di comportamento?
A mio parare sono queste ‘fughe in avanti’ che finiscono per offrire strumenti ai denigratori della scienza.

alessandro pendesini

Trovo lamentevole che su questo sito non intervengano persone competenti in campi scientifici per informare e/o chiarire certi dibattiti o malintesi, lasciando cosi certe persone di “buona fede” nell’ignoranza la più completa !

bruno gualerzi

Caro Alessandro, passi per me che effettivamente sono incompetente e ‘in buona fede’, e ti ringrazio per aver comunque qualche volta accettato di confrontarti con i miei sproloqui… ma non ti sembra un po’ esagerato affermare che nel blog non intervengano ‘persone competenti in campi scientifici’?
Cerca di fartene una ragione.

Ermete

Essendo io, come tutto l’universo umano, totalmente determinato e senza possibilità di volizione intellettuale…non posso che deterministicamente pensare che Pendesini fa così quando è a corto di argomenti.
Ovviamente di gente che sa di scienza qua ce ne è molta e basta leggere alcuni dibattiti nei vari post per accorgersene, ma qua nessuno dice nulla… evidentemente la neurobiologia -con le implicazioni filosofiche che ne trae senza accorgersene- è appannaggio del solo Pendesini..o perlomeno lui è deterministicamente mosso a credere ciò! 😉

alessandro pendesini

Chiedo scusa per l’off topic

Ermete vorrei chiederti cosa ne pensi di questo articolo in L’Espresso ! NB. Forse ritieni che Wolf Singer -direttore dell’istituto Max Planck a Francoforte- sia un “balordo” ciarlatano, mitomane, o un commerciante di patate ? Ti ringrazio per la risposta
CERVELLO / LA PROVOCAZIONE DI UNO SCIENZIATO
Muhm, Myriam: Abolito il libero arbitrio – Colloquio con Wolf Singer, in: L’Espresso, 19.08.2004, p. 140-143
-Avere fede. Portare la minigonna. Fare sport… Sono scelte condizionate Imposte da ormoni e neuroni. Un celebre studioso spiega perché
Uccidere, avere fede in Dio, preferire la minigonna ai pantaloni, tradire un amico, scegliere un cibo o un programma televisivo. Insomma, la nostra vita, come espressione, ci spiegano millenni di filosofia, dell’umano libero arbitrio. E invece no: secondo le più recenti ricerche scientifiche sul cervello, secondo cui ogni essere umano sarebbe il contenitore di un codice genetico, di una programmazione cerebrale e ormonale di base, su cui si andrebbero a incastonare le esperienze vissute. Il risultato è un mix chimico che ordina e regola ogni nostra azione. Al punto da trasformarci in una sorta di marionette. Ne abbiamo parlato con il paladino di questa nuova teoria, il guru europeo della neurofisiologia Wolf Singer, direttore dell’istituto Max Planck a Francoforte.
In base a cosa i neurofisiologi affermano che noi esseri umani siamo privi del libero arbitrio?
“I neurobiologi e i neurofisiologi hanno dimostrato, con una quantità di prove scientifiche, che comportamenti, sentimenti ed emozioni umane sono indotti da processi neuronali. E questo ci permette persino di prevedere, quando osserviamo il cervello degli animali, il comportamento che essi adotteranno. Nel cervello dell’essere umano ci sono gli stessi neuroni e le stesse sostanze presenti negli animali. L’unica diversità è che nel cervello umano aumenta il numero di cellule e la complessità delle connessioni neuronali. Tutto quel che pensiamo è il risultato di processi che vengono condizionati da moltissimi fattori: ormoni, neurotrasmettitori, connessioni sinaptiche per citarne solo alcuni, e proprio questi fattori determinano il comportamento di una persona”.

Cosa può modificare, allora, il comportamento di una persona?
“È ovvio che un minimo mutamento della composizione delle sostanze nel cervello, indotto da uno stress o da uno squilibrio ormonale, possa spingere l’individuo, in modo inconsapevole, ad adottare l’una oppure l’altra decisione”.

Karl Grammer, dell’Università di Vienna, sostiene che per una donna scegliere di indossare una minigonna piuttosto che un pantalone dipende in larga misura dal ciclo ormonale. Lo ritiene possibile?
“Certamente. Questo presunto atto di libera volontà segnala che la donna vuole attirare l’attenzione proprio nel momento in cui è fertile. Ossia, il cervello le impone di mostrarsi più disponibile per avere maggiori opportunità di scambio sessuale e dunque di occasioni riproduttive. Tutto questo con la convinzione di aver compiuto un atto di libera scelta “.

Quando si dispone di diverse alternative, spesso si sceglie quella che ci appaga di più. Secondo lei anche questo indica che siamo governati da una volontà aliena?
“Nel cervello ci sono dei sistemi di ricompensa che influenzano il comportamento e inducono il soggetto ad adottare quelle azioni che possono garantire la migliore sopravvivenza dell’organismo e della specie. Questi sistemi producono sostanze, simili agli oppiacei, che danno piacere e che vengono immesse nell’organismo quando l’individuo compie un’azione conveniente alla sopravvivenza sua o della specie. Il sistema è calibrato a tal punto che la quantità di soddisfazione emozionale che si prova, una volta placato il senso di fame e di sete o il desiderio sessuale, è regolata secondo l’intensità del bisogno accumulato. Non ci sforzeremmo di trovare del cibo o di fare l’amore se non provassimo piacere per le attività che ci assicurano la sopravvivenza. L’evoluzione è stata eccezionale nell’instaurare il piacere come sistema di ricompensa, per spingerci ad appagare i bisogni fisici e mentali e a prendere certe decisioni”.

L’essere umano ha la possibilità di scegliere tra due o più opzioni: non crede che questa sia già una forma di libero arbitrio?
“Io non chiamerei questa possibilità di scegliere “libertà”. La definirei, piuttosto, uno “spazio di possibilità”. Ma ciò che ci induce a scegliere quale delle possibili opzioni mettere in essere, dipende dall’organizzazione del cervello, delle sue varie parti, da fattori come gli ormoni e altre sostanze”.

Non pensa che sia riduttivo per la dignità umana azzerare il libero arbitrio?
“Possiamo continuare a parlarne, purché siamo consapevoli che è un illusione. Ma non è così, perché la maggior parte delle persone segna una netta linea di demarcazione tra lo spirito e il corpo. Eppure, gli esperimenti di Benjamin Libet, ad esempio, riprodotti recentemente con tecniche più raffinate, mostrano chiaramente che la preparazione di tutti i processi mentali inizia in una fase precedente al nostro esserne consapevoli”.

Allora siamo automi inconsapevoli?
“Inconsapevoli lo siamo a tal punto che, come ha scoperto Charles Winick della City University di New York, l’uomo ha un rapporto con la televisione simile a quello di un tossicodipendente con la droga o l’alcol. La televisione ha conseguenze assai gravi: oltre a portare lo spettatore verso uno specifico punto di vista, lo induce ad accettare l’immagine che sta guardando, in tutta la sua interezza. Poiché l’ambiente e gli oggetti mostrati sono stati selezionati da altri, lo spettatore è spinto a una percezione passiva. E questo è dannoso. È stato poi osservato che i bambini sono magnetizzati dalle immagini montate in rapida successione, una velocità devastante per il cervello che disimpara ad allungare nel tempo la propria capacità di attenzione e concentrazione. Nelle giovani generazioni viene a mancare persino quella minima concentrazione necessaria a seguire discorsi”.

È addirittura in pericolo lo sviluppo cognitivo delle future generazioni?
“Il compito della neurobiologia è quello di far comprendere, a chi è responsabile dell’educazione e della formazione dei bambini, che il cervello, fino alla pubertà, ha un immenso potenziale di sviluppo. Scienziati ed educatori devono cooperare, nel porre la massima attenzione ai primi anni di vita, affinché quelle connessioni, quelle strutture pronte per porre domande all’ambiente, ricevano risposte adeguate. Per questo la Pontificia Accademia delle Scienze ha voluto fare un convegno sulla “neuroeducazione””.

I professori Persinger, Newberg e D’Aquili hanno scoperto che vi sono delle aree specifiche nel cervello deputate alla percezione di stati mistico-religiosi, aree che il neurobiologo V. S. Ramachandran ha definito “il modulo di Dio”. Ci crede?
“Sia il fascio mediano del prosencefalo, l’area del cervello che ci fa sentire in completa armonia, sia altre aree come il lobo temporale sinistro, permettono di avere sensazioni metafìsiche, sono le aree del cervello che ci fanno sentire un tutt’uno con l’universo. Stimolando quest’area in alcuni volontari, come ha fatto Persinger con uno stimolatore magnetico, si ha la sensazione di essere parte dell’immensità, sensazione che viene percepita come dono divino, ma che in realtà è solo un’induzione dei neuroni del nostro cervello”.

E Dio?
“Quando noi sovrapponiamo alla sensazione di espansione nell’immensità, le nozioni culturali sulla divinità, otteniamo il concetto di Dio a noi insegnato. In realtà è un costrutto culturale che in altre culture trova spiegazioni diverse. Chi medita, per esempio, e lo ha dimostrato Newberg, pur provando queste sensazioni, non riferisce di aver avuto contatto con Dio, ma solo di aver sperimentato un senso mistico di unione con l’universo. Dunque, non esiste una zona cerebrale dedicata a Dio, ma solo un’area che permette una sensazione di espansione del proprio io, privo di confini fisici, nello spazio”.

Lei ha scoperto che la consapevolezza di sé non occupa un luogo specifico nel cervello, ma che è il risultato di una sincronicità dell’attività neuronali. Come si spiega?
“Nel nostro istituto a Francoforte abbiamo studiato come l’attivazione dei neuroni in risposta agli stimoli esterni si sincronizza. E i risultati mostrano che nel cervello non c’è un centro nel quale confluisca questa attività, un centro anatomico dove l’Io abbia completa percezione della sua esistenza. Il cervello è un sistema decentralizzato nel quale le sensazioni e gli stati mentali si formano dopo una specie di concorrenza tra le varie interpretazioni dei diversi segnali ricevuti. Ci illudiamo di decidere, in realtà le decisioni vengono già stabilite dal cervello”.
Muhm, Myriam: Abolito il libero arbitrio – Colloquio con Wolf Singer, in: L’Espresso, 19.08.2004, p. 140-143

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